Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno V - n. 3 - 15 agosto 1899

RIVIST À POPOLARE 'DI POLITICA LET'I ERE E SCIENZE SOClALI siano non inutile ammaestramento alle classi governanti e dirigc::nti d'Italia. Soprattutto a queste. Il nostro paese ha bisogno che i possessori del capitale non ozino, contenti del quattro per cento fornito dai titoli di consolidato o dai fitti terrieri, garantiti dal dazio sul grano, ma si avventurino in intraprese utili a loro ed alla nazione intera. Il paese ha bisogno che le classi dirigenti non continuino ad avviare i loro figli alle carriere professionali e burocratiche già ingombre di aspiranti insoddisfatti, ma li avvicini alla fortuna sulla via delle industrie e dei commerci » • Con ciò non si creda che H nostro autore sia tra coloro, che tutto attendano dalla iniziativa privata e assolvano le classi governanti da ogni responsabilità; egli invece esprime esplicitamente il desiderio che « l'opinio- . ne pubblica imponga ai Governo di agire prontamente e praticamente a tutela della nostra emigrazione; e deplora la cecità e la trascuranza con cui i nostri governanti, occupati in controversie diplomatiche astruse relativamente a paesi in cui gl'Italiani non hanno possibilità di espandersi ed in avventure militari nei porti cinesi, abbandonino compiu1 amente al caso le nostre colonie spontanee ». ~ * * Per quanto al Principe mercante, il Dell'Acqua, alle sue peripezie, al suo meritato trionfo sia fatta una parte bella nel libro - e il titolo l'imponeva - pure, in fondo, il self made men non è che un pretesto seducente; l'obbiettivo vero è l'emigraiione italiana nell'America latina e specialmente sulle rive del Plata e nella repubblica del Brasile, che l' Einaudi studia con inttlletto d'amore e con metodo eccellente. Ogni tipo di emigrante italiano : il marinaio, il colono, il fabbro e l'industriale meccanico, l'artigiano e il fabbricante, il muratore e l'architetto, il mercante etc. viene esaminato a parte ; e per ogni categoria di emigranti trova modo di ricordare gl'italiani, che si sono fatti onore e che hanno fatto fortuna nell'America latina ( 1). In appendice sono raccolte pare ccl ie monografie di diversi scrittori sulle varie provincie della repubblica Argentina, sul Paraguay 1 sul Brasile, sulle repubbliche del Venezuela, Coloro bia, Centro America, Equatore, Perù e ChiH, che costituiscono una vera guida utilissima non solo per gli emigranti, ma anche per gl'industriali e commercianti italiani. Quale importanza abbia l'emigrazione italiana nel1' America latina si apprende dalle vicende di quella che dal 1857 al 1898 si è diretta nell'Argentina, ch'e di ol-- tre un milione; ciò che fa ritenere con molta approssimazione al vero, tenendo conto dei ritorni e delle nascite, che attualmente la colonia nostra non possa comprendere meno di un milione d'individui, che rappresentano la forza produttiva principale della repubblica. Ciò eh' è stato constatato da un rapporto del console francese Charles Wiener al suo govern0, dal quale si rileva la grande invadenza dei nostri connazionali, che hanno in mano la colonizzazione. * * * L'Einaudi in un quadro chiarissimo mette in evidenza le oscillazioni della nostra emigrazione rispondenti a quelle delle vicende economiche e politiche del1'Argentina; rapporto che si riscontra pure presso gli altri Stati americani. Dell'emigrazione nostra rileva i caratteri differenziali con quella degli inglesi e dei tedeschi, che fornisce il (1) Colgo assai volentieri questa occasione per mandare un saluto a Goffredo C.ippello, con cui - io da medico, lui da ufficiale di bordo - feci un viaggio nella repubblica Argentina nel I 87 I. L'amico carissimo, lasciato l'elemento infido cui l'aveva deJ.1cato il padre, vecchio lupo di mare, si ritirò a Rosario di Santa Fè dove è uno degli _italiani,che ha fatto fortuna colla coltivazione della terra. E a capo di µpa prospera ç9lo~ia, lavoro scelto - skilled - i sovrastanti, i colonizzatori, i piantatori, i capitani dell'esercito industriale, i capitalisti ; mentre la prima, in compagnia di quella russa ed irlandese, non somministra che il lavoro comune - unskilled -. Si conforta, però, che siamo già penenuti al periodo di trasformazione e che si scorgano i segni precursori di un notevole miglioramento. Forse è troppo ottimista affermando ch'è iniziata l'emigrazione dei capitali oltre quella degli uomini ; ad ogni modo questo esodo rimarrebbe sempre eccezionale, tanto che nelle ferrovie, prodotto del lavoro manuale italiano, riconosce che la parte degli italiani nella proprietà e nulla ed è scarsissima nella direzione. Con soverchio orgoglio pure asserisce che « laggiu, sulle rive del Plata, nelle pianure della Pampa e negli stati del Brasile non si può lanciare contro gl'italiani l'accusa sanguinosa di essere i Cinesi di Europa. Nell'America meridionalt gl' italiani adempiono alla medesima funzione sociale che altrove e compiuta dagli inglesi. E mentre gl'inglesi colonizzare• no immensi territori colla virtù di un capitale copioso ed a buon mercato, e di un ceto operaio abile e ben nutrito, gl'italiani colonizzarono l'Argentina giovandosi del capitale inglese dapprima, e costituendo poi lentamente capitali propri col risparmio tenace e colla laboriosità ostinata ». Qut c'è del vero; ma la spiegazione della condizione degli italiani nell'America Meridionale, che non si rende comparabile coi Cinesi è incompleta. Certamente a nessuno può venire in mente di negare le eccellenti qualità delle nostn-: colonie sud-americane ; e chi scrive vi conta amici affettuosi, colti, attivi, onesti, che fanno davvero onore alla patria. In massa poi i nostri emigranti vi sarebbero più stimati, raccoglierebbero più copiosi i frutti della loro attività e forse riesdrebbero anche più utili all'Italia, se vi prendessero stabile dimora e vi esercitassero i diritti politici. Ciò che non ho esitato a consigliare a parecchi, che chiesero il mio parere. Però, se i nostri connazionali nell'America latina non suscitano la ripugnanza che altrove destano e non vengono considerati come i Cinesi di Europa, ciò si deve alla grande loro prevalenza numerica ; possono farsi concorrenza tra loro nel lavoro, ma non lo fanno ad operai di altre nazionalità e con uno standard of life più elevato, che li ricambiano del danno economico subito con un odio intenso, che talvolta produce esplosioni seivagge. Fermiamoci su pochi :iltri punti interessanti della nostra emigrazione colonizzatrice nell'America latina. Scrive opportunamente l' Einaudi : « I rapporti coli' America latina costituiscono il problema internazionale pi□ grande dell' Italia contemporanea. Fra qualche decennio i nostri connazionali sommeranP-o a decine di milioni; e sarebbe doloroso se tutta questa popolazione venisse per sempre perduta all'idea della nazionalità italiana. Il pericolo che fra mezzo secolo il continente sudamericano, che potrebbe essere italianizzato, venga invece abitato da un popolo di lingua spagnuola. dimentico delle sue origini italiane, non è un pericolo chimerico. Se si pensa che il legame più tenace colla madre· patria è la lingua, che molti emigranti partono dall'Italia senza mai aver imparato a parlare l' italfano, e che i loro figli non possono impararlo nelle scuole italiane scarse di numero e povere di mezzi, che l'emigrante povero adotta con facilità estrema la lingua (spagnuola o portoghese) che gli torna più utile pei suoi affari quotidiani, si è tratti invincibilmente alla malinconica conclusione che sulla nostra nazionalità grava la minaccia terribile della scomparsa e dell'assorbimento. » Verissimo. Constatai io stesso ventotto anni or sono il fenomeno doloroso che davano parecchi nostri connazionali parlanti uno dei tanti nostri dialetti, ma che leggevano e scrivevano soltanto .... la lingua spagnuola ! A questo grave pericoio non c'è che un rimedio : seguire

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