Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno V - n. 3 - 15 agosto 1899

• RIPISTA POPOLAREDI POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCLALl « barricatec, heloaiutavaconentusiasmo. (1) Ma molto « sangue sarebbe stato versato, e Palermo sarebbe « stata bombardata spietatamente ecc. ecc. ». (2) La J essi e \Vhite Mario, invece, dice : « Quell'armistizio fu intanto una vera fortuna « per i liberatori perchè al nemico con 8000 uo- « mini freschi, e i garibaldini affranti dalle fatiche, « facile sarebbe stata una vittoria, almeno per il « momento. » ( Garibaldie i suoitempi. Cap. XLIII). L' on. De Cesare, più esplicitamente, nella lettera in risposta al nostro articolo, indi rizzata al1' Avanti! osserya : « Se la mattina del 30 Maggio (3) quando per « l'improvviso arrivo della colonna \' on Mechel, « la quale entrata da porta di Termini, e pren- « dendo d'assalto le barricate, si era Ìmpossessata << della Fiera Vecchia, non vi fosse stato quel « primo e fatale armistizio, la rivoluzione cor- « reva pericolo di essere soffocata nella città « di Palermo. » Ora, a chi si deve se la spedizione dei Mille e Garibaldi non corsero il pericolo di terminare come la spedizione di Pisacane a Sapri ? se la strage non continuò ? se Palermo non venne incendiata e distrutta ? A Francesco n° di Borbone. Questa è la verità storica, che, dopo quarant'anni, può e dev'essere detta intera senz1 preoccupazione alcuna. La cessazione delle ostilità in Palermo era rimasto un avvenimento fortunato per la rivoluzione, ma insperato e misterioso tanto, che molti lo spiegarono col tradimento del Generale Lanza, che comandava oltre 20,000 uomini in Palermo. Ora il mistero e il tradimento scompaiono colla lettera di Francesco n°, di cui fu fatta menzione nel nostro prect:dente articolo. Il Borbone in tale lettera, portata a Palermo dal generale Letizia, duca di Montpellier, e dal colonnello Buonopane testualmente diceva : « Siccome io sono convinto che la continua- « zione delle ostilità fra le mie fedeli truppe e gli « abitanti di cotesti reali domini non potrebbe che « menare ad inutile spargimento di sangue e ri- « durre la città di Palermo un mucchio di rovine; « invio il Generale Letizia duca di Montpellier e « il colonnello Buonopane, i quali sono latori di « un progetto, che potrebbe condurre ad una so- « luzione soddisfacente ... )> E concludeva: « Vi ordino in ultimo di attenervi alle istru- « zioni che i detti miei rappresentanti vi forni- « ranno. » Aggiungiamo che i due rappresentanti del Re andarono a trattare direttamente con Garibaldi prima di recapitare la lettera al Lanza ; e ciò si rileva da un pro-memoria dello stesso generale, che presentò al Re appena arrivato in Napoli. Del prontemoria la famiglia conserva copia. (1) Leggano bene questo periodo coloro che credono che noi abbiamo voluto menomare il valore di Palermo, che per noi, invece, fu il fattore principale della liberazione. (2) È chiaro che tutta la colpa nostra sta nel non avere adoperato una frase, con cui si fosse riltvata la continuazione, oltre eh~ della lotta in genere anche del bombardamento in ispecie. E un fatte, però, che c'era l'avverbio spietatamente che non era stato certo messo a casaccio. (3) Nell'..Avanti, certamente per errore di stampa, si legge: JO Giugno. È chiaro., adunque, che la lotta e il bombardamento dei giorni 27, 28, 29 Maggio si devono al1' alter ego del re, come lo chiama il De Cesare ; e che se allo spirare del primo armistizio non furono riprese le ostilità, che sarebbtro riuscite disatrose alla rivoluzione a giudizio di molti, ciò si deve a Francesco II. 0 Ma esiste davvero questa lettera di Francesco II°, nella quale del resto viene rispecchiata l'indole mite sua assai nota? Quasi ne dubita l'on. De Cesare; l'abbiamo affermato noi. Quasi ne dubita in perfetta buona fede l'on. De Cesare perchè egli prima di pubblicare La fine di un regno) da onesto e diligente storico si condusse in Palermo., per farvi accurate ricerche; ma della medesima non gli fu fatta menzione e non potè scoprirne traccia. Ma l' on. De Cesare ritorni adesso in Palermo e vada ad interrogare l' on. Principe Pietro Lanza di Scalea deputato al Parlamento, l' on, Prof. Orlando deputato al Parlamento, l'avv. Longo professore nell'Università di Pavia e il Padre Beccaria e ne avrà confermata l' esistenza. Se ci permettiamo di rinviare l'onorevole De Cesare a tali signori egli è che vi siamo siati esplicitamente autorizzati a farlo. La loro testimonianza ci basterebbe a dimostrare la nostra completa buona fede; ma essa serve al tre sì a stabilire la verità, perchè i signori Principe di Scalea, prof. Longo e Padre Beccaria - altri nomi autorevoli potremmo citare, ma non occorron0 - hanno vista coi propri occhie letta la lettera di Francesco 2°. Superfluo aggiungere che i sullodati signori sono monarchici costituzionali di quattro cotte e che l'ultimo è anche archivista delt' Archivio di Stato in Palermo, e ben noto come autore di ricerche e di pregevoli studi storici. ( 1) * * * Qui sarebbe terminato il nostro compito; ma (1) In un lungo telegramma da Palermo al Corriere di Napoli (22 Luglio) viene C!)nfermata recisamente l'esistenza della h:ttera di Francesco II. E bene ricordare, qui che la verità in gran parte era stata detta ; ma non fu riconosciuta, perchè venne dai borbonici. In un opuscolo del sig. Giuseppe Buttà, cappellano dell'esercito borbonico, infatti si legge quanto appresso: cc Bombardare una popolosa e monumentale città, senza scopo militare, mentre avea tutti i mezzi di impedire la rivolta popolare, e l'entrata di Garibaldi a Palermo, è il maximum del delitto, dell'infamia e della pazzia. « Però Lanza non era pazzo, egli sapeva quel che faceva: col far bombardare Palermo raggiungeva lo scopo di far odiare l'innocente e tradito sovrrno. Di fatti l'esecutore di quello scellerato bombardamento fu il colonnello Briganti il quale comandava allora il forte di Castellammare, quello stesso Briganti che in Calabria mentre comandava una brigata, andava giornalmente a confabulare con Garibaldi, e che fu ucciso dai soldati, non potendo costoro sopportare un traditore troppo audace. cc••••• Io anticipo gli avvenimenti acciò si sappia da tutti che Francesco II non ordin6 punto il bombardamento di Palermo, e quando gli fu annunziato l'atroce e pazzo agire del Lanza, si mostrò oltre dire adirato e dolente, e disapprovò altamente quel bombardamento già consumato. Quel giovane sovrano per ripar,re al dmno che avea sofferto la città invece di ordinare di conquistarla insanguinandola si contentò di ritirare le truppe e di abbandonarle a Garibaldi .... « ..... Cessi dunque la meraviglia che 24 mila uomini di buonissima truppa abhaodonassero una città già conquistata, e si ritirassero in sembianza di vinti .... » ('Da Palermoa Gaeta,'.

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