.22 RlYIST.A POPOLARE DI POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCI.ALI .. Si ribellerà la Magistratura al Decreto-legge ? Non ci affidano le oscure dichiarazioni del senatofo Pagano - Guarnaschelli Presidente della Cassuione di Torino ; nè quelle del Senatore Borgnini, veramente nobili ed elevate : degne di lui. In tempi assai migliori degli attuali - e che pur fu. rono chiamati borgiani da G. Garibaldi - a che valse la sdegnosa e fiera condotta del Nelli e del Borgnini, che buttarono la toga fo faccia al Ministro Pironti per non sottostare ai suoj ordini? Salvarono essi Cristiano Lobbia dalla scellerata condanna? I Tondi che si prestarono alle voglie del governo della Regia cointeressata abbondavano ..... Così potrà avvenire, così avverrà oggi. A noi, dunque, dopo avere reso l'omaggio dovuto ai Nelli, ai Borgnini - ai quali ci piace associare l'Offsass, che ha ritirato l'accusa contro i ferrovieri di Milano dal Tribunale di guerra condannati in contumacia a 67 anni di galera - non ci resta che il magro conforto del ricordo della magistratura borbonica, che in molti casi, e specialmente nel caso presente, potrebbe servire di esempio ai contemporanei. Sotto il governo negazionedi Dio si capisce che non pochi dovettero essere i casi di abbiezione e di pressio - ne subita ; ma tutti riconoscono che i magistrati borbonici furono spesso esemplari per la dottrina, per la onestà, e, non poche volte, per la loro indipendenza verso il governo ch'era poi un regime assoluto, che .non .dava alcuna garanzia ai funzionari. A questa indipendenza rese giustizia in una memorabile discussione nel I 878 il ministro Conforti, che fu compagno allo Zanardelli nel gl1.bioetto Cairoli. Ma come tipica vogliamo rievocare la figura di Vincenzo Niutta. Chi volesse conoscerne ampiamente la vita, la dottrina, e la carriera legga gli Elogi funebri pronunziati dal senatore Imbriani, dal Pisanelli, dal Vacca, dal Pessina - tutti ex ministri della monarchia italiana - e raccolti nel 1~68 in un opuscolo stampato in Napoli dal Rocco. A noi qui preme soltanto· mettere in luce la fierezza di questo magistrato borbonico, che fu ministro senza portafoglio nel primo ministero del regno d'Italia presieduto da Cavour, e che arrivò al grado più elevato cui poteva pervenire sotto Ferdinando ll 0 - Re bomba! - non ostante la sua indipendenza ; anzi a cagionedella indipendenza stessa. Il Niutta era conosciutissimo come liberale; infatti nell'elogio funebre del Pisanelli (p. 27) si legge: « Nel 1848, presidente della Corte di Appello di Aquila fece plauso alle libere istituzioni. Quel plauso aveva fatto apparecchiare un decreto di destituzione per Vincenzo Niutta. Ma i magistrati sentirono tutti quanto scapitosarebbe stato per essi rimanere in un ufficio da cui era rimosso il 'N.,iutta, e cospiraronoper istornare lo stolto decreto. Vi riuscirono, e fu risparmiata al governoborbonicotanta vergogna » • . Queste parole del Pisanelli hanno una eccezionale im• portanza per la constatata solidariett. col Niutta di tutti i magistrati borbonici L'ex ministro del Regno d'Italia giustamente ricorda che essi risparmiarono una grande vergogna al governo borbonico; e rimane assodato così che sotto il governo borbonico un liberale poteva rimanere nella magistratura, e farvi carriera, pervenendo per• sino al posto supremo. Di grazia : chi oserà affermare che un magistrato oggi rimarrebbe al suo posto, anche senza fare carriera, dichiarandosi socialista ? C' è qualche cosa di più, di veramente straordinario, che ricorda l' Inghilterra, sotto il governo borbonico : il Niutta arriva al posto di Presidentedella Cortesuprema di Napoli, precisamente per un atto suo di fierissima indipendenza compiuto contro .•... un generale dell'esercito borbonico. contro un principe potentissimo e diletto a Re Bomba, che in favore del primo correva voce che avesse direttamente interceduto. La11ciamo narrare il caso al Landolfi : « Non è già che in un sistema dove la giustizia tol- « lerava d'essere ringraziata, e in cui la legge sovente << faceva gagliardo intoppo alla persona, un m;;g strato « poteva riposare in un letto di rose: ma quando la dot- « trina (' la virtù stanno a sgabello d'un nome, il de- « spota ~te~so retrocede innanzi alla maestà della pub- « blica opinione se volesse attentarsi. a_cro;larlo .. « E da quest'onnipotenza dell'op101ooe pubbh~a a « Niutta fu data la mano per farlo ascendere al p1u su- << blime posto della magistratura sovrana. Udite. Un no- « bile - che fu il principe d' Ischitella - che affettava « il culto della virtù purchè avesse fatto il piacer suo; « che soldato occupava uno dei più alti posti della mi- « lizfa, e nascondeva un animo irruente e despota sotto « le larve della fierezza e della disciplina miliiare; che « era grato al principe perchè nel campo ne avea c~- « perta la vigliacca paura ; non osò varc~re la sogha « del Niutta pria di giudicarsi d'una sua hte, forse ere- « dendo che un nobile, un generale, un favorito, non « avesse potuto aver torto: ma ebbe torto; ed allora, « obliando sè e il suo grado, si recò in casa del pre- <• sidente Niutta con fieri e bassi propositi. Ma trova « Niutta nella onnipotenza della coscienza sua; lo vede « impas~ibile alle inconsulte querele, costante nella so- « lennità dell'intemerata coscienza; e dalla maestà del « suo contegno apprende la più dignitosa prot~sta con- « tro l'ingiuria. Allcra l'impertinente sol~a'.o rna~petta- « tamente imparò che tutti sono uguali mnanzt alla « legge. Cmi colui si partì, furioso do_Ppiament~ del t~r~o « avuto in tribunale e di quella onmpotente 1mpass1b1- « bilità che gli rinfacciava l'immane auda~ia del fat~o. « Subito se ne soarse la novella, e la coscienza pubbltca « se ne offese. Il 1;overnonon avPndoavuto il cor~ggio « di deoradare il ueneralr rsalto il Niutta a presidente /:, b ' 8 E « della Corte su(lrema, con decreto :> 9 Agosto I 5 9· « questo, mirabile a dirsi, non significò nè rivalsa nè « contentatura : Niutta si assise a presidente della Corte « suprema come al posto dove la pubblica opinfone l'a- « spettava. Ed egli tenne condegnamente quel posto. » (p. 67 a 69). Noi saremmo molto curiosi di conoscere quale sorte toccherebbe ad un Magistrato che' osasse dare torto al generale Bava Beccaris o al Generale Pelloux; certamente però sart bbe ritenuto degno di Manicomio chiun• ' , . que manifestasse oggi la speranza che ad un tale magistrato, anzkhè una punizione, verrebbe l'elevamento a Presidente della Suprema Cassazione di Roma.
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