RIVISTA POPOLA "l{E DI POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIALI 9 misoneismo dell'alta borghesia l'avrebbe arrestato, per lungo tempo ancora _ Io non credo che vi sia oggi, nessuna analogia con questa situazione in Francia ; basta aprire un annuario di commercio per vedere che le vecchie tradizioni sono oggi vinte; non v'è niente da fare per un governo. In Italia non è lo stesso : una riforma profonda s'impone, e non si tratta di una riforma che si possa sperare dì ottenerla da un ministero più democratico ; si tratta di una trasformaziane impossibile a intraprendersi senza un cambiamento radicale delle istituzioni : si tratta infatti di cifre enormi. Il f rofessore Pareto calcola che una famiglia di artigiani fiorentini paga il 24 010 della sua entrata, mentre che una famiglia inglese, che g~adagni presso a poco lo stesso, paga meno del 5 010. E un rovesciamento analogo a quello che ha prodotto da noi la Rivoluzione che bisognerebbe effettuare. La classe dirigente d'Italia sembra infatti molto poco disposta•a fare delle riforme radicali, mentre che la nobiltà e il clero nel 1789 erano pronte a riformare la Francia: una soluzione per via parlameutare sembra impossibile. Una rivoluzione in Italia sarebbe necessariamente antimilitarista e federalista; diventerebbe difficile ai grandi proprietari d'imporre delle tasse protezioniste destinate ad affamare il popolo e a mantenere dei contratti agrari così onerosi per il lavoratore. Il paese sbarazzato degli enormi carichi che fanno pesare su lui l'armata, le tasse bdirette e la rendita fondiaria esagerata potrebbe svilupparsi e prosperare: diventerebbe, ad un tempo, più democratico e più · capitalista: l'industria italiana non potrà infatti ingrandirsi tanto finchè avrà dei produttori miserabili e non un largo mercato interno per le merci <li grande consumazione. In Germania la fine della dominazione feudale produrrebbe egualmente delle condizioni favorevolissime ai progressi dell'industria capitalista e della ricchezza generale; oggi sviluppo del capitalismo, accrescimento delle forze produttrici e miglioramento della condizione delle classi povere, sono tre termini inseparabili. Le rivoluzioni verosimili e durevoli non ci appariscano come dei mezzi per far saltare l'edificio capitalista, ma, al contrario, come dei mezzi per dargli tutta la sua estensione secondo la forma classica, che ha rivestito in Inghilterra. Nei paesi (Francia ed Inghilterra) in cui la grande industria è diventata potentissima, le idee rivoluzionarie non sono più che dei ricordi patriottici i socialisti sono molto pacifici e non s'occupano che delle riforme : può essere che la necessità di una rivoluzione si abbia più tardi, oggi non si sente per nulla. Nei paesi ove la grande industria è stata importata ad un tratto, e dove sopravvivino delle condizioni politiche oppressive che rovinano il lavoratore e per contraccolpo indeboliscono il capitalismo, lì, al contrario, la rivoluzione è possibile. Ma non si tratta di una rivoluzione socialista; si tratta di una rivoluzione politica destinata a distruggere i mezzi politici che la proprietà fondiaria possiede per sfruttare il popolo, grazie alla centralizzazione e alla forza militare. G. SOREL. LA CRITICA SOCIALE Salutiamo con tutto l'entusiasmo dell'anima ncstra La Critica Sociale, che torna a pubblicarsi in Milano sotto la direzione di Filippo Turati. Il numero del 1° Luglio è davvero splendido ed oltre la breve, ma indovinatissima dichiarazione del recluso di Pallanza nel ripigliare il lavoro, contiene eccellenti, opportuni articoli di Antonio Labriola, Pareto, Claudio Treves, Arturo Labriola, Einaudi, Rensi, un Travet. Quello dell'ultimo i nostri lettori lo troveranno riassunto nella Rivista delle Riviste. Alla Critica Sociale mandiamo auguri sinceri di vita prospera non solo, ma utile sopratutto alla causa santa della rigenerazione del disgraziato popolo d'Italia alla. 9uale essa dichiara di volersi consacrare maggior~ente 1n questo momento. · Filippo Turati e La Critica sanno che ci avranno sem• pre al loro fianco, modes6, ma convinti e risoluti soldati in tutte le battaglie che si potranno combattere in difesa dei comuni ideali. LA RIVISTA POPOLARE. I CONFLITTI NAZIONALI NELLAMONARCHIA USTRO-UNGAIUCA (Continuazione. Vedi Num. 23, Anno lV). L~ slavis~o, eh~ _propende ad elevarsi a elemento egemonrco, anzi addmttura a padrone della Cisleitania se ha per sè il numero, se acquisterà, di certo m~cr- ~iore _importanza politic~ ed amministrativa, non s~prebbe, In pnmo luogo, qual linguaggio contrapporre al tedesco, n_èresterebbe concor~e appena ottenuta completa vittoria, .chè basterebbe 11 primato d'uno de' molti. idiomi slavi, perchè tutt.i gli altr! popoli affini insorgessero contro. A questo rnconvenrente forse si potrebbe ovviare scegliendo una lingua neutra, per esempio il latino o meglio il francese - non parlo del russo, eh~ desterebbe troppi e troppo giustificati sospetti - . Gl'interessi però f?nd.amentali. c~zz~nti de' vari popoli slavi, le propens1om natur~h ~1 c1ascu~ gruppo a superare gli altri, essendo d?tatl. ~I ~or~e d1sparat~ e disuguali, le attrazioni che stati fimt1m1 d1 confratelh esercitano su molte delle nazioni slave chi e come potrebbe equilibrarle e frena:le '. Chè invero come sono moltilingui gli Slavi austnac1 ~anno anche supremi interessi repugnanti e tendenze diverse. Intanto gli Slavi meridionali, separati, per mezzo della Germania austriaca e della Magiaria, geograficamente, son divisi per gl'interessi economici e sociali, per le aspirazioni nazionali, pe' linguaggi da quelli settentrionali, che, alla lor volta, discordano altrettanto fra di loro. Sinceriamocene. Gli Slavi nordici della Cisleitania, circa 13 milioni, distinti in Cechi, Moravi Slovachi, Polacchi, e Ruteni per quanto contigui no~ ' d . ' s accor ano In tutto, se non contro il comune nemico il tedesco. I Cechi, s'accantonano (eccett!.late le sporadi della Germania austriaca) sur un'ampia striscia mediana tra l'elemento tedesco in Boemia, tra lo slovaco e il tedesco in Moravia, tra il tedesco e il polacco in Slesia. Nella Boemia-isola etnografica slava spersa in un oceano tedesco - 3,644,000 di Cechi si contrappongono a 2,159,000 di Tedeschi e, <lacchè si poterono impadronire nel 18611 di Praga, vi si mantengono valorosamente' sebbene costretti ad emigrare, non aumentino quanto I; prolificità loro porterebbe. Nella Moravia più incastrata nel mondo slavo, calcolando i Moravi come cechi, (il che, fino a un certo punto, esatto pel linguaggio, perchè letterariamente si servono del ceco, non è altrettanto riguardo alle aspirazioni e alle tradizioni storiche) si trovano in 1 milione e mezzo circa contro 664,000 Tedeschi che progrediscono di più e contro un 80,000 Slovachi: Nella Slesia finalmente, regione ricca di miniere e molto !ndustri?sa e commerciante colle grandi città di Germania, 1 Cechi, 130,000 contro 282,000 Tedeschi e 178,000 Polacchi,s'accrebbero assai poco, 2,71 per 010, con gran profitto de' Polacchi, aumentati dal 1880 al 1890 di r 5 per 010. Gli Slovachi, che a differenza di quanto fa la statistica officiale, debbono separarsi da' Cechi, posti, in numero di circa 80,000 in Moravia (senza contare le isole di 7, 5oo nella « bassa Austria» e di 6,000 in Galizia) lungo il limite politico colla Transleitania, aspirano a congiungersi coi fratelli finitimi, soggetti alla corona di S. Stefano, che raggiungono i 2 milioni. Gli Siovachi, distinti anche antropologicamente dai Cechi, son poveri agricoltori, di principi più conservativi di questi, con cui non fanno davvero causa comune avendo acquistata piena coscienza
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