RIVISTA POPOLARE Dl POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCJALJ 5 Venne tentata la confutazione di ciò che ho creduto essere la verità? La promise La Perseveranza appena venne alla luce il libro; ma poi, per quanto io mi sappia, non tenne la promessa. Non poteva mantenerla - sfido io! - perchè la nnrazione dei tumulti e della repressione di Milano - in ciò che ebbe di più enorme e di scellerato - la feci colle parole sue e del Corriere della Sera: due guide non sospette ·e non sospettabili di volere aggravare le responsabilità dei governanti. .. Questa confutazione la tentarono altri giornali ed altre riviste, che militano nel campo avverso al mio? Manco per sogno. Solo la Ganetta delPopolo corresse uno strafalcione che mi sfuggì inavvertitamente, ma che non modifica di una linea la narrazione e si riferisce ad un dato biografi.e.:>del generale Pallavicini. Tutti i critici, - e ripeto che di critici amici politici ne ho avuti ben pochi - hanno imitato un, scrittore dell'autorevole Frankfurter Zeitung, il quale giudica l'insieme del libro troppo pessimista, ma mi dà completa ragione sul contenuto dei singoli capitoli! Voglio dare un saggio dei giudizi pru~entissimi, che gli avversari hanno arrecato sul libro. E l'ultimo che mi è pervenute", e l'ho letto nella Rivista politica e lette· raria (Luglio) che rappresenta la tendenza più antagonista che ci sia in 1 talia alle idee da me propugnate. Eccolo: « Questo libro del Colajanni non é una storia: è una requisitoria. Se i rnoi ragionamenti fossero tutti veri•; se i paragoni ai qu:ili la sua penna focosamente pre,ipita reggessero tutti, non ci resterebbe che velarci la faccia e attendere disperati, insieme alla fine della libertà, lo sprofondarsi dell'Italia. ·« È duro 11011dimeno;a chi ha sentimenti sincerameute italiani e sente in cuore il memore ajf,tto alle patrie istituzioni, il dover riconoscereche un f ondammto alle terribili"parole del Colajanni non manca. La storia da lui fatta della repressioneborbonica,paragonata alla represione che segui i fatti di maggio a :Milano, produce impressioneprofonda, dati i tempi, i personaggi, e sopratutto la gravità tanto diversa del pericolo. « Oggi che il Governo, col sottoporre alla firma ·Reale un decreto d'indulto, ha riconosciuto e affermato l'enormità delle condanne inflitte a tempo del precedente Ministero dai tribunali militari; oggi che a capo degli affari trovasi quel generale appunto che ricusò di applicare a Bari lo stato d'assedio, l'operato della polizia e della giustizia militare nel nefasto anno trascorso ci appare qu~llo che fu veramente un riccrdo di altri tempi, un tentativo, subito sventato fortunatamente, di tornare a sistemi di governo e di repressione che l'Italia aveva già da un pezzo, colle insurrezioni e coi plebisciti, condannati per sempre. « Quali responsabilità affami in questo libro il Colajanni, quali speranze metta in luce, quali deduzioni tragga, sarà facile il comprendere quando si pensi che l'autore non nasconde la sua fede repubblicana ; e che egli ammonisce i socialisti di non sperar mai nell'avvento delle loro speranze economiche fino a che non siano state compiute le riforme politiche da lui vagheggiate. Contro queste speranze, contro questi desiderii, noi, memori di una grande e fortunata sentenza di Crispi, lotteremo e protesteremo sempre. Nondimeno ci sia permesso di deplorare che, per difetto di chi esercita o esercitava i più ahi uffici dello Stato, gli avversarii aperti e irreconciliabili della nostra costituzione monarchica si trovino troppo spesso ad avere l'apparerza almetèo della ragione». Non ho bisogno di sottolineare tutta l'amarezza che sgorga dalla confessione dello scrittore della 'l(ivista politica sul constatato fondamento delle mie terribili parole e del paralltlo tra le repressioniborboniche e le repressioni italiane. Ma ho diritto di rilevare: che attendo ancora ed attenderò invano per un pezzo che mi si dimostri che io abbia soltanto le apparenze della ragione. Sinora, sino a prova contrada, mi credo autorizzato aritenere che sta per me tutta intera la ragione. Da coloro che tacciono per partito preso, per insigne malafede, - perchè si vedono nella impossibilità di negare le verità schiaccianti contro i nostri governanti, che sono ammonticchiate nel libro, che non ha meriti o pregi a me attribuibili, - nulla spero, nulla mi attendo. A costoro il silenzio s'impone. Vorrei, però, che gli avversari sinceri, i pochi che wstengono lealmente i provvedimenti politici, ritenendoli indispensabili per il mantenimento dell'ordine e della costituzione dello Stato, mi dimostrassero dove, come, quando ho errato e sono venuto meno al culto che ho per la verità. Sino a tanto che non sarà stato dimostrato che io mi trovo in errore, griderò alto che i provvedimenti politici sono una infamia che si vuol commettere per libidine di reazione, e che la mia è bensì una vera requisitoria, ma è requisitoria, che erompe spontanea ed ioesora bile dalla storia. Dr. NAPOLEONE COLAJANNI. Deputato al Pa1·larnento L'Assalto al Convento* Non si può far menzione di questo breve scritto di Paolo Val era nella solita rubrica delle recensioni ; ne si può riassumere una narrazione nervosa, tutta scatti, nello stile ben noto dell'autore di :Milano sconosciuta. Paolo Valera con una certa pretensione mette come epigrafi:: alla sua cronaca sanguinosa il ]'accuse... ! di Emilio Zola.· Ma immodestia non e' è. Chi accusa non è Val era; accusano i fatti ; accusano i Cappuccini, padre Isaja e padre Edoardo da Saronno. L'accusato è il generale Bava Beccaris, che CC'mandava le ·operazionidi guerra in Milano nel Maggio 1898. Egli allora si coprì di gloria; e n'ebbe meritato premio, il massimo: la gran croce dell'ordine militare di S1vofa.' 11 grande conquistatore delle barricate ... fotografate di Milano in una brillante relazione ha narrato lui stesso le proprie prodezze ; la soverchia modestia non gli consentì di occuparsi dell'epirndio più sublime della campagna : l'assalto al Convento di Manforte, dove si erano trincerati i pretesi stu.denti di Pavia e i pezzenti che aspettavano la minestra e che si difesero a colpi- di.... scodella. Ma i due frati ci hanno fatto conoscere gl'incidenti più generosi e più valorosi dei soldati al comando del Generale Bava Beccaris, che restano, così, acquisiti alla storia. Noi non li riproduciamo, perchè desideriamo che vengano letti nel libriccino di Valera : perderebbero assai se li riducessimo ad uso e consumo dei lettori della Rivista. Consci della gloria del prode conquistatore di Milano facciamo voti ardenti affi.nchè egli venga chiamato alla Presiden;,a del Consiglio dei Ministri; il Generale Pelloux non potrebbe aversi a male sapendosi sostituito nella somma delle cose da un genio militare qual' è il suo collega del Senato .. Bava Beccaris l'avrebbe fatta finita subito coll'ostruzionismo. -~""'-/'-../'../'~"'-J'" ERA PREFERIBILE LA CENSURA C1 ) Questo grido esplose dal petto sofferente di Dario Papa quando, ai tempi della reazione Crispi, si vide sequestrato il giornale senza una plausibile ragione legale, senza che mai seguisse al sequestro il rebtivo procedimento, senza che una norma qualunque, pel giornalista che vuol servire insieme la verità e non far mancare il foglio a' suoi lettori, si potesse dedurre dal cervellotico procedere delle R. Procure. - Anche l'Osservatore Cattolico ebbe ad esclamare : Ma rimettete in vigore la censura - almeno cesserà il ludibrio di vederci dernbati: e alludeva a questo furto legalizzato, che è il seqt.estro. Quello che è tcccato all'Educazione Politica in pochi mesi di vita, di esserci veduti incriminare sette articoli, senz.t che non uno di quei sette articoli sia stato fatto argomento di regolare processo, non è caso isolato, è oramai l'andazzo del potere, come direbbe un poeta classico, che « ai comun danni * Narrazione documentata co11illustrazio11i di In11oce11teCanfinotti. Milano, 1899. Società Editrice Lombarda L. 1,50. (I) Facciamo nostro questo articolo che troviamo nella Edttc~zio11~Politica d_el 30 Giugno. on occorrono spiegazioni. Aggiungiamo che riproducendolo non facciamo soltanto atto di solidarietà colla consorella di Mila·1:>,ma difendiamo anche la causa nostra. N. d. R.
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