47° RIVIST.A.POPOLARE DI POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIALI sopratutto nelle provincie piemontesi, liguri e lombarde (p. 199). . . . . 1· 1· .. Eppure vi sono ancora oggi nv1ste, g10rna 1 e po 1t1c1 del Settentrione, che si scandalizzano e protestano pel salvataggio del _Banco di ~apoli operato ~all'on. Luzzatti : salvataggio, che a differenza del pnmo non _costò alcun sacrifizio allo Stato, alcun onere alla economia na- •zionale, e non andò a benefizio degli azionisti di alcuna Banca o società privata ! È assodato adunque, che il grave onere del corso forzoso, che pesa su tutta la nazione ha la sua ongme in un salvataggio a benefizio degli interessi ba_ncari e industriali del Settentrione. Ecco una sperequazione regionale, che viene aggra-:ata da q~ella sul primo_ nude~ • della costituzione del debito pubblico appena un1ficatas1 l'Italia. L'apporto delle varie regi~~{ fu assai di_v~rs~.~ent:e l'antico regno delle Due S1c1he con I 1 m1hom d1 abitanti entrò nel consorzio nazionale con appena 3 I milioni di debito pubblico ; l'Italia Settentrionale con 13 milioni di abitanti apportò un debito pubblico di circa 85 milioni. La difterenza è enorme e pesa sulle popolazioni del mezzogiorno, che pagano gl' interessi del debiti contratti ... dagli altri. Si conosce la risposta che danno molti : nel conto del dare e dell'avere si deve impostare la cifra dei dc:biti contratti dal Piemonte per le guerre liberatrici, che condussero alla costituzione del Regno. Ma anche le varie rivoluzioni che dello stesso avvenimento furono fattori, nel Regno delle Due Sicilie contribuirono alla creazione del suo Debito pubblico. f,..d ogni modo quelle guerre rappresentarono la parte minore nel fatto e la maggiore rimane assegnata ad altre cause. Nel Parlamento subalpino, nella discussione finanziaria nel 1855 contro Cavour, la destra per bocca di Menabrea, La Margherita, de Revel ecc. gli rimproverò il movimento di speculazione suscitato nel paese e lo slancio soverchiodato dalle opere pubbliche. E la destra in quella occasione lodò la parsimonia del Regno delle Due Sicilie. Ce lo apprende il Plebano (p. 4 5) ; e ci viene ampiamente confamato da una pregevolissima relazione dell'on. Roux sul progetto di sovvenzioni chilometriche alle ferrovie da concedersiall' industria privata. Ecco qua le notizie che ci somministra il diligente senatore piemontese. Nel 1860, al momento della costituzione del regno, l' Italia era solcata da 2038 chilometri di ferrovie ripartiti così : Piemonte-Liguria Lombardo- Veneto Ducati e Stati Pontifici Toscana Provincie meridionali di terraferma Totale Lunghezza assotuta Rapporto percentuale 9 I 5 45 I 2 33 332 107 2038 44,9° 2 2, I 3 11.43 I 5,80 5,74 IOO Questa la vera sorgente dello squilibrio. D'onde questa legittima illazione: il mezzogiorno paga gl' interessi della prirna rete ferroviaria dd F iemonte e della Lombardia, che da sole - mentre pèr estensione e popolazione stavano tanto al disotto dtlle provincie meridionali continentali - avevano nel 1860 il 67 010 mentre le ultime non ne possedevano che il 5 74 % ! Questa sperequazione dopo il 186 J non è diminuita; è anche aumentata ed è stata aggravata dalle maggiori spese negli altri capitoli del bilancio dd lavori pubblici. Di che mi occupt::rò un altra volta. Ora concludo rilevando che le maggiori spese pei lavori pubblici fanno onore ai governanti del Piemonte, perché le forrovie sono state cau.,a di un maggiore sviluppo di ricchezza e di civiltà; ma ricordando, però, che le popolazioni del mezzogiorno pagano anch'esse gl'interessi dei debiti contratti per tali spese, e si dovrebbe quindi essere più riservati nel deplorare che le ferrovie del mezzogiorno non rendano abbastanza e più larghi nel concedere alle regic;ni dell' Italia inferiore, che ne hanno urgente bisogno per avvicinarsi al livello delle altre nella ricchezza e nella civiltà. Dr. NAPOLEONE CoLAJANN1. Deputato al Parlamento PerlaSardegna calunniata Tutti ricordano le lunghe e tenac1Ss1me lotte sostenute dal Wagner contro il gusto e la coltura tardigrada dei pubblici e della critica. Quale era, e quale fu per molti anni ancora dopo la sua morte, l'ostacolo maggiore che si opponeva alla diffusione della sua musica ? L'opera de' suoi sedicenti discepoli! Costoro, senza un temperamento deciso, avidissimi del plauso in qualunque modo raggiunto, credendo celare le deficienze della vocazione con le astruserie incomprensibili, stabilirono tacitamente essere dotto tutto ciò che non si capiva ; e con questo nuovo verbo inizfarono la pazza baldoria di tonfi e di cadute, la quale, come era naturale, anzichè spianare la via al maestro, ne screditò per lungo tempo il nome ed il Genio. Lo stesso curioso fenomeno è avvenuto nel campo dell'antropologia criminale. I discepoli non fanno che mettere bastoni fra le ruote ai maestri! Ed è spiegabilissimo. I neofiti han fretta di arrivare ... anelano ciJ una notorietà - pur che sia - fatta a colpi di audacia, di scienza e di ardimenti, dicono essi : fatta a colpi dì .... faccia franca - dico io. Uno di questi signori, il Niceforo, più francane e disinvolto che dotto, e animato da una gran volontà di fare, si è e.recluto, forse appunto per queste qualità, in maggior diritto degli altri a prendere la scorciatoia; e l'ha presa infatti con un libro sulla Sardegna. Il libro fu accolto con curiosità; gli amici dell'autore lo levarono a cielo; i co1leghi fecero al giovane neofita elogi e complimenti ; qualche maestro, a titolo d'encomio, gli attanagliò con affetto paterno il ganascino ; il grosso del pubblico ammirò la dottrina e il coraggio del signor Niceforo, e i sardi ... sorrisero. Ma il giovane antropologo non si scompose per questo Egli sapeva benissimo che la spiritosa disinvoltura è il miglior sistema per far carriera; e finse di non badare a quella inezia. Senonchè, poco tempo dopo, impensierito il signor Niceforo del linguaggio che tutti i giornalisti reduci dalla Sardegna tenevano descrivendo l'isola, della quale decanta vano la ricchezza dei paesaggi, lo splendore e la varietà dei costumi, la bellezza severa dei tipi, la gentilezza degli abitanti, la loro proverbiale ospitalità ecc ... ecc., e temendo che tutto ciò avesse a nuocere, o a menomare, in qualche modo, il valore del libro da lui scritto, si affac.:iò al balcone del Giornale di Sicilia e tenne presso a poco questo discorso alla folla : S gnori ! Non credete a ciò che vi hanno raccontato i giornalisti sulla Sardegna ; credete invece a me che l'ho attraversata a cavallo, esplorandola e studiandola palmo a palmo ; a me, che ho resa con la maggiore e più possibile precisione la fisionomia di quella sciagurata parte d'Italia; e sopra tutto, mi raccomando, ricordatevi sempre che la caratkristica più grande, più forte, più preziosa della Sardegna, è la sua criminalità ! » La Sardegna criminale, dunque, è il delenda Carthago del signor Niceforo ! Ora io vorrei chiedergli: è per salvare la società dai sardi ch'egli ci fa questa triste réclame senza ragione e
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