Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno IV - n. 23 - 15 giugno 1899

·R._JVISTA POPOLARE DI 'POLI ne.A LETTERE E SCIENZE SOCJALl ILPOTEREGINOITALIA Carlo Marini è un solitario che vive delle memorie del passato; fu deputato, e quando cessò di esserlo si consacrò agli studi politici teorici ed a pubblicazioni riboccanti di sincerità, di cui si occupò la Rivista. Il Marini da buon piemontese dtl vecchio stampo è monarchico e mcderalo; ha un od·o che non nasconde e non attenua in guisa alcuna: l'odio contro la Sinistra Nè sarò io a biasimarlo della tenacia colla quale quell'odio fa manifesto, perchè convinto che il gran part.to riparatore, che pervenne al potere colla rivoluzione parlamèntare del 18 Marzo 1876, ha sulla coscienza la colpa imperdonabile di essere venuto meno strepitosamente alla propria missione. L'ultimo studio del Marini s'intitola : Il potere regio in Italia ( 1 ). Contiene gravi errori, che sono il prodotto necessario del preconcetto e dell'ira di parte ; ma non mi attenterò a dimostrarglieli perchè l' illmtrissimo rappresentante del Fisco in Roma non mi consentirebbe neppure la decima parte di quella hbnta che sarebbe indispensabile per fare vittorio:amente la dimostrazione. L'egregio A. non deve avere molta pratica dei suoi contemporanei; se l'avesse non arriverebbe a mettere fra le cime anche l' on. Conte Greppi; e il suo punto di vista in fatto di scienza costituzionale è talmente anacrc,.. nistico, che l'ideale perfezione la scorge nel famoso : Torniamo allo Statuto dell'on. Sonnino. Gli sfugge t:ittJ. la evoluzione ,erso la democrazia delle istituzioni inglesi. Perciò si rammarica come di uno sciagurato avvenimento, che annientò il potere regio~ del rifiuto di Sella nel 188 r a costituire un minis:ero senza base par• lamentare. C:ò nonostante nel libro del Marini, - commendevole sempre per la sinceri!a - la dote divenuta rarissima in_ Italia - si riscontrano talune verita no:e sì, ma sempre utili ad essere ricordate agli italiani smemorati. Si passi sorra al primato nella miseria, qui tante ,olte illustrato, che l'A. deriva dall'avidità fiscale che assorbe il 43 °/0 ddla rendita della naz:one; e si ricordi soltanto, a titolo di onore, che della decadenza attuale egli non incolpa la famosa decadenza della razza italiana così scioccamente messa innanzi in ogni occasione da certi semplicisti che a forza di ciarlataneria passano per cultori di una scienza nuova •.. ed italiana! Si aggiunga che il Marini, monarchico e mod,rato ma sempre onest0, ai facili accusatori del popolo risponde: << investigate cc tutte le le parti dell'amministrazione interna ed estere, na dello Stato, esaminate tutti gli errori commessi, ,, politici, economici, finanziari, coloniali, militari e non cc ne troverete un solo, che sia dovuto al popolo, non « ne troverete p~r contrario un solo che non sia dovuto « ai governar.ti. E il popolo che ha voluto l'insensatag- « gine di Tunisia. e la conseguente rottura dei trattati << colla Françia? E il popolo che ha voluto h Triplice « alleanza? E il popolo che ha voluto tanto sperdimento « 4el pubblico denaro io ogni sorta di spese insensate? « E il popolo che ha messe le ladre mani nelle casse « delle banche? » (p. 168). Egli ha ragione : tutto ciò non ha voluto il popolo .. Chi ne ha voluto la maggior parte non è lecito dire ; però la verità dovrebbe essere integrata con questa osservazione: il popolo è stato vile o corrotto tollerando le cose brutte non volute. Si occupa della distinzione tra repubblica e monarchia mista per venire a questa conclusione sulla monarchia parlamentare, conclusione che io do senza metterci del mio nè sale nè pepe : « una monarchia. mista così intesa « sarebbe la pessima delle repubbliche, perchè in questa, <' es,endo il presiJente elettivo e perciò rinnovabile ad « ogni tr ienoio o quinquennio, e scadendo con lui il (1) L'A. è tanto solitario che non ha nemmeno cercato un editore al proprio libro, eh' è datato da Firenze. « ministero, il popolo avrebbe il mezzo legittimo di va- « riare un sistema di governo che gli sembrasse difet- « toso; laddove nella monarchia mista, essendo il re « immutabile, nessuna via lt gale di salvezza sarebbe « aperta contro qualunque falso, disastws:>, rovinoso in- « dirizzo governativo >> (p. 185). Ciò che si legge a pagine 177 costituisce la prova lampante dell'accecamento che produce il preconcetto politico, che riesce alla piu strana commistione del vero e del falso. Egli scrive che « se la generosa e gloriosa « Milano, più di ogni altra grande citta italiana operosa « e ricca, p.ù d'ogni altra si mostra sdegnosa di tante « vergogne e iatture, ciò avviene per un· fenomrno psi• « cologico ed economico naturalissimo, ossia perchè chi « più sa e ha, più conosce il male e più ne patisce il « danno ». Berissimo I Ma con quale coraggio si può soggiungere che contro Milano sono i rivoluzionari che appuntano le ire? E non sà che per lo appunto i moderati da lui ammirati sono i peggiori nemici di Milano ricca, l..boriosa e democratica. che vorrebbero sinanco sottoporre a regime eccezionale? Non insistiamo su questa abberrazione; ma conchiudiamo colle parole di D' A~eglio riprodotte dal Marini : « Chi ha fatto cadere la corona di capo ai re? Non (< sono gia le turbe dei ribelli, sono le Corti... » (p. r 94). E basta, perchè il terreno è troppo sdrucciolevole. Lo ZoT1co. Per un mio libro boicottato In Giugno 1898, all'indomani della feroce repressione milanese, mentre 5i assisteva nella Camera all'agonia del ministero Di Rudinì, il collega Malachia De Cristoforis mi chiese : vuoi scrivereun libro sugli ul'imi avvenimenti? Gli amici di Milano · te ne pregano e te ne wrebberoassai grati, berchèricJrdano il tuo libro sug!i Avvenimenti di Sicilia del 1893-94, pel quale non aveva lodi abbastanzail nostro Cavallotti. Accettai subito perchè dinanzi al pervt:rdmento intellettuale sui fatti di Milano, che avevo potuto constatare tra i più onesti deputati di ogni parte mi sembro un dovere l'accettare. Domandai alla mia volta se mi si facevano condizioni d'indole politica. Nessuna I rispose l'amico De Cristoforis. Ti lasciamola più ampia libertà di giudizio; desideriamo soltanto queste due cose: 1 .0 che il librovengaprestissimo; 2. 0 che ne Jia evitato il sequestroassaiprobabile setto il regime dtl GeneraleBava Beccaris. Non era facile ottemperare al'.e due condizioni; pure mi misi all'opera con ansia febbrile, e non appena da Milano mi si mmd6 una parte degli elementi indispcn'5abili, che non potevo io stesso procurarmi, in Settembre rr.i misi a scrivere il libro, ch'era pronto alla fine di Ottobre. Quale penosa fatica mi fossi imposta è facile immaginarlo da questi dati : in un mese e mezzo dovetti leggere le collezioni dei principali giornali di Napoli, di Roma, di Firenze e di Milano; tutti i manoscritti - alcuni dei quali interessantissimi - che mi pervennero; le relazioni stenografiche sui sessanta e più processi svoltisi nei due Tribunali di guerra di Milano e che, col ·vislo del Generale Bava Beccaris, si pubblicarono; le notizie che potei procurarmi sui processi di Napoli e di Firenze; i commenti e le osservazioni delle principali riviste italiane; in un me<;e e me1zo, ripeto, dovetti leggere, a ,;similare, ordinare, fonè.ere tutto il co-

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