444 JUVISTA POPOLARE Dl POL111CA LBTTERE E SCIENZE SOCIA.LJ « dtlla m;incanza :nsoluta delle vaot.1.tt:ris.nse Jl. lnta,1to le no:.tre cose vanno di m.1le in pt:ggio e si arri va cosi a Dogali: «: qui l'esercito sostenne l'onore delle nostre « armi; ma l'Italia di fronte a se stessa e al mondo in - « tero, dovette subire le conseguenze della disillusione ; • e Corona e Governo, sui quali tutta pes1va l.t respon- « sabilità, ben se ne accorsero; eJ a sfuggire al giuso « risentimento della patria entrambi intonarono il grid o « di «Vendetta». L'autore prosegue dicendo che, prima ddle nostre imprese aggre3sive, l'Italia ebbe dagli Etioi1i continue p rcve di rispetto. E ammonisce nel 1888, sette anni pr ima del maggior disastro, quello di Adoua, che « non furono « gli Etiopi che vennero a gettarci fra i mali di un a « ingiusta guerra, a prenderci i nostri porti, ad invade - « re il nostro territorio, m1 fummo noi italiani, che ap- « pena appena redenti, ci siamo fatti aggressori ed o p- « pressori; o meglio si é voluto per tait farci apparire, « poichè so bene il popolo 1.l"ltali1nutrire bm altri sen - « timenti; e prova ne diede sdegnando rispondere all'ap - « pello fatto dal Governo per indurlo ad arruolarsi vo - « Iontariamente per quell'odiosa quanto insensata guerra» Giuste e sante rarole, inspirate a veri sentimenti di umanità e ad amore di civiltà I E prosegue: « Ma l'ec- " cidio di Dogali e l'esperienza di ben otto anni di pro ve « non dovevano purtroppo bastare a ridurci a miglior con - « siglio, nè ancora dovevano convincue la Corona del la « materiale impossibilità di ottenere in quelle contrad e « l'effettuazione delle sue mire! » Seguono la spedizione San Marzano, il temporeggiatore, che con questa tattica ci risparmiò un novello disastro; e la conseguente r itirata. Il Martini descrive anche le fasi della occupazione d i Massaua, dimostra che questo paese « non ha per nes- « suno alcun prospero avvenire, ma per di più sarà a « carico di qualunque nazione che volesse mantenerne • il possesso » mentre per l'Abissinia é indispensabile per mantenere la sua comunicazione con l'Asia e l' Europa. Osserva che « l'Italia col rendersi amica e farsi « vera alleata dell'Abissinia, con l'aiutarla a ristabilir e « le sue comunicazioni col mondo civile, col desister e « dalla conquista di quel povero paese, terminerebbe « onoratamente la sua missione verso la civiltà, da - « rebbe alta prova di senno». Mentre « se pur si giu11- « gesse a sottomettere l'Abissinia, non vi troveremmo « nè il ricupero del danaro, ne il compenso alle certe « decimazioni delle milizie che si dovrebbero impiegar e « a comoiere quelle imprese •. Que3to scriveva il Martini, ripeto, nel 1888, e ag - giungeva con vero senso pratico commerciale che s1rebbe stato meglio seguire la politica della giustizia che non quella dell'aggressione. E continua : « qual fine ha " conseguito il governo anelante di procurarsi una co- « Ionia ove poter rivolgere parte della gente a lui av - « versa? Determinata fin da principio a favorire l'inva - « sione delle coste affricaue del Mar Rosso, anzichè s e- « condare il Governo d'allora e la Camera nella presa « deliberazione di scandagliare prudentemente l'Harrar , « per poi assicurare quelle regioni all'Italia, il governo « perdè ogni speranza di conseguire il suo fine e, de- « luso, incerto, ansioso, procurò all'Italia le rovinos e « conseguenze della ricerra in altri luoghi, di un ben e « perduto dell'impossibile >. Dice quindi l'autore che l'aumento di territorio in Affrica non ha portato v antaggi politici, e che « quei nostri possedimenti sono per « noi le colonne d'Ercole degli antichi. Più in là no n « si va: a meno di abbattere le potenze che hann o « già conquistato ogni angolo utile déi continenti asia - " tici ed affricani, non che ogni isola dei due oce ani « Indiano e Pacifico. Dal paese da noi conquistato co - « me dai limitrofi, non vi è speranza di ritrarre ~em- « meno di che sopperire ai primi bisogni, tanto men o « poi alle esigenze di una colonia al cui mantenimento « dtve il Governo provvedere. E con che? Con milioni e e milioni, che, non avendo, strappa a quel poco di b e- « nessere che gl'Italiani, a stento fra il fisco e le devav « stazioni tentano procurarsi « col lavoro•. Che cosa « dunque può giustificare l'esservi andati e l'insistere a « rimanervi, se non l'insensato: Hoc volo, sic iubeo, s it e pro ratione voluntas? Assolutismo assurdo, al qua le « non può non ricorrere chi e3sendo al potere non sa « fare di meglio! » Nota quindi l'autore come a tutti i criminosi ercori si sia aggiunto quello non lieve, di essersi reso nemico il Mussulmano, e prosegue nella sua requisitoria col dire che « difficile e presuntuoso sareb- « be l'imprendere a precisare come e fino a qual punt o « pagheremo lo scotto per tali errori, ma sarebbe stolt a « ill_us~onelo sperare di evitare per l'avvenire le p iu « tristi conseguenze )). E necessario qui ricordare che le tristi previsioni de l Martini ebbero la conferma dai disastri sempre più g ravi succedutisi, e da tanto giovine sangue italiano, che ha bagnato le aride zolle del paese che volevamo conq uistare? Egli non si stanca di ripetere ciò che l'esperie nza gli suggerisce e cio~ che : « se piu per i nostri mezzi « che per le nostre armi si giungesse a sottomettere « l'Etiopia e ad impadronircene, saremmo duramente pu - « niti dalla povertà della conquista. Incompensate sareb - « bero e la decimazione del nostro esercito e l'impieg o « di qualche miliardo». Ma l'Italia ha dovuto interrompere l'opera di conqui - sta a cagione dei rovesci militari. L'esercito di Menelik animato dalla fede nella giusta causa, per la difesa del proprio territor;o, ha avuto ragione degli oppressori b ianchi: e i miseri soldati, condotti laggiu al massacro, se nza un ideale che li animasse nel combattimento, ha nno scontato il fio degli errori dei nostri sgovernanti. L'autore conclude mirabilmente e profeticamente : « A « tale pubblicazione sono stato spinto da vivo e costant e « desiderio di vero bene pel mio paese. Non so lusin - « gare, e per esperienza degli uomini e delle cose no n « posso neppure lusingarmi, che l'avvenire sarà diffe - « rente dal passato fatale, procuratoci da coloro che ci " governano e.... Dio illumini le lo:-o menti e proteg ga « l'Italia ». Non senza com mc zione io rileggo queste profetich e parole I E penso che tante giovini vite sarebbero s tate risparmiate, e tanti dolori al nostro paese, se sino d 'allora si fosse presa la onesta risoluzione di non insistere nella nefanda impresa ! I governanti che si sono succeduti da quell'epoca sino ai nostri dì, tutti, nel rammentare che un rimedio v'era e ch'essi non sono stati capaci di applicarlo, dovrebbero ccprire il volto di rossore: ma la loro coscienza brigantesca non ha rimorsi; ed essi sono persino capaci di tentare una impossibile difesa, e di levare il viso di fronte ai loro accusatori di oggi. Non al generale Baratieri si dovrebbe imputare il disastro di Adua, o sinistri governanti, ma a quelli che l'aggressione di un popolo libero han meditato; che hanno spinto Iaggiu alla carneficina migliaia di no stri fratelli. L'impresa militaresca per la natura dei luogh i e degli abitanti era impossibile che sortisse a buon f ine : ma voi ciecamente persisteste in nome d'interessi e di persone innominabili j avreste potuto evitare il disastro e non l'avete fatto : vostra è dunque la colpa j su voi solamente deve cadere ogni responsabilità : a voi dov rebbe strozzar la parola nella gola, il sangue m0ntante dei nostri fratelli, delle vostre vittime. Che i soldati p rivi di un ideale e i generali invidiosi di comando e di supremazia siansi nella discordia lasciati battei e, nonostante prove individuali di valore, è più che logico. Qu ello che non è logico, eh' è criminoso, si è che voi abbiate conosciuto il pericolo e che, per distrarre l'attenzione del paese dalle vergogne nazionali, non abbiate voluto evita rlo. Questo dirà la storia ! E ora... andiamo in Cina ! DARlO AscARELLI. S. bastiano Martini - La questioneaffricana - Firenze. Tip. dd1' Arte della Stampa, 1888.
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