'R._IP'ISTA POPOLARE DI POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIALI 443 batte la reazione, colla sola arma che le è rimasta : coll'ostruzionismo ! Che dire dei gesuiti, che non contenti di prestare la loro opera nefanda in pro dei progetti liberticidi osano rimproverare all'Estrema il discredito delle istituzioni parlamentari? La loro sfacciataggine è grande come la misericordia di Dio ! Uomini i quali hanno chiuso il Parlamento per difendere l'onore privato di un Ministro ; che hanno fatto le spedizioni africane e chinesi contro o senza la volontà della Camera; che alle leggi hanno sostituito i decreti; che hanno violato tutti gli articoli dello Statuto ; che hanno soppresso e sequestrato i giornali senza processarli ; che hanno umiliato il Parlamento col non dargli alcuna spiegazione; che hanno asservite le coscienze, intimidito e corrotti gli elettori; che hanno proclamato gli Stati di assedio e instaurati i Tribunali di guerra ; che hanno arrestato, condannato e massacrato i pacifici cittadini ; che hmno esercitato tutte le violenze contro la maggioranza e contro le minoranze, calpestando leggi e Statuto, violando la dignità e la libertà del popolo italiano, osino erigersi a severi giudizi dei valorosi soldati dell'Estrema, chi! combattono per la libertà e pel paese, pel Parlamento e per l'ordine vero, pel popolo e per la giustizia, via ! questo è troppo .... E che sia troppo, o illustri staffieri del generaleb0mba, ve lo ha detto il paese che a Milano, a Torino., a Parma, a Genova ha votato pei rept~bblicani e pei socialisti, pei clericali e pei radicali - ha votato per tutti meno che per voi ; e do mani votf!rebbe anche pel diavo!o pur di . protestart:: contro di voi ! E non dubitate : il resto il paese ve lo dirà. Co minciamo a sperarlo ! LA RIVISTA. Le.responsabilaiftàfrfoane (r) Gli ultimi incidenti avvenuti nel Parlamento italiano, provocati dalla inopportuna e non richiesta autodifesa tentata dal Crispi, la quale, ripetendo intempestivamente argomenti vecchi e bugiardi, suonò provocazione al coraggioso manipolo di PJrlamentari che comb.itte oramai da solo, per la verità e la giustizia, mi richiamano alla mente lo scritto altamente civile di Sebastiano Martini: « La questione affricana » pubblicato in Firenze nel 1888 dall'Editore Felice Paggi. Questo volumetto di poco più di cinquanta pagine, sembra, a chi lo rilegga oggi, dopo 12 anni dall'epoca ne'.la quale fu scritto, d'una tragica attualità non solo, ma inspirato a un senso profetico delle cose, che ha del maraviglioso. L'autore, che ora risiede a Gabes in Tun:sia, dove si occùpa con amore (r) Pubblichiamo questo articolo, che h1 le apparenze di uno studio retrospettivo, perchè temiamo che il rimanere in Africa presto o tardi ci pro;urerà qualche guaio; lo pubblichiamo pure perchè il rit0rno sulle cose afrkane in questo momento dovrebbe servire di ammonimento a coloro che si apparecchiano ad andare in China. Non per difènJere il Conte Antonelli, infine, ma per aggravare la respons1bi!ità dei nostri po;itici sentiamo il dovere di rico:dare che il grande sostenitore della cosidetta politi;a scioan i ebbe se non altro il merito di far conoscere con precisione maten11tica agli uomini della Consulta quali erano le forze del!' Abissinia. Essi non tennero conto ddle notizie. e le farle di Menclik, quali erano state numerate dal.'Antonelli, le risce,ntrammo al AJuJ. N. d. R. e intelligenza di agricoltura, è notissim:, a quanti si sono occupati della questione coloniale. È stato uno dei primi esploratori dello Harrar, dell'Abissinia e del Regno di Kaffa, e <lacchè lasciò la divisa di ca 1itano di cavalleria, visse sempre in Affrica e acquistò ·una conoscenza più unica che rara del paese, sia dal lato topografico che dal lato commerciale. Fu quegli che, per incarico del Governo, concluse co:i Menelik il 1° Trattato di commercio; del quale però non dissimulò, e al Governo e alla Corona direttamente, l'inutilità. Il Governo gli mise quindi alle coste quel celebre conte Antonelli che ha servito con tanto amore e tanto disinteresse il nostro paese laggiù, si da disgustare il Martini stesso ; il quale vista l'impresa e l'opera sua cadute in mano degli speculatori, si ritirò sdegnosamente per riacquistare la propria libertà di scienziato e di esploratore, e per non confondere la propria 0pera onesta con quella turpissima dei turlupinatori e dei ciarlatani. Prima però di dedicarsi di nuovo agli studii e alle esplorazioni, lanciò al paese il volumetto in questione. Ma il volo de « La questione affricana » fu molto breve: imperocchè l'edizione, che fu pubblicata in 5000 esemplari, scomparve subitamente fino all'ultima copia : e l'acquirente fu uno solo: il Governo d'allora; il quale gradl tanto la pub~ blicazione, che volle acquistarne tutti gli esemplari re-· peribili..., per impedire cosi al Paese di conoscere le sacro,ante verità contenute nel profetico volumetto. E la manovra riuscì all'intento, sicchè « la questione affricana » fu letta da pochissimi e discretissimi e non destò quindi quel clamore e quell'interesse che altrimenti inevitabilmente avrebbe destati. L'autore scrive all'indomani dell'eccidio di Saganeiti. Comincia col descrivere l'opera nefasta dell' Antinori, al quale la Società geografica di Roma aveva affidato la dfrezione della prima spedizione italiana per l'esplora. zlone dell' Affrica equatoriale; dimostra come a lui si debba il sacrifizio del Chiarini e dello Avanchères, e come il CecchiJ salvato dal Chiarini, lo tradisse appropriandosi le opere di lui. Segue il massacro del Giulietti e l'eccidio del Bianchi e compagni. « Cecchi ed Anto- « nelli contando nella carpita fiducia, pubblicano lettere « ed una corrispondenza fra di loro tenuta, con la quale « lasciano intravedere grandi speranze di fortuna sulle « coste del Mar Rosso e in Abissinia ». E il paese vi credè perchè « sui gradini del potere, « padroni della stampa, facile fu per essi il co.npito di « di rendere il pubblico fiducioso di un prospero avve - « nire ». Da ciò risulta che le prime mistificazioni datano fino dalle prime lusinghiere relazioni degli esploratori. Cosi fu occupato A9sab. L'autore, riportandosi ad un suo seri tto del I 881, fa la storia di questa occupa• zione, e dimostra come sarebbe stata più logica la fondazione di un cons)lato a Zeyla che è in relazioni commerciali con le tribù Galla, Haia, Hania, Oborro e Ittu. L'occupazione di Assab fu dovuta alle false relazioni del De Amezaga, comandante il regio avviso « Rapido 1,, il quale, nono3tante che l'autore gli avesse fatto conoscere che l'Egitto non aveva trovato ragione di tener conto di quella lan fa priva di ogni vegetazione e di acqua, e che il generale Ezio De Vecchi e il comandante Lovera di Maria dopo lungo studio avevan riconosciuta l'impossi. bilità di utilizzare in qualsiasi modo quel punto del Mar Rosso, consigliò il passo f<1tale « a danno del decoro e degl'interessi nazionali » e agi in tal modo ~ per ordini segreti ricevuti ,, e perchè « trova va il su) tornaconto a servire il potere e non il paese ,, . Tanto vero che dopo il Saptto, il De Amezaga fu nominato Governatore di Assab con 42,000 lire di stipendio! Pose lo stato d'as:edio ad Assab : ottenne dal Governo ingenti som. me per effettuare i lavori del porto ecc., e indusse il commercio d'Italia a far la prova delle risorse della nuova colonia. « Senonchè informato poi il Governo cc del vero stato delle cose, richiamò l'Amezaga, ed il « commercio, rimasto a deplorare le conseguenze del- << l'inganno nel quale era stato tratto dovette convincersi
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