450 RIVISTA 'POPOLARE DI POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIALJ simevoli cela poi una nobile impazienza. Come il mezzogiorno è indiscutibilmente assai addietro nelle forme •economiche e nello sviluppo della cultura pubblica, le idee radicali vi fanno poco breccia e vi assumono un'aria ben differente ·dalle attitudini democratiche dell'Alta Italia. Spesse volte il radicale ed il socialista giungono nel mt:zzogiorno a far breccia nella massa elt:ttorale, ma le loro idee perdono ogni forma democratica, perchè la vittoria di quegli uomini non rappresenta l'adesione al programma ma l'omaggio alla perrnna, ovverossia sotto la forma del1'indipendenza democratica si cela il vecchio strvilismo semi-feudale. - Di qui la ben pronunciata antipatia dei radicali e socialisti settentrionali per il mezzogiorno, la quale cosa li spinge sino a pensare la possibilità di se- . pararsi da questo membro· troppo poco proporzionato agli altri della patria comune. Ma è anche, giova dirlo franclmente, questa la causa prima della debolezza del radicalismo italiano. Un'osservazione assai semplice delle condizioni d'Ital;a prova che - per esempio - il federalismo del genere della Svizzera equivarrebbe in Italia al prevalere ed al preponderare dell'Italia settentrionale sulla meridionale; ed il federalismo fiù completo austro-ungarico sarebbe la morte di tutto i paese. E siccome si tratta di proposizioni assai gravi giova accennare un pò più fondatamente ad esse. Il federalismo svizzero è oramai un nome e nulla più. La Svizzera non ha più l'mdipendenza cantonale militare, ha perduto l'indipendenza doganale, e finalmente, qualche gio:no addietro, la i?dipen~enza g~udizi~ria-gi~ridic~. Se il sistema del federalismo svizzero s1 applicasse 10 Italia, la soluzione del problema doganale non potrebbe essue duplice: l'una per il mezzogiorno libero-scambista, l'altro per il settentrione protezionista. La Svizzera, che è un piccolo paese, ha risoluto il problema attuando un libero scambio assoluto, che ha fatto la riccheua del paese. L'Italia che farebbe mai ? Ebbeneci vuol poco a prevedere che leforz..cmorali ~ :naterialidell'u?-ltaItalia e~sendomaggiori solo la sua politica doganalefinirebbecol tnonf are. Abbiamo già ve.iuta che l'unità significa cc alternamento dei vantagg! » ; ho dei gravi dubbi che anche il federalismo implicherebbe l'istessa cosa. Ma l.i sua condanna in questo caso è pronunciata. Dove poi conduca il sistema austro-ungarico, lo mostra la disputa attuale per l'Ausgleich. Il dtputato Horn, scrivendone al Journal des Economistes, prevede l'indipendenza dei due paesi, che sarà la comune ruina, essendo l'Ungheria paese agricolo e l'Austria paese industriale, e ciascuno consumando i prodotti dell'altro. Ma l'Austria e l'Ungheria, divise, son paesi troppo forti per divenire la preda di altri. Chi oserebbe dire l'istesso del paese nostro, già troppo abituato alla dominazione straniera? Si ricordi che, se ne eccettui il Veneto, il Piemonte e, sino ad un certo punto, il Lazio, tutte le altre parti d'Italia non sono mai state capaci di un governo autonomo. Il problema italiano è di una complessità estrema e non si presta a soluzioni sempliciste. Ora gli attacchi sistematici del radicalismo settentrionale al Mezzogiorno inducono lentamente nel Mezzogiorno la falsa convinzione che i progressi tatti dal 1860 sin qnì non siano stati l'opera dell'unità, ma dell'esistenza della monarchia. Trasformando la lotta contro i sistemi politici italiani in una lotta fra le diverse regioni i radicali italiani perpetuano la necessità del monarcato. Chi può dimenticare che la dinastia asburghese è durata eterna attuando saviamente un programma di antagonismo fra le diverse nazionalità dell'impero-mosaico? Io non so se sia più sconsigliata o maligna l'opera di quei radicali e socialisti che non trovano migliore occupazione ai loro ozii letterarii che vituperare e calunniare il mezzogiorno, accendendo una nuova face di sciovinismo regionale. Abbia.no visto in Francia che significhi, anche nei socialisti, lo sciovinismo nazionale. Vi sono dei socialisti italiani che parlano sdegnosamente del socialismonazionalistico francese, e poi lo cretinizzano sino al regionalismo ~ Come è vero eh"! è più se:nplice far da maestro che da scolaro. Tutti sanno insegnare, ben pochi ap· prendere, eppure la sola virtù consiste nel sapere imparare. ARTURO LABRIOLA. (Continua). I CONFLITTI NAZIONALI NELLAMONARCHIAAUSTRO-UNGARICA L'intera monarchia, sotto il rispetto politico, tripartita in « impero austriaco » (osterreichische Staatsgebit.t) regno ungarico (ungadscbe Staatsgebiet) e cc territorio occupato » ( occupationsgebiet ), oggi presenta l'immagine d'un gigantesco campo di \battaglia di 676;~65 Km.2 , su cui guerreggiano circa 43 milioni d'uomini, appartenenti alle 4 schiatte, slava, tedesca, magiarica e romanica. Chi, col semplice esame delle forze numeriche e delle generali propensioni loro, stimasse di formarsi un concetto adeguato della struttura e delle tendenze di questo che, per area e popolazione, è H terzo stato d'Europa, in modo da poter presagire l'esito meno improbabile della lotta delle nazionalità, che adesso, con tanto accanimento, vi si combatte, sbaglierebbe a partito. Perchè mentre Slavi e Romanici si suddividono in nazioni diverse, tutte e quattro le schiatte son frammiste e posseggono delle sporadi dell'!!stensione più disparata, Quindi limitandoci a stabilire che la gente slava, in tutta la monarchia 20 milioni e mezzo, è la più numerosa e aspira, a buon diritto, a prevalere ; la tedesca, superiore appena a I I milioni, domina per la sua coltura elevata ; la magiarica, di 7 milioni e mezzo, è la più battagliera e invadente, atta alle armi cd a' negozi civili ; e la più scarsa e, appunto per ciò, trascurata è la romanica, a stento 3,750,000, non s'uscirebbe dalle solite generalità poco concludenti, dacchè il problema davvero complesso e oscuro delle sorti dello screziato dominio absburgbese, non può, teoricamente, affrontarsi, senza uno studio coscienzioso sui vari popoli e sulle loro tendenze politico-nazionali. Ma tale ricerca si presenta tutt'altro che agevole. Chè arduo assai è raccapezzarsi nel labirinto di cifre de' censimenti, di specchietti d'ogni sorta, di tabelline di percentuali, ammannite dagli studiosi delle intricatissime questioni etnico-linguistiche, informanti di sè tutta quanta la vita politica della monarchia. Ed invero ognuno si prende la scesa di testa di rimaneggiare, secondo criteri individuali e nazionali, le resultanze delle statistiche che - nessuno lo nega - non si possono accettare a occhi chiusi e senza benefizio d'inventario mai, tanto meno poi in uno stato affaticato da pugne etniche, sempre più acute, e addirittura decisive per le nazioni, onde risulta, e di sommo rilievo per le contermini. Quasi non bastasse, i censimenti considerano, io Austria, la popolazione indigena co' militari (einheimischebevolkerung) e l'idioma usuale (umgangssprache ); in Ungheria invece la popolazione civile, senza i militari in servizio attivo (civilbevolkerung) e l'idioma materno (muttersprache ), da per tutto, denunziato dagli abitanti stessi. Si capisce pertanto che, a parte la malagevolezza de' confronti fra le statistiche de' due paesi per il metodo diverso nell'enumerazione fondamentale, devano abbondare gli abusi e le prepotenze degli agenti censuari, le dotte manipolazioni e le falsificazioni, spesseggiare i casi di persone, per paura o interesse, dichiaranti altro linguaggio dal proprio, vicende cui vanno soggetti indubbiamente questi, che pur costituiscono dei veri e propri plebisciti, in cui ciascuno ha il diritto di scegliere la nazionalità del suo cuore. Nè ciò è tutto. Cht ignora lin9;ua, nazione e razz t non corrispondersi mai e non darsi popoli, dal lato antropologico, affatto puri? Figurarsi dunque cosa succede nt:lla monarchia absb..irghesr, doYe all't:tèrogeneità fisiogeografica e confessionale ~e :1e contrappone un'altra, incomparabilmente maggiore, linguistica
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