RIVISTPAOPOLARE DI POLITICA LETTERE E SCIENZ:ESOCIALI Direttore: Dr. NAPOLEONE COLAJANNI Deputato al Parlamento Esce in Roma il I 5 e il 30 d'ogni mese ITALIA: anno lire 5; semestre lire 3 - ESTERO: anno lire 7; semestre lire 4. Un nu:rnero separa-tos Oent. ~ AnnoIV. - N. 23 Abbonamento postale Roma 15 Giugno 1899. Som1uario LA RIVISTA: In Francia e in Italia. DARIOAscARELLI:Le responsabilità affricane. Lo Zonco: Il potere regio in Italia. On. Dr. NAPOLEONCEoLAJANNI:Per un mio libro boicottato. ARTUROLABRIOLA.S:ul regionalismo in Italia. UGo ToMBESr:La festa nazionale del Javoro. (L'industria della seta a Como). AGOSTINOSAVELLI: I conflitti nazionali nella Monarchia Austro-Ungarica·. Dr. P. BRIGANTI:Americanismo o imperiaJ:smo? LAURETTAE GIUSEPPERENSI: I misfatti dell' « esperienza ». 'J{_ivistadelle Riviste. 'l{ecensioni. Si raccomanda vivamente a tutti gli abbonati i quali non si sono ancora messi in re- _qolacoll'Ammini'strazione a volerlo fare con la massima sollecitudine. Il 1ni,qlior modo per dimostrare la solidarietà o la simpatia per una rivista indipen · dente è quello di pagarne puntualmente l'abbonamento. La Rivist.~, che ormai coi p1"emi è diventata semi-gratuita, nulla risparmia, da parte sua, per mostrare a coloro che la sostengono la propria gratitudine. A risparmio di spese postali, sono pregati gli abbonati che vogliano il nuovo prernio - Attraverso la Svizzera del Prof. Ettore Ciccolti - di aggiungere all'importo del loro dare centesimi sessanta. Il premio sarà distribuito in Agosto p. v. L'Amministrazione. IN FRANCIAE IN ITALIA Gli ultimi avvenimenti di Francia sono venuti opportuni per infondere coraggio in coloro che lottano per la causa della giustizia e della libertà, e servono meravigliosamente per fugare lo sconforto amaro, che nell'animo dei combattenti da alcuni anni infonde lo spettacolo vergognoso della vita politica italiana. Fermiamoci un istante in Francia; e fermiamoci al di là delle Alpi, non p-:r porre confronti impossibili e che sarebbero un offesa gratuita per la vicina repubblica, ma per respirarvi una boccata di aria sana e:l ossigenata, che ci dia la forza necessaria per resistere all'influenza deleteria dei miasmi che siamo costretti a respira.re da noi. L1. Francia ha attraversato un periodo burrascoso, che ha messo in grave pericolo la libertà e la giustizia ; la burrasca fu ed in parte si mantiene ancora pericolosa perchè il militarismo infausto che l'ha sollevata esercita ancora un grande fascino sul popolo, i cui sentimenti sono pervertiti dai ricordi dell'antica gloriar, sopratutto,dall'ardente desiderio, abilmente sfruttato dai bastardi del patriottismo, della riconquista dell'Alsazia e della Lorena: sentimento che dovremmo comprendere e compatire in Italia, dove per molti anni tutte le nostre aspirazioni si concentrarono nella cosidetta liberazione di Roma e Venezia. Il sentimento patriottico sovraeccitato e complicato dall'antisemitismo, creò la generale avversione contro Dceyfus, segnalato come un ebreo traditore della patria. , Impossibilè riassumere in poche linee la titanica battaglia combattuta per liberare Dreyfus, vittima di una serie di macchinazioni e di falsificazioni d.1vvero spaventevoli per la loro iniquità, che in ultimo, per fortuna della Francia e dell'umanità, si sono ritorte contro il grande scellerato, il militarismo, che le aveva ordite. [n quella battaglia - ingratissima perchè doveva c;:ssere combattuta non solo contro i generali onnipotenti ma anche contro la p:.ibblica opinione traviata - accanto ad una schiera di valorosi spiccano tre eroi : Picquart, Zola, J aurès. E non esitiamo ad assegnare il primo posto a Picquart perchè è veramente gigante dal lato morale : egli che più degli altri aveva da perdere non ha esitato un istante, in nome del dovere, a buttarsi nella mischia, a corpo perduto in difesa della verità, con un coraggic, con una serenità, con una abnegazione di cui non si hanno esempi che nei leggendari martiri cristiani. L'altezza morale di Picquart è immens1 anche per la sua qualità di militare, che avrebbe dovuto incombere su di lui come una vera cappa di piombo; e solo quest'altezz1 poteva superare la grandezza contenuta nel ]e accuse I di Zola e nella campagna meravigliosa sostenuta da J aurès nella tribuna parlamentare e nelle colonne della Petite 7( epubblique. l combattenti sono grandi; ma il risultato è
442 '1{.IPISTA'POPOLARECJJI'POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIALI stato corrispondente ai loro sforzi : immenso. Ciò che sembrava utopia irrealizzabile oggi è un fatto compiuto! La Cassazione francese ha pronunziato la sua sentenza ed ha ammesso alla unanimità la revisione del processo Dnyfus. Quale lezione per la magistratura iraliana ! IL martire ddl' !,;ola del Diavolo è in viaggio e tra poco sarà restituito alla famiglia, alla patria. Il trionfo della giustizia è stato completo ed ha condotto al trionfo della repubblica. La revisione mise alla gogna il militarismo· e b giustizia trionfante ba costretto a venir fu~ri al!a 1 uce del giorno la reazione livida e abbietta che dietro di esso si appiattava. Realismo e imperialismo, impersonati in un canagliume, la cui nobiltà dalla Revue desRevues era stata ~imostr..ita falsa di sana pianta - in un canagliume i cui blasoni erano stati insozzati nel fango della suburra, tra i souteneurs, i bari, i parvenus dei più b.1ssi fondi parigini, ~ le cocot/es - quando videro smascherato il militarismo, che, in nome del patriottismo e della revanche, doveva uccidere a tradimento la repubblica, colla ptrturbazione propria degli agonizzanti, si decise alla prova suprema. Si ebbe l'attentato ignobile di Auteil contro il Presidente Loubet, nel quale i protagonisti monarchici fecero una figura più ridicola di quella degli incroyables e dei muscadins nella MaJama .. Angot .... L'attentato suscitò la nausea perchè era tutto a base di codardia, degna degli ultimi degenerati rappresentanti dell' imperialismo : e poteva anche essere lasciato cadere nel disprezzo. Ma in esso repubblicani e socialisti videro una sfida, e la raccolsero. Dettero la posta agli irreconciliabili nemici della libertà e della giustizia, a Loogchamps. Ma quei vili, capeggiati dal rinnegato Rochefort, non ten · nero l'invito; essi vollero conservarsi pfr le prodqz.e delle case da giuoco e dei lupanari, quando si accorsero che non potevano contare sulle baionette dei soldati. Per la giornata del Grand prix di Longchamp:; s1 fecero le più fosche previsioni; un governo come l'italiano avrebbe impedito la riunione; ed avrebbe impedito la riunione o avrebbe fatto in modo almeno, che alla festa, che minacciava tramutarsi in sanguinoso conflitto, non fosse intervenuto il Capo dello Stato. In Francia, invece, il governo, forte dell'appoggio del popolo, prese delle grandi precauzioni - e glie ne va data lode - ma permise che la giornata del Grand prix passasse come tutte le altre. E la giornata passò con una dimostrazione colossale in favore del Presidente Loubet e della Repubblica, a marcio dispetto dei reazionari italiani che aspettavano ansiosi da Parigi l'annunzio di un pronunciamento, che l'avesse fatta finita, annegando nel sangue la 11bertà. Auteuil e Longchamps, la viltà imperialista e l'i1;11poncnte affermazione repubblicana, ebbero un epilogo parlamentare, in parte inatteso, che in Italia sembrerebbe assolutamente ingiustificato. Il ministro Dupuy allarmato giustamente dell'audacia mostrata dalla jeunesse dorée ad Auteuil, e dalla promessa fatta da repubblicani e da socialisti di trovarsi in centin.1ia di migliaia per dare una salutare lezione agli ete1ni nemici loro, prese grandi precauzioni - forse soverchie - per fare rispettare ad un tempo l'ordine e il diritto di riunionr. Parve ai socialisti che la polizia abbia commesso delle violenze ingiustificate - vere bazzeccole di fro:ite a quelle quotidiane della polizia italiana - nella giornata e nella serata del grand prix di Longchamps; e Vaillant mosse immediatamente interpellanza al governo. In Francia, dove il regime. rappresentativo è cosa vera e reale, di un fatto degno di attenzione si discute in Parlamenta immediatamente; non ci sono ministri vili che la discussione sfuggano - e più ~olte brillantemente nell'ultimo ministero lo provò 11 Delcassè; - non ci sono deputati servili, che alle disoneste e illiberali richieste acconsentono. Perciò l'interpellanza Vaillant venne presentata e svolta l'indomani delle corse di Longchamps. Il risultato ? Questo - chiaro, netto, preciso : da un lato la Camera dei deputati che con 321 voti favorevoli contro 173 accetta il seguente ordine del giorno Ruau: la Camerarisoluta a non sostenereche un governodecisoa difendereenergicamentele istituzioni repubblicanee ad assicurare l'ordine pubblico, passa all'ordine del gforno; dall'altro un Presidente del Consiglio che non si contenta di un ordine del giorno, che non suona esplicita fiducia e se ne va, pieno Ji fierezza e di dignità, respingendone un altro che in fatto non suonava approvazione incondizionata all'opera sua. Non aveva il ministro D1.1puydifeso energica. mente le · istituzioni repubblicane? e non aveva mantenuto l'ordine pubblico ? Certamente. Perchè d~~que non otte~rne q11ella fiducia piena ed incond1z10nata che chiedeva? Per avere difeso la polizia! Riassumiamo. In Francia la revisione del processo Dreyfus ha provato che ci sono dei giudici... a Parigi; le giornate di Auteuil e di Longchamps hanno provato che la repubblica è oramai incrollabile; la discussione della interpellanza Vaillant e il voto consecutivo hanno fatto noto che delle intemperanze <lella polizia non si vuole sapere· e il ritiro di Dupuy ha insegnato, che non si può ;imanere al go,;;erno con dignità se non si gude della fiducia illimitata del Parlam~nto. E tutto l'insieme - lo tengano bene in mente gl'imbecilli che in Italia vaneggiano sulle cose francesi ! - ammonisce che in Francia colla repubblica vivono armonicamente: il regime rappresentativo, l'ordine, la giustizia e la libertà! Passiamo in Italia .... Siamo in piena pochade. Un generale, che avrebbe dovuto portare nel governo la fierezza e la dignità, resta al suo posto con un voto procurato col silenzio equivoco sulla quistione chinese mentre gli assestavano uno schiaffo: Di Rudinì sulla guancia Destra e Fortis sulla guancia Sinistra. Si resta al governo colla semplice missione di farvi la quotidiana apologia - accettata dalla maggioranza come un vangelo - della polizia, e per fare trionfare la reazione. - Contro la reazione non istà a combattere nella Camera che la sola Estrema Sinistra. La storica Sin-istra ne guarda l'azione con simpatia; ma inerte, mette in evidenza la propria impotenza, a cui è riuscita dopo venti anni di malgoverno. L' Estrema sinistra calma, serena e fiera com-
'R._IP'ISTA POPOLARE DI POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIALI 443 batte la reazione, colla sola arma che le è rimasta : coll'ostruzionismo ! Che dire dei gesuiti, che non contenti di prestare la loro opera nefanda in pro dei progetti liberticidi osano rimproverare all'Estrema il discredito delle istituzioni parlamentari? La loro sfacciataggine è grande come la misericordia di Dio ! Uomini i quali hanno chiuso il Parlamento per difendere l'onore privato di un Ministro ; che hanno fatto le spedizioni africane e chinesi contro o senza la volontà della Camera; che alle leggi hanno sostituito i decreti; che hanno violato tutti gli articoli dello Statuto ; che hanno soppresso e sequestrato i giornali senza processarli ; che hanno umiliato il Parlamento col non dargli alcuna spiegazione; che hanno asservite le coscienze, intimidito e corrotti gli elettori; che hanno proclamato gli Stati di assedio e instaurati i Tribunali di guerra ; che hanno arrestato, condannato e massacrato i pacifici cittadini ; che hmno esercitato tutte le violenze contro la maggioranza e contro le minoranze, calpestando leggi e Statuto, violando la dignità e la libertà del popolo italiano, osino erigersi a severi giudizi dei valorosi soldati dell'Estrema, chi! combattono per la libertà e pel paese, pel Parlamento e per l'ordine vero, pel popolo e per la giustizia, via ! questo è troppo .... E che sia troppo, o illustri staffieri del generaleb0mba, ve lo ha detto il paese che a Milano, a Torino., a Parma, a Genova ha votato pei rept~bblicani e pei socialisti, pei clericali e pei radicali - ha votato per tutti meno che per voi ; e do mani votf!rebbe anche pel diavo!o pur di . protestart:: contro di voi ! E non dubitate : il resto il paese ve lo dirà. Co minciamo a sperarlo ! LA RIVISTA. Le.responsabilaiftàfrfoane (r) Gli ultimi incidenti avvenuti nel Parlamento italiano, provocati dalla inopportuna e non richiesta autodifesa tentata dal Crispi, la quale, ripetendo intempestivamente argomenti vecchi e bugiardi, suonò provocazione al coraggioso manipolo di PJrlamentari che comb.itte oramai da solo, per la verità e la giustizia, mi richiamano alla mente lo scritto altamente civile di Sebastiano Martini: « La questione affricana » pubblicato in Firenze nel 1888 dall'Editore Felice Paggi. Questo volumetto di poco più di cinquanta pagine, sembra, a chi lo rilegga oggi, dopo 12 anni dall'epoca ne'.la quale fu scritto, d'una tragica attualità non solo, ma inspirato a un senso profetico delle cose, che ha del maraviglioso. L'autore, che ora risiede a Gabes in Tun:sia, dove si occùpa con amore (r) Pubblichiamo questo articolo, che h1 le apparenze di uno studio retrospettivo, perchè temiamo che il rimanere in Africa presto o tardi ci pro;urerà qualche guaio; lo pubblichiamo pure perchè il rit0rno sulle cose afrkane in questo momento dovrebbe servire di ammonimento a coloro che si apparecchiano ad andare in China. Non per difènJere il Conte Antonelli, infine, ma per aggravare la respons1bi!ità dei nostri po;itici sentiamo il dovere di rico:dare che il grande sostenitore della cosidetta politi;a scioan i ebbe se non altro il merito di far conoscere con precisione maten11tica agli uomini della Consulta quali erano le forze del!' Abissinia. Essi non tennero conto ddle notizie. e le farle di Menclik, quali erano state numerate dal.'Antonelli, le risce,ntrammo al AJuJ. N. d. R. e intelligenza di agricoltura, è notissim:, a quanti si sono occupati della questione coloniale. È stato uno dei primi esploratori dello Harrar, dell'Abissinia e del Regno di Kaffa, e <lacchè lasciò la divisa di ca 1itano di cavalleria, visse sempre in Affrica e acquistò ·una conoscenza più unica che rara del paese, sia dal lato topografico che dal lato commerciale. Fu quegli che, per incarico del Governo, concluse co:i Menelik il 1° Trattato di commercio; del quale però non dissimulò, e al Governo e alla Corona direttamente, l'inutilità. Il Governo gli mise quindi alle coste quel celebre conte Antonelli che ha servito con tanto amore e tanto disinteresse il nostro paese laggiù, si da disgustare il Martini stesso ; il quale vista l'impresa e l'opera sua cadute in mano degli speculatori, si ritirò sdegnosamente per riacquistare la propria libertà di scienziato e di esploratore, e per non confondere la propria 0pera onesta con quella turpissima dei turlupinatori e dei ciarlatani. Prima però di dedicarsi di nuovo agli studii e alle esplorazioni, lanciò al paese il volumetto in questione. Ma il volo de « La questione affricana » fu molto breve: imperocchè l'edizione, che fu pubblicata in 5000 esemplari, scomparve subitamente fino all'ultima copia : e l'acquirente fu uno solo: il Governo d'allora; il quale gradl tanto la pub~ blicazione, che volle acquistarne tutti gli esemplari re-· peribili..., per impedire cosi al Paese di conoscere le sacro,ante verità contenute nel profetico volumetto. E la manovra riuscì all'intento, sicchè « la questione affricana » fu letta da pochissimi e discretissimi e non destò quindi quel clamore e quell'interesse che altrimenti inevitabilmente avrebbe destati. L'autore scrive all'indomani dell'eccidio di Saganeiti. Comincia col descrivere l'opera nefasta dell' Antinori, al quale la Società geografica di Roma aveva affidato la dfrezione della prima spedizione italiana per l'esplora. zlone dell' Affrica equatoriale; dimostra come a lui si debba il sacrifizio del Chiarini e dello Avanchères, e come il CecchiJ salvato dal Chiarini, lo tradisse appropriandosi le opere di lui. Segue il massacro del Giulietti e l'eccidio del Bianchi e compagni. « Cecchi ed Anto- « nelli contando nella carpita fiducia, pubblicano lettere « ed una corrispondenza fra di loro tenuta, con la quale « lasciano intravedere grandi speranze di fortuna sulle « coste del Mar Rosso e in Abissinia ». E il paese vi credè perchè « sui gradini del potere, « padroni della stampa, facile fu per essi il co.npito di « di rendere il pubblico fiducioso di un prospero avve - « nire ». Da ciò risulta che le prime mistificazioni datano fino dalle prime lusinghiere relazioni degli esploratori. Cosi fu occupato A9sab. L'autore, riportandosi ad un suo seri tto del I 881, fa la storia di questa occupa• zione, e dimostra come sarebbe stata più logica la fondazione di un cons)lato a Zeyla che è in relazioni commerciali con le tribù Galla, Haia, Hania, Oborro e Ittu. L'occupazione di Assab fu dovuta alle false relazioni del De Amezaga, comandante il regio avviso « Rapido 1,, il quale, nono3tante che l'autore gli avesse fatto conoscere che l'Egitto non aveva trovato ragione di tener conto di quella lan fa priva di ogni vegetazione e di acqua, e che il generale Ezio De Vecchi e il comandante Lovera di Maria dopo lungo studio avevan riconosciuta l'impossi. bilità di utilizzare in qualsiasi modo quel punto del Mar Rosso, consigliò il passo f<1tale « a danno del decoro e degl'interessi nazionali » e agi in tal modo ~ per ordini segreti ricevuti ,, e perchè « trova va il su) tornaconto a servire il potere e non il paese ,, . Tanto vero che dopo il Saptto, il De Amezaga fu nominato Governatore di Assab con 42,000 lire di stipendio! Pose lo stato d'as:edio ad Assab : ottenne dal Governo ingenti som. me per effettuare i lavori del porto ecc., e indusse il commercio d'Italia a far la prova delle risorse della nuova colonia. « Senonchè informato poi il Governo cc del vero stato delle cose, richiamò l'Amezaga, ed il « commercio, rimasto a deplorare le conseguenze del- << l'inganno nel quale era stato tratto dovette convincersi
444 JUVISTA POPOLARE Dl POL111CA LBTTERE E SCIENZE SOCIA.LJ « dtlla m;incanza :nsoluta delle vaot.1.tt:ris.nse Jl. lnta,1to le no:.tre cose vanno di m.1le in pt:ggio e si arri va cosi a Dogali: «: qui l'esercito sostenne l'onore delle nostre « armi; ma l'Italia di fronte a se stessa e al mondo in - « tero, dovette subire le conseguenze della disillusione ; • e Corona e Governo, sui quali tutta pes1va l.t respon- « sabilità, ben se ne accorsero; eJ a sfuggire al giuso « risentimento della patria entrambi intonarono il grid o « di «Vendetta». L'autore prosegue dicendo che, prima ddle nostre imprese aggre3sive, l'Italia ebbe dagli Etioi1i continue p rcve di rispetto. E ammonisce nel 1888, sette anni pr ima del maggior disastro, quello di Adoua, che « non furono « gli Etiopi che vennero a gettarci fra i mali di un a « ingiusta guerra, a prenderci i nostri porti, ad invade - « re il nostro territorio, m1 fummo noi italiani, che ap- « pena appena redenti, ci siamo fatti aggressori ed o p- « pressori; o meglio si é voluto per tait farci apparire, « poichè so bene il popolo 1.l"ltali1nutrire bm altri sen - « timenti; e prova ne diede sdegnando rispondere all'ap - « pello fatto dal Governo per indurlo ad arruolarsi vo - « Iontariamente per quell'odiosa quanto insensata guerra» Giuste e sante rarole, inspirate a veri sentimenti di umanità e ad amore di civiltà I E prosegue: « Ma l'ec- " cidio di Dogali e l'esperienza di ben otto anni di pro ve « non dovevano purtroppo bastare a ridurci a miglior con - « siglio, nè ancora dovevano convincue la Corona del la « materiale impossibilità di ottenere in quelle contrad e « l'effettuazione delle sue mire! » Seguono la spedizione San Marzano, il temporeggiatore, che con questa tattica ci risparmiò un novello disastro; e la conseguente r itirata. Il Martini descrive anche le fasi della occupazione d i Massaua, dimostra che questo paese « non ha per nes- « suno alcun prospero avvenire, ma per di più sarà a « carico di qualunque nazione che volesse mantenerne • il possesso » mentre per l'Abissinia é indispensabile per mantenere la sua comunicazione con l'Asia e l' Europa. Osserva che « l'Italia col rendersi amica e farsi « vera alleata dell'Abissinia, con l'aiutarla a ristabilir e « le sue comunicazioni col mondo civile, col desister e « dalla conquista di quel povero paese, terminerebbe « onoratamente la sua missione verso la civiltà, da - « rebbe alta prova di senno». Mentre « se pur si giu11- « gesse a sottomettere l'Abissinia, non vi troveremmo « nè il ricupero del danaro, ne il compenso alle certe « decimazioni delle milizie che si dovrebbero impiegar e « a comoiere quelle imprese •. Que3to scriveva il Martini, ripeto, nel 1888, e ag - giungeva con vero senso pratico commerciale che s1rebbe stato meglio seguire la politica della giustizia che non quella dell'aggressione. E continua : « qual fine ha " conseguito il governo anelante di procurarsi una co- « Ionia ove poter rivolgere parte della gente a lui av - « versa? Determinata fin da principio a favorire l'inva - « sione delle coste affricaue del Mar Rosso, anzichè s e- « condare il Governo d'allora e la Camera nella presa « deliberazione di scandagliare prudentemente l'Harrar , « per poi assicurare quelle regioni all'Italia, il governo « perdè ogni speranza di conseguire il suo fine e, de- « luso, incerto, ansioso, procurò all'Italia le rovinos e « conseguenze della ricerra in altri luoghi, di un ben e « perduto dell'impossibile >. Dice quindi l'autore che l'aumento di territorio in Affrica non ha portato v antaggi politici, e che « quei nostri possedimenti sono per « noi le colonne d'Ercole degli antichi. Più in là no n « si va: a meno di abbattere le potenze che hann o « già conquistato ogni angolo utile déi continenti asia - " tici ed affricani, non che ogni isola dei due oce ani « Indiano e Pacifico. Dal paese da noi conquistato co - « me dai limitrofi, non vi è speranza di ritrarre ~em- « meno di che sopperire ai primi bisogni, tanto men o « poi alle esigenze di una colonia al cui mantenimento « dtve il Governo provvedere. E con che? Con milioni e e milioni, che, non avendo, strappa a quel poco di b e- « nessere che gl'Italiani, a stento fra il fisco e le devav « stazioni tentano procurarsi « col lavoro•. Che cosa « dunque può giustificare l'esservi andati e l'insistere a « rimanervi, se non l'insensato: Hoc volo, sic iubeo, s it e pro ratione voluntas? Assolutismo assurdo, al qua le « non può non ricorrere chi e3sendo al potere non sa « fare di meglio! » Nota quindi l'autore come a tutti i criminosi ercori si sia aggiunto quello non lieve, di essersi reso nemico il Mussulmano, e prosegue nella sua requisitoria col dire che « difficile e presuntuoso sareb- « be l'imprendere a precisare come e fino a qual punt o « pagheremo lo scotto per tali errori, ma sarebbe stolt a « ill_us~onelo sperare di evitare per l'avvenire le p iu « tristi conseguenze )). E necessario qui ricordare che le tristi previsioni de l Martini ebbero la conferma dai disastri sempre più g ravi succedutisi, e da tanto giovine sangue italiano, che ha bagnato le aride zolle del paese che volevamo conq uistare? Egli non si stanca di ripetere ciò che l'esperie nza gli suggerisce e cio~ che : « se piu per i nostri mezzi « che per le nostre armi si giungesse a sottomettere « l'Etiopia e ad impadronircene, saremmo duramente pu - « niti dalla povertà della conquista. Incompensate sareb - « bero e la decimazione del nostro esercito e l'impieg o « di qualche miliardo». Ma l'Italia ha dovuto interrompere l'opera di conqui - sta a cagione dei rovesci militari. L'esercito di Menelik animato dalla fede nella giusta causa, per la difesa del proprio territor;o, ha avuto ragione degli oppressori b ianchi: e i miseri soldati, condotti laggiu al massacro, se nza un ideale che li animasse nel combattimento, ha nno scontato il fio degli errori dei nostri sgovernanti. L'autore conclude mirabilmente e profeticamente : « A « tale pubblicazione sono stato spinto da vivo e costant e « desiderio di vero bene pel mio paese. Non so lusin - « gare, e per esperienza degli uomini e delle cose no n « posso neppure lusingarmi, che l'avvenire sarà diffe - « rente dal passato fatale, procuratoci da coloro che ci " governano e.... Dio illumini le lo:-o menti e proteg ga « l'Italia ». Non senza com mc zione io rileggo queste profetich e parole I E penso che tante giovini vite sarebbero s tate risparmiate, e tanti dolori al nostro paese, se sino d 'allora si fosse presa la onesta risoluzione di non insistere nella nefanda impresa ! I governanti che si sono succeduti da quell'epoca sino ai nostri dì, tutti, nel rammentare che un rimedio v'era e ch'essi non sono stati capaci di applicarlo, dovrebbero ccprire il volto di rossore: ma la loro coscienza brigantesca non ha rimorsi; ed essi sono persino capaci di tentare una impossibile difesa, e di levare il viso di fronte ai loro accusatori di oggi. Non al generale Baratieri si dovrebbe imputare il disastro di Adua, o sinistri governanti, ma a quelli che l'aggressione di un popolo libero han meditato; che hanno spinto Iaggiu alla carneficina migliaia di no stri fratelli. L'impresa militaresca per la natura dei luogh i e degli abitanti era impossibile che sortisse a buon f ine : ma voi ciecamente persisteste in nome d'interessi e di persone innominabili j avreste potuto evitare il disastro e non l'avete fatto : vostra è dunque la colpa j su voi solamente deve cadere ogni responsabilità : a voi dov rebbe strozzar la parola nella gola, il sangue m0ntante dei nostri fratelli, delle vostre vittime. Che i soldati p rivi di un ideale e i generali invidiosi di comando e di supremazia siansi nella discordia lasciati battei e, nonostante prove individuali di valore, è più che logico. Qu ello che non è logico, eh' è criminoso, si è che voi abbiate conosciuto il pericolo e che, per distrarre l'attenzione del paese dalle vergogne nazionali, non abbiate voluto evita rlo. Questo dirà la storia ! E ora... andiamo in Cina ! DARlO AscARELLI. S. bastiano Martini - La questioneaffricana - Firenze. Tip. dd1' Arte della Stampa, 1888.
·R._JVISTA POPOLARE DI 'POLI ne.A LETTERE E SCIENZE SOCJALl ILPOTEREGINOITALIA Carlo Marini è un solitario che vive delle memorie del passato; fu deputato, e quando cessò di esserlo si consacrò agli studi politici teorici ed a pubblicazioni riboccanti di sincerità, di cui si occupò la Rivista. Il Marini da buon piemontese dtl vecchio stampo è monarchico e mcderalo; ha un od·o che non nasconde e non attenua in guisa alcuna: l'odio contro la Sinistra Nè sarò io a biasimarlo della tenacia colla quale quell'odio fa manifesto, perchè convinto che il gran part.to riparatore, che pervenne al potere colla rivoluzione parlamèntare del 18 Marzo 1876, ha sulla coscienza la colpa imperdonabile di essere venuto meno strepitosamente alla propria missione. L'ultimo studio del Marini s'intitola : Il potere regio in Italia ( 1 ). Contiene gravi errori, che sono il prodotto necessario del preconcetto e dell'ira di parte ; ma non mi attenterò a dimostrarglieli perchè l' illmtrissimo rappresentante del Fisco in Roma non mi consentirebbe neppure la decima parte di quella hbnta che sarebbe indispensabile per fare vittorio:amente la dimostrazione. L'egregio A. non deve avere molta pratica dei suoi contemporanei; se l'avesse non arriverebbe a mettere fra le cime anche l' on. Conte Greppi; e il suo punto di vista in fatto di scienza costituzionale è talmente anacrc,.. nistico, che l'ideale perfezione la scorge nel famoso : Torniamo allo Statuto dell'on. Sonnino. Gli sfugge t:ittJ. la evoluzione ,erso la democrazia delle istituzioni inglesi. Perciò si rammarica come di uno sciagurato avvenimento, che annientò il potere regio~ del rifiuto di Sella nel 188 r a costituire un minis:ero senza base par• lamentare. C:ò nonostante nel libro del Marini, - commendevole sempre per la sinceri!a - la dote divenuta rarissima in_ Italia - si riscontrano talune verita no:e sì, ma sempre utili ad essere ricordate agli italiani smemorati. Si passi sorra al primato nella miseria, qui tante ,olte illustrato, che l'A. deriva dall'avidità fiscale che assorbe il 43 °/0 ddla rendita della naz:one; e si ricordi soltanto, a titolo di onore, che della decadenza attuale egli non incolpa la famosa decadenza della razza italiana così scioccamente messa innanzi in ogni occasione da certi semplicisti che a forza di ciarlataneria passano per cultori di una scienza nuova •.. ed italiana! Si aggiunga che il Marini, monarchico e mod,rato ma sempre onest0, ai facili accusatori del popolo risponde: << investigate cc tutte le le parti dell'amministrazione interna ed estere, na dello Stato, esaminate tutti gli errori commessi, ,, politici, economici, finanziari, coloniali, militari e non cc ne troverete un solo, che sia dovuto al popolo, non « ne troverete p~r contrario un solo che non sia dovuto « ai governar.ti. E il popolo che ha voluto l'insensatag- « gine di Tunisia. e la conseguente rottura dei trattati << colla Françia? E il popolo che ha voluto h Triplice « alleanza? E il popolo che ha voluto tanto sperdimento « 4el pubblico denaro io ogni sorta di spese insensate? « E il popolo che ha messe le ladre mani nelle casse « delle banche? » (p. 168). Egli ha ragione : tutto ciò non ha voluto il popolo .. Chi ne ha voluto la maggior parte non è lecito dire ; però la verità dovrebbe essere integrata con questa osservazione: il popolo è stato vile o corrotto tollerando le cose brutte non volute. Si occupa della distinzione tra repubblica e monarchia mista per venire a questa conclusione sulla monarchia parlamentare, conclusione che io do senza metterci del mio nè sale nè pepe : « una monarchia. mista così intesa « sarebbe la pessima delle repubbliche, perchè in questa, <' es,endo il presiJente elettivo e perciò rinnovabile ad « ogni tr ienoio o quinquennio, e scadendo con lui il (1) L'A. è tanto solitario che non ha nemmeno cercato un editore al proprio libro, eh' è datato da Firenze. « ministero, il popolo avrebbe il mezzo legittimo di va- « riare un sistema di governo che gli sembrasse difet- « toso; laddove nella monarchia mista, essendo il re « immutabile, nessuna via lt gale di salvezza sarebbe « aperta contro qualunque falso, disastws:>, rovinoso in- « dirizzo governativo >> (p. 185). Ciò che si legge a pagine 177 costituisce la prova lampante dell'accecamento che produce il preconcetto politico, che riesce alla piu strana commistione del vero e del falso. Egli scrive che « se la generosa e gloriosa « Milano, più di ogni altra grande citta italiana operosa « e ricca, p.ù d'ogni altra si mostra sdegnosa di tante « vergogne e iatture, ciò avviene per un· fenomrno psi• « cologico ed economico naturalissimo, ossia perchè chi « più sa e ha, più conosce il male e più ne patisce il « danno ». Berissimo I Ma con quale coraggio si può soggiungere che contro Milano sono i rivoluzionari che appuntano le ire? E non sà che per lo appunto i moderati da lui ammirati sono i peggiori nemici di Milano ricca, l..boriosa e democratica. che vorrebbero sinanco sottoporre a regime eccezionale? Non insistiamo su questa abberrazione; ma conchiudiamo colle parole di D' A~eglio riprodotte dal Marini : « Chi ha fatto cadere la corona di capo ai re? Non (< sono gia le turbe dei ribelli, sono le Corti... » (p. r 94). E basta, perchè il terreno è troppo sdrucciolevole. Lo ZoT1co. Per un mio libro boicottato In Giugno 1898, all'indomani della feroce repressione milanese, mentre 5i assisteva nella Camera all'agonia del ministero Di Rudinì, il collega Malachia De Cristoforis mi chiese : vuoi scrivereun libro sugli ul'imi avvenimenti? Gli amici di Milano · te ne pregano e te ne wrebberoassai grati, berchèricJrdano il tuo libro sug!i Avvenimenti di Sicilia del 1893-94, pel quale non aveva lodi abbastanzail nostro Cavallotti. Accettai subito perchè dinanzi al pervt:rdmento intellettuale sui fatti di Milano, che avevo potuto constatare tra i più onesti deputati di ogni parte mi sembro un dovere l'accettare. Domandai alla mia volta se mi si facevano condizioni d'indole politica. Nessuna I rispose l'amico De Cristoforis. Ti lasciamola più ampia libertà di giudizio; desideriamo soltanto queste due cose: 1 .0 che il librovengaprestissimo; 2. 0 che ne Jia evitato il sequestroassaiprobabile setto il regime dtl GeneraleBava Beccaris. Non era facile ottemperare al'.e due condizioni; pure mi misi all'opera con ansia febbrile, e non appena da Milano mi si mmd6 una parte degli elementi indispcn'5abili, che non potevo io stesso procurarmi, in Settembre rr.i misi a scrivere il libro, ch'era pronto alla fine di Ottobre. Quale penosa fatica mi fossi imposta è facile immaginarlo da questi dati : in un mese e mezzo dovetti leggere le collezioni dei principali giornali di Napoli, di Roma, di Firenze e di Milano; tutti i manoscritti - alcuni dei quali interessantissimi - che mi pervennero; le relazioni stenografiche sui sessanta e più processi svoltisi nei due Tribunali di guerra di Milano e che, col ·vislo del Generale Bava Beccaris, si pubblicarono; le notizie che potei procurarmi sui processi di Napoli e di Firenze; i commenti e le osservazioni delle principali riviste italiane; in un me<;e e me1zo, ripeto, dovetti leggere, a ,;similare, ordinare, fonè.ere tutto il co-
'R.IVISTA POPOLARE DI 'POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIALI piosissimo materiale raccolto ; e in due mesi scriyere un volume di circa quattrocento pagine! ~Spesse volte chiuso nella mia modestissima stanzuccia di lavoro in Castrogìovanni, non rallegrato e non confortato che dal sorriso dei miei adorati bambini e dalle parole della mia compagna temetti di venir meno ; ma nel lavoro da schiavo sino all'ultimo fui sorretto da questa idea : com - piere un dovere. A fine Ottobre terminai di scrivere il libro senza poterlo rileggere, senza poterlo esaminare nei detrngli e coordinare sulle bozze di stamp.:i, com'era mio desiderio ardente, e come avevo messo per condizione esplicita all'editore. Ero sicuro, sicurissimo, che la stampa monarchica non potendo negare e confutare una sola ragina dell'Italia nel 1898 avrebbe fatta la più rigorosa cospirazione del silenzio ; lo temevo specialmente pcr parte della stampa di Roma e di Milano. Così avvenne; e la Perseveranza che ne annunziò la pubblicazione - avvenuta con ritardo nel Gennaio, per cause a me ignote e da me indipendenti - dopo averlo letto credette savio non mantenere la promessa di occuparsene.~ Et pour rause..,. Speravo, però, che la stampa democratica di ogni gradazione - in prima fila quella -socialista, ch'era la più interessata nella quistione - avrebbe discusso con ardore il libro ed avrebbe rotto il silenzio disonesto, ch'è nelle tradizioni del giornalismo italiano, e che viene scupolosamente osservato quando ad esso non è dato di alterare il pensiero dell'autore per poterlo, all'uopo, calunniare. Era ben legittima la mia speranza, poichè avevo la coscienza di avere reso, scrivendo quel libro, un servizio alla causa della libertà., della giustizia e della verità, ch'è la causa dtlla democra2ia. Invece ebbi a provare la più amara delusione! Gli ~tessi amici del Secolo non se ne occuparono che ...in cronaca. Tacquero, o vi accennarono di vol0, come ad uno dei tanti inutil libercoli che vedono la luce nel nostro paese, i numerosi giornaletti repubblicani e socialisti; qualcuno, facendo mostra di una fenomenale insipienza - come un giornaletto repubblicano di Napoli - ne disse corna. Tra gli amici solo Pio Schinetti ne scrisse con amore; e tra gli avversari lo fecero segno a critiche oneste la Gaz.z_ettadel Popolo di Torino e l'Economista di Firenze. Tacque la Giustizia di Reggio Emilia e tacque l'Avanti! il solo giornale, che avrebbe potuto scriverne imparzialmente in Roma. Confesso che fui amareggiato oltremodo da questo silenzio, che riuscivami più penoso per l'interesse e la magnificazione in prò di alcune pubblicazioni che vogliono - essere storia e sono romanzi, che pretendono essere ::pplicazioni del materialismo storico e ne sono la contraffazione grottesca. Del silenzio mi addoloravo non già perchè mi venisse meno una réclame, alla quale non tengo affatto - se vi tenessi la mia penna dovrebbe essere al servizio di ben altre cau- ~e -; ma perchè me lo immaginavo proneditato. Quel silenzio dell'Avanti! e della Giustizia me lo spiegavo per la seconda edizione del Socialismo, nella cui prefazione ho commesso il sacrilegio di mettere una frase riuscita sgradita ad un nume soçialista 1 ma per L'Italia nel 1898 ?.... Mi si voleva forse punire perchè avevo riprodotto un brano di uno scritto di Filippo Turati? ... In parte m'ingannavo. Infatti l'Avanti! (nel N.0 del 4 Giugno) dopo sei mesi si è occupato del libro con questo giudizio complessivo di cui sono grato a Leonida Bissolati che lo ha dato : « Il libro del Colajanni benchè risenta della fretta onde fu compilato - e la fretta venne da me confessata nella prefaz...ione - offre nelle sue linee generali il quadro interno di quel triste periodo, nella sua preparazione lontana, nella sue occasioni prossime, nei suoi casi più caratteristici, nelle sue conseguenzevicine e remote, nei raffronti con avvenimenti analoghi del tempo passato e della storia contemporanea dì altri paesi. È un libro, di cui consigliamo la lettura a quanti amano farsi un concetto largo di quegli eventi, a cui si devono le condizioni della vita politica attuale d'Italia ... >> Dopo di che, crederanno gli amici lettori, che a me non resti che ringraziare il valoroso direttore dell'Avanti! Pur troppo non è cosi, perchè Leonida Bbsolati alla fine della sua benevolissima recensione scrive : Il Colajanni prosegue: « per parte mia non esito ad aggiungere che se le barri.::aterimasero indifese, se i moti non furono più gravi, ciò si deve al fatto che mancò assolutamente ogni preparazione ed ogni direzione, e sopratutto al dissidio tra i sociali&ti e una borghesia colta e repubblicana che ba un obbiettivo determinato, ma che ebbe tagliati i garetti dal socialismo che le sottrasse le masse. » Il che è vero, ma solo in parte. È vero, doè, che mancò ogni prepar.;zione e ogni din zione; n::entrenon è vero che la causa della debolezza della parte repul:- blicana e democratica sia da cercarsi nell'opera dei socialisti. Quest' è una delle idee fisseche annebbiano nell'on. Colajanni la Fercezione esatta delle cose, e gli fanno scrivere spesso deIle parole ingiustamrnte ingiuriose all'indirizzo dei socialisti ch'egli non si perita, quando gliene capita il destro, di additare come i responsabili delle condizioni politiche a cui è oggi ridotta l'Italia. Con che egli porge, senza avvederstne, armi alla reazione contro di noi, e acuisce le ragioni di dissidii che nessuno più di lui sa quanto sia doveroso il troncare. Ingiusta ingiuria ai soci~listi, dalla quale il Colajanni desisterà solo che rifletta come gli inconvenienti connaturali al periodo di formazione del partito socialista (il quale per essere, doveva staccarsi dai partiti borghesi) quelli inconvenienti, diciamo, sieno stati di gran lunga comprnsati dall'a!uto potente di forze vergini che il partito socialista, nna volta formatosi, potè portare alla causa della democrazia. Perchè meglio che di masse sottratte ai partiti affini, è il caso di parlare di masse nuove, forti di invincibile coscienza, condotte sul campo della battaglia politica dalla virtu dell'idea socialista. Il che è attestato dal mirabile contributo di energie che oggi, per la prossima lotta amministrativa, i socialisti mettono a disposizione della democrazia milanese contro la Vandea moderata e clericale. Ora in queste parolt: sono contenute contro di me accuse la cui gra,·ità è pari soltanto alla ingiustizia. Intanto io non posso e non devo difendermene per ora e per molto tempo ancora - sino a quando durerà la presente reazione. Di fronte ai socialisti mi troYo precisamente negli stessi rapporti nei quali ogni repubblicano si trova rispetto ai monarchici. Questi ultimi sfidano gli avversari a provare la superiorità dell~ istituzioni predilette; ma quando la sfida viene accettata sul serio interviene il Fisco e chiude la bocca agli imprudenti. Cosi i soçialisti verso di me ; mi ac -
'l(IPISTA POPOLARE 'Dl POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCJALl 447 cusano; ma non devo e non posso difendermi perchè altrimenti si ripeterebbe che io li denunzio quasi per l'ammonizione! Ebbene: continuerò a tacere nella speranza che verrà tempo in cui potrò dimo5trare come gli stessi socialisti più intransigenti hanno dovuto rimangiarsi le accuse lanciate contro di me ed hinno dovutoaccettare - senza mai c0nfes5arlo ! - tit"ti i rniei consi~li ed a fatti riconoscereper giuste tutte le niie critiche oneste,che partirono sempreda un animo sincero e devrto alla democrazia,che aveva il solo torto di conosceredi piu e meglio deglialtri i proprii tempi e il proprio paese: questo sopratu. tto. Devo tacere, perchè a me capita questo caso curioso : dopo avere eccitato per molti anni le ire, le invetrive e le ironie dei socialisti per 11 consigliato accordo coi partiti affini ora mi si adJita com~ una causa di discordia.... Con quanta sincerità poi i socialisti intendano la concordia si potrebbe vedere solo che volessi commentare l'attitudine dei socialisti a Mantova, a Terni e altrove. Avverto che accennando alla sincerità di certi socialisti non alludo menomamente a Leonida Bissolati del cui tatto politico si ebbe buon saggio all'epoca del cosiddetto caso di Cremona. Dr. NAPOLEONE CoLAJANNL Deputato al Parlamento D.tl N° 889 de11'8 Giugno dell'Avanti riproduciamo il seguente articolo perchè esso è una conferma di quanto scrive qui sopra il nostro Direttore. La '1{.edaz.ione In ritardo ci capita sott'occhio un articolo dell'amico E. Ferri sulla Lotta di Imola in risposta a un articolo del Cabrini. Non crediamo opportuno, per ora, di entrare nella discussione che tra essi viene dibattuta. D >bbiamo però rilevare una afferm1zione del Fe.·ri che riguarda l'indirizzo dell'Avanti I Per esempio l'indirizzo dito all'Avanti!, che si è mes,o a combattere soltanto e perso:ialmente il Pdloux, come se egli fo;se il taumaturgo della pre;ente readone - anziché essere il braccio visibile della classe dominante, come lo furono il Crispi e il Rudinì e lo sarebbero il Giolitti e lo Zanardelli .... e qualche altro - questo indidzzo viene oscurando e cancel· lando la coscienza sociali;ta in molti de' nostri compagni. Ho sentito io degli operai e dei contadini domandarmi: Ma quando cascherà questo Pelloux ?! Il che significa che tutto il lavoro di educazione p-:>litica fatto in questi anni per dare una coscil!nza socL1lista (lotta di classe), dall'esagerata importanza data alla questione della libertà ... largita dal governo si è venuto disfacendo. Così non è punto esatto. Scrivemmo degli articoli, e ne scriveremo, contro il generale Pelloux per mettere in rilievo la sua slealtà di uomo politico. Questi attacchi al Pelloux erano e sono il naturale completamento di una dimostrazione più larga che v:ene fatta in ogni linea del nostro giornale: la dimostrazione cioè delle cause per le quali il Pdloux, avenJo un tale carattere o, meglio, non-carattere personale, è riuscito ad essere il più adatto stromento della reazione politica nel momento presente. Anzi, questo compito di illustrazione materi::.- listica della attuale reazione adempimmo così scrupolosamente, da negare, andando ben oltre alla tesi svolta dal Ferri nel suo ultimo discorso alla Camera, che la maggioranza tenda a spogliarsi delle sue prerogative : dimostrando invece com'essa si serva delle prerogative del Re per creare una irresponsabilità a s~ stessa nel-- l'opera reazionaria che viene proseguendo. D'altronde il trascurare l'elemento personale nel giudizio dei fatti politici, non è fare del marxismo, come pare che il Ferri creda. Legga il Ferri le pagine delll '1{.ivoluzionee contro-rivoluzione uscita in questi giorni nella traduzione italiana del nostro Schiavi, legga le pagine dove analizza il carattere di Federico Guglielmo IV di Prussia, e vedrà come il Marx, al paro di ogni vero positivista, attribuisca un alto valore alle qualità persona li degli attori politici. E, davvero, il considerare l'azione dei fattori economici senza considerare le persone che sono il mezzo con cui quell'azione si esplica, può condurre realmente a fare della taumaturgia politica. Che se il Ferri deplora di avere trovato degli operai e de' contadini i quali chiedono « quando cascherà questo Pelloux ? >> e lo deplora come indizio di un regresso della coscienza socialista delle masse, sarebbe da chiedere allo stesso Ferri se coll '..Avanti non sia colpevole tutto il gruppo socialista parlamentare che combatte a oltranza il Pelloux, che cerca ogni occasione per rovesciarlo, che organizza l'ostruzione per la difesa della libertà. Ora se questa è una colpa, l'..Avanti è orgoglioso di riconoscerla. Perchè se per opera dell'Avanti - come dice il Ferri - gli operai e i contadini mostrano di avere integrata la loro coscienza socialista colla coscienza politica, l'..Avanti non avrebbe che da congratularsi dell'opera propria, e noi non avremmo che da ringraziare l'amico nostro dell'elogio involontario. ~ La festa nazionale del lavoro (L'industria della seta a Como) Il giorno 20 dello scorso maggio l'operosa Como inaugurava la sua Esposizione adempiendo così il suo voto di onorare solennemente .il centenario della scoperta della pila. Se la Esfosizione comasca ha una speciale importanza per la mostra di elettricità, ne ha una ben più grande per quella serica, perchè in questa è riunita tutta la produzione di un'arte schiettamente italiana. L'arte della seta, conosciuta ora in quasi tutto il mo:ido civile, ebbe la sua culla in Italia e, in puticolar modo, in quel periodo d'intensa vita cittadina che va dal XlII al XV secolo, e Lucca, Firenze, Venezia, Genova, Como, Milano forano i maggiori centri in cui l'arte della seta era tenuta in grande considerazione, perchè e principi e repubbliche sempre protessero con amore quest'arte che è una delle più nobili e delle più gloriose. L'arte serica co~tituiva allora la vera gloria industriale d'Italia, anzi i drappi it1liani erano ammirati ovunque per lo splendore e la vivacità dei colon, la squisittzza dti disegni, l' es 2. ttezza dell'esecuzione. · Però, ben presto anch'essa dfcadde, perchè le vicende politiche la fecero emigrare in Francia, in Svizzera, in Germania, perdendo quell'artistica genialità che i nostri bravi tessitori le avevano data per assumere nuovi caratteri più. conformi allo spirito e alle tendenze dei popoli d'oltr'Alpe. Quei broccati, quei damaschi, che con tanta valentia erano fabbricati in Italia, tosto scomparvero sui mercati europei, e il buon nome italiano a poco a poco si oscurò anche laddove aveva brillato per lunghissimo tempo di fulgida luce. Ma in mezzo a tanti sconvolgimenti una sola città resistette con singolare tenacia per conservare le seriche tradizioni, la ridente ed industriosa Como, la quale con grandi sacrifici combattè eroi-:amente per quell'industria cui aveva dato tanti secoli di operosa energia. Le vicende politiche attenuarono bensì la produzione comasca ma non l'uccisero e i setaiuoli del Lario s'assimilarono a poco a poco tutti qui-i metodi di fabbricazione ebe i nuovi gusti, le nuove scoperte meccaniche avevano apprestato alle altre nazioni.
RJVJSTA POPOLARE 'DI POLI11CA LE1 TERE E SCIEN2E SOCJALI La rivoluzione politica ed economica del secolo scorso non fq senza conseguenze per la nostra arte, la quale attraversò un periodo assai difficile per la sua esistenza e vitalità. Quei tessuti di seta che cm,tituivano un monopolio della sola classe ricca, a poco a poco invasero anche le case del medio borghese il quale, arricchitosi nelle industrie nascenti, s'assimilava gradatamente, trasformandoli, i costumi e le abitudini della classe aristocratica. Il lusso, quindi, tosto si democratizzò, cioè attenuò la sua grandiosità, la sua sfarzosità per presentarsi, in una società uscita da una rivoluzione borghese, più dimesso ma più geniale, apportando ovunque comodità prima sconosciute. Per conseguenza anche i prodotti dovevano acquistare un nuovo carattere più conforme allo spirito dei tempi, un carattere più universale che, rendendoli meno costosi, fossero alla portata di tutti. E quest'innovazione s'affermò, in modo particolare, nei tessuti serici perchè più costosi e fino allora di uso esclu• sivo di dame aristocratiche e di raffinati cavalieri. Produrre su larga scala e a buon mercato, ecco il principio della nuova produzione, subito intuito dalle fabbriche di Lione, Crefeld e Zurigo, le quali, per lo stato dell'economia nazionale, si trov3rono prima delle altre nella condizione di applicare le nuove scoperte meccaniche ai prodotti della manifattura serica. La lavorazione delle sete, che fino allora s'era fatta col telaio a mano, non poteva più continuarsi economicamente, era necessario sostituirvi un processo più rapido e mrno costoso, quindi applicare alla mano intelligel!te ddl'uomo la forza del vapore e, in seguito, quella dell'elettticita. In tutti gli stabilimenti della Francia, della Germania,•· della Svizzera s' iniziò subito con grande coraggio questa trasformazione, e lentamente la manifattura casalinga scomparve per cedere il posto a quella della fabbrica, al grande opificio meccanico che gettò sui mercati un prodotto abbondantissimo e molto diminuito di prezzo. L'industria italiana che aveva una volta tenuto il primato nelle seterie, non resistette all'urto formidabile delle nuove rivali straniere, e decadde totalmente in quasi tutti quei centri ove l'iniziativa degli industriali non fu all'altezza del rinnovato movimento ecoòomico. « Verso il I 860, scrive il Pincht tti (I), cioè dopo il nostro politico risorgimento, le condizioni delle manifatture seriche in Italia erano tristissime. Venezia, che nel medio evo tt nne il monopolio delle sete tessute, del suo antico splendore più non conservava fuorchè la memoria. Altrettanto può dirsi di Palermo, Lucca, Siena, Firenze, Bologna le quali città, dopo di avere esportati ricchi drappi e splendidi broccati in tutta l'Europa, nel 1860 non possedevano che pochissimi telai insufficienti a provvedere ai bisogni del consumo locale. Anche a Milano, Genova, Torino, le manifatture seriche furono rinomatissime per i ricchi lampassi ed i mirabili velluti cesellati, i quali avevano largo smercio specialmente in Francia, ma di quelle fabbriche l'attività e l'importanza erano allora di lunga mano scemate "· In mezzo a tanta decadenza, Como soltanto sopravvisse çloriosamente perchè cominciò con sacrifici grandissimi a trasformare il suo antico sistema di produzione. Cosi nel 1869 mentre non battevano in Italia che 50 telai meccanici, oggi rag&iungono la cifra di 5500 circa di cui 1500 battono per 1 fabbricanti di Como. Gli industriali di Como dettero alla produzione serica un impulso straordinario, sostenendo nel corso di pochi anni una concorrenza formidabile sui pfù lontani mercati. E queste vittorie essa ottenne non già con un irrzzionale protezionismo, bensi con una completa, assoluta libertà economica, anzi, bisogna confessarlo, i setaiuoli comaschi avversarono sempre la protezione, come nemica del progresso industriale, anche quando gli operai in (r) Pietro :Pichetti. .(.,'artedella seta a Como. Como, '99. pubblici comizi la ritenevano indispensabile per l'avvenire dell'industria. E la politica del libero scambio fu al:- braccia ta incondizionatamente dai grandi produttori, da quelli cioè che lavorano per l'esportazione, mentre i piccoli anelavano un serio protezionismo affine di proci.:- rarsi lo spaccio interno, e in ciò stendevano volentieri la mano alle classi operaie che non potevano allora comprendere la vera causa delle proprie miserie. Il libero scambio agevolò in modo particolare anzi stimolò grandi miglioramenti nell'industria serica, miglioramenti impo5ti dal nuovo carattere della produzione. « L'esportazione, scriveva La Manifattura serica il 26 aprìle 1882, a noi ha costato immensi sacrifici di attività e di danar0. Quando anni or sono si cominciò a capire che per servir Francia e Inghilterra o per stare in concorrenza sul mercato europeo, bisogna va fare stoffe perfette, fu una nobile gara tra fabbricanti ed operai a chi sapeva far meglio. I primi spesero ingenti capitali a riformare tutto il materiale tecnico, i secondi cooperarono con zelo ed attività a sec.ondare gli sforzi dei padroni ». 11111 Quindi, il segreto dell<:! vittorie comasche risiede nell'impianto dei telai meccanici e nella conseguente depressione della mano d'opera, nel confezionamento dei prodotti e nell'istituzione di quella Scuola di Tessitura che prepara abili tessitori e stimati capi-fabbrica. Nulla tralasciarono gli industriali per vincere la concorrenza d'oltralpe, tanto sui mercati interni quanto su quelli internazionali, e perfezionarono talmente la loro industria che perfino i bravi lionesi non arrossirono di scrivere diversi anni or sono che <e la force de l'industrie italienne est grande, il faut le reconnaitre. Elle ne dépend pas seulement du prix de la main-d'oeuvre, camme on affecte de penser. Ne reculons pas dans la rechuche de la vérité, efforçons-nous de la decouvrir : cette farce, elle est due à des progrès considérables réalisés dans l'ensemble des conditions du tra vail, et c'est nous qui avons été les initiateurs à ces progrès; elle est due aussi à l'emploi de pro-:edés particulius dont nos fileurs et nos mouliniers reconnaissent l'effìcacité, à une plus grande concentration dans la manifacture, t t, fait non moins c1pital à un ordre vigoureux » ( r ). Però, grandi furono i sacrifici delle classi lavoratrici per contribuire a queste vittorie. Allorchè battevano telai a mano un numero straord:- nario di tessitori erano impiegati nella manifattura serica, ma con l'impianto di grandi stabilimenti meccanici dovettero a poco a poco abbandonare il lavoro per cedere il posto ad una forza muscol.lfe più debole qual'è quella della donna, quindi più conveniente per i f.ibbricanti. 11 teh io meccanico attrasse legioni intere di fanciulle e di donne a danno immenso di quei labcriosi tessitori, i quali dovettero tralasciare quell'arte cui avevano dato tutte le loro energie ed il loro cuore. I tessitori di città quasi tutti furono costretti a ritirarsi dinanzi al dilagare impetuoso dei nuo\:i metodi di fabbricazione, e il telaio a mano !li ridusse timidamente nelle campagne in cui può ancora, per il basso prezzo della mano d'ofera, sostenere, per alcuni prcdotti speciali, la concorrenza di quello meccanico. cc Oggi è impossibile, mi diceva un industriale tessitore, non assimilarsi i nuovi metodi di fabbricazione perchè noi dobbiamo ottenere un prodotto a buon mercato onde debellare i nostri nemici. E questo prodotto non lo può dare che il telaio meccanico, il quale accapia anche una certa perfezione di lavoro )>. E per trovare questo basso prezzo di mano d'opera i fabbricanti impiantarono stabilimenti ù0n già in città bensi nelle campagne, dove la maestranza si può ottenere a vilissimo prezzo. Nei ridenti paesi che circondano Como la media dei salari oscilla fra r, 20 e r ,40 il giorno per le donne, e fra 80 e 90 centesimi per le ragazze, e posso- (1) Natalis Rondc,t - L'arte de la soie - Pnris 1885, Im • primerie Nationa\e, .
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