Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno IV - n. 22 - 30 maggio 1899

RIP'ISTA POPOLARE 'DI POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCJALl 435 L'OMBRA D'UN VIVO D'IERI È già un'ombra e mandò tanta luce. Ne mandò troppa in poco più di un decennio, dal 7~ all'So; all'incirca; forse prima del 70 poco si parlava d1 lui, forse dopo l'So si era già cominciato a dimenticarlo. Si fa tanto pre&to in questa bella Italia, dove sembra correre da per tutto l'onda di Lete. Quell'ombra si chiamava Leopoldo Marenco. Quando chi scrive queste pagine avea assunto l~a~agramma di Aristofane Larva per a~notar~ nella.«. R1y1s~a Minima » i trionfi e le cadute dei pochi auton 1taha01; quando in Milano era i;1 pie~i an_co!a il ye~chio_baraccone donde si erano n velati artisti glonos1, e 1 cnt1c1 allora e sempre in contemplazione della drammatica francese poco sapevano, o non sapevano nulla, ~ell'arte nordica che oggi li fa genuflettere; quando Achille Torelli ci aveva dato « 1 mariti » e ci prometteva « Le mogli » Paolo Ferrari con n:iolta ingegnosità nel primo atto dei suoi drammoni d'effetto c'infliggeva la tortura d'un antefatto laborioso, Cavallotti ci dava le sue commedie greche, Cossa le sue prime tragedie, e altri parecchi gettavano sulla ribalta sprazzi di luce vera, il bel paese poteva credere alla risurrezion~ del teatro italiano. . E vi credeva forse sul seno, perchè accanto a quei migliori già passeggiava _sulle tavo!e del. Teatr~ Re, e poi su quelle del Manzom, una schiera d1 auda~l. fortunati. Costoro si chiamavano Ferdinando Marum, non ancora Governatore d'Africa, ma sempre elegante maestro di bella forma scenica e di dialogo squisito ; De Renzis, oggi ambasciatore d'Italia a Londra, Leo di Casteln~ovo, Vittorio Bersezio insuperato autore del vivo e vivace « Monsù Travet », Parmenio Bittali che faceva applaudire una cosidetta commedia postuma di Goldoni, corbellando Paolo Ferrari e Bellotti-Bon. A quel tempo il Gallina cominciava timidamente il suo teatro veneziano, il Giacosa capitombolando varie volte conquista va palmo a palmo il suo lauro di dram?1at.1rg_o, Valent!no Car~ rera vinceva, « La quaderna d1 Nanm » e ogni tanto s1 affacciava alla ribalta un neonato a farsi seppellire seduta stante. Ma più di tutte le brave persone nominate, escludendone forse un paio, faceva un chiasso da nor, si dire l'autore di <1 Celeste » e del « Falconiere di Pietra Ardena ». Chi non ha visto il pubblico del Manzoni in quelle ore di delirio suscitate da Leopoldo Marenco non può sospettare nemmeno quanto sia bestia la folla. • • E oh l quanto è bestia la folla, sia che si versi sopra una piazza o in un teatro italiano I Raro è che voglia veramente quel che pretende dimostrare; più raro è che applauda al momento giusto ; e siccome ha il baco latino è sempre contenta di disapprovare qualche cosa. Non ve le rammentate voi tutte le commedie scritte da uomini di alto valore le quali il pubblico italiano ha interrotto con risa &tupide o troncato con fischi feroci? Io ne ricordo una fra tante, e ancora mi sento venire le vampe della vergogna e del dispetto di essere stato in quel momento una frazione del colto pubblico. Era un dramma di due autori che onorano l'Italia, Ferdinando Martini e Vittorio Bersezio; e in :!'\1.ilano,al teatro Manzoni, fu fatto calare il sipario a metà del secondo atto da un'accozzaglia di imbecilli montati dopo pranzo sui trampoli della critica. Questa ferocia che si manifesta ogni tanto in Italia è ignota al pubblico dei teatri stranieri, all'estero si è almeno sicuri, andando al teatro di poter sentire la commedia fino all'ultimo; ivi pochi segni di stanchezza e di noia bastano, e ne avanza, a seppellire un lavoro scenico. Or non è dubbio che questa maniera di giudizio derivi dal fatto che a uno a uno i giudici sono più colti, (perciò intendono meglio), più educati (e per conseguenza rispettosi del prossimo e di sè stessi), e anche modesti nell'ammettere di non poter giudicare un dramma se non l'hanno inteso tutto. A Leopoldo Marenco accadde spesso il contrario. Per una tirata del primo amoroso, per una battuta ben declamata il pubblico andava in estasi. Dopo questi due versi mediocri detti non so più se dal Salvadori o dal Pasta : « Ed era una bella poesia di morte « La mobil selva delle adimcl1e falci. » il pubblico si rizzò in piedi morso dalla tarantola, gridando a perdifiato: fuori l'autore! finchè l'autore sgomentato forse pensoso, venne; venne tre volte o quattro sen;a che la platea delirante si fosse placata. Io addolorai molto il povero Leopoldo disapprovando quel delirio e notando in quei due versi chiamati all'onore del proscenio un aggettivo di troppo. (Allora come oggi fa. cevo la guerra agli aggettivi, e voi sapete, oggi che gli aggetti".i hanno invaso le lettere, quanto vana foss~. l_a mia fatica d'allora !) Ma pur censurando, a co5to d 101micarmi l'autore troppo lodato, messo su tutti gli altari, cittadino per decreto municipale di pa~ecchie. cit~à, non avevo il più. lontano sospetto d~lla tnste ~b1tu~10e del pubblico. itahano che è d1 demohre con chiasso 1 monumenti da esso medesimo eretti, di calpestare in un giorno di malumore le corone che avt a decretato in un quarto d'ora enfatico, di spargere poi in gran silenzio tutta la dimenticanza che si accumula in questo nostro paese, nel quale l'entusiasmo è ~ragile, nel qua~e si ~ma P?CO ~ il rispetto è zero, dove s1 ha vergogna d1 ammirare più d un quarto d'ora, e i ragazzi usciti appena dal guscio s~ hanno ammirato una volta si pentono subito subito e sono presi dal prurito della demolizione. Perchè correva il rischio di guastarmi per una censura onesta con Leopoldo Marenco, dicevo quanto mi sembrava buono nell'arte sua: come mi piacesse la frase linda e garbata, il verso agile e musicale, dicevo anche la perizia con cui egli maneggiava la scena e approfittava di tutti gli artifizi per preparare l'effetto. Oggi che si fa una drammatica piovuta dalle nuvole (della quale interrogati in confidenza i più intelligenti - intellettuali, direbbe un altro - nessuno è ben sicuro d'intendere gran che ; e allora l'autore vada a riporre i suoi simboli), oppure si porta in scena non il simbolo ma il centone un po' biblico, un po' greco, un po' medioevale, critico ~empre, con profusione di modernità, fortunata astrazione, madre prolifica d'aggettivi e di parole flautate, oggi io penso che l'arte del Marenco tanto lontana dall'applauso, lontana tanto che i suoi ultimi lavori non trovarono un capocomico, potrebbe parlarci con vantaggio. Certo non è da mettere nel dimenticatoio, e se quei che dormono sotterra ascoltano i rumori dei posteri sopra il loro capo senza sogno, io consolerò Leopoldo Marenco annunziandogli non lontano il giorno della resurrezione. Non risorgerà tutto, certamente, ma il meglio di lui che non è morto tornerà sulle pagine delle Riviste e sulle tavole del palcoscenico. Fermatevi un poco, voi che correte dietro alla gloria come se fosse qualche cosa di men vano di' quest'ombra; fermatevi un poco a rispondere a un mio sospetto. Questo sospetto mio è che quel tale avesse ragion~ che chiamava la patria nostra: la terra dei morti, e non già perchè noi siamo in adorazione continua dei trapassati, ma perchè abbiamo la cattiva abitudine di seppellire i vivi, di seppellirli bene, salvo a levarli dal sepolcro a tempo opportuno per farne la monografia dottissima a tanto la linea. -4' ,.* Interroghiamoci sinceramente : di chi è la colpa se la nostra letteratura non tocca l'animo dei giovani? se taluni autori sono più letti e studiati all'estero che in casa nostra?

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==