'R._JPISTAPOPOLARE 'DI POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIALl forza pubblica, la quale giova notarlo, manca in Sardegna; mancanza da cui deriva appunto il baldanzoso procedere dei malfattori, sulla via delle audacie e degli ardimenti. Queste e tantissime altre cose interessanti furono dette e ripetute mille voltç in libri seriamente pensati e scritti da autori, per la maggior parte stranieri: libri in cui sono pagine di simpatia, d'affetto e di schiettissimo entusiasmo per 12. terra che dèscrivono. E se ad onta di ciò la Sardegna ha continuato e continua ad essere per i più un'espressione quasi paurosa, gli è che la maggior parte di coloro_ che ne parlano, anzichè studiarla nelle opere d1 La Marmora, di Mimaut, di Valery, di Maltzan, ~i De• lesert, di Boullier, di Mantegazza, di Maono: dt Spano, di Costa e di tantissimi altri, se la foggiano a loro modo, accettando come articoli di fede gli opuscoletti fatti di spigolature, o scritti in treno ; le notizie tradotte e tradite da certi giornali ; e i giudizi pretenziosi dei saccenti che pullulano dalla ~olita fungaia. « Rien n'est si vite f ait que des ruines ; rier, n'est sì difficile que de bdtir ». Come sarebbe utile che tutti lo ricordassero ! e quanto sarebbe bene imbrigliare un po' il cavallino della fantasia ogni volta che si discorre della Sardegna! Il Mantegazza che la visitò con avida curiosità di scienziato e cuore d'artista, fra le tantissime pagine riboccanti d'entusiamo, scrisse queste parole: .: Io godrò assai di ripetere sulla Sardegna cose dette da altri: ma ad un patto solo, ch'io sia riuscito cioè a farvi amare un'isola bellissima e infelicissima, che noi altri italiani abbiamo il torto di dimenticare troppo e di amare troppo poco ll. Le quali parole provano che la Sardegna non è tutta nel brutto e nel male "che moltissimi sanno, allo stesso modo che le ricchezze e il genio della nostra lingua non sono sulle labbra e nel gergo dei beceri. E vi1ipendere quest'isola per ignoranza è un'oltraggiarla doppiamente, poichè essa pure ha le sue glorie, i suoi eroi, i suoi martiri, ed ~ rispetto all'Italia la sentinella avanzata del Mediterraneo. CARLO DE ANGELIS, ~~ LACOLONIZZAZIONE ITALIANA nell'Argentina(•) Forse agli occhi clegli storici contemporanei non s offerse mai spettacolo più grandioso della colonizzazione coraggiosa e tenace della grande pianura americana da parte della razza anglo-sassone. In meno di un secolo, dove prima cacciavano gli indiani e pascolavano i bisonti, si estese a fecondare col lavoro i campi e le città un popolo potente di lavoratori, di ind:istriali e di commercianti. la questi momenti in cui gli Stati Uniti fanno pompa dinanzi all'Europa attonita della loro grandezza materiale e morale, sia lecito additare all'Italia l'opera di colonizzazione iniziata dai suoi figli, opera non minore di quella compiuta dalla razza anglo-sassone. (1) Vedi Lombroso - L'uomo de/inqumle. (") Estratto dalla Introduzione ad uo volume intitolato Un Pri1lcipe Mercante : Studio ml/e forme tipicbe della colonizzazio11e italiana ,ie/1'America Ialina di prossima pubblicazione nella Biblioteca di Scienze Sociali degli Editori Fratelli Bocca. Torino. L'Argentina sarebbe ancora un deserto, le sue città uo impasto di paglia e di fango stnza il lavoro perseverante. senza l'audacia colonizzatrice, senza lo spirito di intraprendenza degli italiani. Figli d'ltalia sono stati coloro che hanno creato il porto di Buenos Aires, che hanno colonizzato mtiere provincie vaste come la Francia e l'Italia ; sono per nove decimi italiani quei coloni che hanno uissodato la immensa provincia di Santa Fè, d'onde ora si diparte il grano che inonda i mercati europei ; sono italiani coloro che hanno intrepidamente iniziato la cultura della vite sui colli della provincia di Mendoza, sono italiani moltissimi fra gli industriali argentini, ed italiani i costruttori e gli architetti dell'America del Sud; ed italiano è quell'imprenditore, il quale, emulo degli inglesi, ha costruito sulle rive del Plata per più di mezzo miliardo di opere pubbliche. Al di là dell'Atlantico, sulle rive del Plata, sta sorgendo una nuova Italia, sta formandosi un popolo, che pure essendo argentino, conserverà i caratteri fondamentali del popolo italiano e proverà al mondo che l'ideale imperialista non è destinato a rimanere soltanto un ideale anglo-sassone. Anzi noi stiamo dimostrando al mondo che l'Italia è capace di creare un tipo di colonizzazione più perfetto e evoluto del tipo anglo-sassone. PClichè, mentre alla conquista pacifica del colono inglese si è sempre accompagnata, sebbene tenue e quasi evanescente talvolta, la dominazione militare, mentre ora si cercano di rinsaldare i vincoli politici tra la vecchia Inghilterra e le colonie, la colonizzazione italiana è sempre stata libera ed indipendente. Malgrado la incuria e la indifferenza del Governo italiano, malgrado il malvolere di taluni suoi rappresentanti diplomatici, si è .a poco a poco costituita nell'Argentina una forte e vi~orosa collettività italiana. Il colono italiano, in terra dt stranieri ha saputo prima domare e coltivare la terra ed ora sta trasformando il popolo che su quella terra abita. Quando nel ventesimo secolo i governanti d'Italia si accorgeranno che nell'Argentina vivrà una repubblica popolata da italiani, dove i discendenti degli italiani, occuperanno le più alte cariche pubbliche e private, e donde si dipartirà per l'Italia una fiumana immensa di merci ed una corrente inesausta di traffici, dovranno, meravigliando, riconoscere di trovarsi dinanzi ad un nuovo fenomeno storico creato dalla iniziativa intraprendente e dalla tenace laboriosità di quei poveri Paria che adesso aspettano laceri e trepidanti la partenza del piroscafo sulle calate del Porto di Genova ed a cui gli attuali governanti non hanno ancora saputo offrire il meschino aiuto di un temporaneo ricovero dalle intemperie atmosferiche e dagli artigli dei sensali di carne umana. In mezzo alla colluvie di scritti sul fenoneno emigratorio italiano, a me è parso utile di tracciare in uno scritto i lineamenti vaghi ed incerti dello stato di transizione fra un periodo che muore ed un periodo che nasce della emigrazione italiana. Perchè noi viviamo in un momento nel quale si inizia una trasformazione profonda nel tipo normale del nostro emigrante. La folla muta, indistinta dei contadini analfabeti, dei braccianti rozzi e dei saltimbanchi, ludibrio del nome italiano ali' estero, sta trasformandosi in un esercito disciplinato il quale muove compatto sotto la guida di capitani e di generali alla conqui'sta di un continente. Frammezzo alla uguaglianza democratica della povertà e della miseria comincia a manifestarsi un differenziamento progressivo. Dalla massa anonima sorgono gli eletti, che imprimono una vita nuova ad una potenzialità, prima ignota, alla massa. E I è grande fortuna per l'Italia che questo inevitabile differenziamento della emigrazione nostra siasi alfine iniziato. Sembra che una divisione del lavoro si sia operata fra le varie nazioni d'Europa nella fornitura della merce « emigrante » ai paesi poveri e nuovi. Vi sono alcuni paesi, fra c-.uiprincipalissimi l'Italia e la Russia, i quali
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