Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno IV - n. 19 - 15 aprile 1899

'R..lJTISTA POPOLARE DI POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIALJ c'è nessuna ragione perchè una società abbia ad essere composta piuttosto di termini omogenei che di termini eterogenei. Più difficile è spiegare il sofisma annidato nella proposizione : che l'associazione tenda ad un • egu.ile ) massimo benessere per tutti gli associati. Teoricamente un'associazione in vista di un massimo di benessere sembra possa aver luogo in quattro ipotesi differenti che si riducono sotto due capi : I. quando un massimo di benessere si otteneva da tutti i futuri associati e precedentemente all'associazione; II. quanda nessuno di essi otteneva un massimo di benessere. Ciascuno dei due casi presenta due combinazioni, cioè a dire che il ~ualunqu~ grado.di benessere massimo o non, precedent~ ali assicurazione, s1 otteneva : a) con la lotta fra I futun associati, b) senza lotta. Date queste quattro posizioni si prova agevolmente che due di esse scart_ano la possibilità dell'associazione e due l'ammettono. E evidente infatti che se - precedentemente all'associazione - lutti i membri del gruppo, per esempio A, B, C, otteo_evaoo ~n massimo di benessere, sia con la lotta fra d1 loro, sia senza lotta, è completamente inutile l'associazione che si proponesse di raggiungere un mass!mo d! benesse1e, dll:l, ~ome~to che questo istesso massimo d1 benessere gia si ottiene indipendentementedall'associa,Jone. L'associazione sarebbe in questo caso un mero dispendio di energie, ed imporrebbe un sacrificio, per quanto minimo, agli associati, ovverosia agirebbe in senso contrario all'ipotesi: miniminerebbe i1 benessere massimo già raggiunto (1). Dunque l'associazione fra i membri di un g~up_poidea)e è possibile solo quando precedentemente ali umone, sia con la lotta e sia senza lotta, nessuno dei membri del gruppo realizzava un massimo di benessere. Ma se nessuno realizza va il massimo di benessere, non è escluso, anzi deve ammettersi, che essi ci si accostassero in varia misura. Il peccato di Adamo dell'associazione è proprio questo. Una disuguaglianza fondamentale può esservi a base. Ora l'eguaglianza distributiva fra i diversi ~embri dell"associazione è possibile solo se questa eguaghanza preesisteva all'associazione. Se essa non esisteva, tutto induce a ritenere che l'associazione accrescerà le distanze ( 2 ). Ed ecco come. A, fuori l'associazione, guadagna 100. Il massimo di benessere che egli spera di raggiungere, con l'associazione, in un primo momento, è indicato da I 50. 73, invece, fuori della associazioJ?e, guadagna 50 e con l'associazione guadagna 65. E evidente che nel terzo momento A guadagnerà 175 e 73solamente 84, beninteso, mantenendosi identiche le ragioni dell'accrescimento della ricchezza. Cioè a dire la distanza fra i due crescerà sempre più. Ma essi saranno contenti di questa circostanza, perchè l'associazione non venne stabilita in vista di raggiungere una ideale eguaglianza, ma di attuare il massimo di benessere compatibilecon le forze iniziali degli associati. L'associazione massimizza i redditi proporzionalmente alla loro fondamentale disuguaglianza. Non prova nulla contro l'utilità dell'associazione il fatto che essa o mantiene o accresce le distanze fra gli associati. Del resto quando pure esistesse una radicale eguaglianza fra i diversi associati, nulla prova che la distriòuzione del prodotto dell'associazione debba avvenire in ragione della parte di lavoro contribuita da ciascuno di (1) Se veramente la libera concorrenza realizzasse un massimo di benessere individuale e collettivo, qualunque sistema di produzione associato sarebbe inutile ed aoti-economico. Ma ciò non esclude che l'associazione potrebbe aversi per uno scopo differt11le, non raggiungibile dalla libera concorrenza. Per esempio : uno scopo pedagogico, (2) Avverto che solo per ragioni di semplicità ho fatto le due ipotesi estreme : a) che 11essw10 raggiungesse un massimo di benessere, precedentemente all'associazione e b) che lutti lo raggiungessero. Le combinazioni sono svariate. Per esempio: bisognerebbe considerare il caso della slaz..iouarietà o meno di questo massimo di benessere. L'associazione ha luogo molte volte con un s:icrificiodell'individuo per assicurarsi un reddito minore del massimo, ma permanente. essi. La quale cosa si prova con l'applicazione del teorema di Gosseo sui beni complementari. Se A, B, C, valgono ognuno 3 ed adoperati insieme dànno un prodotto 10, a chi deve attribuirsi il valore di 10-9=1 ? Esso può eventualmente attribuirsi a ciascuno dei beni esaminati, cioè o~nuno di essi può eventualmente valere 4, ed attribuirsi l I io più prodotto dall'associazione dei coefficienti di produzione. Come questa distribuzione avverra, sarà determinata da tutte le altre condizioni del1' equilibrio economico. E se invece di coefficienti di fabbricazione si parla di individui associati, o di regioni associate ancora e sempre il problema è l'istesso. Il prodotto (economico, morale, psichico) dell'associazione puo crescere in ragion diretta degli sforzi di ognuno, ma può anche distribuirsi disugualmente fra i suoi diversi fattori. Tale disuguaglianza o ingiustizia distributiva non perciò diminuisce l'utilità dell'associazione. Purchè un vantaggio si otten~a sulla precedente disunione, sia questo vantaggio massimo o minimo, la unione sempre vale la pena di incontrarla. Naturalmente è un problema di pratica politica che tali ingiustizie non divengano sistematiche. Ciascuno degli associati tende ad avere esso la maggior parte dei guadagni e per tal guisa si stabilisce una lotta nell'associaz..ione che porta ad « alternare l'attribuzioue dei vantaggi massimi » fra i diversi membri dell'asscciaziooe. Che tale cosa avveo11:a nel fatto pratico lo mostra precisamente il caso dell'Italia. Da noi prima il Settentrione introitò i più grossi vantaggi (periodo della conquista), poi il Mezzogiorno se ne rifece (periodo del• l'organizzazione della vita nazionale) ed in ultimo il Settentrione riprese il sopravvento (periodo della crisi nazionale). Con la probabile ripresa di una politica commerciale di relativa libertà è probabile che il Mezzogiorno scavalchi di seggio il Settentrione. Ma io ognuno di questi periodi la parte sacrificata, pure perdendo relativamente all'altra, guada~oò di fronte al suo precedente stato. L'associazione 1n questo caso raggiunse il suo scopo. Il problema dei tributi regionali si presenta negli stessi termini. Per esempio, ora il mezzogiorno paga più del settentrione (I), ha pagato più anche prima addossandosi il debito pubblico del Settentrione, esso che non ne aveva, ma deve dirsi perciò che il mezzogiorno abbia perduto? Ogni associazione presuppone disuguaglianza. Come il problema dell'eguaglianza tributaria è insolubile nei riguardi degli individui, perc/Jèuna stesso imposta non sig11ìjicauno stessosacrificio, insolubile è anche nei riguardi regionali. Le cifre assolute non significano mai nulla, sovratutto nella scienza sociale. Teoricamente non è punto vero che un maggior carico fiscale corrisponda ad un maggior sacrificio. Anzi nell'opposto criterio è fondato il concetto dell'imposta progressiva. Allo stato dei fatti deve riconoscersi che nonostante i mille impacci opposti dal sistema politico presceltosi dall'Italia all'epoca rivoluzionaria, un reale vantaggio economico, morale e intellettuale ha prodotto l'unificazione. Tale vantaggio è stato disugualmente ed io epoche diverse sentito dalle diverse regioni italiane; ma non è perciò meno un fatto reale. Il giorno in cui l'Italia potesse disfarsi del gia adombrato ostacolo politico, i suoi progressi ulteriori ed il maggior benessere generale persuaderebbero che tutti quei vantaggi son dovuti alla associazione nazionale ed importano una contemporanea disuguaglianza distributiva, salvo a sviluppare i oecessarii compensi nella successione del tempo, per ogni singola regione. /Continua). ARTURO LABRIOLA. (1) L'Italia settentrionale possiede il 48 010 della ricchezza nazionale e paga meno del 40 010 del complessivo carico tributario nazionale; l'Italia centrale possiede il 25 010 e paga il 28 010; l'Italia meridionale possiede il 27 010e paga il 32 010. - Dunque il mezzo~iorno paga assai più del settentrione. È superfluo avvertire che le inferiori intelligenze settentrionali ignorano questi ed altri piccoli fattarelli di cronaca spicciola. Ma la favola del lupo e dell'agnello è tanto vecchia!....

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