Rivista popolare di politica lettere e scienza sociali - anno IV - n. 18 - 30 marzo 1899

RIVISTA POPOLARE 'DI POLITICA LETTERE E SCIENZE SOC\ALl zionata per giunta dal governo per fare un viaggio al mese! Il prof. Richieri notò in seguito che nemmeno per l'avvenire è da sperare un notevole incremento di relazioni tra i due paesi, almeno fino a tanto che a noi mancheranno i capitali che sovrabbondano invece in altre nazioni, fino a che persisteranno l'alto interesse della re_ndita e le tasse schiaccianti. Se inglesi, tedeschi, ecc. vogliono allargarvi la loro influenza è perche altrimenti subirebbero i danni rilevantissimi di dover troncare gli affari avviati (ciò che noi non possiamo temere), e perchè aspirano a impiegare i loro capitali nel!t: costruzioni ferroviarie e nella esploitation delle miniere. Ha capitali l'Italia per questo? Pensiamo alle miniere di Sardegna, ai pozzi petroliferi del Piacentino, che sono in mano a~li stranieri, e la risposta è subito data. Quanto alle ferrovie, è meglio non parlarne per noi che ci troviamo in Sicilia. Il prof. Richieri a questo punto accennò anche alla possibilita non molto remota dello sviluppo industriale della China, che potrebbe costituire un grave pericolo per l'Europa, dicendo come l'aggio fortissimo del taels, la moneta chinese d'argento, costituisce per quell'impero una barriera protettiva più valida di qualsiasi legge, e come la resistenza al lavoro dei chinesi. i loro meschinissimi salarii adeguati ai loro pochi e rudimentali bisogni, indurranno i capitalisti d'Europa a fondare in Cina degli opifici, cosi come gl'Inglesi hanno fatto in India con grave danno delle industrie della madre patria. Perchè dunque siamo andati in China, quando al governo cinese non possiamo domandare lavori per un commercio che non esiste? quando non abbiamo. capita_li da impiegare in imprese ferroviarie e in coltivazioni di miniere, come le altre nazioni ? Ecco una domanda che non ha risposta. San Mun non può colonizzarsi; non potra essere un possedimento per difesa; un possedimento per trarne profitto, neppure. E allora la conchiusione è che noi vogliamo stabilirci cola per un falso amor proprio nazionale, per vanagloria soltanto. In questa impresa il nostro governo è stato spinto, bisogna confessarlo, da contagio psichico. E cosi facendo ha dimenticato i veri interessi, le reali condizioni della nazione per correre dietro a vane illusioni, a fallaci sogni di grandezza, mentre l'Italia avrebbe da seguire una sua politica coloniale; una vera e propria politica coloniale, guidando, dirigendo, proteggendo gli emigranti Italiani nel Brasile, dove spesso sono tratti a sostituire gli schiavi negri, e nel resto dell'America del Sud, dove pur troppo, dopo la prima generazione, il sentimento nazionale si perde. Grandi applausi e strette di mano al dotto profe~sore, al quale io debbo chieder venia di questo pallido sunto del suo magnifico discorso. ANGELO GUGLIUZZO. ~ LareligiodnieV.Alfieri Le opere del!' Alfieri, scrisse il Foscolo, non ci lasciano certi su la qualità delle sue opinioni religiose : le tragedie contengono, è vero, quà e là dei sarcasmi contro i papi, come pure nelle sue Opere minori si trova qualche epigramma contro i cardinali e gli ordini monastici, ma in nessuno di tali componimenti s'incontra, nep• pure alla sfuggita, una sola parola contraria alla cristiana dottrina. Quest'asserzione del Foscolo, fondatore della critica storica italiana, a chi ha letto le opere minori dell'Astigiano parrà veramente sbalorditoja. Una esplicita professione di fede non la troviamo, egli è vero, in quegli scritti, ma vi troviamo pur tanto da potere stabilire quali furono i sentimenti e le opinioni dell'Alfieri in materia di religione. Nel cap. 8 della Tirannide, libro disteso nella gioventù, come scrive l'Autore nella dedica alla Liberd, ma che non dubita punto di pubblicarenella matura età, come l'ultimo, egli stabilisce i due principj seguenti : <l La religione cristiana non è per sè stessa favorevole al viver libero; ma la cattolica religione riesce incompatibile quasi col viver libero. A voler prm·are la prima di queste proposizioni, basterà, credo, il dimostrare, che essa non induce, nè persuade, nè esorta gli uomini al viver libero. Ed il primo e principale incitamrnto ad un effetto co5Ì importante dovrebbero pur gli uomini riceverlo dalla loro religione .... « La religione cnsuana, nata in un popolo non libero, non guerriero, non illuminato e già interamente soggiogato dai sacerdoti, non comanda se non la cieca obbedienza; non nomina neppur mai la libertà; ed il tiranno (sacerdote o laico sia egli) interamente assimila a Dio ... << Se si ernmina in qual modo ella si propagasse, si vedrà che sempre si procacciò più facilmente l' ingresso nelle tirannidi che nelle repubbliche. Le poche nazioni che fuori d' Europa la ricevettero vi furono per lo più indotte dal timore e dalla forza ... << I troppi abusi di essa sforzarono col tempo alcuni popoli as~ai più savi che immaginosi a raffre• narla, spogliandola di molte dannose superstizioni. E costoro, distinti poi col nome di eretici, si riaprirono con tal mezzo una strada alla libertà ... > E questo, quanto ali.i sostanza della cristiana dottrina. Quanto al cattolicismo, basta richiamare ciò eh~ nel medesimo capitolo della stessa opera ne scnve: « Il papa, la Inquisizione, il Purgatorio, la Confessione, il Matrimonio indissolubile per sacramento e il Celibato dei Preti, sono queste le sei anella della sacra catena. Un popolo che crede potervi essere· un uomo che rappresl!nti Dio, un uomo che non possa errare mai, egli è certamente un popolo stupido. Ma se, non lo credendo, egli viene perciò tormentato da una forza superiore, accadrà che quella prima generazione crederà nel papa per timore, i figli per abitudine, i nepoti per istupidità. Ed ecco in qual guisa un popolo che rimane cattolico dee necessariamente, per via del papa e della Inquisizione, divenire ignorantissimo, servissimo e stupidissimo ». Dopo queste chiare e precise parole, l'asserzione del Foscolo mi pare inqualificabile a dirittura. Ci sono però dei fatti nella vita del!' Alfieri e delle parole nei suoi scritti, che ci potrebbero far dubitare, che le opinioni religiose del Poeta fossero tutte e pienamente espresse nel capitolo sopra citato della Tirannide. Noi sappiamo infatti, che la pubblicazione di questa Tirannide e delle altre opere minori, fattJ a sua insaputa a Parigi, dove l'Autore le avea lasciate beli' e stampate, e chiuse nelle casse insieme con tutti gli altri suoi libri, quando a stento potè fuggire dalla Babilonia francese, gli fu cagione di profonda ~marezza. E intorno a ciò egli scrive al1'Ab. di Caluso una lettera molto caratteristica, eh' e necessario di riferire in pane per intendere le ca-

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