'R..IJTISTAPOPOLARE DI POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIALI secondo l'on. Crispi non aveva pe:1sato alla denunzia, nè è credibile che l'avrebbe fatta. E la ragione prima si rileva dalle parole pronunziate dal signor Meline in questo argomento autorevole in Francia non meno del Governo, il quale nel 15 decembre 1887, come relatore della legge che modificava i dazi doganali, in vista della rottura italiana diceva che sui 2 n articoli che comprendeva il trattato del 3 novembre 1881,48 soltanto erano speciali all'Italia, gli altri erano pur vincolati con altri paesi, di guisa che la denunzia del trattato italiano non avrebbe cambiato sensibilmente la situazione economica generale- In realtà la Francia aveva tutto l'interesse ad attendere l'epoca in cui scadendo gli altri suoi principali trattati avrebbe potuto attuare la nuova tariffa a•;tonoma voluta dal Meline e suoi, e questa epoca coincideva anche con la vera scadenza del trattato italiano, che sarebbe rimasto in piedi, senza la denunzia del Conte di Robilanr, fino al 1° febbraio 1892. Queste avvertenze dimenticava e11identemente l'on. Chimirri parlando alla Camera il 25 gennaio scorso, e ancor più le dimentica l'on. Crispi nd suo articolo della Rivista d'Italia, 15 fobbraiv, al quale e per il nome dell"autore e per Li incisione delle frasi che produssero qualche impressione, giova principalmente rispondere. . •• L'oa. Crispi comincia col prendersela col trattato del 3 novembre 1881 che aveva portato le nostre esportazioni in Francia fino a quasi 500 milioni (oggi sono a meno di 1;0) ma che aveva secondo lui sollevato lagnanze in Italia come in Francia. In Italia invece non si lagnavano che gli esportatori di bestiame, la qual voce fu impossibile con· venzionare per tema delle importazioni americane anzichè italiane in Francia; e per l'appunto quando si discusse !J tariffa del 1887, lo scrivente potè provare alla Camera che in Italia le importazioni bovine, ebbero quell'anno a superare di qualche centinaio di mila lire le esportazioni! Che poi fosse la produzione agricola italiana in balla del fisco francese, cote ;u sola eccezione non basta davvero a dimostrare, mentre la qu1si totalità delle nostn:: esportazioni in Francia, che giunse a costituire fino il 60 per 010 di cote3ta parte dei nostri scambi, si componeva di prodotti agricoli. E basti il dire, che l'esportazione dei nostri vini in Francia spintasi fino a 2,800,000 ettolitri ai 1887, rappresentava quasi il doppio di cotesto nostro commercio attuale. La verità più effettiva poi era che invece che delle inondazioni francesi con verosquilibriodei commerci, come dice l'on. Crispi, la bilancia commerciale con la Francia ci fu sempre in favore di più che 100 mil/oni, e si oltrepassò anche i 200. É assurdo dopo ciò il pretendere che le lagnanze sul bestiame determinassero il Conte di Robilant a denunziare il trattat0. La decisione fu imposta dalla Triplice da un lato, dalle esigenze non meno possenti dei sindacati industriali Jall'altro. Di questi erasi fatto strenuissimo d,fensore nel Ministero Crispi, l'oo. Vittorio Ellena ass·mto al sottosegretariato di Stato del M nistero di Agric••ltura, ma con poteri ed influenze di gran lunga superiori a quelli d'un Ministro. .. * * L' 0n. Crispi ci dice poi che la Repubblica mandò sulla fine del decembre 1887, i suoi delegati a Roma per riprendere i negoziati d'un nuovo trattato. Dimentica bensì di notare che prima i negoziatori italiani Luzzatti, Branca ed Ellena erano stati a Parigi dove appunto mentre si trattava scopp ò la bomba dd!a clamorosa visita del Prt'sidente dei Ministri italiani a Friederichsruhe. Ciò nondimeno es!:endo stati interrotti anche per altre ragioni i negoziati, la Francia consenti a ravviarli e a mandare a Roma un plenipotenziario esperto e conciliativo quale era l'ex-Ministro Tessereinc de Bort. Questi msistè per il mantenimento del trattato del 1881, fh.o alla scadenza del :892, dimostrando giustamente che ogni modificazione a carico d'una parte del commercio francese esigeva un compenso corrispondentt:. Le conferenze in .Roma però si chiusero colle inaccettabili domande del dazio sul bestiame, e colle dichiarazioni che stanno nella Nota 3 febbraio 1888 dell'on. Crispi all'ambasciator.: della Repubblica, citata dall'on. Mirabelli, e che conclude che il Governo del Re ha dovutopersuadersi che lepropostedel Governofrancese avrebbero per resultato la pro,oga pura e semplicedel trattato del J novembre188r, che gli intendimentiespressidalla Camera dei Deputati e le mie dichiarazioninon hanno ammessa(/) Rifare un trattato per soli 4 anni, quando se ne aveva uno che aveva portato a un maximum non mai raggiunto le nostre esportazioni non era forse null'altro che una dedizione completa a quegli influ,si stranieri che ispiravano ·con altri nomi le più eroiche ripugnanze, e anche pit'; alle p1essioni utilitarie di alcuni gruppi di produttori che miravano a fare di tutta Italia una vasta colonia per quasi esclusivo uso e consumo di una ristretta zona del paese? L'on. Crispi dice di aver accolto gli intendimenti espressi dalla Camera, ma chi non sa che a questa si fece cap;re che la tariffa del I 887 non doveva essere che un'arme pei negoziati, e che la imposizione d'una politica irosa e piena di suggestioni megalomane aveva condotto il Parlamento a renunziare ad ogni sua facoltà nelle mani del capo del Governo da cui si attendevano i più sfolgoranti succcssi politici ? Cosi soltanto il 29 febbraio I 888, poichè ali' on. Crispi piacque anche di respingere la proroga di sei mesi già votata dal Parlamento francese e ridurla a due, le Camere italiane in mezzo al più scenico .;pparato seppero che il capo del Governo aveva deciso di impegnare il paese affatto impreparato in una lotta, di cui doveva pagare tutte le spese la parte più vasta e più disagiata, alla quale, checchè dica !'on. Crispi, aveva il trattato del I 881, schiuso nuovi e brillantissimi orizzonti. Ma la Francia aveva chiarito i suoi intendimenti ostili col colpire del 100 per 100 i prodotti italiani soggetti a un dazio di entrata, e del 50 per 010 quelli che ne erano esenti, e questa tariffa promulgata il 31 decembre 1887 andò in vigore il 1° marzo 1888. Lt verità è che fu detto e anche dimostrato che la nuova tariff<1 italiana spauracchio che doveva divenire definitiva, era assai più elevata della tariffa generale francese allora vigente, e quindi il Go-
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