Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno IV - n. 17 - 15 marzo 1899

RIVISTA POPOLARE 'DI POLITICA LETTERE E SCIENZE SOC-\ALl Spinse il disinteresse allo scrupolo: lo si disse ambizioso e in dieci legislature non fu che una volta sola membro della Giunta delle Elezioni ... egli che tante volte avrebbe potuto esser ministro! Richiesto se avrebbe accettato il potere, rispose: Si, insieme ai miei amici, ma sarebbe l'ultima mia croce. Era una croce per lui quello che è la prima ambizione di tanti altri! . . . Eppoi Cavallotti insisteva sempre che l'andare al governo alla spicciolata non potea chiamarsi un trionfo di partito ma una dedizione d'individuo. Tutto questo però il popolo non lo sapeva, come come poco al popolo importa oggi che l'Estrema Sinistra, morto lui, sia divenuta acefala. Il popolo sapeva che Cavallotti era sempre il primo, tutte le volte che si combatteva pt.:r la libertà e la giustizia: il popolo che odia i dottrinari s'inchina a Cavallotti, ne fa il suo eroe, perchè fu sempre invaso dalla febbre dell'azione, perchè pagò sempre di persona, perchè visse lavorando, perchè nell'anima del poeta sentiva battere la grande anima sua. E i Parentali di Cavallotti riescono imponenti come quelli di Mazzini, come quelli di Garibaldi. ETTORE Socc1. IL TRATTATO DI COMMERCIO E L'ARTICOLODELL'ON. CRISPI La rottura del trattato con la Francia che segnò un nuovo e in gran parte inaspettato cambiamento nel nostro indirizzo commerciale ed economico, produsse conseguenze assai più gravi e funeste di quello che non possa produrre oggi in senso benefico il ristabilimento del resto in proporzioni ridotte delle relazioni allora troncate. Le cifre del nostro commercio esteriore lo dissero abbastanza nel loro complesso. Nel triennio r 884-86 alla vigilia della rottura dd trattato che giova ricordare non ci legava soltanto alla Francia, ma a quasi tutti gli altri Stati europei colla clausola della nazione più favorita, il nostro movimento commerciale tra esportazioni e importazioni ascendeva a 2, . p9,236,ooo. Invece nella media del triennio r 89 r-9 3, dopo consolidati gli effetti della rottura, ancorchè raddolciti dai compensi dei nuovi trattati a scartamento ridotto con la Germania con l'Austria e anche colla Svizzera, di cui menò vanto alla Camera l'On. Chimirri, si cadde a 2,096,000, e se si è risaliti nel triennio r8~4-96 a 2,190,493,000, si rimane sempre in perdita di 239 milioni. Le sole esportazioni poi che avevano raggiunto nel triennio 1881-83 la cifra di 1,167,921,000, nel quadriennio I 888 9 r, pur citato dall'On. Chimirri, precipitarono a 867 milioni, e se hanno ril'reso fino a 1,042,103,000, nell'ultimo quadriennio sono sempre in perdita di 125milioni. (r) Non si è dunque riusciti a riacquistare (1) Dopo scritte queste linee e queste cifre ho avuto il riassunto del commercio speciale di importazione e di esportazione, dedotti i metalli preziosi, dal 1° gennaio al 31 decembre 1898. La verità vuole che dica che il movimento dell'anno 1898 segna un miglioramento notevole su quello degli anni precedenti. poichè si è arrivati tra importazioni ed esportazioni a 2,616,904,650 mentre il maximum fin quì avuto nel 1876 era giunto a 2,515,568,208, e l'anno avanti, 1897, non si aveva avuto che 2,315,105,600. Le importazioni che nel 1897 avevano tutto il perduto come asseriva l'ex Ministro di Agricoltura del primo gabinetto Rudinl che pur pretese correggere gli errori del gran Ministero, travolto dalla irriverente evocazione delle sante memorie, llel 31 gennaio 1891,non dalle disastrose conseguenze della rottura del trattato. Certamente fu ripresa una parte del commercio così sciaguratamente cessato con la Francia, un po' pd nuovi trattati, sebbenè pallidissima copia di quello dd 1881 1 più per la trnacia al lavoro anche in onta a tanto voluto scompiglio del popolo italiano, ma una parte sola di quel commercio che da un maximum di 9i6 milioni era disceso a poco più di 300. C,ò poi non vuol dire che possano con· fortarci le cifre presenti dei nostri scambi internazionali, che raggiungendo appena circa l'ottava parte di quelli della Gran Brettagna, poco più del quinto di quelli della Germania o del quarto della Francia, ci lasciano troppo al di sotto del livello di tutti i popoli civili. E questo mentrè il grande e costoso sviluppo ddle nostre comunicazioni ferroviarie stradali e marittime, l'incremento dei nostri poni, i grandi lavori edilizii ed agricoli, e sopratutto l'aumento della popolazione avrebbero dovuto determinare uno sviluppo di traffici che ci sottraesse ali' onta e al danno di tanta inferiorità. Gli ottimismi degli uomini di governo passati e presemi che fecero capolino nella discussione del trattato, forse per prevenire i dolorosi ricordi d'una politica personale assai scorretta e così funesta la paese, furono dunque poco bene ispirati, e sopratutto dinanzi alla temperanza quasi eccessiva dei rappresentanti dell'Estrema, privati, è vero, di alcuni dei loro duci più autorevoli, per morte o per as· senza. E forse furono (i superstiti) indotti a così miti consigli dal lodevole desiderio di non appassionare il dibattito e di non fornire pretesti a una diminuzione di snffrag1 favon!voli nelle cieche urne. Però ciò che non fu detto alla Camera, eccetto che brevemente, ma con grande esattezza ed efficacia dall'on. Mirabelli non sarà inutile dirlo ora che il trattato è fatto compiuto, mentre non può giovare per alcun verso l'alterazione della verità storica che si ebbe a sentire in qualche discorso alla Camera, e che sopratutto si nota nell'ultimo articolo dell' on. Crispi. L'on. Chimirri non contento di esaltare i suoi trattati del 1881 e 1892 con le potenze centrali che, in realtà, salvo la clausola del vino con l'Austria, la quale ci fu anche prima, avvantaggiarono di ben poco le nostre esportazioni, volle giustificare anche il colpo di testa della denunzia e l'altro della rottura del trattato, asserendo che la denunzia che fece il Governo italiano nel 12 dicembre 1886 l'avrebbe fatta altrimenti il Governo della Repubblica. L'asserzione, come ben disse l'on. Mirabelli, è arbitraria: il fatto è che si era giunti a pochi giorni dalla scadenza, e la Francia tanto assetata di protezionismo, raggiunto la cifra di 1,114,830,639 sono arrivate a 1,223,181,904, ma anche le esportazioni che erano a 1,091,734,230 nel 1897 si sono spinte a 1,203,569,304. Se questi aumenti si accentueranno, e giova sperarlo col nuovo trattato, avremo una mi!l?re sperequazione cogli altri Stati civili e un incremento pos1t1vo di attività e di benessere, anche malgrado il punto nero che si può notare nell'aumentata eccedenza delle importazioni.

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==