Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno IV - n. 17 - 15 marzo 1899

RIVISTA POPOLARE DI POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIALI Presto ci apparirà come la ripresa commerciale colla Francia sia stato un atto previdente. Militarismo e protezionisrr o s' illudono, nella terra d'Arminio, di sfidare il progresso nella sua marcia fatale. E forse, proprio qui, giuocano I' ultima loro carta. 'Berlino,Febb,·aio. oscAR vv otFF Nel prossimo numero pubblicheremo un articolo di MARIORAPISAROI: La religione di Alfieri. RIVISTADELLERIVISTE A. De Viti 'De :Jiforco: Il Parlamento contro la libertà di stampa. L'atto politico maggiore, o peggiore, del Ministero è stata la presentazione dei provvedimenti legislativi tendenti a limitare la libertà di stampa, di associazione e di sciopero. Il Ministero ha affrontati troppo grandi e delicati problemi con impreparazione e sotto l'impressione che gli abusi della libertà abbiano causata l'insurrezione(?) del Maggio. Se lo Statuto conta nella vita del paese, esso conta perchè rappresenta una base di diritto che le varie correnti politiche si sono impegnate reciprocamete a riconoscere, sottraendola alle vicende della lotta politica quotidiana. "La riforma dello Statuto per « mezzo di una legge, che ha tutti i caratteri di provvedimento « d'occasione, e che toglie qualcosa delle libertà concesse è « rivoluzionaria ». Lo Statum all'art. 28 dice: « La stampa sarà libera ma una legge ne reprime gli abusi ». Esso, è vero, rimanda alla legge, ma afferma però il principio della repressione. « Qualunque misura repressiva è contro la lettera 'e lo « spirito della costituzione italiana ». Manca nel nostro paese una magistratura superiore al potere legislativo, come c'è negli Stati Uniti, che, su ricorso dei cittadini, si pronunzi sulle leggi contrarie alla Costituzione, e assolva il ricorrente dall'obbligo di osservarle; ma l'assenza di una apposita magistratura non cambia il fatto che una legge della stampa deve essere rispetto allo Statuto, ciò che il regolamento è rispetto ad una legge ordinaria. - Si è molto parlato di legisla1.ione inglese, e si è creduto di darne i principi rievocando vecchie leggi che non sono abrogate ma che di fatto non si applicano più, come non si sapesse che al giorno d'oggi la libertà di discussione in Inghilterra è la più completa. In Inghilterra, fino dal 1700, è prevalsa la dottrina che il governo non ha nulla da vedere in materia di espressioni parlate o scritte di opinioni. Da noi invece, prevale ancora la teoria che lo Stato abbia la funzione d'intervenire, di dirigere, di sorvegliare, patrocinare, favorire o combattere le manifestazioni delle credenze religiose, delle dottrine scientifiche e deJle opinioni politiche. Ammesso il principio d'intervento dello Stato, giornali e giornalisti sono messi di fatto fuori del diritto comune. I conservatori autoritari sostengono che i provvedimenti non offendono la libertà dei cittadini perchè legalizzano soltanto l'intervento dell'autorità finora abbandonato all'arbitrio ; ma essi fanno così un sofisma: regolando per legge e allargando per legge l'intervento del potere esecutivo in materia di stampa, essi sono rispettosi della legalità non della libertà. ( Giornale degli Economisti. Marzo). Rina Pierangeli Faccio: Apatiaitalica. Apatia, inerzia, ... ecco i difetti della nostra razza. Chi in Italia non è apatico ? Lo è il popolo abbrutito dall'eccessivo lavoro od estenuato dalla disoccupazione e dall'inedia; lo è la classe aristocratica che si adagia sibJriticamente fra i residui delle vestigie di un tempo; lo siamo noi borghesi, grandi e piccini, ricchi e proletari, ignoranti e inttllettu~li che formiamo l'enorme massa oggi imperante. Noi borghesi rivestiamo l'apatia di una forma più elevata: la nostra cultura e la nostra coscienza fanno naturalmente nascere delle veJleità più o meno serie, ma ad esse non facciamo seguire quell'azione pronta, lucida, energica di cui ci sarebbe neces,ità impresc'ndibile, e abbandoniamo il campo, prima ancora del cimento, non per puro sentimento di egoismo o di viltà, non per incapacità, nou per ineluttabile legge fatale, ma un po' per tutte queste cose insieme, e non per e5se soltanto. _ oi non abbiamo l'energia di vincere le situazioni disgraziate, ma cediamo ad esse, e diventiamo vittime inconsapevoli di quelli stessi ordinamenti e fonomeni che deploriamo. - Da questa situazione non si pos~ono attendere quelle iniziative che s~rebbero urgenti e benefiche. Nascono come funghi idee, progetti, programmi, ma chi li osserva, chi li cura, chi li aiuta? « Essi cadono - come dice De Amicis, - nella gran fossa comune degli aborti della fantasia ». Chi li concepisce non ardisce portarli avanti, nella tema di ptrdere le forze nella lotta contro gl'innume,evoli ostacoli. Noi non afferriamo nitidJmente quanta civile bellezza vi sia in una completa dedizione ad una causa giusta e vera, e a noi pare assurdo sacrificare le soddisfazioni dell'arte e la quiete della vita per un ideale, magari sublime, ma che implica lotte ed amarezze, delusioni ed ansie, stanchezze e fobbri, cadute e ferite. Il peggio è che questo pare assurdo ai buoni ed agli onesti sicchè rimane il campo libero agl'intriganti. Soltanto una regione forse, in tutta Italia, produce dei temperamenti audaci, avidi di mostrare al pubblico quanto nella loro persona e nel loro ingegno brilla - la napoletana. Altrove, dappenutto, si riscontra più o meno quel senso di timidezza e di sfiducia che ci fa dubbi,Jsi e ignari anche quando potremmo alzare con orgoglio la fronte. Dinanzi alle riforme radicali che esige il vecchio e tarlato sistema entro cui ci dibJttiamo, è dovere lottare contro le fiacchezze torpide e vergognose che invadono le nostre giovani for1.e.Opponiamo alla grigia apatia che ci diminuisce nella stima degli stranieri e ci avvelena, i tesori di entusiasmo che sono ::iel fondo delle nostre anime, è tutte le facoltà che vi giacciono intristite e misconosciute. Risvegliamo io noi quanto vi è di latente e di sopito; non trascuriamo quanto di buono possediamo e possiamo alimentare pel vantaggio comune; gettiamo alle ortiche le false modestie, le timide paure, le sfiducie, i pessimismi ed i puntigli, e, soprattutto, interroghiamo più spesso la nostra coscienza di cittadini e meno sovente il nostro privato interesse. Se noi come nazione siamo deboli ed interiori, nonostante il vivido ingegno, il primato artistico, i sorrisi del cielo, e le glorie del passato è appunto per la miseranda deficenza di carattere sociale che ci fa inditferenti e sordi verso i doveri che la civiltà odierna c'impone, come verso i diritti che la cultura e la rettitudine nostra ci meritano. (Vita lntemaz_io11ale, 20 Febbraio). P. Leroy 'Bea11lieu : li problema chinese. - la China e le potenze.(1) Se il problema chinese presenta tante difficoltà è non soltanto perchè i suoi fattori sono multipli e le rivalità delle potenze poco conciliabili, ma poichè esso è stato posto tutto ad un tratto, in condizioni impreviste, alle quali nessuno era preparato. La situazione attuale è nata bruscamente dalla guerra cino-giapponese, la cui soluzione ha disviato tutte le idee che si avevano sino allora in Europa sulla China. La vittoria dei giapponesi fece l'effetto d'un terremoto. « Tutte le volte che « le ossa della China sono state scosse - e non lo sono mai « state cosi vigorosamente come ora » - dice un giornale inglese, e, si è avuto sempre un accrescime11to nel commer- " cio » Niente di più esatto. Eppure sarebbe pi(1 prudente a non scuotere troppo violentemente, troppo lungamente, nè troppo spesso questo vecchio scheletro, se non si vuole vederlo andare in frantumi. La China è uno stato amorfo le cui parti sono unite da legami assai d<!boli: la principale forza di coesione è nelle tradizioni e nella classe dei letterati reclutata in tutto l'Impero, nel seno stesso del popolo. D'altra parte vi sono dei germi di dissoluzione: La dinastia anuale è una dinastia straniera imposta dalle armi europee dopo la terribile insurrezione dei Talpings; l'ascensione al trono dell'attuale imperatore sembra irregolare ; la China e rosa da società segrete che hanno per fine il camb:amento dell'ordine costituito; e, infine, il popolo è profondamente indifferente alla politica e non sarebbe ostile agli stranieri se non fosse eccitato dai letterati fanatici che si mescolano con ess~ e sono dal medesimo profondamente rispettati. Il governo di Pechino è convinto della sua debolezza, ma se s, premesse troppo, se si obbligasse d'introdurre o di lasciare introdurre, troppo presto e dappertutto, in una volta sola, innovazioni di ogni specie, si rischierebbe di sollevusi contro l'opinione quasi unanime dei letterati che sentono, non senza ragione, una minac .ia pei loro privilegi in ogni estensione de1l'influenza europea, e si anderebbe incontro al pericolo di vedere anche una resistenza attiva organizzarsi sopratutt;; nelle province del Centro e del Sud, più illuminate di quelle ,del Nord. Nessuno può dire le vicissitudini che l'avvenire riserva alla China, ma di tutte le ipotesi possibili, quella di una prossima spartizione è la più deplorevole e la più gravida di pericoli. (Revue des 'Dettx ;},{ondes, 1 Marzo). A11to11iSoansone: l'urgenza di riforme economichein Italia. Paragonando le presenti condizioni a'Italia con quelle dell'Inghilterra di 20 o 50 anni fa non si può fare a meno di concludere che si svolgano nella nostra penisola, quantunque su scala meno vasta, avvenimenti, cambiamenti e riforme simili (1) Vedi N. 12 e 13, 'l{_ivistadelle Riviste pag. 239 e 259 1

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==