Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno IV - n. 17 - 15 marzo 1899

33° '1{.IVISTA 'POPOLARE DI 'POLITICÀ LETTERE E SCIENZE SOCIALI rante il tempo che esso persiste. In molti punti poi il capitale non trova richiamo a causa di qud conflitto stesso, in altri manca il mercato opportuno, in altri le strade e così via. . Si è cercato anche di dimostrare che il nostro avYe11ire è chiuso nel Nord-America, appellandosi alla prolificità maggiore delle razze con cui quivi veniamo a contatto E' un fenomeno curioso, che nel mentre di là dall'oceano si ritiene che l'elemento italiano sia meno prolifi~o degli altri accennati, di quà si dice l'opposto, e la statistica è invocata dagli uni e dagli altri. La pro• lificilà degli Italiani, già rilevante in Italia, in America si- accentua per la migliore vittitazione e i:el maggiore benessere in generale. Qui l'elemento italiano, in quanto a prolificità, è ritenuto inferiore a nessun altro. E' degno di nota il fatto che, nel mentre l'emigrazione inglese ed irlandese verso gli Stati Uniti sensibilmente declina, quella tedesca e scandinava è più o meno stazionaria, quella italiana è in aumento, salvo piccole oscillazioni. In qualche anno l' emigrazione italiana e stata superiore alla irlandese e tedesca prese iusieme. li movimento italiano verso gli Stati Uniti è spontaneo, presenta già molti caratteri di stabilità, importante come numero ed impcrtante come attività, sia attuali, che potenziali. La criminalità è in generale bassissima; la maggior parte degli arresti operati su Italiani sono per offese di lieve momento e pochissimi qut'lli per attentato contro la proprietà. Quasi nullo il numno delle donne incriminate. •. « Se per alcuni rispetti, gli Italiani della città di New Yo1k (co;ì la rdazione), possono non essere una molto desiderabile frazione della popolazione, non ap· paiono però di essere provocatori di disordini o in altro vtrso pericolosi ». Molto 1pprezzata è poi la sollecitudine con cui il governo italiano cerca di eliminare le cause di conflitto col governo federale, prevenendo, nei limiti possibili, che criminali, accatto01 e gente senza mestiere possano imbarcarsi come emigranti. Si fa menzione di criminali emigrati dall'Irlanda, dall'Inghilterra, dall'Ungheria e da altre parti d'Europa, sotto 11 patrocinio di società filantropicht; essendo ~pesso conniventi i rispettivi governi; ID:\ nes-una taccia di questo ~enere è rivolta verso di noi. Se criminali partono dall Italia, imbarcano d'ordinario in Francia. Qui appare la necessità dell'opera armonica del governo J'ltaha e di quello degli Stati Uniti. Ora riporterò in succinto il competente giudizio di Mr. Lanctis, un egregio agricoltore americano e fondatore delle colonie di Hammonton, Vineland, Nuova Italia e Sea !sie City, tutte nello Stato di New Jersey. Egli ha viaggiato in Itali a ed ha studiato da vicino la classe che si dedica al lavoro della terra. Mr. Landis così si esprime: • La colonia italiana di Vineland è composta di I ooo abitanti, di cui 200 SO!!O già diventati proprietari del terreno. Ogni famiglia ha un lotto di 20 acri, sul quale eserci1a culmra intensiva. La colonia esiste da circa 20 anni e già rappresenta un eapitale aggregato di 400 mila scudi. Il capitale prodotto dalla terra coltivata da mani italiane (4000 acri) è enorme; il solo vino ammonta ad oltre 16 mila ettolitri l'anno. Spesso sull'istesso suolo hanno tre ricolti. Niente fanno perdere: quello che gli altri trascurano, essi conservano e cambiano in moneta >. « La lezione del mio viaggio in Italia è che gli Italiani sono buoni agricoltori, assidui, sobrii ed industri e praticano la cultura dell' orto C0me pochi sanno. 'n senso dell'arte è potente nella razza latina: essi ve lo pongono perfino nell'agricoltura. lo li chiamo beautiful Jarmers •. • Nella colonia di Vineland nessun Italiano si trova in case di ricovero, nessuno è pezzente. Le loro case sono poste su con grazia e l' interiore è attrattivo. Usano istrumenti agrari primitivi, ma fanno subito progresso appena arrivati in America. La metà sa leggere e scrivere: le donne sono di belle fattezze. Ciascun agricoltore risparmia da 2 5o a 300 scudi l'anno ». Mr. Landis ha un quarto di secolo di esperienza intorno alla colonizzazione straniera su terre americane, ed il s~o giuJizio, essendo egli straniero rispetto a noi, è superiore ad ogni sospetto. Siccome la relazione su accennata rimonta a più che sette anni fa, io pregai Mr. Landis di farmi conoscere se, nella esperienza posteriore, egli avesse avuto occasio_ne ~i modi~care il suo giudizio. Con gentilezza, di cm gh sono vivamente grato, in data del 30 Dicembre 1898, cosi mi rispondeva: « Nient'altro posso aggiungere se non che il tempo, dacchè scrissi i miei risultati intorno agli Itali ani, è solo servito a confermare la verità di quanto dissi ». L'esperienza che Mr. Landis ha avuto con gli Italiani nel New Jersey, Mr. Thomas ebbe con gli Scandinavi nel New England, ed un capitalista scozzese con i suoi connazionali nella Florida, ove le piantagioni di aranci e la cultura dell'orto hanno dato tesori. Nè gli esempi finiscono qui; è inutile però moltiplicarli A poca distanza dai centri popolosi dell'Est, vi sono milioni di acri di terreno i quali possono essere cambiati, usando l'espressione di Mr. Landis, in terra di fiori, e che aspettano ancora la benedizione del lavoro. Questi terreni si prestano bene per la colonizzazione italiana, e specialmente ptl giardinaggio. Il clima in molti punti si avvic:na al nostro, in altri è molto più mite; le vie di comunicazione sono facili oltre ogni dire e a buon mercato, e la facilità di trasporti fa scomparire le distanze con i mercati del Nord. Non resterebbe che a risolvere la questione finanziaria. A migliorare la condizione economica dagli emigrati e ad assicurare il loro avvenire occorrono opportuni provvedimenti Ad esempio la fondazione di nn Istituto di Credilo Coloniale, con capitali privati e sotto la diret• ta tutela degli Stati interessati, risolverebbe il problema. Capitali in America non mancano, e se non vi fosse difetto di buona volontà, l'impresa potrebbe facilmente attuarsi. L' Istituto di Credilo comprerebbe il terreno, vi eseguirebbe il drenaggio, se ve ne fosse bisogno, dividerebbe il suolo in lotti da 20 a 30 acri o più, ed1fichen bbe le case e fornirebbe il P.ecessario per iniziare la coltivazione. Capitale e interessi sarebbero restituiti in quote annuali dai coloni volenterosi di diventare proprietari col proprio lavoro. Le c. ttà si libererebbero di molti superflui elementi importati e la popolazione rurale crescerebbe con benefizio dei coloni e della patria di adozione. Se ne gioverebbe l'Italia? Ammessa l'emigrazione come una necessità, direttamente o indiretta a ente l'Italia si gioverebbe dell'agiatezza e della stima di cui godessero i suoi figli ali' estero. Nei punti, ove la colonizzazione avrebbe luogo, si formerebbero delle vere comuoità italiane omogenee, e perciò vigorose. La no~tra linirua potrebbe esservi insegnata nelle scuole insieme all'inglese ed il ricordo della madre patria non sva,,ire.bbe col tempo. Come le cose oggi stanno, molti degli I:aliani nati in America, educati nelle scuole del paes<', aventi poi relazioni di affari sempre in ingle,e. finiscono col dimenticare l'idioma di origine dopo qualche generazione. La lingua è spesso l'unico legame che resta fra l'Italia e i suoi figli lontani: sarebbe necessario incoraggiarne l'instgnamento. Noi, a questo proposito, ci troviamo in condizioni di inferiorità con tutte le altre nazionalità qui emigrate. I Tedeschi, a ino' di esempio, hanno numerose scuole ove si insegnano ambo le lingue, e la maggior parte di tali istituzioni sono mantenute dagli ordini religiosi. Protestanti e cattolici sono leali verso la madre patria, e il loro insegnamento vale non roco nella perpetuazione di quel vivo sentimento di solidarietà, che anima i 'I edesco-americani. Nel nostro elemento, se esiste qualche scuola cattolica, l' italiano non vi si insegna. La lotta fra Stato e Chiesa, che

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