RIVISTA POPOLARE 'IJI POLI11CA LETTERE E SCIENZE SOCVLl proprio, fermo. saldissimo, frutto della coscienza e del pensiero loro? Quale l'impronta che il maestro darà alla scuola, se, anzitutto, egli dovrà far nascere i pensieri, svegliare i sentimenti voluti da un Vigooi qualunque o da un senator Negri, volta a volca positivista detc::rminista ateo, consigliere di S. E. Bava Beccaris ? Quale sarà il carattere essenziale dell'educazione data da questi individui, che og01 loro parola, ogni loro atto devono conformare al volere e al desiderio d~i superiori, che possono essere anche non onesti e pensare esclusivamente all'interesse del loro partito o della loro clientela? Per certo noi non avremo più quella umana civile e virile educnione che non di rado sentiamo, appunto, chiedere alla scuola dai corifei alti e piccini della presente reazione. Noi avremo una educazione fiacca monca interessata dubbia, senza una fisionomia speciale, o, meglio, non ne avremo alcuna ; e la scuola, che pure dovrtbb'essere la cura precipua d'un governo saggio ed illuminato, si troverà fatalmente fuori dell'ambiente sooiale nel quale viviamo, e in continua contraddizione colla famiglia e colla società, coi nuovi bisogni, coi nuovi tempi e colle nuove idee. * * * Ma noi abbiamo accennato ad u::i'altra grave conseguenza sociale; l'emigrazione dell'ingegno. E questa una vera sventura che ormai va sempre più allargandosi ; dice bene il Lombroso: « Pochi anni fa, ai tempi di Cavour, erano le università italiane che attiravano dall'tstero delle grandi notabilità; ora va accadendo l'inverso : sono le nazioni straniere che attirano i nostri migliori ». E quest'esodo intellettuale, cominciato nel campo puramente scientifico col Pareto, il Pantaleoni, l'Amaldi, il Pacchioni ecc. continua ora nel campo dell'inseitnamento, per effetto specialmente dell'attuale reazione che, vedendo rosso dappertutto. dal governo è passata nei Municipi, nei Consigli Provinciali scolastici, ecc. Dai quali parcc:si vada a gara nel promuovere quell'emigrazione dell'ingegno, che non può av-:re se non tristi conseguenze, come in Firenze Pisa e Siena, ebbero le lotte fra Guelfi e Ghibellini, fra Bianchi e Neri, che finirono coll'esaurire non solo i vari partiti, ma pure il paese. Cos: è che oggidi per lo appunto noi assistiamo allo sconsolante spettacolo, a tacere degli altri professionisti, di nostri professori e maestri che, costrettivi da una intolleranza cieca ed ingiusta, vanno a portar altrove il frutto del loro ingegno e della loro attività. Noi conosciamo non pochi giovam msegnanti, pieni d'entusiasmo di forza di sapere, i quali non pur tentarono di occuparsi in patria, ma subito, appena licenziati, se n'andarono chi in !svizzera e chi io America. Già da un mese il prof. Arcangelo Ghisleri, cultore illustre delle scienze geografiche, ha abbandonato il regio liceo di Cremona per andar a coprire la cattedra di storia e geografia nel liceo di Bellinzona. Al quale da poco è stato pure chiamato il prof. Vittorio Gottardi, giovane di brillante ingegno, già direttore delle scuole elementari di Rovigo, che la intolleranza politica di un Consiglio Provinciale scolastico non aveva confermato nell'ufficio dianzi tenuto con lode e soddisfazione di tutti, autorità locali e governative comprese. Cosi pure in un liceo della Svizzera a insegnar lettere greche e latine fu invitato il prof. Pizzorno, uomo di grande ingegno di carattere adamantino di rara attività, la cui franchezza il patrio governo gli ha fatto pagare col licenziamento. / Evidentemente il danno sociale di quest'emigrazione dell'ingegno è tanto grande quanto quello dei capitali e forse peggio: « sono glorie, scrive il Lombroso, che diminuiscono da noi e che accrescono le glorie straniere, • a lor volta convertendosi in vergogna nostra ». Infatti, mentre i paesi, nei quali si rifugieranno i nostri migliori, accresceranno le loro cognizioni, adattando ai propri bisogni e al proprio genio uomini e idee, facendosi centro di quel sapere e di quella energia che prima si trovavano nella patria uostra, in Italia queste stesse forze intellettuali cesseranno di manifestarsi e di produrre e, non solo per l'assenza di grandi individualita, ma anche per la mancanza d'impulsi di aiuti di soddisfazioni, e, ciò che più monta, per la continua oppressione che incombe sul pensiero tutto. Fu - giustamente nota lo scienziato torinese - « colla persecuzione e colla distruzione degli Ebrei e dei dei loro libri, e sopratutto degli eretici, comprendendo in questi ultimi tutto quello che v'era di nuovo e di grande nel campo della scienza e dell'arte » che la Spagna ha finito, per un certo tempo, a non aver più « chi, sapesse costruir un battello, aprire una strada, dirigere una nave, nonchè governare un paese ; sicchè dovette far venire i costruttori, i finanzit:ri, i capitani, gli statisti dall'Inghilterra, dalla Francia dall'Italia ecc., pakndo, mentre si credeva la dominatrice dei due mondi, la più grande delle mancanze, quella degl'ingegni.... » Vuol dunque il nostro governo trarre l'Italia a simile e peggiori conseguenze? Ebbene, continui pure nel la via tracciata, spinga pure i nostri migliori a emigra, e, dia pure colpi poderosi di piccone nell'istituto scolastico. asservendo o cacciando i maestri, e il suo desiderio sa ra in breve soddisfatto. A noi pare sopra tutte cattiva arte di governo quella di allontanare dall'insegnamento gl'ingegni più adatti, più capaci a trasmettere, a diffondere il sapere; di togliere alla scuola le persone che, meglio comprendendone la natura della costituzione e della funzione, sanno dirigerla a· suoi veri fini in conformità dei luoghi e dei tempi. E noi, perciò, vorremmo che tutti i buoni, tmti gli onesti vigorosamente protestassno contro la presente reazione che vuol impedire al maestro d'improntare tutta la sua opera educatrice a quel rispetto ddla dignità e personalità umana, del diritto e della legge, dtl pensiero e delle aspirazioni oneste di tutti, nello intento comune del progresso, a quel rispetto di cui in Italia abbiamo tanto bisogno e che certo è parte importante dt quell'educazione umana civile e politica che affretta al popolo il suo migliore avvenire. A. S. ~~~ LA SCUOLA NON EDUCA Riprendiamo i calcoli di un nostro primo articolo (V. n. I 2) per rettificarli, purtroppo a danno dei frettolosi denunciatori della scuola. La onesta propensione di non urtare nel paradosso, ci fece commettere - prudente saggezza di ..:erebrazione incosciente - un grosso svarione aritmetico. Poichè il nostro discorso riferivasi al triennio di scuola elementare obbligatoria - concessa alla vita umana la durata di anni 60 ( r ), è palmare che dovevamo, inveçe che triplicare il 2 3 a 69, ventuplicarlo semplicemente. Avremmo avuto cosi un modesto 460 che, pur ridotto, per il riposo notturno, ad abundantiam, della metà, ci avrebbe sempre autorizzato a concludere che, se la scaletta, come energia educatrice, opera come r, l'ambiente vi opera in definitiva come 2 30. Qui, per carità, non ci si alleghi il luogo comune dell'educazione gesuitica. Essi - i gesuiti - operavano in un ambiente miracolosamente montato da loro ; sequestrato l'alunno, non lo riconsegnavano alla società che uomo fatto, e, eh' è più, quest'uomo, fuori di scuola e dopo la scuola trovava nella famiglia, nei libri, negli amici, continuamente ri- (1) Abbiamo assunto il 60 perchè comodo multiplo del 3, pur sapendo che la durma media della vita umana, specie negli operai, sta un po' più giù. Ma, tanto I
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