'R..IVISTA POPOLARE 'DI POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIALI In Francia abbiamo visto, nei rispetti vi partiti, uomini del valore di Brissoa, Bourgeois, Dupuy. Constans. Cavaignac, con una disciplina e con una abpegazione ammirt:volissime, mettersi da una parte per raccomandare ai loro amici di votare compatti per Loubet o per Méline, e questi nobilmente inchinarsi nell'ultima riunione del gruppo parlamentare progressista, dinanzi al suo competi• tore. la Italia per qualche sottosegretariato di Stato va a monte una combinazione ministeriale ( 1). In Italia ogni disinteressato ed elevato sentimento politico conta tanto poco che vediamo da un lato rimanere in un gabinetto che si abbandona alla più sfrenata reazione, i Fortis e i Nasi, che fino a ieri si atteggiarono a democratici avanzati; e dall'altro i capigruppo del nostro Parlamento approvare progetti politici e finanziari, che dichiarano esiziali a quattr'occhi, e tollerare ministri che non amano per la paura che la crisi si risolva, non in sfavore proprio, ma iu prò di qualche avversario più fortunato, come non si sapesse che da noi i predestinati alla Presidenr.a del Consiglio non devono contare sulle forze e sulle indicazioni delle Camere. Questa ultima elezione del Presidente della repubblic 1 francese, infine, ha straordinaria importanza come indizio della solidità delle istituzioni e della educazione politica del popolo perchè avvenuta in momenti nei quali si prevedeva facilissimo una di questi due estremi: la rivoluzione o il colpo di stato. Egregiamente scrive a questo proposito la Corrispondenza Verde completando quel che ha scritto il Fanfulla: • Lo spettacolo che ha dato in questi giorni la Francia drv~ aver scosso un tantino i pregiudizi di coloro, i quali credono che repubblica sia sinonimo di anarchia, e sostengono che la libertà è incompatibile coll'ordine. « La morte del Presidente Félix Faure è giunta cosi repentina, cosi improvvisa, che pareva dovesse produrre un' impressione di terrore ed uno smJrrimento generale degli spiriti, « Infatti il lutto eh~ oggi colpisce la Francia repubblicana, si è verificato in uno di quei momenti, in cui la più piccola scintilla può determinare una vasta conflagrazione, ed in cui le passioni, già eccitate sino al parossismo, possono, sotto l'impulso di una emozione tragica, trascendere oltre gli ultimi confini e scatenarsi com~ l'onda di un mare furiosamente tormentato dai venti. « Invece, nulla è avvenuto sinora di tutto ciò che si poteva temere. I nazionalisti, gli antisemiti, gli antirevisionisti, tutti i pazzi, i ciarlatani, gli incoscienti ed i delinquenti che compongono le diverse Leghe, create evidentemente collo scopo di denaturare il genio francese e di rendere ridicoli i più santi cd i più rispettabili sentimenti sintetizzati dal patriottismo, hanno invano tentato di provocare tumulti e di sfruttare il triste fatto, per far di nuovo propendere la bilancia della pubblica opinione e degli eventi in loro tavor.:: furono sforzi, fiato e conati sprecati. » I tumulti di Parigi, provocati dai nemici della repubblica e della libertà dopo l'elezione di Loubet, aggiungiamo noi, sono ben misera cosa al paragone dei disordini, che avvengono in Inghilterra per la semplice elezione dei deputati: e le pagliacciate di Dt:roulède e C. appaiono ancor più ridicole dinami al contegno di Parigi commossa avanti al feretro di Faure, e riverente al nuovo Presidente che passando sul Protocollo spagnolesco, prende parte ai funerali, senza posr, comi: un cittadino qualunque. Epperò, di fronte agli insegnamenti lumincsi che scaturiscono dai fatti, ci sembra davvero incomprensibile la proposta fatta dal conservatore De Marcere nella Revuc politiq11e t parlameutaire ( 10 Febbraio) di una revisione della coMituzione del 1875 col metodo rivoluzionario della Costiturnte, mentre la stessa costituzione attuale ammette e prevede la revisione e ne assegna le modalità. Non c' é che dire: i conservatori quando si vedono lontani dal potere dànoo dei punti ai peggiori giacobini nel consigliare i metodi e criteri, che se suggi:riti dai loro avversari, vengono condannati come pericolosi e violenti. Questa elezione del Presidente della repubblica fran - cese ci suggerisce un ultima osservazione. Si è notato già - si capisce, cervelloticamente, senza nessuna vera ragione - che il Loubet vale meno di Brisson, di Bourgeois e dello stesso Dupuy, e si è ripetuta la solita antifona : nelle repubblichenon s0110 i migliori, che arrivano alle cariches11prtme. Nella storia degli Stati Uniti e della Svizzera potremmo trovare delle smentite indiscutibili a tale affrettata conclusione, e potremmo pure soggiungere che i vari Presidenti della repubblica francese hanno risposto quasi tutti assai bene al mandato loro affidato. Si potrebbe sostenere che certe qualità seC'.Ondariedivengono indispensabili e di ordine primario nel capo di uno Stato; al quale le eminenti attitudini di capo partito creerebbero degli imbarazzi non lievi ( r ). Ma dato e non concesso che le mediocrità soltanto arrivino alla Presidenze nelle repubbliche viene spontanea la domanda: questi mediocri, che rispondono al nome di Washington, di Monroe, di Madison, di Lincoln, di Grant, di Hamson, di Carnot, di Grevy, di Faure, di Thiers, di Loubet. ... non valgono cento di quei certi capi di Stato, dei quali Napoleone I dette un giudizio poco lusinghiero e Beppe Giusti considerò come travicelli? Uno scrittore eminente di diritto costituzionale trovò che tra tanti re costituzionali solamente tre emersero in questo secolo al disopra della mediocrità : Vittorio Emanuele in Italia, Leopoldo I nel Belgio e Vittoria in Inghilterra. l{iconosciamo, pro bono pacis, questa eccezionale superiorità. Ma a che com si riducono i benefizi di questi tre regni al paragone dd danni immensi che Giorgo III - re pazzo - cagionò ali' Inghilterra in sess1nt'anni? Intanto, tornando in Francia, concludiamo rilevando che l'Impero le costò due province, undici miliardi, duecentomila morti, l'umiliazione, la decadenza, la necessità della pace armata. La Francia in ventinove anni di repubblica, se non fosse altro che pel semplice stipendio del capo dello Stato, ha economizzato circa un miliardo! LA RIVISTA, Ladecadenza contemporanea Siamo in epoca di decadenza? L'affermazione ci viene da parecchi lati: è fatta in molti giornali e in pubblicazioni di indole diversa, a proposito dei più svariati argomenti. Dell'affermazione si è impadronita una parte del pubblico, si che v' è quasi la minaccia che l'idea della decadenza contemporanea diventi un luo~o comune. Ciò sarebbe una vera disgrazia, perchè i luoghi comuni - che si ripetono da tutti apparentemente con cieca fede - sono per lo più quelli ai quali di solito non si ammette più importanza alcuna, mentre invece la decadenza, che difficilmente si potrà mettere in dubbio, è un fatto notevole e grave. Le ragioni addotte per suffragare l'accusa di decadenza fatta alla nostra epoca da articolisti e scrittori, sono r(Stati: sempre incomplete, perchè per lo più si e considerata una sola manifestazione della vita contemporanea, da un punto di vista speciale, e spesrn in un solo paese, mentre invece la decadenza abbraccia tutti i popoli nei quali la civiltà è di\"enuta quasi omogenea, la loro vita pubblica e la privat~. Qualche volta questa decadenza è stata affermata a proposito dell'arte, ed in questo caso si ebbe per farlo un'ottima ragione d'indole generale, poichè l'arte, qualunque essa sia, è sempre l'espressione completa di un'c-poca. Si è perciò colpito nel segno, quando si o; affermato che la civiltà contemporanea decade, poichè decade l'arte che ne è l'espressione. (:) Si potrebbe anche aggiungere che in una repubblica parlamentare i capi partiti esplicano speci~lmcnte la loro azione come presidenti del Gabinetto. 'X,. d. R.
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