'l{.IVJSTA POPOLARE DI POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIALI movimenti civili. Un esempio moderno di questo fatto il Ferri lo vede nella grande cooperativa di Bruxelles, la ¾aison du Peuple, andata in fiamme l'anno scorso. « In Francia l'opera del pensiero e dell'arte » dice Barzellotti « prevenne e apparecchiò l'ottan• tanove. » L'esp1it nouveau, al principio del secolo XVIII, vien focdato, tradotto e rappresentato da quattro grandi scrittori : Voltaire, che svela gli abusi dei suoi contemporanei; J eanJacques Rous• seau, che con calda eloquenza stabilisce i principi di una società nuova; Montesquieu, che sviluppa le leggi delle società umane; e Buffon che scrive la sua Storia naturale, monumento di stile, eloquenza e genio. In Italia dal :830 per .:irca vent'anni fu tutto un fiorire di letteratura rivoluzionaria, che si spense coi '1\_icordi del D'Azeglio: allora la patria, come è stato detto del proletariato oggi, costituiva u il fondo di magazzino "· Insomma questa letteratura fu un'immensa oJEcina di guerra contro lo straniero. " E il classicismo da una parte, dice il Carducci, se volle piacere, dovè, pure allargandosi a più libere forme, farsi col Niccolini banditore di politica unitaria e antipapale contro il nuovo guelfismo proceduto dalle teoriche manzoniane; e il romanticismo dall'altra, se volle essere tollerato, dovè lasciare gl'inni sacri e trasmutare col Berchet le romanze in canti di guerra e d'insurrezione, dovè col Guerrazzi ritorcere il romanzo a strumento d'agitazione, ad arnese di battaglia: e il classicismo civile delle tragedie del Ni ccolini e il romantici· smo borghese dei Promessi Sposi de! Manzoni con• vennero ad accordarsi colla satira paesana di Giuseppe Giusti n. Nonostante ciò chi sa se anche allora qualche uomo d'ordine, vedendo !'aire rivoluzionario preso dalla letteratura, non abbia dttto che l'indipendenza della patria era diventata « il fondo di magazzino » e che l'arte usciva dalla vita; intendendo forse che l'arte stava nella vita solo quando inneggiava ai principì regnanti (1). Adesso poichè la società tende ad assicurare un pane a ciascun individuo, poichè il movimento intellettuale è tutto verso i sentimenti di giustizia sintetizzati dal socialismo, la discussione su queste cose verte, intorno a queste cose si aggira : legislazione sociale, sindacati operai, cooperazione, ec. L'arte naturalmente non poteva disinteressarsi da questo movimento, senza essere partigiana e di casta. E se l'arte mette in mostra i cenci del po· polo, vuol dire che il movimento filosofico mo· demo è « cencioso»; che la moderna sociologia è « cenciosa»; come <e cenciosa » è pure la statistica onesta, che numera crudamente i morti di farne e di pellagr;. ddle province italiane. Dopo tl'tto quest'arte, che conta quello che per ironia chiamasi popolo sovrano, ha dato, non rare volte, splendide creazioni alla patria letteratura; e certo~ fatta eccezione del soggetto, che fa rizzare i cappelli a tutti i parrucconi d'Italia, nessuno letterariamente biasimerebbe le Tempeste di Ada Negri; o il Romanz,od'un maestro di De Amicis; o la mas- (r) Chi voglia far,i un'idea della tenacità di propositi dell'uomo d'ordine, legga i quattro briosi sonetti che il briosissimo Goliardo, al secolo Guido Podrecca,ha pubblicato nell'.Asi110 dell'anno scorso, appunto sotto questo titolo: L'1101110 d'online, sima parte delle opere poetiche di Enotrio Romano, il cc poeta della democrazia e del radicalismo ll e di Mario Rapisardi, il solitatio che ai piedi dell'Etn:i, senza collari e senza commende, canta i palpiti e le speranze della «canaglia». Volere o volare, o colle Juvenilia, colle Rime Nuove, coli' Inno a Satana, col ça ira; o colla Palingenesi, colla Giustizia, colLuciff-ro, i due massimi poeti, Carducci e Rapisardi, noti per la classica forma con cui mo• dellano il verso, han portato un largo contributo all'arte « cenciosa »: ma i critici se ne sono dimenticati, perchè forse tornava loro comodo, o, in quanto al primo, in grazia delia nota evoluzione politica e del successivo ravvedimento poetico ! ENRICO GRIMALDI. Vedi Omèga, L'.Arte per l'arte e Barzellotti, Rivol11zio11e letteralttra i11Italia avanti e dopo il 1848 e 49 nell'Autologia della nostra Critica del Morandi; De Amicis, La q11estio11soeciale, nella 'PiccolaA11tologùt, Anno I, num. 3 e 4; MaxNordau, La f1111zio1s1oeciale del/'Arte; Cardncci, Primi saggi"; Bassi, Remmé de l'histoire de la litterature fra11çaise nella Nouvelle Chresthowfrauçaise. Uncanesenzapadrone Un uomo morì: e morto lui nessuno si occupò del cane nero, che egli aveva lasciato senza un'assegno, senza una pensione. Il cane, pur restando fedele, non andò a morire sulla tomba del padrone. Forse non conosceva la via del cimitero, forse anche si sentiva allegro e giovane. Duplice è la specie dei cani: cani che hanno un padrone, cani che non ne hanno. Esternamente nessuna differenza: un cane senza padrone è grasso come gli altri - spesso più grasso. L'uomo, però, pel cane, è una provvidenza infinita. Un padrone cui si appartenga, un padrone che si debba seguire, un padrone che si possa credere: ecco l'ideale del cane. Il quale, non sempre resta fedele a' suoi còmpiti: più d'una volta lascia la casa ospitale e va a trastullarsi con i compagni, salvo, s'intende, risuonando nel- !' aria il primo fischio, a correr via, senza prender congedo, via dal padrone. Il cane, il cui padrone era morto ed era stato sepolto senza che l'animale sapesse dove e come, aspettò paziente, ma quando i giorni passarono e niente cadde sottocchio, che gli potesse ricordare il morto, dimenticò il suo signore. Abbandonò la strada, lungo la quale per tanti anni era abituato a scorazzare, e corse ai prati. Lì incontrava più di un compagno, pronto a pigliar la vita allegramente. Spesso, però, un fischio rompeva, stridente, l'aria ed il camerata fuggiva come una treccia. Egli restava solo. Drizzava gli orecchi... ma nessun fischio rassomigliava a quello del suo padrone. E seguitò a dimenticare: dimenticò anzi di più, dimenticò di aver avuto un padrone. Dimenticò che un tempo egli credeva impossibile la esistenza di un cane senza un padrone. E visse come può vivere un cane: qui e là rubava: quì e là riceveva un calcio: qui e là dormiva: qui e là faceva all'amore. Ebbe amici e nemici. Un giorno accoppò un cane, ch'era più debole di lui, ed il giorno appresso fu accoppato da un altro, che era più forte. All'alba attraversava, silenzioso, a passo lento, la strada, dove era stato signore un tempo, fiutava il primo collega che incontrava, per forza d'abitudine, piuttosto che per desiderio di far conoscenza. Si fermava, con gli occhi semichiusi, e non si moveva, se non per cacciare la solita gatta, audace e impertinente, che compariva, ogni mattina dal marciapiede di fronte a lui. Passavano i giorni, si seguivano gli anni, ed esso in• vecchiava senza accorgersene.
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