Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno IV - n. 15 - 15 febbraio 1899

'R..IP'ISTA 'POPOLARE 'DI POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIALI Strano poi, che se io fossi stato un opportunista subdolo e sleale, fossi andato proprio a svelare così apertamente il mio pensiero ! Ma quello che scrissi allora a Colajanni, l'ho scritto a mille altri, appunto perchè io non nascondo mai il mio pensiero a nessuno : mentre chi è sleale e subdolo davvero, certe cose le fa.... ma non le dice! Ma e anche ora, quando ad un giovane troppo sentimentale ed inesperto, io consiglio di assicurarsi prima una posizione per darsi poi alla vita militante, crede il Colajanni che io faccia scuola di opportunismo loiolesco? Ma non è invece l'antifona di tutti i giorni, che ogni partito ha bisogno di uomini che per miseria o mancanza di posizione non siano alla mercè dei dominanti? E perchè questa praticità - che a me ha fruttato così lauti vantaggi - deve essere per me solo un'onta morale? E non è entrato ormai nella coscienza di tutti, quello che io scriveva a Colajanni nel 1883 e cioè che, per quanto è radicale ed eretica la sostanza delle idee, altrettanto deve essere equilibrata e meno urtante la forma, e che bisogna quindi resistere al facile gusto di spaventare la gente coi grossi paroloni, e colle invettive, se si vuol fare progredire le proprie idee? E in che consiste la meravigliosa efficacia di persuasiont del giornale La Giustizia, fatto da Prampolini, se non appunto in questa tattica psicologica, che nessuno si sogna di chiamare opportunismo gesuitico? Ma quando io dico, in una conferenza pubblica, o in una conversazione privata, che il socialismo non verrà all'improvviso da un giorno all'altro, nè esso significa « prendere la roba degli altri », ma anzi assicurerà agli stessi ricchi di ora, cof lavoro e la solidarietà sociale, una vita più tranquilla e serena..... sono io forse un opportunista sleale, o non è questa la verità, oltrechè una necessità psicologica per fare propaganda efficace ? I fatti, i fatti contano nella vita di un uomo, e i fatti della mia vita stanno a provare che io, colle mie idee : 1 ° sono sempre andato avanti e mai indietro ; 2° che per esse io ho sempre rinunciato ai più sicuri vantaggi e comodi personali. . E di foti che provino da parte mia una qualsiasi menzogna o slealtà non ce n'e, e sfido chiunque a trovarne uno solo. E colla vita molteplice e vertiginosa di lavoro e di corrispondenza che io faccio da venti anni, creda il lettore che se qualcuno solo ne avessi compiuto - <lacchè sono sulla breccia, prima scient fica, poi politica - ber· saglio quotidiano a tante opposizioni, i miei avversari lo avrebbero provato, e me lo avrebbero rinfacciato, come, per cecità dolorosa, il Cda janni ha creduto di poter fare con una mia lettera del novembre 83. Ma, dice il Colajanni, voi avete sempre agito per gli applausi della folla, come il ciarlatano che vuole la musica in piazza. Ebbene, anche qui è doloroso che, per solo astio polemico, il Colajanni si metta a raccogliere queste armi meschine di certi lanzichenecchi, ai quali non ho mai degnato di rispondere. Ma, crede sul serio il Colajanni che se io, come tanti altri, invece di restare fra il popolo e col popolo, avessi dato il mio ingegno alle camorre dominanti od anche solo al gran mondo dei privilegiati, non avrei avuto e applausi e inni e sorrisi e musica altisonante? Ma non le vede le clamorosità trionfali che sui loro giornali e nei loro saloni e teatri i privilegiati fanno ogni giorno a' loro difensori, per poco che si elevino dalla supina mediocrità oratoria o artistica o scientifica? E perchè io avrei allora preferito gli applausi e l'affetto dei contadini e degli operai, ai battimani ed ai sorrisi delle dame e dei ricchi clienti? È anche questo dell'opportunismo loiolesco ! ? Io non voglio rispondere, perchè i fatti valgono più delle parole. Solo dichiaro, che, dopo questo sfogo addolorato, io sono contento; perchè iri pare che il Colajanni mi abbia dato il modo di far vedere anche ai miopi e ai distratti, tutta la serenità onesta della mia vita e dell'animo mio. Onesta serenità, alla quale io debbo, per mia fortuna, se contro gli attacchi polemici e le ingiurie di qualche avversario fegatoso, mi resta ogni giorno il conforto ed il premio dell'affetto solidale e della stima cordiale di tanti innumerevoli amici, dal cerchio intimo della famiglia :il sicuro intuito dei lavoratori ed alle sagaci chiaroveggenze di avversari in buona fede e di commilitoni sapienti. Roma, 27 gennaio ENRICO FERRI. RIVISTADELLERIVISTE Gustavo 'l{_ouauel: La questione semitica. È colla questione della razza che si tenta di legittimare le violenze passate e presenti dell'antisemitismo. Si accusano gli ebrei di essere una razza, un.1 nazionalità distinta, dotata o afflitta, da attitudini speciali che la fanno il pericolo permanente di tutto quello che li circonda. I fanatici poi vedono negli ebrei i discendenti diretti del popolo deicida. Questo motivo però è storicamente vero ? Gli ebrei attuali discendono proprio dagli ebrei originari? No. Gli ebrei della Russia, non ancora usciti dal servaggio, o quelli dell'Algeria differiscono dagli Ebrei del Medio Evo, timidi e striscianti, quanto questi differiscono dagli altri ebrei della storia antica che Roma penò tanto a ridurre. Essi appariscono attraverso le età cosi suscettibili alle trasformazioni più diverse e all'adattamento più completo, che la teoria della persistenza etnica per loro non regge: pastorali e militari io Giudea, usurai nel Medio Evo, alla testa dello sviluppo commerciale, industriale e finanziario nel regime capitalistico contemporaneo. - La razza ebrea non è potuta rimanere intatta, an• che per l'opera di proselitismo ch'essa ha esercitato e che naturalmente ha fatto si che si mischiasse sangue ariano col sangue maledetto. Sulle coste del Malabar ,·i sono negri ebrei che servono nell' armata inglese, come vi sono a Cochio : sono anch'essi discendenti di Mosè? - Gli ebrei moderni non sono una razza, ma un prodottO sociale, una risultante storica, in virti1 delle condizioni create a una setta religiosa messa fuori della legge. Come i Parsi io India. i Greci e gli Armeni in Turchia, i protestanti io Francia, essi si dettero al commercio, esercitarono l'usura, diventarono ricchi: gli istinti della razza non c'entrano. - Gli antisemiti li accusano di aver corrotto i costumi, di aver iotrodot!o la venalità. Ciò non è vero. Se fosse vero, il paese più puro sarebbe, ma non è, la Spagna ove i Domenicani li estirparono, e non esisterebbero nei paesi Anglo Sassoni e nel Belgio e nell'Olanda ove l'ebreo invece non differisce dagli altri se non perchè prega nella Sinagoga invece che nella Chiesa o nel Tempio. - In Austria l'antisemitismo ha avuto un terreno di ,ultura più favorevole causa della predominanza della grande proprietà focdiaria e nobiliare i cui interessi si appoggiano al clero cattolico, potentissimo. Anche in Francia, è tra i cattolici, nei sindacati agricoli rappresentati dalla grande proprietà, tra i nobili e tra gli ufficiali superiori che si reclutano nell'aristocrazia, che vi è il piil gran numero di antisemiti. - Se i r. azionari tornassero al potere riprenderebbero le loro tradizioni finanziarie vergognose. Il saccheggio dei beni nazionali è stato fatto sotto il Direttorio ; i grandi traffici delle forniture milit2ri, sotto l'Impero; ed è sotto Napoleone III che sono sorte le piil grandi fortune francesi. - Se l' Antisemitismo trionfasse sarebbe la Francia e la civiltà generale che ne soffrirebbe: « Come repubblicani e francesi il nostro dovere è « di preservare il paese dai disastri materiali e morali di cui « l'antisemitismo lo minaccia. Ii naufragio ddla Repubblica e • della libertà sarebbe quello della patria » e il socialismo in• ternaziooale subirebbe il contraccolpo di questa catastrofe. Ogni regres,o nostro su di un punto qualunque del mondo capitalistico è un I egresso geotrale. « Il regime socialista che deve « sorgere dal regime capitalista, nascerà alla vita tanto piil pre- « sto, piil sano e piil vigoroso, qu1nto la sua gestazione sarà « stata pacifica e più regolare nell'ordinamento precedente ». (Rev11eSocialiste, Gennaio) Raoul Chélard: La Civiltà germanicafondata dalla Francia nel MedioEvo. Come pel resto, è soltanto (?) dalla Francia che la Germania ha tratto la sua scienza e l'arte di coltivarla. Fin dal tempo dei Merovingi non un monastero che non fosse d'origine francese, non una biblioteca i cui manoscritti non fossero copiati da quelli delle abazie di Francia, non una scuola che non fossemodellata su quelle francesi. Cosi pure nell'epoca dei Carolingi. Nel secolo XI fu l'influenza maggiore. Fio dai

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==