'l{.IP'JSTA POPOLARE 'DI POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIALI 295 della verità scientifica e pratica - rispondeva : - Si, il socialismo è una miniera feconda di verità e di rinnovamento umano - . E fu allora che io, colla guida della Critica sociale - come tanti altri in Italia - mi misi a studiare da vicino, non dirò tanto le dottrine tecnicamente economiche di Marx, quanto le sue dottrine sociologiche. Deve infatti sapere il lettore, che all'Università di Bologna ebbi, fra tante fortune già narrate nel Germinai la disgrazia di scovare un maestro di economia politica (ora morto) affatto insufficiente e ben lo ricordano Turati e Bissolati, che venivano dall'avere studiato economia politica a Pavia, col prof. Cessa, quando facevamo le più grasse risate alle sortite di quel maestro. « La moneta è un corpo duro e rotondo. Ma anche un culo di bicchiere è duro e rotondo, e non è una moneta •· Fu cosi, che mancatami la base universitaria di buoni principii elementari, io ho dovuto poi fare studi faticosi per imparare l'abbicì dell'economia politica. E questi studi non potei farli prima del 1892-93, perchè tutti sanno che la mia vita scientifica dal 1880 al 1892, cioè dalla I alla Ili edizione di Sociologia criminale, fu tutta assorbita dagli studi nei carceri, nei manicomi, nei laboratori antropologici e dalla creazione di teorie criminali rivoluzionarie, dopo il mio primo volume del 1878, sulla negazione del libero arbitrio a base del diritto penale. E in quel decennio molti ricordano che il tempo, avanzatomi dallo studio, lo diedi tutto (perchè questo è il mio temperamento) alla propaganda delle nuove teorie criminali, pubblicando articoli e facendo conferenze un po' dappertutto. Ecco perchè, assorbito da questo ideale scientifico, io non potei darmi allo studio del socialismo marxista, che molto tardi, perchè io fui e sono un sociologo criminalista e non mai un economista. · Sicchè, anche ora, del Marx io studio assai meno le teorie tecnicamenteeconomiche, per occuparmi e criticarne anche (perchè se Marx ha posto delle basi scientifiche inoppugnabili, non credo però che in ogni cosa egli sia infallibile) le dottrbe sociologiche, e cioè i cardini di ogni socialismo scientifico : le trasformazioni storiche della proprietà, la formazione della proprietà capitalistica col sopralavoro, la conseguente lotta di classe e, a chiave di volta, la dottrina del materialismo economico. Si può essere discordi per es. sulla teoria del valore e del prezzo, senza che questo costituisca la crisi mortale del manismo ( come ad arte si dice, esagerando, dagli avversari) percbè di Marx resta incrollabile la dottrina sociologica, che io appunto nel 1894 ho dimostrata in pieno accordo non colle idee personali di Darwin o di Spencer, su questo o quel problema (come parecchi o per ignoranza o per mala fede o per superficialismo hanno voluto far credere) ma si in pieno accordo coll'indirizzo positivo e naturalistico del pensiero moderno, che ha nome darvinismo ed evoluzionismo. ~ * * Pubblicatasi ora la Il" edizione del Socialismo di Colajanni, io ne ho fatta una bibliografia, movendogli questa principale obbiezione: che dopo 14 anni dalla J• edizione, il non essersi egli ajfatto occupato delle dottrine marxiste (lotta di classe e materialismo storico) costituiva un grave difetto del suo libro, anche perchè con questo silenzio il Cola janni, non pronunziandosi nè pro nè contro il marxismo, che è dottrina d'acciaio e non di gomma elastica, restava in quello stato di nebulosa politica e scientifica, che io credo la sua caratteristica personale, ma che, a dirglielo, gli fa salire violentemente la senape al naso. Per questo il Colajanni alla mia bibliografia rispose ua sacco di male parole, nel Germinai di Torino, dove la pubblicai e dove gli ho pure risposto con una specie di auto-biografia, che credo una delle cose migliori uscite dalla mia penna, perchè, malgrado l'ipocrisia convenzionale della çosiddetta modestia, io credo, con Lc;o, pardi, che « l'uomo non è mai tanto eloquente come quando parla di sè stesso ». Adesso il Colajanni ha portato la polemica sulla Rivista Popolare, tacendo dell'argomento fondamentale che io gli opposi nel Germinai, a proposito della mia vita politica. E il trasporto è avvenuto, come mi scrive il direttore del Germinai, perchè Colajaoni s'è avuto a male che alle sue insinuazioni sulla sincerità della mia fede socialista, il Germinai mettesse una postilla, per ricordare le prove di fatto da me date per questa fede, non ultima l'assunta direzione dell'Avanti in momento abbastanza difficile. Ed allora, in qudla mia risposta, io debbo ripetere, per i lettori di questa Rivista, il criterio sul quale io insisto e sul quale Colajanni non ha osato dire una sola parola, per giudicare la mia vita politica. Delle parole se ne possono scrivere fin che si vuole e si può essere curialeschi nella polemica, anche se non si esercita la professione d'avvocati. Ma i fatti sono fatti e valgono qualcosa più. Ora, i fatti della mia vita politica, noti ad ognuno che mi conosce, sono questi. Libero docente a Torino nel 1879, incaricato a Bologna nel 1880, professore straordinario a Siena ne 1 I 882, io dovevo conquistarmi una posizione universitaria, perchè il piccolo patrimonio lasciato da mio padre nel 1875 a mia madre ed a me, era sfumato per finire l'università e resistere alle cinque bocciature di concorsi universitari, con cui si sperava di soffocare, per fame, la voce dell'eretico criminalista. Dal 78 all'86 io non lottai che nel campo scientifico ed universitario; finche, saltando i concorsi, dove seguitavano a bocciarmi o a mettermi fra gli ultimi, fui nominato professore ordinario per l'art. 69 della legge Casati, in seguito a parere unanime di una commissione meno intollerante e immune dalla solita camorra accademica, che delizia le nostre università. Nell' 86, venuto il processo di Venezia contro i contadini mantovani per eccitamento alla guerra civile, io offersi l'opera mia di difensore e cooperai alla loro assoluzione con un'arringa, che ho pubblicata ed alla quale (sempre per la solita mancanza di modestia ..... ipocrita) ci tengo molto, perchè in essa, traendo la difesa dalle condizioni di esistenza dei contadini, feci del materialismo storico senza saperlo. Poco dopo, come già si prevedeva nel mantovano da parecchi anni, appena ebbi l'età, fui eletto deputato, primo nella lista e poi rieletto senza difficoltà nel 90 e nel 92. L'unica volta che pericolai, andando in ballottaggio, fu nel 1896, quando cioè mi presentai agli elettori dopo la mia pubblica adesione al partito socialista, fatta a Mantova nel luglio 1893 - dietro invito di Turati e Bissolati alle associazioni popolari, a nome del comitato centrale - e poi a Reggio Emilia nel settembre 1893. Tanto, che volendo dimettermi allora da deputato, per farmi ribattezzare dagli elettori, le società popolari del mantovano me lo impedirono, perchè nel 93-94 non sarei stato rieletto. E CJ,uesto,per rispondere a chi disse - il Colajanni non c è arrivato - che ero entrato nd partito socialista per interesse elettorale! Eletto nel 1886, io andai a Montecitorio nel gruppo degli on. Sacchi, Fortis, Ferrari ecc., che ha ragione il Colajanni di dire che allora non era costituito come gruppo legalitario, ma che egli ha il torto e la cecità miserevole di rinfacciarmi come « una menzogna di scolaretto ». Ma come! Chi non sa che quel gruppo, pur prendendo apertamente il nome di legalitario soltanto nel 1892, esisteva però fin dal 1882 e 1886? E chi non sa che quello era un gruppo non di conservatori, come mi rinfaccia il Colajanni, ma bensì di riformisti? E fu appunto, mettendomi in quel gruppo che aveva l'illusi9ne delle riforme sociali nel ~resente regime, cl\c;
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