'R._IVISTA POPOLARE DI POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIALI cano in tre e non trovano dappertutto che amici e cooperatori entusiastici, pieni di ardore e di fede, e arrivano in Napoli ch'erano migliaia e migliaia: le orde famose del cardinale Ruffo e della Santa Fede! Era possibile che il bioccolo di neve divlni~se valanga irresistibile se il popolo non fosse stat0 tutto e di cuore coi liberatori borbonici? Il fenomeno non avrebbe potuto verificarsi se nell'animo dei cittadini del Regno di Napoli fosse sono un qualsiasi desiderio di resistenza contro l' impr, sa audacissima del Vicario borL>onico. Non basta. Allora non ci fu soltanto l' inerzii, la passiva rassegnazione ad ogni specie d'invasione - di Normanni, di Angioini, di Spagnoli o di Piemontesi, come si chiamarono i veri liberatori che accompagnarono Garibaldi - allora invece il cardinale Ruffo, o meglio la causa dei borbonici e del legittimism0, ebbe il concorso attivo dei popolani, che prima e dopo la sua spedizicne si batterono - spesso valorosamente - contro i francesi e contro i principi della grande rivoluzione. La resistenza di Amantea, di La uria contro V t:rd1er e contro i francesi, in gemrale certamente vale di più di quella tentata da Schipani contro le orde della reazione a Castelluccio ; e i fasti leggendari di quel primo brigantaggio mal si possono scompagnare da un significato politico, e accomunare semplicemente ,con la delinquenza volgare. Dunque nel 1799 il popolo nel mezzogiorno era coi Borboni e colla reazione contro i principi del1'89; e rimase coi Borboni e colla reazione al Pizzo contro Murat, a Sapri contro Pisacane, a Napoli il 15 maggio contro \'accolta dei valorosi forniti dalle provincie. E le provincie che non seppero o non vollero dare eserciti in difesa della costituzione nel 1820, mandarono petizioni a migliaia al Re Bomba perchè la sopprimesse nel 1848.... Viene il 1 860 e trionfano gloriosamente la rt torica e l' equivoco. Con ciò non si diminuisce di un ette la grandezza di Garibaldi, che votò sè e il suo manipolo alla morte con abnegazione sublime per redimere sinceramente il popolo dal governo che aveva saputo guadagnarsi il soprannome di Negazionedi Dio. Ma certamente la sua impresa fu resa possibile dallo sfacelo morale dell'esercito borbonico - e sopratutto dei suoi capi - dalla fiacchezza o dalla mitezza di Francesco II, dai consigli di Liborio Romano. Perciò si spiega come da Calatafimi al Volturno dei Mille - eh' erano poi:1200non ne morirono che settanta! E il popolo ? Troppo scellerati si erano mostrati i Borboni, e qualche raggio di luce era penetrato nelle sue fila in sessant'aµni; sicchè se mancò a Garibaldi il concorso entusiastico e spontaneo che incontrò il Cardinale Ruffo, l'ebbe parziale, specialmente nella borghesia più colta e negli artigiani. L'avvenimento grandioso che germinò dalla meravigliosa sp~diz:one dei Mille - l'Unità d'Italia - creo il grande equivoco, perchè l'unità d'It~lia era stato l'ideale altissimo di pochi eletti, ma non era nella coscienza vera delle masse. Si sorpassa ;ul significato del secondo brigantaggio classico ch'ebbe in certi luoghi e in crni momenti carattere politico eJ incontrò simpatie po· polari - fu constatato in Parlamento; si tacciono le considerazioni, che potrebbero farsi sulla spedizione dello spagnolo Borjes, che sbarcato a Villa San Giovanni per ripetere l'ioopresa del Cardinale Ruffo, non aHebbe potuto ~ttraversare tutto il mezzogiorno d'Italia ed arrivare ~ino a Tagliac?zzo - a duecenro metri Jal cc nfine pontficio, c10è alla salvezza nonostante la c:1cc1adatagli dal Regio Esercito e dalle guardie razionali a migliaia, se non fosse stato protetto dalle stesse simpatie popolari; e si constata che compiuto per virtù di uomini e per fortuna di eventi il grande equivoco dell'unid, per hr ~ì che divc:nisse un grmJe avYenimento e dasse tutti i;li am:si risult~ti sarebbe stato nece,sario, indispensabile, che l'ideale dei pochi fos~e divenuto l'ideale di tutti e che fosse avvenuta la trasformazione economica, intellettuale e morale d, Ile masse. All'opera grandiosa certamente non poteva ba- ~tare un breve tempo; ma quarant'anni nel secolo XIX dovevano essere più che sufficienti per iniziarla per farla trovare inoltrata nel memento in cui ricorreva il cc:ntenario del 1799. Se si afic:rmasse che nulla si è fatto in questi quarant'anni si direbbe una menzogna: le ferrovie, 1 telegrafi, le strade n.izionali, !a srampJ, relativ:1mcote libera, hanno agito meccanicamente, auto· maticamente nel miglior:ire e nel trasformare: lo spirito pubblico. l\Ia quanto altro bene non avrebbero potuto fare i go,·ernanti e le cla;si dirigenti? e quanto male essi banno fatto; e quanti disingmni hanno prodotto; e quanto scetticismo hanno seminato! Il bene non fatto e il male fatto si ptcò riassumere con un senso di profonda melanconia nella constatazione di questi risultati: in Sicilia e nel continente meridionale c'è at:1corail massimo analfabetismo e la più feroce delinquenza che ci siano in Europa; in Sicilia e nel co1,tinente meridionale, alla prepotenza aristocratica e alla tirannide govern~tiva d. una volta si sono sost;tuite nei rJpporti p::>litico-sociali, le camorre di una borghesia p:ì, o meno magrJ, sempre gretta ed egoistica, fraocheggiata dalla forza di un potere centrale che dispone di eserciti disciplinati di soldati e di burocratici ed assistita dalle male arri di una contraffazione di regime parlamentare; in Sicilia e nel continente meridionale e' è da scuotere l'apatia connaturata negli animi dal secolare servaggio, e da ricominciare tutta l'educazione politica del popolo. Come si vede non siamo molto lontani dalle condizioni del 1799; e Minervino Murge ha avvertito, che potremmo essere più vicini di quello che si possa credere ed immaginare. A quando il risveglio sano, poderoso, efficace per iniziare l'opera grandiosa della rigenerazione? Destiamoci e provvediamo, se ne jamo ancora in tempo, per iscongiurare altri risve/!li terribili. Dr. NAPOLEONE CotAJANNI. Per la solita sovrabbondanza di materia siamo costretti a rinviare ai prossimi numeri: Giuseppe Paratore. Tragedie nell'arte; Arturo Labriola, Sul regionalismo in Italia; Salvatore Di Giacomo, Pulcinella (con illustrazioni); E. Ciccotti, La violenza come fa/lore dellavita sociale; [ng. Italo Gasparetti, Il riordiname11todegli Istituii di previdenza ferroviari; B. Salemi, Per la ricerca della paternità; Winiarski, Le credenze dei popoli primitivi; Enrico Grimalcti. /Irte cenciosa; Angelo Sicchirillo, Conseguenzesociali; Dr. Patti Remer, La poesia femminile; Stjalmar Sodcrberg, Un cane senza padrone (novella serilta appositamente per la Rivista) etc. etc.
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