RIVISTA POPOLARE 'DI POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIALI 273 scono importanza la genialità del metodo e la veste, che l'A. indossa, più èi giurista che di filosofo. La Sovranità, nel suo senso tradizionale, è una superfetazione. L'uomo è sovrano in quanto la norma a cui deve obbedire move dal suo intimo dalla ragione cosciente: ma è suddito in quanto deve sottomettere la sua individualità alla ragione universale. « Ciascuno, nell' ambito della sua energia e delle sue attitudini, afferma il proprio potere: nessuno ha un potere assolutamente sovrano, da cui sia in qualsiasi modo paralizzato un potere altrui. » Lo Stato moderno può definirsi « la Nazione organizzata sulle basi della libertà morale e giuridica ». Esso sta al popolo come la retta conscienza all'individuo: e come questa conscienza diviene tutto l'individuo, cosi lo Stato deve diventare tutta la Società. La sovranità va intesa come superiorità di fatto in tutti gli ordini civili o in una loro parte, e il prob!t:ma di essa si riduce a quello della duplice libertà, morale e giuridica, dello Stato e dell' in - dividuo. II contenuto della sovranità è scientificamente un non senso, poichè s'identifica con il principio attivo di essa: ciò è: autonomia, per lo Stato, interna ed esterna, diritto a darsi una costituzione, diritto alle riforme e alla guerra, diritta individuale anche alla rivo! uzione ». Nell'esercizio della Sovranità, nulla di assolutamente stabile e fisso, ma. l' adito c.ostantemente aperto all'esplicazione della crescente capacità morale e giuridica degli individui e dello Stato. Nessuno deve accentrare in sè questo svolgimento della libertà arrogandosi il diritto di sovrano; nè un re nè un parlamento, il cui diritto è puramente condizionale e ha valore entro limiti determinati. Viceversa il carattere della sovranità politicogiuridica implica la responsabilita, e responsabile deve essere chiamato chiunque, con l'opera sua deliberata e cosciente, concorre al Governo dello Stato. Una sovranità irresponsabile o inerte non può essere che tirannide o feticismo, poichè per essa il diritto si riduce a strumento d'invereconda ambi zione e di pazzia politica. « A questo oltraggio che si fa al diritto i popoli risponderanno con l' oltraggio al preteso sovrano, e così la storia nazionale rientrerà, per destino di secoli, in una fase di rivendicazione morale e giuridica, norma ed ammonimento al mondo civile e ai sovrani ». Noi sottoscriviamo di tutto cuore a queste conclusioni, in cui, man mano che la materia divien meno sottile e dottrinale, lo stile si fa più conciso e perspicuo, e tributiamo lode ali'A. per la bontà del suo metodo e per la serenità del giudizio, rara e quasi meritoria in Italia ai tempi che corrono. * * * E, pour la bonne bouche, memori dell'indole pratica della Rivista, offriamo ai suoi lettori due o tre brani sci>lti a caso, che ci paiono suggestivi, e come oggi dicesi, d'attualità. « Uno Stato non può sostenersi con la forza senza preparare a sè stesso la propria rovina, o almeno senza ledere la ragione e il diritto (la seconda parte è tautologica: se non usa, e quindi lede, la ragione e il diritto, conviene che usi la forza). Ogni mezzo coercitivo perde infatti tanto più del suo potere legittimo quanto più si sco~ta dalla ragione, dal diritto e dalla giustizia, norme per sè superiori a ogni forma di despotismo brutale o d'intimazione. « La maggioranza continuera a imperare in ogni forma politico-liberale, ma se deve imperare soltanto perchè maggioranza, essa apparirà legittima sempre, anche quando sarà faziosa. È assai facile contondere l'autorità del numero con quella della ragione ». « Noi concepiamo lo Stato italiano come pienamente consono agli ideali superiori della civiltà e ligio a norme determinate di giustizia e di moralità. I lini massimi degli individui e delle nazioni (discussi e riassunti dalla Scienza del 'Bene, di cui tratta positivamente il Marchesini in un J:bro di pubblicazione prossima) si raggiungono tanto meno quanto più si combatte il naturale armonizzarsi delle sentenze migliori, per sovrapporre l'una classe al1' altra, col titolo che non si vuole o non si sa abbandonare, della Sovranità.. .. ; ammettendo la quale per principio e di fatto, si dà luogo alla degenerazione e all'abuso del potere. » Al che fa degno riscontro il giudizio del Bonghi, riportato dall' A. : « Il Governo è oggi meno arte e più scienza che non sia mai stato »; e q•1est'altro del Guizot: « Tutte le combinazioni della macchina politica devono tendere, da un lato, a estrarre dalla società tutto ciò ch'è in essa di ragione, di verità e di giustizia, per applicarlo al suo governo; dall'altro lato a provocare il progresso della ragione, della verità e della giustizia e a farlo incessantemente passare nel go vcrno. ». Dopo questo, chi non invidierà gli idioti che non fanno confronti ne' giudizi ? Che più? Quest ! è la scienza degli uomini d'ordine, che la propria libertà critica giustificano con l'Ahrens: « Alla stregua del diritto hanno ad essere misurate e giudicate anche le decisioni d'un potere supremo, quali che siano ». MARIO MAZZOLAN!. COLLETTIVISMO ASSOLUTO I Per riuscire meglio a confutare una dottrina, in buona o in mala fede si suole sempre o confonderla con altre o anche travisarla più o meno completamente. E storia troppo vecchia questa, ed è quanto accade oggi al collettivismo. Siccome nel significato suo genuino e positivo esso può dissi inconfutabile, i suoi nemici per qualche tempo - scientemente o meno - non hanno trovato di meglio che confonderlo col socialismo di stato, quel socialismo spurio dai collettivisti stessi battezzato come capitalismo di stato. Battuti su questo terreno, quei nemici incominciano ora a dare maggiore sviluppo ad un'altra accusa - non nuova del tutto - interpretano, cioè, il collettivismo in senso assoluto, come se si trattasse di un domma religioso. Un saggio interessante di questo nuovo genere di critica -- per ~uanto adorno di stile elegante e di ragionamenti sottili, che di primo acchito
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