RIVISTA POPOLAREDI POLI1ICA LETTERE E SCIENZE SOCIALI estranea. Dovranno perciò pazientemente ricominciare a costrurre il fragile edificio della volontà che la vita militare ha loro violentemente distrutto come un soffio di vento abbatte è distrugge un castello di carte. m. Era necessario che la categoria dei graduati, formata da quelli che l' Ramon con leggera punta ironica definisce « militari di profe5sione ,, si adattasse alle nuove necessità d'educazione. Sarebbe possibile trovare tuttora nell'esercito successivi campioni di graduati che, messi in ordine di tempo, e analizzati nel modo che a ciascuno di loro è proprio di concepire la disciplina e l'educazione del soldato, ci indicherebbero, come tanti stadi evolutivi, le successive, intim·e mutazioni avvenute nell'ambiente militare, e ci darebbero occasione e modo di cogliere sul fatto la prevalenza e l'importanza grande che, tra i mezzi .Ii educazione adoperati, hanno acquistato e vanno acquistando quelli di coazione morale. La preoccupazione costante, il fine che persegue l'educazione militare, fine che la costringe ad evolversi nel senso che abbiamo detto, consiste nell'impedire, nello stornare, anzichè nel favorire e nell'assecondare lo sviluppo delle varie personalità umane; sviluppo a cui intende ogni vera e sana opera di educazione. La necfs~ità che l' e<lucazione militare sia essenzialmente educazione negativa e rivesta quel carattere di artificiosità che le è proprio, appare manifesta quando si consideri come torni meao faticoso e dispendioso, ••più facile e pronto ottenere l'unità dell' esercito - non importa se unità debole od effimera - distruggendo, anzichè educando ad un sectimento morale unico, le varie individualità che lo compongono. Ma qualunqne sia la ragione che di questo fatto si voglia dare è certo, ad ogni modo, che la educazione militare a questo solo realme·nte tende; a distruggere le singole volontà individuali, e non ad incanalarle a dirigerle verso un unico obbiettivo. Questa è la ragione per cui il distacco tra i soggetti ed i graduati e dei graduati fra loro s' andò facendo sempre maggiore, sì che si passò dal vecchio graduato, spesso manesco, ma più a contatto morale coi suoi soggetti, di cui è ancor viva la memoria,al graduato moderno, differenziato dai suoi inferiori e dai suoi s11periorima non integrato con essi, il quale ha saputo fare dell' educazione che gli spetta impartire .un' arte e una scienza. Dell'esercito rimane oramai solo più la siruttura, lo scheletro, l' armatur .1 che gli dà forma; non è più un vero e proprio organismo perchè gli manca l'anima, il sentimento morale, I' idealità unica su cui dovrebbe poggiare. Ogni grado si deve differenziare dagli altri necessariamente, perchè manca l'essenza morale che sola è capace di colmare i vuoti e di superare le distanze che tra inferiori e superiori intercedono, che sola può stringert>, cementare in una unità organica le singole parti dell'esercito. Ecco infatti ogni grado potenziarsi, per dir così, ammantarsi della sua autori1a; ecco ogni superiore appiccicarsi di fronte ai suoi inferiori una maschera di superiorità morale che non tralascia mai, inteso continuamente a far sentire la distanza insorpassabile che da essi lo separa; eccolo porre il più grande studio a creare e a mantenere vivo ed integro ciò che egli stesso definisce con molta chiarezza il <, prestigiodel grado " e che consiste essenzialmente nel saper ingannare gli inferiori sulle qualità morali ed intellettuali che gli sono proprie. Ogni critica di questo sistema d' educazione basato sulla commedia, riuscirebbe vana, perchè, lo ripetiamo. il sistema s' impone come una necessità per le condizioni a cui l'esercito è costretto a soddisfare. (Continua). MASSIMO MAGNANI La Sovranitaàl lumedellascienza In un grosso volume di quasi 300 pagine in 8° grande l'avv. Ignazio Brunelii si è accinto all'esame storico e analitico della Sovranità, coll'intento di operare su questo capitolo delle scienze giuridico-sociali una depurazioae dagli elementi eterogenei e metafisici: depurazione che è l'opera e la gloria del positivismo odierno, specie italiano, e che a tutti i giovani spiriti impone là sua necessità ed importanza. L'autore è monarchico, ma, per la qualità del suo ingegno principalmente criti.:o, assai tempera• to : promuove e caldeggia i miglioramenti, da lui creduti possibili, dell'istituzione monarchica, e ha già pubblicato un notevole saggio sulla Istituzione dì un ConsiglioPrivalo della Corona, che reca in testa le ultime righe di Ruggero Bonghi. Ora, con questa Teorica della Sovranità, egli ha fatto un passo, a cui noi non lo aspettavamo e per il quale ci congratuliamo con lui, sia pure a suo mal grado: se bene questo volume ne aspetti un altro, che, studiando l'influenza delle varie dottrine sulle forme politiche degli Stati, completi la teorica con la parte pratica. Per intanto, riassumiamo il primo. E riconosciamo che il metodo più positivo e rigoroso non vale a vincere la difficoltà dell'ordinamento e della trattazione di materia così varia e complessa, in cui tanta parte hanno la indeterminatezza e l'equivoco. Il metodo del Brunelli ci pare assai buono, se non il migliore. Egli classifica in due rami le tèorie del!J sovranità: da una parre, quelle che ripongono la Sovranità in un principio astratto (utile, ragione, forza, giustizia, diritto); dal!' altro, quelle che la ripongono in un ente concri;:to ( dio, popolo, governo, stato, nazione). Tutto egli esamina partitamente, sulla scorta di molte fonti fra le più autorevoli, e di tutte fa una critica ingegnosa, se bene non sempre chiara e ordinata. Eccellenti i capitoli sulla Sovranità popolare e sulla Sovranità della ragione, della quale determina il significato, confutando bellamente le obbiezioni che le si muovono. Dall'esame complessivo resulta più coerente fra tutte la Sovranità della Nazione, ma essa pure è insufficiente a risolvere la questione pratica: la quale in vero consiste nell'eliminare dal potere ogni arbitrio e nd determinare la parte che ognuno deve avere in concreto all'esercizio di esso potere. Ma v'è di più. L'esame storico serve precisamente a scoprire il tarlo roditore di ogni teoria e del concc::tto stesso di sovranità: il qt'ale ultimo è ridotto dall'autore, con efficace dialettica, a un'equivocatioverbomm. Si affaccia allora un problema più alto: u Il senso giuridico di uno stato organizzato sulle basi comuni della giustizia ha anche bis"gno di un apice a cui convenga e dove risied:;, non di nome soltanto, ma di fatto, la Sovranità? n L' A. risponde negando. La conclusione non è nuova, poichè ad essa giungono, contemporaneamente al nostro, molti altri scienziati e filosofi positivisti ; ma le conferi•
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