Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno IV - n. 13 - 15 gennaio 1899

'l{_IVISTA POPOLARE 'DI POUTICA LETTERE E SCIENZE SOCIALI putate necessario lo stato di guerra; bande armate, rivolte, insurrezioni con armi etc ...; quindi si tratta di fatti contemplati e puniti, ai quali dovrebbe applicarsi il codice penale comune ; o quando volete applicarlo, se appena accadono questi fatti, sospendete le leggi e la Costituzione, e dichiarate lo stato di guerra ? Egli e che previsti o non previsti, questi fatti non possono paragonarsi ai reati comuni; per esempio al peculato od alla std111,ionedi minorenne; reati eleganti e di moda. Essi non sono un fatto od un fenomeno isolato d'imputabilità personale, cui basti la repressione individuale; essi sono una manifestazione del reato più vero e mal!giore ; del fatto collettivo che intt:ressa ai dirigenti di reprimere. Inseguendo la giustizia astratta. dimenticando che la difesa degl' interessi di classe e l'anima della giustizia penale, s1 corre il rischio di smarrire la retta via e riuscire in un deserto, dove invano si alza la voce alle lande solitarie. Nel delitto politico, il principio regolatore della responsabilità e divuso, e spesso opposto, a quello su cui si fonda la repressione od delitti comuni. Si punisce non l'uomo per quello che ha fatto, ma per il principio che egli rappresenta: il programma politico nella persona che lo sostiene ; la repressione e persecuzione del nemico - il principio - le condanne sono il fuoco di fucileria che ne decima le fila. Questa osservazione scieutifica che tende ad assodare un principio sicuro di dritto punitivo, può, dai facili declamatori tribunizii, scambiarsi per giustificazione re;izionaria del mal governo dominante ; ma può anche giovare a sceverare la funzione effettiva dello stato, dalle inutili lustre liberalesche e spingere a propositi saldi ed ope1re sicure; distogliendo dalle sterili imprese e dalle campagne infeconde, con le quali si provocano o si cagionano le stragi orribili ed improduttive. A. GUAR:SIERI VENTIMIGLIA. D.r NAP0LE0N.~:C0LAIAK1\"l L'Italia nel 1898 (Tumulti e reazione) Un volume cli circa 300 pagine Lire 3. LAGUERRA ISPANO· AMERICANA (r) Si era du.ante il periodo che precedette la crisi. Dupuy de Lome aveva già scritta la lettera tacciante Mac Kinley di politicastro ; il Maine più non esisteva. In quei giorni di sospensione penosa conobbi un medico cubano, vecchio simpatico dal viso abbronzato, spirante un'aria di innata fierezza. Gli domandai che cosa pensasse intorno alla situazione politica; egli mi guardò aggrottando le ciglia, come per scrutare ne' miei sentimenti, e dopo un istante di pausa mi rispose: (1) L'articolo che pubblichiamo è di un italiano che vive in America. È retrospettivo ; ma c' è tanta obbiettività e in pari tempo tanta chiarezza e tanto calore, che siamo sicuri che i lettori _della 'R._ivista lo _leggerannocon piacere; e non potranno essi non commoversi alla lettura del canto di Rizal dell'eroe delle Filippine, di cui in queste colonne si è scritt~ d~e volte. La concisa storia della guerra di Cuba, del resto, gioverà sempre per allontanare le antipatie che in Italia si tenta ancora di sollevare contro gli Stati Uniti. Il giudizio sulla Spagna è severo ; ma gli spagnuoli intelligenti e colti lo emettono forse più severo, come sanno i nostri lettori. Pochi giorni or sono dal chiarissimo Joaquim Costa ci venne trasmesso una memoria di un ente morale dcll'Alta Aragogna eh' è un documento interessantissimo in cui vengono asseonat~ le rispettive responsabilità agli autori della sventura dell~ penisola Iberica. Ce ne occuperemo. N. d. R. « lo servii la causa cubana, quale chirurgo nell'esercito insurrezionale, durante la guerra dei dicci anni. Oli orrori di quella campagna giammai si dileguano dal mio animo ! Tradito nelle mie aspirazioni, quando i patrioti deposero le armi sulle false promesse della Spagna, riparai esule negli Stati Uniti, sospirando sempre il momento di vedere schiacciati gli oppressori della mia terra. Troppo sangue e stato versato fra Spagna e Cuba, perche i due popoli possano salutare la stessa ba.,diera ancora una volta! La giunta insurrezionale lavora, l'opinione pubblica negli Stati Uniti e con noi ; la Spagna sarà in breve pagata da questo paese con la stessa moneta, con cui essa pagò i patrioti cubani. In una delle primissime ribellioni contro il giogo spagnuolo, Hatuey, che era fra i capi ribelli, fu condannato al rogo. Un prete gli stava a fianco nelle ultime ore di sua vita e lo esortava alla pregbiera. !-!atuey domandò: Perchè, padre, vi interessate tanto di me ? - lo desidero che tu vada in paradiso, o figlio - fu la risposta. - E dove gli Spagnuoli vanno dopo la loro morte? - domandò il prigioniero di rimando. - In paradiso. - Io allora preferisco di andare all'inferno, disse il ribelle sdegnosamente, piuttosto che incontrare Spagnuoli ancora di là. Oggi ogni cubano, che abbia coscienza di sè, e un Hatuey, e vedrtbbe di buon grado tutta l'isola divampare in fiamme, piuttosto che la bandiera degli oppressori sventolare sul Morro ». Salutai il vecchio patriotta e mi divisi da lui, facendogli l'augurio che la causa della libertà fosse trionfata. La storia aveva già condannata la Spagna, quando la forza le strappò gli ultimi avanzi del suo impero coloniale. Fin dal principio del secolo i patriotti cubani avevano ordita una vasta cospirazior:e. li 18 2 3 insorsero apertamente e si rivolsero per aiuti a Simone Bolivar, audace e fortunato campione della libertà nell'America del Sud. Francia, Inghilterra e Stati Uniti intervennero; la pro~ettata invasione fu impedita e sacrificata la libertà dcli isola agli intrigri della politica. La ribellione del 18i9 fu soffocata nel sangue, i moti del 50 e 51 finirono col garrottamento del prode Lopez, che li aveva condotti. Intanto i metodi di governo nell'isola diventavano progressivamente peggiori. I Cubani, stanchi del giogo, nell'ottobre dell'anno 1868 si sollevarono in armi, ed ebbe così principio la guerra, che fu detta dei "dieci anni. La Spagna dopo aver profusi tesori e decine di migliaia di uomini in quella guerra, che a lei più che ai Cubani volgeva disastrosa, cambiò partito e vinse con la politica dove le armi erano fallite. Il generale Martinez Campos sottoscrisse ad El Zanionin un concordato, con cui la Spagna si impegnava di introdurre riforme liberali nel governo dell'isola. I Cubani, in buona fede, nel febbraio del 1878, deposero le armi. Ottenutasi la pace, sarebbe stato un atto di savia politica concedere l'autonomia, unico provvedimento che avrebbe forse salvate alla Spagna le sue ultime colonie. L'esperienza avuta dalla rivoluzione degli Stati Uniti, bastò all'Inghilterra per iniziare una illuminata politica coloniale : la Spagna invece volle ostinarsi negli errori del passato. L'autonomia fu chiesta, ed un ministro delle colonie, che poi, per forza di eventi, dovev:1. essere fra i commissari della pace a Parigi, fini un discorso nelle Cortes con le memorabili parole : « Autonomia? Mai, mai, mai ! » E fu applaudito! Le tasse esose, il favoritismo nelle cariche coloniali e l'esenzione sistematica dei Cubani dagli uffici di qualche importanza, le persecuzioni politiche, la violazione della libertà personale, della libertà di stampa, del diritto di associazione, l'essere la vita dei cittadini posta alla mer-

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