206 '1{.lVIST A POPOLARE DI POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIALI condizione peggiore di quella del popolo : poiche la massa di questo e tenuta ancora dal!' incoscienza, la maggior parte di quella, diciamo pure la parola, da l:i vilta. Ed ecco come lo spettacolo ch'essa ci dà di triste diventa disperante : la salvezza d'Italia non può venire cht! dal risveglio del popolo, e questo non può essere iniziato che da un lar 5 o ed efficace apostolato della classe colta emulante la gloria dei padri ; e invece ... Restano, è vero, i pochi indipendenti, i quali anche sono destinati ad accrescersi di tutti quelli che la spugna burocratica o non può piu assorbire o respinge: ma, in un paese come il nostro in cui direttamente o indirettamente la classe dirigente accentra in se o lega ai proprii tutti gli interessi, chi può credere che il numero di intelligenti indipendenti possa diventar sufficiente a tale impresa, per la quale non sarebbe troppa tutta intera la classe? Così il problema primo da cui dipende l'avvenire di Italia e questo : e possibile, e come?, la redenzione della sua classe colta e intelligente da la prostituzione, a cui s'è abbandonata verso le classi dirigenti ? A crederlo impossibile si rifiuta la mente e sopratutto il cuore: per quanto sia terribile la pressione del bisogno economico, non può darsi che la parte eletta, il cervello di un popolo rt!sista a luogo a la tirannia imposta al suo pensiero e a la sua coscienza: l'acquiescenza attuale deriva forse in gran parte anche di l'incertezza d'idee e d'ideali naturale in questo momento di transizione tra due periodi storici : quanto più le nuove idee e i nuovi ideali di og:1i tinta clericali, conservatori, radlcali o socialisti andranno penetrando le menti e le anime, tanto più andrà crescendo l'intima ripugnanza e ribellione a metodi di governo che sono la negazione di essi tutti e di ogni principio civile. - È certo però che, finchè non si troverà mezzo, se non di togliere la spada di Damocle che il governo tiene sospesa sul capo dei dissidenti, almeno di renderne meno fragile il filo e meno facile la caduta, fioche non si troverà mezzo di rendere il far valere i proprii diritti d'uomo e di cittadino un atto affatto naturale invece che eroico qual' e oaai che costa la perdita del pane senza speranza di a~;rlo altronde, e certo, dico, che non potremo avere quel risveglio che è nei voti: il perno della questione è dunque se esista questo mezzo. Esso esiste. La causa prima della schiavitù morale cl;e arava su i lavoratori intellettuali è l'isolamento, in cui ~gn uno di essi si trova e che li offre facile preda ai dominanti : anche quì come moralmente essi si trovano in una evidente condizione d' inferiorità rispetto a la massa lavoratrice, si trovano nelle condizioni in cui qnesta era molti anni fa. Non c' e bisogno di dimostrare tutte le conseguenze di questo isolamento che sono le stesse per gli uni e per gli altri e non c' è bisogno neppure di mostrare come l'unione, l'associazione possa ovviare ad esse: l'esempio delle classi lavoratrici di tutta Europa liberantisi progressivamente da la servitu verso i padroni per virtu dell'associazione è troppo parlante. I lavoratori intellettuali non hanno che ad imitarlo : grandi associazioni professionali volte, non come le poche ora esistenti, solo a cura e incremento degli interessi materiali, ma sopratutto a difendere gli interessi morali, a protestare e promuovere agitazioni ledei loro megali contro i soprusi e le ingiustizie a danno mbri, a sostenere finanziariamente i colpiti in giudizio contro l'autorità violatrice delle leggi, ad aiutare con sovvenzioni e nella ricerca di nuovo impiego quelli che in odio a le loro opinioni sono stati cacciati; questa soltanto può esser la prim_a _radice d,i que_lla redenzione della classe colta, da cm dipende 1 avvemre d'Italia ; il governo e le classi dirigenti che tutto osano contro l'individuo isolato che cosa potranno contro grandi e forti associazioni? - Naturalmente queste nulla avrebbero di partigiano e tutti gli onesti di tutti i partiti potrebbero e dovrebbero entrarvi, anche perché in halia ornai non basta essere conservatori per essere al sicuro da ogni persecuzione al proprio pensiero e a la propria coscienza, infermi il caso Pantaleoni, ma soprallltto rerchc a tmti gli onesti, a qualunque partito appartengano, deve stare a cuore che cessi questa ignominia della persecuzione d1 chi non la pensa come il governo , uole da una parte e dell'acquiescenza della classe colta e colpita da l'altra che disonorano l'Italia al cospetto del mondo civile. Sorgeranno spontaneamente queste associazioni sotto la pressione delle circostanze e dell'ambiente? Sorgerà qualcuno dotato di autorità e d'energia che se ne faccia iniziatore e apostolo ripetendo al proletariato intellettuale d'Italia il motto del Marx? Noi affrettiamo col desiderio le prime e invochiamo questo in nome dell'onore, della salvezza, dell'avvenire d'ltalia. PIETRO FONTANA. ~ ATTORNO A SPEDALIERI I VITUPERI D'UN SECOLO Al Prof. Giovanni 'Bovio Qu~sto libro parla molto bene; ma, disgraziatamente per gli uomini tutti, o non s' intende affatto o s'intende molto male. G. LEOPARDI, Postille wedite a' " 'Diritti dell'uomo,, di Spe:lalieri. Com' è noto, il Comitato pel monumento nazionale a Nicola Spedalieri in Roma - monumento, che sarà presto inaugurato - ha bandito, fra gli studenti universitari italiani, un concorso sul segurnte argomento: Valutare i progressi fatti con Nicola Speda/ieri dal diritto naturale; determinare la SIia specifica ir,fluenz..anel trionfo della dollriua. della sovrar.ita popolare e dire in qual senso egli ne sarebbe stato il 111arlire. Augurandoci che siano molti e valorosi quelli, che piglieranno parte alla nobile gara, noi, lungi dallo entrare nell'alto argomento, ci limitiamo ad ammanire alcuni materiali grtzzi, che sono, più che utili, indispensabili alla formazione del giudizio sulla profondo cd originale azione storica esercitata da questo santo padre della moderna democrazia nel gran secolo della rivoluzione. Dagli accenni rapidissimi, che faremo, si vedrà che, pur dopo un secolo, non cessa la persecuzione reazionaria contro colui che diede qui, in Roma, il colpo di grazia al diritto divino e che giustificò, come volute insieme dalla Ragione e dal Vangelo le innovatrici dot· trine rivoluzionane. I. Non riuscì facile al filosofo pubblicare la sua Opera De' Diritti dell'Uomo benche Pio VI, forse più per spirito di opportunismo che per amore verso la libertà, fosse deferente verso le nuove idee. li dietroscena di tale pubblicazione risulta da una lettera in data 14 lVIarzo 1792, con la quale l'ambasciatore sardo in Roma, Cav. Damiano Priocca, scriveva alla sua Corte : « L'autore sottopose il suo manoscritto alla solita revi,ione del padre maestro del sacro palazzo, Mamachi; ma, non avendo questi voluto approvarlo, egli ebbe mezzo di ottenere da Sua Santità che gli fosse destinato altro revisore in persona di certo abate Bolgeni ex gesuita, persona di cui sua santita ha gran concetto, e questi approvò il libro, il quale peròfu stampato a Romrz colta fa/sa data di Assisi e senza le approvazioni solite ad inserirsi ne' primi fogli dei libri, ma apposte solamente nel frontespizio le parole: Con licenza dei rnperiori ». Nella citata lettera, così vengono rias,unte le prime disastrose impressioni suscitate dalla grande Opera: << Questo libro1 intitolato IJe' Diritti dell'Uomo, ha fatto
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