RIvista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno IV - n. 10 - 30 novembnre 1898

'R..,lVISTA 'POPOLARE DI 'POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIALI miliardi, e i nuovi rapporti e i nuovi interessi che si sono sviluppati in questi ultimi anni, e che in parte li hanno compensati, non consentiranno che gli scambi franco-italiani raggiungano in breve tempo i settecentocinquanta milioni all'incirca all'anno cui erano pervenuti nel periodo precedente alla guerra di tariffe. Per dare un 'idea della importanza e delle mutazioni negli scambi tra la Francia e l'Italia riporto queste poche cifre dal competente Economista di Firenze (27 Novembre): Quinquennio Quinquennio r87r-71 1893-97 Importaziondi allaFranciain ltalia Milioni 3 36 Milioni r 55 Esportaziondi all'ItaliainFrancia Milioni 412 Milioni 139 Il commercio dell'Italia colla Francia rappresentava il 35 oro del totale dell'importazioue nel Primo periodo e discese al 17 oro nel secondo. Quello del!' esportazione era il quarantatre per cento del rotale e discese al diciassette! Queste cifre non hanno bisogno di commenti. È chiaro come la luce del sole che le perdite dell'Italia furono assai maggiori di quelle della F rancia. Osservano molti con fenomenale leggerezza che la Francia non ha più bisogno dei vini di Puglia e di Sicilia. falso. La ricostituzione dei vigneti francesi non è, e non potrà mai essere completa; e in quanto al presente i Ltti sono superiori alle gratuite asserzioni. La Francia importa annualmente circa otto milioni dì ettolitri d1 vino dalla Spagna e dall'Algeria; e l'Italia messa in parità di cond,zioni colla Spagna è tanto vero che potrà fornirgliene una parte che al di là dei Pirenei sono assai allarmati per l'accordo avvenuto. I vantaggi economi ci dell'accordo, per l'Italia, però non si limitano a quelli derivanti dall'aumento delle sue esportazioni; altri, e forse assai maggiori, deriveranno dall'miezione di capitale che subiremo, e che sarà tanto bendica, nell'organi1mo econ,,mico tsaustO <ld nostro paese, quanto l'iniezione intraYenosJ di sale di chinina, che !'on. Baccelli potrebbe praticare nel corpo di un disgraziato affetto dalla febbre perniciosa. Appena avvenuto l'annunzio dell'accordo si parla già della istituzione di un grande istituto di credito franco-italiaro in Milano con succursali nel resto della penisola. Riccrd,amo. Un fattore poJcrosissimo della crisi edilizia e bancaria che ha devastato l'Italia, fu il ritiro improvdso dei capitali francesi - valutati circa 800 milioni - che erano investiti nell'industria e nella speculazione in Italia. Questi capitali ritorneranno, anche in maggiore quantità, per molte e considerevoli ragioni: il saggio dell'interesse in Francia è mirimo e da noi è più alto; il risparmio fran'cese è scottato dai Panama e dagli altri impieghi disa~trosamente aleatori; il capitale francese conosce la via dell'Italia da cui lu tenne lontano soltanto il patriottismo o, se vuolsi meglio, il pregiudizio politico. Ora nell'Italia, perchè le giovani e latenti energ:r, cui poeticamente hanno inneggiato gli on. Fortis e Colosimo, si esplichino e si svolgano, con vigore sano e non con incomposti movimenti di nevrotici, manca per l'appunto il capitale. Riassumiamo. Il nuovo accordo commerciale franco-italiano r .0 potrà condurre ad una nuova orientazione politica più conforme agli interessi e alle tradizioni dei due paesi; 2. 0 sicuramente produrrà un aumento negli scambi dei prodotti agricoli industriali con co_muoe vantaggio; 3.0 ricondurrà in Italia il capitale fran.:ese, con utilità reciproca e dei capitalisti di oltre Alpi e dei produttori e lavoratori italiani. L'avvenimento è tale, per-· ciò, che noi dobbiamo salutarlo con sincero entusiasmo, facendoci dimenticare per u11 momento tutto il male che hanno fatto i passati e i presenti governanti per mandar loro una parola di lode e di riconoscenza. Dr. NAPOLEONE CoLAJANNJ. Dr. NAPOLEONE COLAJANNI Mouvements sociaux en Italie Paris, 1898. Lire UNA PER L' AMNISTIA Negli stati a regime veramente parlamentare il discorso della Corona ha un' importanz:i non piccol.1perchè esso rappresenta il programma del ministero per quella dat:i sessione; d' onde la consuetudine lodevole di discuterlo provocando le prime avvisaglie tra il mini,tero e l' opposizione. lu Italia per molto tcmpo il discorso della Corona si cacò sottrarlo a tale discussione. quasi a volergli togliere il carattere genuino di emanazione dal governo del tempo; poi si finì col ridurlo ad una formalità che non interessa va più alcuno. ln certi momenti, e per certe peculiari circostanze, però, alla cerimonia inaugurale della sessione si accordò speciale interessamento perchè ci si voleva trovare la indicazione eccezionale per la soluzione di un problema posto nt I paese, e dal paese portato innanzi al Parlamento. Era questo il caso per l' ultimo discorso della Corona: I.i nazione l'aspettava ansiosamente perchè desiderava conoscere chiaramente qual'è il pensiero del governo sull'amnistia. L'aspettativa è stata seguita dalla più completa e dolorosa ddusione. Che cosa valgor.o certe promesse tutti sanno; valgono meno di nulla come altra volta dimostrò alla Camera Luigi De Andreis mettendo a confronto tra loro i brani più salienti e più promettenti dei discorsi della Corona pronunziati da venti anni in quà. Le promes~e dell'anno 1898 potevano valere meno delle altre, perché ridotte a zero dalla logica più elementare, anche se adoperata da un inesperto fanciullo. Chi può prendere sul serio un governo che - date le condizioni economiche della nazione e quel:e finanziarie dello Stato - annunzia nello stesso tempo di volere consolidare il bilaucio, sgravare alcune calegorir. di contribuenti e aumentm·e le speseper la marina ? Nei panni degli on. Colombo e Fortunato saremmo scattati per protestare contro questa bestemmia. Di tutto questo punto saliente del discorso reale che rappresenta l'indirizzo economico-finanziario del ministero, non c'è che l'ultima parte nella cui realizzazione si deve credere: quella che si riferisce all'aumento delle spese per la marina. Ci si deve credere per l'esperienza giammai smentita della vita pubblica italiana, la quale insegna che quando vengono domandati aumenti nelle spese militari non sono stati mai negati. Ci si deve credere perché il ministero

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