RIvista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno IV - n. 10 - 30 novembnre 1898

RIVISTPAOPOLARE DI POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIALI Direttore: Dr. NAPOLEONE COLAJANNI Esce in Roma il I 5 e il 30 d'ogni mese Il ALIA : anno lire 5 ; semestre lire 3 - ESTERO : anno lire 7; semestre lire 4. Un nu:rnero separa1;0: Oen1;. 20 AnnoIV. - N. IO. Abbonamento postale ' Roma30 Novembre1898. SOMMARIO: Dr. NAPOLE?NE C_oLAJANN:t Agli elettori del Collegio di Castro~iova1111i. Dr. NAPOLEONECoLAJANNI: Italia e Francia. LA R1v1STA: Per l'Amnistia. Il diritto alla petizione per l'amni5tia. Lo ZOTICO: Conrlanne italiane e condan:.e di paesi civili - Tu1·ati e Ans,e/e). DINO RoNDANt: La nuova politica e;tera de"li Stati Uniti e il proletariato. 0 LA Rl\"ISTA : Lo sciopero generale. (Ai ,.ostri amici ferrovieri). LUIGI LUCCHESI: In lspagna e... in lt~lia. LA RIVISTA: L'impudenza del sig. Stillmao. G. SARAGAT: Cause ed effetti (;J,(a/i11co11di'e111p1essi111ista). F. CARONNA-BONA:Socialismo municipaleGius. DE MrcHELIS: L'emigrazione italiana negli Stati europei. 'l(ivista delle Riviste. 'l(ecensio11i. MlielettnoerilCollea~iCioastro~iovanni Eletto da voi per la prima volta nel I 890 ho avuto l'onore di rappresentarvi per quattro successive legislature. Costretto, da condizioni a voi ben note, a dividere la mia esistenza tra Castrogiovanni, Napoli e Roma ebbi ad incon• trare continui e non lievi sacrifizi per esercitare il mandato affidatomi. Non dirò se e come l'abbia esercitato,perchè voi conoscete, o dovreste conoscere, la mia modesta opera parlamentare. A i sacrifizi, per il passato, trovai largo e graditissimo compenso nella fiducia illimitata e nell'affetto di cui mi daste prove solenni e ripetute. La legge sugli infortuni nel lavoro, che reputo indispensabile e benefica nell'interesse delle classi lavoratrici, mi sembra che sia ve-- nuta ad alterare i nostri antichi rapporti. E ciò non desumo dalle basse calunnie, rimesse a nuovo, in questa occasione, e che avrei continuato a disprezzare, perchè da voi esplicitamente condannate per quello che erano nella lotta del I 895; ma da un insieme di circostanze, che mi fanno dubitare di non trovare piu il precedente consentimento vostro sulla mia condotta politica, forse ingiustamente apprezzata tanto dagli industriali quanto dai lavoratori ; e ciò m1 nesce piu doloroso. Con questo sospetto. non può rimanere in Parlamento chi ci sta soltanto a difesa dei principi che rappresenta e degli interessi collettivi dei rappresentati, senza cercarvi vantaggi personali di sorta alcuna. Mancata la fiducia vostra, ch'era, lo ripeto, solo compenso ai sacrifizi, non potendo trovare modo e tempo di difendermi dalle insidie tramate alle spalle, giacchè la vita mia è assorbita dalla lotta politica e dalla lotta per la esistenza, non ho esitato a restituirvi il mandato. Nel restituirvelo posso assicurarvi, che chiunque andra a prendere il mio posto, per quanto possa essere nemico sleale o avversario deciso, riconoscera che tenni sempre alto il nome del collegio che sinora ebbi l'onore di rappresentare. D.r NAPOLEO.\E COUIA.\.\J.

'R.J.'P'IASTPOPOLARE 7Jl 'POLITICALETTERE E SCIENZE SOCIALI ITALIA E FRANCIA Pochi giorni or sono pubblicai nel Secolo un articolo intitolato i 7(antzan, nel quale - constatata l'intima unione verificatasi tra gli Anglo-5assoni ddl' Inghilterra e dell'America del Nord, che pur sembravano divisi da tanti ricordi politici dolorosi e da un pret.ern antagonismo economico - concludevo: quando i due Rantzau a civiltà latina si stenderanno amichevolmente la mano? Le mie speranze furono sorpassate, e i miei voti, che sono quelli di tutta la democrazia italiana, furono soddisfatti molto prima di quello che avessi pototo immaginare: l'annunzio uflici;1le del ristabilimento delle buone relazioni commerciali tra i due stati divisi dalle Alpi ci ha portato la buona novella. In questo momento si consenta a chi, come me, fu calunniato vilmente tante volte per avere auspicato questo lieto avvenimento, di ricordare con legittimo orgoglio che dal I 886 in poi fui solo contro tutti - anche contro amici politici carissimi - a sostenere che le famose tariffe generali dovevano riuscire disastrose all'agricoltura in generale, e alle provincie meridionali e alle due isole in ispecie. Alcuni anni dopo, - 1891,92 - quando i danni economici immensi subiti dall'una e dalle altre erano evidenti come la luce del giorno, ero ancora sorb a sostenere nell'Isola di Palermo una vivace polemica contro il Giornale di Sicilia per dimostrare l'utilità e la convenienza economica e politica di una entente tra le due sorelle latine. Cottinuarono le insinuazioni volgari contro di me ; ma non valsero a deviarmi dalla linea di condotta che la coscienza m'imponeva, e continuai a so~tenere la buona causa nel Secolo,nell'Epoca, nel Me,saggero, nella Nouvelle Revue, nella Revue pditique et parlemmtaire, nella Rivista Popolare, e ~i• nanco nelle riviste tedesche, non ottenendo però che .-.marezze e disinganni. Un raggio di luce rischiaratore ci fu nel 1892, e fu non piccola soddisfazione la mia, quando, nella discussione dei trattati di commercio coli' Austria Ungheria e colla Germania - e credo che io sia stato il primo ad ottenere ciò - !'on. Elleoa, il maggiore responsabile delle tariffe del 1887, confessò con parole cortesi al mio indirizzo, che realmeute quelle tariffe erano state rovinose pel meìzogiorno e per l'agricoltura, e che giustizia voleva che qualche cosa si facesse per compensarle. Sono passati sei lunghi anni, e finalmente l'ora della giustizia è venuta: e ne va data lode al ministero dell'on. Di Rudini, la cui politica prudente preparò e rese possibile il riavvicinamento tra la Francia e l'Italia, all'on. Luzzatti che si è giovato dell'autorità grandissima di cui gode al di là delle Alpi e della sua innegabile competenza, ed allo stesso on. Pelloux, che, passando sopra alle meschinità della politica partigiana, non ha esitato a continuare l'opera iniziata dai predecessori. Se il carattere e la coerenza in Italia valessero qualche cosa, specialmente nelle sfere ministeriali, in seguito all'annunzio ufficiale dell'accordo commerciale franco-italiano noi dovremmo assistere alla nscita dal gabinetto dell'on. Nasi e degli altri misogalli furiosi, che ieri, proprio ieri, non ,esitavano spavaldamente a consigliare una politica che doveva portare all<1guerra: se non subito, certo a scadenza non lontana. Noi non assisteremo a questo dignitoso e confortante spettacolo, a cui Ja molti anni in qua, solo gli on. Colombo, Carmine e l{1cotti ci hanno fatto assistere, perchè, re,tino o ~e ne vadano i misogalli, la politica parlamrncare nostra, pur troppo, seguirà lo stesso andazzo. Sorpassando, quindi, sul lato minuscolo dell'avvenimentO è preferibile brevemente dire della importanza e del significatO suo. C'è un indice eloquente - della cui indole non c'è da discutere - dell'importanza dell'avvenimento od rialzo sensibile della nostra rendita. Dico della renditaitaliana, perchè il Matin rilevava che mentre quella nella Borsa di Parigi era rialzata subito di tre punti, la rendita francese aveva subito soltanto un miglioramento di pochi centesimi. Dunque, conchiudeva il giornale francese, l'accordo gioverà più ali' Italia che alla Francia. Il saluto al fausto avvenimento della Borsa di Parigi, seguito, sebbene in minore misura, dal saluto delle Borse italiane, parrebbe in perfetta armonia colle conclusioni del Matin, le quali non sono errate, ma incomplete. Non c' è dubbio che l' accordo franco-italiano arrecherà giovamento al nostro paese; ciò dal lato economico. Ma chi non vede la importanza politica dell'avve::nimento a profitto maggiore della repubblica che sinora dall'alleanza russa non ha ricavato che amara disillusione? Rotto il ghiaccio tra l'Italia e la Francia, vorrei dire son l>icuro, ma mi limito ad augurarmi, che le relazioni politiche tra i due paesi miglioreranno rapidamente, e che si potrà riuscire ad un vero e naturale equil:brio nel Mediterraneo a base di una lega latina, che metterà un limite alla rapacita insuperabile dell'Inghilterra che spadroneggia nel mare non suo. Solo i latini dovrebbero chiamare il Mediterraneo mare nostrum ! Il momento per una così radicale trasformazione dell'orientamento delle alleanze è opportuno, perchè tutti gli Stati di Europa si trovano in grandissimo disagio, e fermenta dappertutto un germe di mutamento nelle relazioni internazionali e nel sistema delle alleanze. Questo potrà essere, e speriamo ardentemente che sia, il domani. Vediamo oggi che cosa può attendersi il popolo italiano dal nuovo accordo. Non c'è dubbio che i grandi industriali del Settentrione, che sono i veri autori delle tariffe del I 887 - il cadavere di Alessandro Rossi avrà sussultato d'ira nel suo sepolcro all'annunzio dell'accordo! - accoglieranno l'avvenimento ostilmente; ma credo che i loro timori siano in grandissima parte ingiustificati, perchè quello che potrebbero perdere a causa della concorrenza dei prodotti similari francesi, l'avranno compensato dalla maggiore forza di acquisto di tutta la popolazione agricola, che del resto non è neppure poca nelle loro regioni. In quanto all'agricoltura e al mezzogiorno, guadagneranno, e non poco. S..rebbe stoltezza e desiderio di creare delle illusioni, se si volesse far credere che essi guadagneranno tutto quello che perdettero colla guerra commerciale del I 887, durata per oltre un decennio. Quelle furono perdite di

'R..,lVISTA 'POPOLARE DI 'POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIALI miliardi, e i nuovi rapporti e i nuovi interessi che si sono sviluppati in questi ultimi anni, e che in parte li hanno compensati, non consentiranno che gli scambi franco-italiani raggiungano in breve tempo i settecentocinquanta milioni all'incirca all'anno cui erano pervenuti nel periodo precedente alla guerra di tariffe. Per dare un 'idea della importanza e delle mutazioni negli scambi tra la Francia e l'Italia riporto queste poche cifre dal competente Economista di Firenze (27 Novembre): Quinquennio Quinquennio r87r-71 1893-97 Importaziondi allaFranciain ltalia Milioni 3 36 Milioni r 55 Esportaziondi all'ItaliainFrancia Milioni 412 Milioni 139 Il commercio dell'Italia colla Francia rappresentava il 35 oro del totale dell'importazioue nel Primo periodo e discese al 17 oro nel secondo. Quello del!' esportazione era il quarantatre per cento del rotale e discese al diciassette! Queste cifre non hanno bisogno di commenti. È chiaro come la luce del sole che le perdite dell'Italia furono assai maggiori di quelle della F rancia. Osservano molti con fenomenale leggerezza che la Francia non ha più bisogno dei vini di Puglia e di Sicilia. falso. La ricostituzione dei vigneti francesi non è, e non potrà mai essere completa; e in quanto al presente i Ltti sono superiori alle gratuite asserzioni. La Francia importa annualmente circa otto milioni dì ettolitri d1 vino dalla Spagna e dall'Algeria; e l'Italia messa in parità di cond,zioni colla Spagna è tanto vero che potrà fornirgliene una parte che al di là dei Pirenei sono assai allarmati per l'accordo avvenuto. I vantaggi economi ci dell'accordo, per l'Italia, però non si limitano a quelli derivanti dall'aumento delle sue esportazioni; altri, e forse assai maggiori, deriveranno dall'miezione di capitale che subiremo, e che sarà tanto bendica, nell'organi1mo econ,,mico tsaustO <ld nostro paese, quanto l'iniezione intraYenosJ di sale di chinina, che !'on. Baccelli potrebbe praticare nel corpo di un disgraziato affetto dalla febbre perniciosa. Appena avvenuto l'annunzio dell'accordo si parla già della istituzione di un grande istituto di credito franco-italiaro in Milano con succursali nel resto della penisola. Riccrd,amo. Un fattore poJcrosissimo della crisi edilizia e bancaria che ha devastato l'Italia, fu il ritiro improvdso dei capitali francesi - valutati circa 800 milioni - che erano investiti nell'industria e nella speculazione in Italia. Questi capitali ritorneranno, anche in maggiore quantità, per molte e considerevoli ragioni: il saggio dell'interesse in Francia è mirimo e da noi è più alto; il risparmio fran'cese è scottato dai Panama e dagli altri impieghi disa~trosamente aleatori; il capitale francese conosce la via dell'Italia da cui lu tenne lontano soltanto il patriottismo o, se vuolsi meglio, il pregiudizio politico. Ora nell'Italia, perchè le giovani e latenti energ:r, cui poeticamente hanno inneggiato gli on. Fortis e Colosimo, si esplichino e si svolgano, con vigore sano e non con incomposti movimenti di nevrotici, manca per l'appunto il capitale. Riassumiamo. Il nuovo accordo commerciale franco-italiano r .0 potrà condurre ad una nuova orientazione politica più conforme agli interessi e alle tradizioni dei due paesi; 2. 0 sicuramente produrrà un aumento negli scambi dei prodotti agricoli industriali con co_muoe vantaggio; 3.0 ricondurrà in Italia il capitale fran.:ese, con utilità reciproca e dei capitalisti di oltre Alpi e dei produttori e lavoratori italiani. L'avvenimento è tale, per-· ciò, che noi dobbiamo salutarlo con sincero entusiasmo, facendoci dimenticare per u11 momento tutto il male che hanno fatto i passati e i presenti governanti per mandar loro una parola di lode e di riconoscenza. Dr. NAPOLEONE CoLAJANNJ. Dr. NAPOLEONE COLAJANNI Mouvements sociaux en Italie Paris, 1898. Lire UNA PER L' AMNISTIA Negli stati a regime veramente parlamentare il discorso della Corona ha un' importanz:i non piccol.1perchè esso rappresenta il programma del ministero per quella dat:i sessione; d' onde la consuetudine lodevole di discuterlo provocando le prime avvisaglie tra il mini,tero e l' opposizione. lu Italia per molto tcmpo il discorso della Corona si cacò sottrarlo a tale discussione. quasi a volergli togliere il carattere genuino di emanazione dal governo del tempo; poi si finì col ridurlo ad una formalità che non interessa va più alcuno. ln certi momenti, e per certe peculiari circostanze, però, alla cerimonia inaugurale della sessione si accordò speciale interessamento perchè ci si voleva trovare la indicazione eccezionale per la soluzione di un problema posto nt I paese, e dal paese portato innanzi al Parlamento. Era questo il caso per l' ultimo discorso della Corona: I.i nazione l'aspettava ansiosamente perchè desiderava conoscere chiaramente qual'è il pensiero del governo sull'amnistia. L'aspettativa è stata seguita dalla più completa e dolorosa ddusione. Che cosa valgor.o certe promesse tutti sanno; valgono meno di nulla come altra volta dimostrò alla Camera Luigi De Andreis mettendo a confronto tra loro i brani più salienti e più promettenti dei discorsi della Corona pronunziati da venti anni in quà. Le promes~e dell'anno 1898 potevano valere meno delle altre, perché ridotte a zero dalla logica più elementare, anche se adoperata da un inesperto fanciullo. Chi può prendere sul serio un governo che - date le condizioni economiche della nazione e quel:e finanziarie dello Stato - annunzia nello stesso tempo di volere consolidare il bilaucio, sgravare alcune calegorir. di contribuenti e aumentm·e le speseper la marina ? Nei panni degli on. Colombo e Fortunato saremmo scattati per protestare contro questa bestemmia. Di tutto questo punto saliente del discorso reale che rappresenta l'indirizzo economico-finanziario del ministero, non c'è che l'ultima parte nella cui realizzazione si deve credere: quella che si riferisce all'aumento delle spese per la marina. Ci si deve credere per l'esperienza giammai smentita della vita pubblica italiana, la quale insegna che quando vengono domandati aumenti nelle spese militari non sono stati mai negati. Ci si deve credere perché il ministero

RIVISTA -POPOLARE 'DI POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIALI ha dato solenne affidamento di volere insistere in tale domanda con una prova suprema di coraggio, di cui non lo si credeva capace::: con la nomina a senatore dd Comm. D'Errico, i cui titoli politici furono pescati nel fondo dei varii fiaschi elettorali di Napoli. e quelli eccnomico-morali nella sua interessenzi nello stabilimento Goupy e C.ia. Oh! l'ammiraglio P:.lumbo può andare orgoglioso della battaglia .... inqualificabile guadagr:ata imponendo ai suoi colleghi la conce.,sionc: del laticlavio al grande industriale napoletano I A quando la corona civica? ( 1} La balordaggine delle promesse di consolidamento del bilancio, di sgravio ... e di nuove spese militari viene superata dalla imprudenza commessa nel fare ripetere ad Umberto la frase celebre di Vittorio Emmanuele: i popoli apprezzano le istituzioni i11ragione dei benefizi che danno. Qui ci troviamo dinnanzi alla cosagiudicala; la quJle se dovesse essere rispettata come quella d,i Tribunali militari le istituzioni sarebbero belle e spacciate. E veniamo a 1 punto che faceva aspettare con vera impazienza il discorso della Corona: l'amnistia. Noi non ci vogliamo mettere nnlla qel nostro nel giudicare il pensiero del ministero su questo argomento: siamo troppo appassionati, e potremmo, anche non volendo, adoperare un linguaggio troppo severo o sconveniente. Prtferiamo rimettercene alla quasi unanimità della stampa italiana - s'intende, quella che non vive sui fondi segreti - che ba ritenuto la promessa ministeriale come un indegna mistificazione. E il giudizio della stampa italiana si può riassumerlo in quello di un giornale'' monarchico e conservatore di Napoli : « la promessa è vaga « e a tempoindeterminato; è un inganno; è la blague di « un fHrceur I " E il :Mattino che dà del farceur al Generale Pelloux ; non noi. Su per giù si esprimono negli stessi sensi i giornali inglesi e francesi, svizzeri e belgi. Non conosciamo come la pensano in Russia, ma è davvero umiliante per l'Italia che.: ; consigli in favore dell'amnistia, con una singolai issima unanimità, ci vengano dall'Austr:a-Ungheria e dalla Germania: dalla Neue Freie Presse di Vienna alla National Zeituug di Berlino. La patria di Radetzky e di Hayoau dà lezioni di equità e di sapienza politica a quella di Macchiavelli e di Beccaria .... Cose che sembrerebbero impossibili se non si riferissero ali'! talia del 1898 I Il ministero ha fatto esporre dal Re i pretesti, anzichè le ragioni, per cui si è avuta la promessa-inganno e non l'amnistia immediata. Non mette conto esaminarli perchè sono al disotto di ogni discussione ; e tali li ba ritenuti la pubblica opinione italiana e straniera. Giova invece esaminare un motivo speciosissimo che si accampa in ogni occasione in cui il paese vuole far conoscere il proprio pensiero su di una data quistione, e che si è ventilato anche adesso per negare l'amnistia. Lo esaminiamo perchè involge una quistione di principio, che se venisse risoluta definitivamente nel senso prediletto dai ministri della monarchia italiana, distruggerebbe l'essenza stessa di un regime di libertà, :n cui il popolo ha il diritto di far prevalere la propria volontà. Dicono e ripetono continuamente i ministri e gli uomini cosidetti di ordine in Italia che un governo non deve mai cedere dinanzi alle imposizioni della piazza ; e con ciò si vorrebbe dare ad intend<re, nel caso presente, che se gl'italiani vogliono davvero l'amnistia, non devono agitarsi e non devono chiederla. La massima è stolta ed insidiosa. Già abbiamo detto (1) Ci si assicura che nel Senato sia granJe il disgusto per certe nomine che riescono ad abbass,me il livello intellettuale e morJle, e che non è difficile che a Palazzo Madamasi ripeta la levata di scuji del 1893. Uti11a1l11 altravolta che la vera sapienza politica consiste nel sentire i palpiti del popolo e nel far sì che un governo non si faccia i.nporre un atto o una riforma ... prevenendo l'impo,izione colla concessione dell'uno o dell'altra fatta a tempo debit0. La massima stolta è insiJios1 perchè si sl che cosa dicono gli uomini di ordine quando il popolo non fa sapere apertamente ciò che dt'siJera: volete compiere un atto, o accordareuna riforma, cbe nesmno chiede? Così colla logica barbina dei nostri uomini di governo l'amnistia non si dc:ve concedere ora perchè la impone la piazza; non la si concederebbe se il popolo tacesse perchè, nessuno ch'edendol?, si presumerebbe l'acquiescenza o la soJdisfazione di tutti per lo slalu quo I A parte l'insegnamento che scaturisce dal dilemma suesposto noi sentiamo di affermare altamente il diritto che ha la nazione di far sentire ai governanti, che dovrebbero tsserne i mandatari, la propria voce; e questo diritto in un m:,do esplicito, chiaro ed inconfutabile ha sostenuto ed esposto un monarchico costituzionale, ch'è regio professore ordinario nella Università di Pavia, ndl'nltimo numero del Giornale degli Economisti: il Professore Ugo Mazzola ( 1 ). Ed è bene intendersi sempre sul significato di questa amnistia, che si ha il diritto di domandare. Non si chiede grazia o generosità ; non si chiede un atto consigliabile dalla prudenza politica ; si chiede giustizia, si chiede - per adoperare il linguaggio di certi giuristi - la reintegrazione del diritto. Co~ì è. Come sia stata mostruosa la sentenza della Cassazione sulle vittime dei Tribunali militari fu già dimostrato qui stesso dal magistrale e sereno articolo del PrC'f. Majno e dall'altro che lo aveva preceduto del nostro Barzilai. Questa dimostrazione ncn ha bisogno che di una s1la aggiunta. eh' e stata fatta da chi avt'va singolare autorità per farla : dal professore deputato Luigi Lucchini. Ecco come egli, invitato, si espresse a suo tempo, su questa famosa sentenza: « Vivamente deploriamo che la magistratura già compromessa in altri uffici piì1 o meno politici e polizieschi - si vada a sporcar le mani in questi 2iudizi che tanta rovina portano al presti~io della leg~e, delle istituzioni e dei principi d'ordine e di autorità. non parliamo della liberta che oramai non conta più nulla..... ». Potremmo e sapremmo dire di più e di meglio noi, che non siamo membri della Suprema Corte di Cassazione com' è il Direttore della Rivista penale? Domandando l'amnistia, infine, noi chiediamo puramente un atto di giustizia, e non una manifestazio.ne della Sovrana clemenza, perchè le sentenze dei Tribunali militari sono irrite e nulle in diritto e in fatto, perchè a quei Tribunali si accordò la facoltà di giudicare le vittime dei tumulti della scorsa primavera contro lo esplicito testo della legge, contro i dettami incontroversi dello Statuto (2). E invocando l'amnistia in nome del ritorno alla legalità ej allo Statuto noi crediamo di poter passare per veri uomini di ordine, che l'ordine non vogliono scompagnato dalla libertà, e l'ordine non confondono colla violenza e colla repressione brutale. LA RIVISTA. (1) Crediamo fare cosa grata riproducendo a parte i brani notevoli della Cronacadel Giornale degli Eco110111isti (Novembre) di cui si fa cenno. (2) Se verrà in discussione quel mostricciattolo che si chiama disegno di legge sullo stato di assedio avremo agio di ritornare su qnesto vitale argomento e ci serviremo allora di uno studio interessante su Lo stato di assedio e la giurisdizio11e che il Prof. F. Cammeo ha pubblicato nella Giurispmdmza italia11a (FJscicolo 17• Anno 1898). È la più importante ed antica pubblicazione del genere ed è diretta da due illustrazioni della scienza giuridica : dai Professori Gabba e Mortara.

'J{_IVISAT POPOLARE DI POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIALI Il diritto alla DBtizioDnBer l'amnistia. « A proposito dell'agitazione per l'amobtia s'è creato uo rapporto reciproco di riguardi tra pubblico e "'overoo, che coesiste di uo equivoco e, io uo certo senso, di un giuoco pericoloso. « Nelle sfere governative impera il con,etto che non si debba cedere « alle pressioni del pubblico » ed· ,Ile « imposizioni della piazza » e che occorre mantenere integro e salvo il « principio d'autorità » e « la prerogativa sovrana della grazia » e quindi solo quando l'apprezzamento del governo si ~1areso « indipendente » pel desistere di tali pressioni, esso possa sentirsi in grado di proporre al Sovrano amnistia e grazie. E per converso, nel paese si consolida il concetto che occ01ra astenersi dalle agitazioni o metterci su una sordina sentimentale e sommessa, ptrchè il govtrno non abbia _l'aria, se vuole fare qualche cosa, di aver ceduto a pressioni. E così che si viene a creare un' Jzione o meglio un'innion.: vicendevole tra governo e paese, da cui usciranno forse salvi cc il principio di autorità » e « l'indipendenza dalla pi.zza » ed altre cose che il frasario ufficiale della piana così designa, ma da cui escono pure assai malconce la logica ed i principi più elementari di libertà politica ». « Ora noi riteniamo di assoluta necessità ed u·genza, nel- ]' inter.:sse delle istituzioni e della libertà, di protestare nel modo più vivo contro questa condizione politica che si è voluto .: s1 vuol creare, e che abbandona la causa dei detenuti politici alla istanza socialmente antipatica d'un interesse di classe ed ai motivi sentimentali della pie;à femminile, che per poco, che la polizia si compiacesse pe, metterlo (poichè ormai la polizia tutto può vi, tar.: e permettere a suo agio da noi) potrebbe mutarsi in un charity-sport ». « Se occorresse anrnra un indizio a dimostrare qu.nto sia lungo il cammino a ritroso, che il senso della libertà e l'educazione politica hanno pfrcorso in Italia, basterebbe il fenomeno presente ». « Secondo il concetto che ispira le sfere governative la con dizione presume un « principio ai autorità » che occorre assolutamente salvare dalle insistenze del pubblico, un circuito chiuso in cui il comune consenso dei cittadini o le manifestazioni che tendono ad ottenerlo, sarebbe uo 'intrusione pericolosa e sconsigliabile. Ma un concetto simile può prevalere solo in un governo assoluto, dove la volontà dei reggenti con vuole ess,re, nella sua esplicazione, turbata neppure dal mormorio sommesso d'altre voci; alla pr,etesa però che un simile assurdo debba prevalere in uno Sta10 libero, e linchè il nostro si supporrà ancora tale, occorre rispondere: oo, e recisamente no! « È strettamente doveroso anche il soggiungere che assai ma1~ment,e servono il paese cd il Sovrano quei consiglieri che creano in uno Sut0 libero simili dis5idii, e che se attentato si commette contro lo spirito della Costituzione o contro la ~tessa forma dello Stato è precisamente questo. Poichè io paese libero e civile, non solo il governo non può disinteressarsi da quah1asi movimento dtll'opinione nazionale, ma quando que- ~t•ultima si sia affermata in modo saldo e tenace, essa diventa per forza proprio una dei fattori di governo, un fulcro di quello s:esso « principio di autorità » a cui la si vuole meccanicamen:e contrapporre. « Allora il governo, anzichè tapparsi le orecchie, deve acuire l'udito e tener conto di· ogni manifestazione: dev'essere una corrente continua e non un circuito chiuso; non un non parl~re per paura che non si facciJ o un non fare solo perchè s1 parla, cc me vorrebbe il conceao meccanico ed assurdo acc7nnato, ma un parlare perchè saviamente si opui, un coordmamento saggio e misurato, una cernita oculata ed attenta di tutte le tendenze e di tutte I.: energie che nella libertà ampiamente si esplicano. E proprio di questo che in uno Stato libero, il cc principio d'autorità » si forma, consiste e rinsalda. « Non dunque un gretto interess,: di cl.tsse, non l'umanitarismo pietoso, no~ un cl,arity-sport sentimentale possono, in quest? caso, _dttermmarc un largo movimento nell'opinione pubblica, se m questa non s1 fanno strada altre considerazioni d! o'.d_ine più alto e !(enerale. Già molti elementi nuovi di g1ud1Z10sono acquisiti ora alla coscienza o,nerale e devono trasfvrmarsi in tanti fattori di una libera 0 agitazionc. Ridotti a_lla !oro vera proporzione i torbidi avvenuti sfrondate le glorie d uoa repressione per quanto dolorosa e doverosa altn:ttaoto s_proporzionata ed ec~e~siva, e colmata di trasmodati guiderdo~1, appa~ _a poco a poco, quel!o che io ogni periodo di conlus10ne poht1ca d,fficilmente a prima vista si s,Nge ». « La flagrante violazione dello Statuto commessa mediante la proclamazirne degli Stati d'assedio fu troppo lucidamente illustrata da sereni argomenti giuridici su ques10 gio111ale dal nostro ~ollaboratore K~ciopp_i ed in tami articol_i ed arringhe notevol,, perchè la ratifica dt una sempre compiacente magistratura possa scuote,e la gagliarda logica delle dimostrazioni. Ma se, in via generale, l'atto fu contrario alla Costituzione nel riguardo speciale, considerando i particolari movimenti ; le conseguenze verilicate,i, sono emersi tanti elementi di giudizio, che. a poco a poco si rrovano e si troveranno sempre più in tagltente contraddizione della coscienza pubblica gtnerale. La gen_es1dello stato d'assedio a Napoli messo « per precauzione » (poichè sono ammesse anche I.: violazioni profilattiche dello Statuto) fu una paurosa preoccupazione, se non il proposito determinato di ltberarsi dell'incomoda opposizione di un giornale troppo focoso. Eppure enormi danni ne vennero alla città ~ s_olop~rchè si era creduto di adottare tale « precauzione»: 1 cmad1m fur?no sottratti ai giudici naturali, che il diritto statutario garanusce, ed i tribunali militari distribuirono anni ed anni di condanne, là dove i giudici togati e popolari non avrebbero trovata che scarsa o punto ragione di condannare. Cosi a Milano si vanno a poco a poco scoprendo J.: cause remote e_gli _effett! soll:citi ddla cosi prolungata sospensione di ogni hberta e d1 ogm sindacato della pubblica opinione, in modo che provye~imeoti, _Prima ostacolati, come l'allargamtnto dt!l.t cmta daz1ana e le riforme allo Statuto della Socirtà Umariitarici po:erono compier,i i~ silenzio, mentre il partito che regge il comune, sebbene cosmuisca una minoranza riuscì a mantenersi al pnter7 e _fa ogni sforzo disperato per t~nervisi ancora. (1) " In via d1 fatto sta questo, che, a p.,rte i colpevoli materiali dei tum~lt1, sc'?nt:essata dalla stessa autorità invesligatrice l'esistenza d1 qualsias1 compiono o congiura, molte persone, che, hanno 11 tor'.o_d, pensare e di scrivere o di parlare nello stesso modo, per rag10oe del quale, per un voluto nesso casuale coi tumulti, alcuni individui s:ontano 1n; !ti anni di reclusione sono a piède libero ed indisturbate, oppure non subiscono eh~ le consuete persecuzioni della polizia. « Da ciò deriva una contraddizione profonda che scuote il sens? di giustizia, e non può, alla lunga, non 'penetrare nella coscienza generale: e se non si vuole afferrarsi ad ano dei corni del dilemma, provocando la ricostituzione di tanti altri trib~nali militari che distribuiscano pare"hi altri secoli di reclus1011e, occorre, per forza di logica, afferrarsi all'altro e domand~re che il. diritto di grazi_a ~~mpia un'azione ampia e riparatrice, e sam 11 profonJo d1ss1d10 tra la coscienza giuridica offesa e la cosa giudicata. Poi,hè qoi_ l' argorreoto d~lla « cosa giudicata », che ha fatto cosi camva prova ed è divenuto c,n : mese di arbitrio n~ilitare. in Francia, ha in un argomento che interessa tutta la vtta naz1011ale, un valore assai scar,o . . . . . . . ». « È in questo senso, non caritativo, non di classe non timidamente, che un'agitazione legale deve manifestlrsi e se no~ si maoif~sterà_ rnsi, essa p_rende~à la forma gobba ~J irrag1onevole, 111 cui d1 solno s1 esphca da noi. . Se ne vede già. un ese~pio nelle. candidature protesta: ma iI gnverno, al soltto, vorra fingere d1 non vedere, sopprimendo 1 voti-protesta, come se il sopprimerli cancellasse dalle coscienze. il motiv? che !i ispirJ1, e ne , opprimesse la ripetizione! cc Chmdere glt o~ch1 per non vedere, tapparsi le oreccchie per non ascoltare, nascondersi per non esstr visti: oh la miseria politica ; politica di struzzi! « Assolutamente no: è dovere di popolo e di governo far si che l'agitazione s'esplichi all'aria libera per vie legalmente corrette e non per quelle tortuose e compresse così gravide di pericoli politici. ' « Riuscirà essa cosi? Ciò d;pende dallo stato di coscienza del paese e dal senno politico dei go,·ernaoti. E se riuscirà cosi, sarà un trionfo del principio di libertà, e se nC', occorre dirlo, per quanto duro, n, n ctrchiamo succedanei caritativi: se q~alcunu dei cond:~anati soccomberà, noi liberali potremo, con tntc11~0 d1wrso, ripeter_e un'espressione ana'oga a quella, che non ricordo se un tesumooe o un qmsturioo riferì d'aver (1) t assai doloroso trovarsi davanti al miserabile disfacimento del grande e nobile partitO liberale milanese la cui bandiera fu risolle,·ata e la risurrezione appaltata dal 'gruppo iodust~iale, a cui l'Italia deve la scalata doganale del 1887. Una c1rcolare recente dtl Sindaco di Milano inoiunse ai maestri d'astenersi da qualsiasi manifestazione pol~ica s' intende anche fuori scuola, nel che sta l'arbitrio. ' Si vede che dopo tanta sos11ensione, si dimentica che esiste uoo Statuto: deve no ben fremere nella tomba le ossa di Gabrio C,s1ti e di Cesare Correnti!

186 'R..ITTISTA POPOLARE 'DI POLITICA LETTE RE E SCIENZE SOCIALI udito dal socialista Turati: cc il caduto segnerà una pietra miliare nella conquista della libertà ». « Si guardino una buona volta le cose in faccia, e si chiamino col loro nome ; ogni giorno che passa è un passo indietro che si fa. La libertà di agitazione teme di esplicarsi; ma la stessa libertà di pensiero, quella che pareva impossibile dovesse soffrire più attentati, minaccia di tssere nuovamente avvolta dalle stesse pastoie, da cui più mediate libertà politiche e gran parte della libertà economica sono state nuovamente via~olate ,>. (Cronaca del Giornale degli Eco110111isti, Novembre). ILSOCIALISMO diNapoleConoleajanni (GIUDIZI) Riforma Sociale di Ottobre. - Dott. NapoleonCeolajanni: Il Socialismo. Palermo• Milano, Remo Sandron, 1898, pag. xvi, 328. - E la seconda_ edizio~e di un libro c~e ebbe molta fortuna e che meritava d1 averne una più grande. E più che una seconda edizione, più ..:he un rifacimento, si può conside1·are colne un'opera nuova, tanto il professore Colajanni l'ha migliorala ed ampliata. Dopo quattordici anni (la p1·imaedizione usci nel 1884), di studi, di ricercho, di esperienze, di larnro non mai interrotto, il prof. Colajanni ha potuto in molte questioni portare una più gl'ande ampiezza di vedute, una maggiore completezza di giudizi. L'opera del Colajanni fu già la prima pubblicata sul Socialismo: è rimasta dopo quattordici anni (sopra tutto nella forma attuale), la migliore. E su quest'opera, che n'_è soLl~ lutti gli aspetti meritevole, torneremo a lungo 111 seguilo. c~n~anne italiaence~naanne i~a csiivili ("J:'urati e Anseele) Gl' italiani avranno letto con viva commozione le due lettere che Oddino Morgari ha consacrato a Pallanza ed al suo prigioniero. Dalla dolorosa semplicità con cui i tristi particolari sono esposti, traspare tutta la tenerezza desolata pel valoroso compagno di fede, tutto l'amore trepidante per l'amico diletto, tutta la ineffabile pietà per la nobile anima, avida di luce e di bene, che geme impotente e solitaria nel tetro isolamento del carcere. Tanta sincerità di sentimento profondo, conquista e trascina irresistibilmente chiunque legga il racconto della spaventevole tortura di quello spirito eletto, e fa intendere tutta la tragica solennità del tormento che dilania il cuore della madre desolata che immemore di sè gha instancabile attorno alle mura del reclusorio impenetrabile, come allettata dalla speranza che si voglia accettare l'olocausto che ella offrirebbe di sè, per liberare il figlio adorato! .... Leggendo queste lettere del Morgari, che sono certo tra le più belle che egli abbia scritto, un ricordo mi balenò nella mente ed un parallelo mi s'impose. Ricordai che il delitto più grave pel quale a Filippo Turati si assegnarono dodici anni di reclusione fu quello di aver parlato ai tumultuanti di Milano il giorno 6 Maggio per indurli alla calma, e per essergli sfuggita una frase che venne interpetrata farisaicamente e nella quale si volle trovare la promessa, l'impegno per una insurrezione futura ... molto futura. A nulla valse la testimonianza di un autorevole avversario leale, il Comm. Pirelli, che affermò recisamente essersi ottenuto con quel discorso lo scopo desiderato - la calma. li misera bile che funziona da capo della sbirraglia in Milano non potè, neppur lui, - è tutto dire! - negare che l'effetto del discorso Turati fosse stato quale avrebbero potuto desiderarlo i migliori amici dell'ordine; tutto fu inutile e il polemista arguto e brillante, lo scrittore geniale del partito socialista italiano fu condannato! Non è il momento di divagare in considerazioni psicologico-morali e giuridiche ; ma s'impone un raffronto storico. Nel 1886, nel Belgio, scoppiò improvvisa una rivolta gravissima, che non aveva per sè - almeno tra gli operai delle vetriere - la giustifi.:azione o l'attenuante della fame come determinante. I rivoltosi gridarono dapertutto Viva la repubblicaI innalzarono bandiere rosse, cantarono la Marsigliese e il ça ira; e quel eh' è peggio, devastarono, saccheggiarono, incendiarono con una furia selvaggia; tanto che la loro condotta venne severamente giudicata dagli storici eminenti del movimento socialista belga: dai deputati socialisti Vandervelde e Destrée. I capi più intelligenti del partito socialista disapprovarono i tumulti, e fecero tutti gli sforzi per impedirli o circoscriverli. Anseele, eh' era tra i più autorevoli, parlò agli operai nel Vooruit per consigliare calorosamente il ritorno alla calma e chiuse il suo discorso presso a poco con queste parole: operai, pensale che se voi vi abbandonaleai tumulti somministrereteil pretesto ad un massacro; se questo avverra vi sara festa nel palano dell' arcivescovo di Malines e nel palarzo di Leopoldo JJ Assassino 1° !.... Il Re del Belgio innanzi a parecchie migliaia di cittadini era stato chiamato assassino ... Un processo venne istruito, ed Anseele venne portato innanzi ai suoi giudici legittimi - innanzi al giuri. Egli non negò la frase incriminata ; ma aggiunse ch'eragli sfuggita nel calore della improvvisazione, e che del resto soltanto le parole forti ed ardrnti in quel momento potevano far presa sugli animi eccitatissimi. Anseele fu assolto per l'altra accusa che corrisponde al nostro eccitamento alla guerra civile ed ali' odio tra le varie classi sociali; ma venne condannato per l'offesa contro il Re del Belgio ch'era stato chiamato assassino. Chi non vede l'enorme differenza tra le parole pronunziate da Turati e da Anseele? Chi non riconosce la maggiore gravità di quelle dell'agitatore belga che costituivano un vero reato ; mentre solo la loiolesca interpetrazione poteva farlo scorgere nella frase del prigioniero di Pallanza? Eppure a Turati i giudici militari dettero dodici anni di reclusione; ad Anseele i cittadini giurati assegnarono .... SEI ~!ESI di prigione. Un ultimo riconto, eh' è anche cavalleresco. La condanna mitissima di Anseele suscitò una viva indignazione nel Belgio, indignazione che venne liberamente manifestata nei comizi e con tutte le forme possibili e immaginabili. In Ottobre, morto un deputato di Bruxelles, i socialisti presentarono la candidatura di Anseele. Posta ufficialmente, il governo si affrettò a mettere in libertà provvisoria il prigioniero, affinchè potesse dirigere la lotta e parteciparvi. Tutto questo in Italia sembrerà romanzo o leggenda fantastica ; ed è storia veridica. In Italia un governo che ha violato tutte le leggi e tutti gli articoli dello Statuto, invoca la legge per giustificare l'uguaglianza di trattamento verso Turati e De Andreis, Romussi e Chiesi da un lato ; verso ladri, assassini, falsari e stupratori dall'altro .... Si sa che molta infamia venne al governo russo dalla fine terribile che il carcere e la Siberia procurarono a Tchernichewsky. Si sa del pari che Filippo Turati è nevroastenico in un grado insuperabile. E se dal reclusorio di Pallanza anzichè lo scrittore elegante, l'oratore brillante, il pensatore acutissimo uscisse un demente? Sarebbe maggiore la responsabilità del governo italiano di quella in cui incorrerebbe se ne venisse fuori un pallido e deforme cadavere ! Lo ZoTJco. Per abbonarsi, alla Rivista, inviareVagliao Cartolina-vagliaal Dr. Napoleone ColaJanni - Napoli.

RIVISTA POPOLARE DI POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIALI LanuovpaolitiBcastedraB[SlitatUi niti e il proletariato Mentre il capitalismo americano sta raccogliendo i frutti delle vittorie di Cuba, la classe lavoratrice degli Stati Uniti esamina le condizioni che stanno per esserle create dal minacciato imperialismo. · Se può destarle un mediocre interesse la domanda presentata al Presidente dalla potentissima Illinois Manifaclures Association, che ha un bilancio di più di cinque miliardi di franchi all'anno, di ottenere cioè la libera entrata delle merci americane a Portorico, Cuba ed alle Filippine, perchè con tariffe o senza, questi paesi si provvederanno quasi completamente presso l'Unione; - non le torna indifferente l'inventario delle fonti di produzione cubane, delle quali gli spagnuoli in tanti secoli non si sono accorti, ma il cui sfruttamento potrà assorbire ora un 1van numero di salariati dell'armata di riserva. L impianto delle nuove industrie si farà sopratutto per gli olii minerali, l'asfalto, il rame, il ferro, il manganese, l'oro. Ottimi depositi di olii minerali si sono trovati a Sant Juan nella provincia di Santa Clara. a Languervillas in quella di Matanzas e nella baia di Cardenas in quella d'Avana. Gli asfalti in vene di 6 e 7 metri sino a 30 metri di altezza sono stati trovati nelle provincie dell'Avana e di Pinar del Rio. Pure in quelle di Pinar del Rio, Santiago e Matanzas sono buoni giacimenti di rame conoscimi del resto sino dal r 5 50; ma gli inglesi che nt 1 1833 misero a coltura la miniera di Cobres, dovettero alla fine abbandonarla a cagione delle enormi fiscalità e difficoltà burocratiche. Il fèrro di cui si fa già un'esportazione agli Stati Uniti di 350,000 tonnellate, è sopratultJ nella provincia di Cuba. lnfine, in quelle di Santiago e Srnta Clara sono i depositi auriferi. Non è tuttavia a calcolare il piccolo contingente di americani che sarà as;orbito dall'organizzazione militare dell'isola, dove si vuole stabilire una milizia di 75,000 uomini, volontari cubani e spagnuoli, addetti ai servizi vari di pubblica s cureZ?a e comrndati da ufficiali americani. La pr0ssima trasformazione industriale delle colonie americane, i gravissimi problemi di interesse mondiale che a'la nuova orientazione politica degli Stati Uniti si collegano, l'annessione di Hawai, e soprattutto la questione ancora sospesa delle Filippine, sono stati oggetto dell'esame autorevole di Samuel Gompers, il ben noto presidente del Comitato Esecutivo della grande Federazione Amtricana del lavoro, in una comunicazione fatta alla convenzione nazionale di Saratoga R. Y. Credo di far cosa grata ai ltttori della Rivista comunicando i sunti più importanti di essa, specialmente riguardo alla disputata annessione delle Filippine. Tralascio le riflessioni intorno alle origini della guerra colla Spagna e gli omaggi, misurati del r, sto, agli Schafter, agli Hobson, ai Sampton, agli Scheley, ai Devey; che sono un riflesso della legittima compiacenza patriottica per l'ottima rrova data in questo frangente dalla razza e dalla libera dviltà americana. Noi che abbiamo adoperate le più sbalorditive iperboli di ammirazione per ogni batosta che pigliavamo in Africa, non troveremo certo eccessive queste compiacenze americane. Ora che la guerra e finita, diceva il Gompers, dobbiamo con calma considerare i nostri doveri e le nostre responsabilità. Ci si domanda di dire il nostro parere sulla politica estera dtterminata dalla guerra con la Spa• gna. Dichiaro subito che quella qualunque politica, la quale è atta nelle sue tendenze a sovvertire la libertà, potrà ben es~ere la politica estera degli Stati Uniti ma essa è certamente una politica straniera agli Stati Uniti. Per quanto nelle vicissitudini della guerra le nazioni non possano sempre scegliere come e dove il nemico deve essere attaccato, pure pochi comprendevano, in principio, perchè sarebbe stato necessari<:' per la nostra forza navale di attaccare una flotta spagnuola a Maoilla e di minacciare le isole Filippine. Pochi prevedevano che mentre pareva non si volesse saperne della annessione di Hawai, essa sarebbe stata facilmente accettata da una risoluz;one del Congresso. In tal guisa annesse le isole Hawai, ed il fato delle Filippine pesando sulla bilancia delle negoiiazioni, sorse la questione della politica degli Stati Uniti verso di esse. Ora per le ~awai la questione é limitata al loro ordinamento interno, e quanto alle loro relazioni col popolo degli Stati Uniti esse sono ancora oggetto di più maturi studi.... Se io sono stato invitato come rappresentante dei salariati ad illuminare la discussione, è certo che si annette una grande importanza all'opinione delle organizzazioni operaie del paese su questa questione che assorbe ora tutte le altre. Mi si potrà domandare se rappresento con sufficiente autorità la classe lavoratrice della nazione; ma quando si riconosce che è soltanto la classe lavoratrice organizzata che prende conoscenza delle questioni che interessano i salariati, ne consegue che l'opinione della massa organizzata pcò dirsi sinceramente anche quella non espressa dell'intero popolo lavoratore. Se i salaria ti organizzati non rappresentano le convinzioni e le vedute dei salariati del paese chi, di grazia, potrà parlare per essi con autorità maggiore? Il nostro popolo lavoratore, fermamente coraggioso io guerra, off.:rente il suo petto al nemico ed all'altare ddla patria la vita per la causa della liberi à ; questo popolo le cui case sono state crudelmente colpite dalla morte e dalle sofferenze di molti suoi fratelli; - è tuttavia pronto a sostenere volooterosamete i carichi di una tassazione per mantenere la gloria delle armi come i frutti della pace. Ai lavoratori la gloria di ogni nuova stella sulla bandiera della nostra nazione empie il cuore di ammirazione; ma noi dobbiamo guardare, attraverso le nuove stelle o possessioni che vengono ad aggiungersi a quelle che ora la illuminano, ciò che potrebbe oscurare il magnifico effetto della nostra costellazione. Noi abbiamo annesse le isole Hawai e nominata una Commissione per determinare la loro forma di governo. Come è noto, su 100,000 abitanti di Hawai, 50,000 sono praticamente de~li schiavi, cioè per I' 80 010 chinesi e giapponesi e pel rimanente 20 010 portoghesi delle isole Azor. Il termbe orJioario del contralto di lavoro per questa gente é di 7 anni, durante il quale e proibito cangiare mestiere ed abbandonare il lavoro: tutto ciò per disposizione di quella legge che il Congresso ha dichiarato debba valere sino a che non sia adottata la nuova forma di governo. Inoltre, tutto il tempo che un lavoratore è condannato alla prigione per diserzione è aggiunto al termine normale di lavoro, lavoro che è compito da CO· miti ve di 12 a 16 uomini, sorvegliati da un agente a cavallo armato di lunga frusta pt:r spronare la loro diligenza. La più gran parte di questi lavoratori sono add1:tti ali' industria degli zuccheri, ed ancora oggi i loro padroni insistono nell'affermare che questa industria non può essere condotta con successo senza questo contratto di schiavitù. . • * E quì Gompers non aveva che ad aprire il codice di Hawai ali' art. 1419 dove è infatti dt:tto: « Se una persona legalmente obbligata in servizio si assenta senza il permesso del padrone. può essere arrestata da qualsiasi funzionario della Repubblica. Tanto sulla richiesta del padrone che d' altri tcssa viene condotta innanzi alla Giustizia (a gran conforto degli illustri guerrieri di grandi manovre d'Italia, essa si chiama Giustizia ~oche alle Hawai), la quale determinerà la misura dell'indennizzo al padrone e la condannerà a servire ancora

188 RIVISTA POPOLARE DI POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIALI per tutto il tempo al quale era obbligata sin dall' origine ». Segue naturalmente, anche alle Hawai, il capitolo 1420 che dispone che ~ se quella tal persona si rifiuta di lavorare, il padrone può richieder.: subito l'intervento della polizia, la quale è autorizzata a condurre il ricalcitrantt: alla più prossima prigione e di tenervelo a duro lavoro sino a che egli consenta ad ubbidire alla legge. » Se il disgraziato scappa. paga cinque dollari, e per ogni successiva scappata altri 10 dollari. Se non li ha, se li guadagna in prigione sempre a duro lavoro e, uscito, deve sempre ricominciar da capo la sua ferma di sette anni. È da notarsi il fatto che proprio nel momento in cui giungeva ad Hawai la notizia che il Congresso aveva approvata la annessione, il presidente Dole si trova va in conferenza con i padroni piantatori delle Isole, e ad essi aveva nuovamente accordato da 3 a 6 mila certificati per l'importazione ali' Hawai di altrettanti libe,·i lavoratori giapponesi. . .. Le Filippine, alla loro volta, - continuava Gompers hanno una popolazione da 7 ad 8 milioni di abitanti primitivi nei loro costumi, simili al popolo degli Stati Coiti per pensiero, sentimento, educazione, morale, speranze, aspirazioni, come la notte è simile al giorno. Quale vantaggio,. può portare al nostro paese la possessione di tali isole? E vero che Aristotile credeva ad una Repubblica fondata sulla schiavitù, ma come miserevole ne fu il risultato! È chiaro che una tale situazione è contradditoria in modo assoluto alle aspirazioni della civilt:I. Come Napoleone disse che l'Europa deve diventare un giornp o l'altro tutta cosacca o tutta repubblicana, come Lincoln pensava che negli Stati Uniti o tutti devono essere schiavi o tutti liberi lavoratori, così nessun governo può da noi esser veramente libero e mirare con successo a progressi industriali, commerciali e politici, se in qualsiasi forma mantiene la schiavitù nei suoi domini. Nessun dubbio si ha che la presenza di una razza servile nel campo del lavoro opera potentemenie contro gli sforzi uniti dei salariati per i progressi della legislazione sociale. Tutti sanno che nei nostri Stati del Sud il rispetto al lavoro è ottenuto con difficolt:1, perchè il lavoro è ora la condizione di quelli che recentemente erano schiavi. La minaccia contro il nostro tenor di vita e contro le libere istituzioni ha persino spinto i lavoratori organizzati a presentare al Congresso la domanda di proibire la immigrazione dei chinesi. E vero purtroppo che i lavoratori liberi hanno oggi anche la concorrenza dei criminali, ma il principio fondamentale rimane sempre il dovere che noi abbiamo di innalzare la dignità e il valore della classe lavoratrice. Se questo è vero, è di grande importanza salvare il lavoro americano dalla triste influenza e dall'aperta concorrenza dei milioni di semibarbari lavoratori filippini. Ma si può obbiettare: non è possibile spingere il popolo di quelle isole alle condizioni di vita dei nostri salariati? Chi non ricorda, pur troppo, le grandi difficoltà incontrate per limitare l' orario di lavoro delle donne e dei fanciulli nei nostri stati del Sud, solo ptrchè un tempo quivi tutti furono schiavi? E come fu anche pesante il lavoro di interessare tutto il popolo alle tristi condizioni dei suoi fratelli del Sud, se si eccettuano coloro che hanno dedicato l'anima loro alla redenzione dei proletari! Come sarà dunque possibile di commuovere il pubblico sentimento in modo efficace contro le condizioni di lavoro prevalenti in un paese posto ad un angolo opposto del mondo, per un popolo di diversa razza e assai in basso nella scala della civiltà 1 Il compito è assai difficile, se non impossibile. * * È vero che il 30° articolo della Costituzione degli Stati Uniti dichiara che: « Nessuna schiavitù nè involontaria servitù, eccetto come pena per un delitto, può esi- ~t~re entro il territorio degli Stati l}niti o in qualunque parte soggetta alla loro giurisdizione ». Sino recentemente, noi avremmo potuto dire di essere completamente al sicuro con questa garanzia costituzionale. Ma la Suprema Corte degli Stati Uniti, in una decisione del 25 gennaio 1897 manifestò la opinione che un contratto di lavoro non è necessariamente contrario nè alla Costituzione, nè alle leggi. Per il , che l' oratore credeva bene di richiamare l'attenzione del popolo su tale sentenza, additando il pericolo che minaccia i lavoratori nei confini stessi della loro patria. Annesse le Filippine, - riprendeva Gompers - rimanendo invariate le condizioni del lavoro alle Hawai, potremmo anche aspettarsi di veder interpretate le leggi degli Stati Uniti per noi nella stessa maniera che pei lavoratori di Hawai e delle Filippine. Con la decisione ricordata, praticamente, si giustifica la involon· taria servitù per quanto limitata nel tempo Ora è bene ricordare che nessun paese può diventare veramente grande, e nessuna repubblica può essere a lungo mantenuta, se le basi del lavoro non sono solide o poggiano su una involuzione dell'umanità Le nazioni le quali dominano i mercati del mondo devono bene poggiare i loro destini. Fare degli Stati Uniti una grande officina mondiale è il nostro manifesto destino ed il nostro dovere; ma se baseremo la nostra lotta commerciale e nazionale contro le altre nazioni sul sempre più alto grado dell'intelligenza e del tenor di vita dei nostri lavoratori, nessun ostacolo può impedirci di raggiungere la più alta meta di gloria nazionale e di progresso umano. Per raggiungere questo scopo, il possesso deile Filippine, colla loro semiselvaggia popolazione, è necessario? Certamente no. Le loro porte, nè quelle di nessun'altra contrada del mondo possono del resto esser chiuse alla nostra crescente supremazia industriale. Anche il più sbadato difensore della annessione delle Filippine, o di qualche popolosa isola del gruppo, deve ammettere che 11 programma presuppone il governo e la dominazione dei pochi sopra i molti, ad un grado sin qui sconosciuto sotto la bandiera americana. Noi abbiamo dominato selvaggi contro il loro volere nello spingerci verso le tribù indiane, ma mai dove non fosse ragionevolmente certo che il loro posto veniva subito preso da una ben provveduta popolazione bianca, per uno spazio spesse volte più vasto del deseito occupato solo da nomadi cacciatori e guerrieri. Alle Filippine, coi suoi 7 od 8 milioni su una superfice meno della metà di quella dello Stato del Texas, non può avvenire nulla di comparabile ad una tale sostituzione. Anche il numero insignificante di spagnuoli che vi sono, prova la nessuna possibilità di intraprese e di avventure americane. Le Indie Inglesi, tutto sommato, hanno un clima meno sfavorevole alla nostra razza, che quello delle Filippine. L'India aveva 287,000,000 di abitanti, e sole, 100,000 erano inglesi e solo 110,000 europei, dopo r 50 anni di governo britannico. Nelle Indie Neerlandesi, dove le condizioni sono molto più simili a quelle delle Filippine, dopo 300 anni di operazioni commerciali, la popolazione di origine europea è meno di 70,000 sopra un totale di 34,000,000. Così 10,000 americani governerebbero circa 7 milioni di nativi li clima delle Filippine proibisce il lavoro manuale agli americani, quindi il trapiantarsi delle famiglie. Perciò i salariati di razza vi sarebbero sempre governati da una piccola minoranza di un'altra classe. Il lavoro andrà indissolubilmente unito colla perdita di diritti, e colla disperante inferiorità sociale si scaverà un grande abisso fra i forti che hanno tutti i poteri e la moltitudine di lavoratori, la quale dovrà sottomettersi perchè la forza degli Stati Uniti, il suo esercito e la sua marina, saranno in mano a coloro che comandano. Per la prima volta nella nostra storia noi avremo una minoranza del più permanente e impudente tipo al governo, sotto la bandiera americana e giovantesi delle forze della Repubblica. Quanto tempo passerà, sotto tali condizioni, prima che la classe dominante di casa nostra, si metta a usare

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==