Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno IV - n. 9 - 15 novembre 1898

'l{_IVISTA 'POPOLARE DI 'POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIALI guono, se il genio le sa precedere » - « L' Italien calcule sur son sentiment, autant que l'Anglais calcule sur son intèrét » (Ivi, Il, 109). « Pio IX fu fatto dagli altri e si disfece da sè » (V, 374). « La misura del tempo è la scienza deIle rivoluzioni » ( Scr. li, 64 ). « Niente di più stolto del ricco che trova troppo buona la minestra del contadino ! » (III, 343). In altre sentenze all'efficacia proveniente dalla brevità, si agg:uoge quella della forma antitettica ( « la tesi genera l'antitesi i, nota il Cattaneo stesso, Scr. li, r22). « Il po'.ere debb'essere limitato; e non può essere limitato se non dal potere ». « Chi vuol fare l'Italia, comincia a disfarla ». - « Avremo un immenso disastro commerciale in tutto il mondo, colpa la schiavitù dei Negri e la servitù dei Bianchi » (Scr. II, 256, 243, 33&). « Non è savio esagerare le sventure, per invocare infine rimedi che siano più funesti dei mali » (V, 254). Fu una di tali sentenze, non già scritta, ma pronunciata in un giorno memorabile, che salvò la vita al Bolza, il più disperato fra i ~atelliti del direttore di polizia a Milano. Ai cittadini che glielo condussero davanti, chiedendo che cosa dovessero farne, rispose il Cattaneo : « Se lo ammazzate, fate una cosa giusta; se non lo ammazzate, fate una cosa santa >> ( 1). Nè rari sono nelle scritture di lui i paradossi formali o paradossismi, cioè sentenze vere, ma espresse in tale linguaggio che sembra conti•addire alla ragione o al fatto. E una maniera di scrivere che riflette una tendenza nella n.aniera di pensare, di cui gli ingegni più acuti d'ogni età singolarmente si compiacquero. La verità acquista maggior risalto dall'assurdità apparente, e non fu mal definito il paradosso appunto « l'abito di corte della verità ». Paradossale in questo senso è lo scrit10 su'le Interdizioni imposte dalle leggi civili agli Israeliti, in cui l'autore sostiene e dimostra che più nu• meros! e più vessatorie gra\"avano tali interdizioni sugli Israeliti, e più e,si avevan modo di aumentare le loro ricchezze (IV, 148). E un paradosrn racchiude questa interrogazione che s'incontra nello scritto Dell'economia nazionale, ecc. (V, 1 73): « Percbè non potrebbero le nostre industrie invocare in sussidio lo stesso capitale britannico, di cui vanamente paventiamo l'ostilità? » In un altro scritto d'economia constata lo strano fatto, che alcune delle più opulente nazioni hanno le più numerose liste di proletari, ma aggiunge che « non dobbiamo atterrirci del pauperismo ... percbè anche ove è aumento di povertà apparente, non ne consegue certezza che si aumenti la povertà » ( 2). Parlando dei doni di natura prodigati agli Orientali, osserva: « Il loro superfluo è il nostro bisogno » (V, 23 s). u Fra noi manca la pubblicità alla pubblicità ; voglio dire che molti libri giacciono ignoti per indolenza di librai e giornalisti, e vengono dati alle stampe, senza che pos• sano dirsi dati alfa luce » (V, 304). « Il più grave ostacolo alla popolarità delle scienze deriva da ciò appunto che più contribuisce al loro continuo progresso, vale a dire, dalla loro tendenza a suddividersi sempre più in nuovi rami » (V, 34 r ). Alla luce di esse scienze, « ogni disordine si riduce all'ordine » (VII, 95), appunto come « anche in poesia ... per la via dell'oriente si perviene all'occidente, e per la via dell'occidente si perviene, pur troppo, all'oriente » (11, 253). E cosi « gli uomini, cercando una cosa, ne rinvengono un'altra » (V, 368). All'uso d'uni tal forma specialmente si prestano le scienze filosofiche Si vedano queste proposizioni: « Si mente per cieco zelo di verità. » « Talvolta la difesa di un errore serve d'occasione alla scoperta o al trionfo di una verità ». - u Talvolta una medesima analogia con• dusse prima all'errore, poi alla verità» (VII, 498,211, 197), Quella stessa volontà che tende all'acquisto dei beni, può divenire un impedimento alla tranquilla ed ordinata loro produzione. « Le eccezioni sono gli ultimi confini delle regole e il loro complemento » (Vll, 99). (1) J11mrrez.io11e, ecc. p. 30. (2) 'Della bmeficent,apubblica, V, 316, 323. Come la storia dell'individuo, e così quella della società è feconda di paradossi, e questo non sfuggì al Cattaneo, che anche in questa disciplina fece considerazioni acute, e talvolta nuove. Dopo aver accennato a' tanti fiumi che rimangouo innavigati sulla terra, alle selve tuttora vergini, alle terre incolte, esclama: « Dopo quaranta secoh di storia, l'umana famiglia è ancora ne' suoi principii » (Ili, 262). Nelle pagine Su la scienza nuova di Vico (VI, 77-78) nota: « quante volte i furori della superstizione, gli eccessi della forza, le depravazioni del mal governo .... concorsero a fondare un ordine di cose affatto opposto a quello che si era voluto! Quante volte le violenze del fanatirn10 prepararono inaspettate le transazioni della tolleranza, gli oppressori crearono la forza morale che produsse l'emancipazione, le repubbliche municipali fondarono la potenza e lo splendore delle monarchie. e il concentramento del potere dispose il campo alla libertà popolare! » A proposito dello stesso Vico, non compreso ed osteggiato anche dalle menti più aperte del suo tempo, scrive: « Infdice condizione d'uomo, che anelando al progresso della scienza, deve combattere gli amici del progresso » (VI. 86) « Ah, la servitù costa ben più cara della libertà I », esclami altrove parlando della patria sua così lungamente infelice ( Scr. II. 7 2 ); e ancora : « L'Italia non è serva degli stranieri, ma de' suoi ». - « Solamente nell'abisso de' suoi mali può concepire il popolo quella persuasione de' suoi diritti che ancora non ba » (Insurr., pp. 22t!, 224). « Noi siamo la sola nazione del mondo alla quale ogni pace è guerra» (Il, 370). Niuno certamente più del sottoscritto è convinto dell'insufficienza e imperfezione di queste note, in cui cercò d'illustrare l'opera di Giuseppe Mazzini e di Carlo Cattaneo da un punto di vista secondario bensl, ma non privi) d'importanza e finora quasi del tutto trascurato. Pure questa novità appunto lo affida che non sia per riuscire sgradita la ma tenue fatica : della quale si terrebbe troppo largamente compensato, se potesse sperare d'avere per essa adJitato u-n novello modo di studiare e di ammirare queste due nobilissime figure del nostro risorgimento. D.r PAOLO BELLEZZA. RIVISTADELLERIVISTE ·--~::::i::::~•·· G. Ferrero: « Il Militari,mo » e la sommossadi Milano. Il libro sul 9,(ilitarismo ebbe accoglienza lieta e venne subito smentito o confermato dagli avvenimenti contemporanei. Non pretendo di aver dato una teoria generale della guerra, che ancora non è possibile ; ml si affrettano troppo certi critici a combatterne le conclusioni per la parte storica, che riconosco essere la più incompleta. Cosi il capitano Ranzi afferma che Roma deve la sua grandezza alla guerra; invece le guerre e le vittorie contenevano i germi della sua decadenza, e la vera grandezza non le venne che dall'opera di civiltà esplicatasi durante la guerra. Sono più erronee le critiche dalla parte contemporanea del libro; e comincio da quelle che hanno atti• nenza coll'esercito italiano. li capitano !lanzi e il signor Sala attribuiscono all'esercito italiano tutte le virtù pos;ibili e im. maginabili - sopratutto quella di avere salvato dai nuovi V Jn• dali la famiglia, la proprie·à, lo Stato, l'Italia, l'Europa, la terra... e il sistema planetario. La verità è un pò diversa. Gli 110ìcialitaliani dei gradi inferiori sono in generale dei buoni ragazzi, coraggiosi t: capaci di magnifici slanci. Mancano di cultura e di maturità; e quando ce n'è qualcuno colto viene guardato di cattivo occhio dai compagni. Bisogna vederli e giudicarli specialmente nelle piccole città di provincia, dove appariscono non ufficiali adatti a condurre i soldati al fuoco, ma collegiali che hanno acquistato un pò di libertà. Mancano di contegno e della capacità di resistere alla ferreaoppressione di una vera e severissima disciplina. Di che danno prova coi matrimoni e coi debiti. Sono buoni mariti e bucni padri; ciò che è un torto loro come soldati. Ricorrono ad ogni espe•

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