'lUVISTA POPOLARE DI POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIALI mitnione nell'entità delle risorse di personale che il paese è in grado di fornire all'armata; ma non siamo certamente in queste condizioni in Italia, dove lasciamo ancora in seconda categoria una parte considerevole del contingente ar:nuo di leva, dove abbi:tmo possibilità esuberante di arruolare volontari e mozzi, dove infine il portare il quadro degli ufficiali e dei graduati di bassa forza all'estensione che vogliamo non è che pretta materia di spesa. Non parliamo quindi di organici del naviglio; nrn andiamo in cerca degli elementi costitutivi della formol:i. che deve determinare l' entità delle nostre forze navali. Siff,ma formala, adesso e per molto tempo in :i.vvenire, non potrà essere che questa: il massimoche le nostre condizioni finanziarie ci consentono ; un massùno che potrd inalzarsi considerevolmenteal disopra di quanto la marina ha mai avuto, negli anni di maggiore abbondanza, senza esser ancor uiunto al grndo al quale, per le condizioni geografiche e" politiche déll'Jtalia, converrebbechearrivasse. ...Se, nel periodo che consideriamo, tanto i fondi a11segnati alle costruzioni navali, quanto quelli devoluti ai porti militari e alle opere di fortificazioni costiere erano troppo esigui per il programma che avevamo adottato, essi erano invece troppo forti per il modo con cui ce li procuravamo. Era quello il periodo in cui attingevamo con molta larghezza e con pochi pensieri al Pattalo delle emissioni. Dopo sforzi inauditi, avevamo a mala pena ottenuto il pareggio fra le entrate e le spese ordinarie, se pure u~. tale risultato era mai stato sinceramente raggiunto, che subito abbiamo cominciato a gonfiare senza misura i no• stri bilanci passivi con centinaia di milioni presi ad imprestito, non preoccupandoci abbastanza seriamente del modo con coi avremmo provveduto al servizio degli interessi di tutti questi debiti, non vedendo, o non curando, la gr~vità delle condizioni che così stavamo preparando per la nostra finanza. Mentre consumavamo le somme che ci procuravamo con l'alienazione di titoli, vedevamo salire il gettito delle imposte, e ce!levamo alla dolce illusione di credere che quest'aumento fosse la felice conseguenza di uno sviluppo progres;ivo, solido e duraturo dcli' econon,ia nazionale, quando invece dovevamo considerarlo, quale esso era realmente, l'effetto passeggero di cause transitorie, il frutto malsano d'una ricchezza fittizia ed effimera, alimentata, in gran parte, dal movimento stesso dei capitali che avevamo messi in circolazione coi debiti contratti. Un'illusione siffatta non poteva durare lungamente; ad essa seguì il disinganno, crudele ed inesorabile, qu:i.ndo cominciammo a riconoscere che non potevamo continuare indefinitamente a chiedere al credito i mezzi occorrenti per saldare i nostri bilanci. Allor.i, non solo ci accorgemmo che sparivano quegli aumenti delle entrate ordinarie, sulla continuità dei quali avevamo con cosi poco fondamento contato, ma Hdemmo queste entrate diminuire nel modo più persistente e sco• raggiante, mentre, d'altra parte, il carico degli impegni permanenti ai quali dovevamo far fronte era cresciuto a dismisun, rn ragione delle passività relative al servizio dei titoli emessi. Ci trovammo cosi giunti a quella sit11azionc gravissima, che ha potuto esser vinta solamente mercè l'applicazione inflessibile delle misure più radicali di riduzione di assegnamenti ai pubblici servizi, di inasprimento delle tasse esistenti e di creazione di nuove imposte. ...Sarebbe falsa ed ingenua supposizione il pensare che i vari ministri della marina che si seguirono non si siano sempre industriati di strappare al collega del tesoro i maggiori mezzi possibili, a beneficio dell'amministrazioue alla quale erano preposti. I loro bilanci hanno sempre rappresentato il massimo di assegnamenti che era sperabile conseguire nelle circostanze politiche e finanziarie in cui venivano presentati ; non, però, il massimo a cui avrebbe potuto portarci una linea di condòtta più prudente, più cu ·ante dell'avvenire, più saggia. Se noi avessimo usato del credito con maggiore moderazione, non ci troveremmo ora con più della meti delle nostre entrate impegnate pel servizio dei debiti che abbiamo contratto: questi debiti sarebbero minori, e avremmo già potuto farne conversione ad un interesse più niite. li bilancio della marina non sarebbe salito ad un tratto all'altezza alla quale fo portato nel ,1889; ma invece di diminuire, come ha fatto d'allora inpoi, avrebbe potuto andar sempre gradatamente e solidamente crescendo, e potrt bbe esser ora giunto ad una cifra tale che, senza escludere l'opportunità di nuovi accrescimenti, non desterebbe le preoccupazioni di coloro i quali giustamente si sentono inquieti per la persistente insufficienza dei mezzi destinati al mmtenimento della nostra armata. ...Tra l' imprestito di parecchie centinaia di milioni, che, secondo alcune inform:tzioni, l' on. Palumbo riterrebbe indi1pensabile, e i 7 milioni da coprirsi interamente con problematiche, e non promosse, eccedenze di entrata, - i quali costituivano l'ultima concessione dell'on. Luzzatti, - sono certamente possibili soluzioni intermedie di una questione che tanto interessa la nostra difesa marit• tima, Giova sperare che in una di tali soluzioni concordino gli egregi ministri della marina e del tesoro e che essa sia la più opportuna e la più saggia. Dal canto nostro, desideriamo ardrntemente che si forniscano alla marina, col minore ritardo, i più larghi mezzi possibili; ma con uguale calore, facciamo voti perchè i provvedimeali ai quali si ricorrerà per procurarsi questi meni vengano informati alla più oculata e severa previdenza, e siano tali da non generare, in futuro, una situazione fi11anziariafalsa e grave come quella che è stata l'unica causadi quelle deficienze nei servizi della marina a cui ora si vuol rimediare. UN TENTATIVO DI CANZONATURA Il sig. Giovanni Della Vecchia ha creduto certamente di fare atto di vero patriottismo rispondendo nella 'I(eview of 'I(eviews (Ottobre) all'articolo di Ouida in piccolissima parte riprodotto in questa nostra rivista.Noi crediamo che, pel modo e per la misura adoperati nelle risposta, egli meriterebbe, se non lo è, di essere nominato commendatore. Il Della Vecchia, da bigotto della monarchia, fa l'apologia della monarchia e del!' esercito italiano, che chiama scuola di virtù civili e militari i e noi non poss amo contraddirlo scrivendo in Italia. È nel vero nelle constatazioni del nostro progresso industriale e dell' antagonismo irreduciL>ile tra l'Italia una ed il Papato. Onestamente, però, avrebbe dovuto riconoscere che se ad una conciliazione non si è venuti e non si verrà, il merito non è della Monarchia, ma del Papato il quale comprende che perderebbe il suo carattere di universalità se venisse a patti. Nè occorre far menzione di numerosi tentativi per la conciliazione: l'ultimo crediamo che si debba ali' on. Crispi e fallì miserevolmente come i precedenti . Il contradditore di Ouida in certi punti arriva al sublime della sfacciataggine e confida sulla ignoranza degli inglesi sulle cose nostre affermando, ad esempio, che la lista civile in Italia è di 350,000 sterline. Ha ùel pari l'impudenza di asserire che l' analfabetismo dall' So 010 che era sia ridotto al 20 010. Riesce grottesco ponendo l'Italia imme-
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