Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno IV - n. 7 - 15 ottobre 1898

'I{_IVISTA POPOLARE DI POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCI.ALI « perciocchè fu a traverso le rivoluzioni moderne che « noi vedemmo quelle più lontane dell'evo medio », d'altra parte il Ferrari, nel saggio sopra citato, aveva ben fatto notare questo fenomeno singolarissimo : che l'Italia, precorrendo ed inaugurando l'età moderna, non aveva potuto però definitivamente iniziarla, perchè non aveva saputo esser logica, sicchè, come accade a tutti i precursori, fu ben presto superata da più fortunati prosecutori dell'opera sua; e quando, finalmente, dopo un lungo letargo, si scosse e risorse a vita nuova, poté ben vedere che cc i suoi uomini di allora, inutili sotto Leo- « ne X, sono attualmente i nostri veri contemporanei ». lo credo che si possa andare:: anche più in là e che non &ia forse vana speranza che dallo studio delle vicende tra le quali si venne, dal secolo X in poi, formando e svolgendo il comune, possa derivarne anche non piccolo vantaggio alla travagliosa evoluzione sociale che accenna a compiersi nell'ora presente. Ciò dico non soltanto pensando alle corporazioni medioevali d'arti e mestieri e a' demani comuc.ali formatisi in quel tempo, che sono - l'una cos:i. e l'altra - come un accenno ad un' evoluzione posteriormente sviata dal suo corso per la complessità de' suoi fattori : ma considerando, in un aspetto più veramente universale, la storia del comune, come quella che ci fa intraveder la legge che governa qualuuque nuova ascensione di classe sociale quando una nuova funzione, che per suo mezzo si compie, si manifesti necessaria ali' intero sistema sociale. Ma lasciando qui da parte questa considerazione, occupiamoci soltanto dell'analogia tra l'origine dei comuni nel medio evo e l'avvento della borghesia nell'età moderna. * * * È noto che gli storici sono stati fin quì discordi nell'assegnare l'origine del comune, alcuni derivandolo dalla gilda germanica, altri dal municipio romano, e, in entrambe le ipotesi, considerandolo come risult~to di una evoluzione favorita da cause accidentali, dall'azione incosciente di vescovi, d' imperatori, e da parecchie altre consimili circostanze. Or, finchc di un fatto così complesso e rimoto dalla luce di tempi chiaramente noti alla storia, si volle studiar soltanto l'aspetto che possiam dire statico, senza indagarne l'intimo significato sociale che solo può chiarire il valore dinamico dei fatti storici e additarcene il vero processo generatore, era ben naturale che la quistione non avanzasse d'un passo per la via d'una definitiva soluzione. I fatti storici, superficialmente guardati, invano si concatenano e;li uni agli altri secondo il rapporto di causalità: essi son veri documenti morti quando ce ne sfugga la ragione, che solo penetrando nelle più intime e latenti cond'zioni della vita sociale ci si può rivelare. Ma quella redintegrazione della storia che una scienza recente, la sociologia, è, oggi, in grado di porgerci, può farci sperare che la tanto vexala quaestio sia almeno messa in tal posizione da farcene intravedere la soluzione fondamentale che le ricerche e le scoperte storiche potran successivamente ampliare e confermare. Io non so se la così detta concezione materialistica o, come altri meglio propone (il Barzellotti, ad esempio) realistica della storia sia assolutamente nuova .. Nulla - si sa _ è addirittura nuovo nel mondo del pensiero. Ma nuova e feconda è certamente l'applicazione con~ creta di siffatta concezione allo studio genetico dei fenomeni storici, de' quali, per essa, ci si rivela, se non il fattore unico e definitivo, certo uno dei più essenziali fattori dell'evoluzione sociale. Qual' è appunto il sistema di produzione c::conomica che, col suo variare in date circostanze di tempo e di luogo, determina altresì, gradatamente, un insieme di mutamenti nella struttura e nella funzionalità dell'organismo sociale. Secondo un tal criterio la genesi de' comuni se può riannodarsi in parte a coefficienti storici già esistenti come materia da elaborare, e, in parte, anche alle più nrie e numerose cause locali che son piuttosto da considerarsi come circostanze occasionali, connettesi, però, sovratutto ed essenzialmente ad una causa più profonda: al « risveglio delle industrie e del commercio, all'ac- « cumulazione di un capitale mobile e alla formazione « del così detto leq_ostato ». Con 'e parole qui riferite due egregi sociologi, A Groppali e F. Bartoli, dànno una nuova e concreta soluzione alla questione in un recente studio pubblicato nel 1 ° fascicolo " Atti e comunicazioni » del circolo « Studi cremonesi » sorto per impulso del benemerito prof. A rcangelo Ghisleri. Lo studio del Groppali e del Bartoli sulle « Origini dd comune di Cremona » è un ottimo saggio di critica sociologica e storica che si divide naturalmente in due parti. Nella prima si sottopongono ad esame le principali opinioni formulate intorno alla genesi del comune e &i conchiude col proporre la più larga teoria poc'anzi accennata. E a dimostrare che un ravvicinamento tra le vicende che ci dettero nel medio evo il comune e gli avYeuimenti che determinarono, nell'età prtsente, il trionfo del terzo stato, non è uu'aflàmazione infondata quella che segue poi nella seconda parte, ch'è la più ampia, specialmente dedicata alle origini del comune di Crea.ona « che vanta i maggiori titoli per essere presentato come « tipo, sia per.:ht!-,se non assolutamente 11 primo, fu tra i « primi a liberarsi dalla catene del feudalesimo, sia per- " chè meno fitto e più trasparente è il velo che copre « i\ giuoco delle forze e de' fattori ond'esso emerse». E utile tentar di riassumere brevemente l.t minuta e diligente esposizione storico-sociologica. Dato ug rapido sguardo a quel che fu Cremona, già municipio fiorentissimo e importante stazione commerciale snl Po, principal fonte della sua floridezza, per cui due volte risorse dalle sue rovine, il Groppali e il Bartoli riescon con la guida di documenti appurati alle fonti e sagacemente interpetrati, a ricostruir la storia della città dal secolo IX alla fine dell' XI, in cui l'esistenza del comune cremonese ci appare irrefragabilmente attestata. Come per tutti gli altri comuni dell'Italia settentrionale, anche per quello di Cremona il perno degli avvenimenti che lo prepararono è, in una prima fase, l'incremento della potenza temporale del vescovo che, favorita dalle circostanze e da successivti concessioni imperiali, va fatalmente ascendendo, fioche, in una seconda fase, una lotta continua insistente si va impegnando fra vescovo e cittadini, lotta, che, sovrattutto nel periodo in cui si combatte tra papi e imperatori l'aspra contesa dell' invc::stiture, finisce con la vittoria della cittadinanza e con la costituzione del comune. Notevole, nella prima fase degli avvenimenti, la concessione da Berengario I fatta al vescovo di tutti i diritti imperiali e pubblici entro le mura della città e fuori per un ra!!gio di cinque miglia, con che veniva pienamente assicurata l' indipendenza di quello da ogni pretesa de' conti di Brescia e di Bergamo antichi signori del territorio cremonese. Se a tutto ciò s'aggiunga il fatto delle donazioni che fin dalle prime invasioni barbariche i privati venivan facendo de' loro beni alla chiesa per riceverli, poi, in usufrutto, assoggettandosi, in tal modo, alla signoria del vescovo, più mite di quella del conte, ben s' intende come la potenza di quello fosse, in tal tempo, giunta al suo apogeo. Or come venne, poi, scosso il nuovo giogo e iniziato il comune quando, in siffatte condizioni, pareva quasi svanita ogm traccia di libertà ? Il presidio ultimo di questa, la funzione sociale destinata a ridarle nuova vita, venuta meno la classe dei liberi possessori di beni territoriali, fu il commercio; ed i negotiatores furono i soli uomini liberi di quel tempo. In Cremona il pomo della discordia tra vescovo e cittadini fu il porto di S. Nazaro sul Pò, concesso assieme col monopolio commerciale e con vari privilegi dal già citato Berengario l al vescovo. Un primo atto di ribel-

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