RIVISTA POPOLARE DI POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIALI 127 « Io non sono, egli conchiude, un piccolo americano che ha paura della grandezza o in territorio o in popo• !azione ; ma desidero che il territorio sia americano e che esso produca degli americani e non razze stran'ere che a capo di certo tempo falserebbero la repubblica. ·Sotto ogni punto di vista noi siamo costretti a conchiudese che la politica passata della repubblica è l:t vera politica per il futuro ; per la saivezza, per la pace, per la felicità, pel progresso, per la ricchezza, per la potenza - per tutto ciò che rende felice una nazione ! n Questo nobile linguaggio del Carnegie e accettato da altri illmtri scrittori. Negli stessi sensi hanno scritto importanti articoli nel CenltiryMaia1..ine di Settembre Cari Schurz, nell'Harper's Maga1._ine J5rice, nel Century Magazine il Prof. T. Woolsey. Tutti questi articoli - specialmente i due ultimi - sono delle stringenti requisisitorie contro il dominio colonia!e, Non mancano i sostenitori, tra i quali notiamo Whitelay Reid, la cui opinione e interessante perchè egli è uno dei commissari per la pace colla Spagna. Il Reid non si nasconde alcuni inconvenienti della politica di espansione e riconoscendo la impossibilità di applicare ai nuovi domioì i principi politici dell'Unione C·Jnsiglia di adottare con leggere modificazioni la form 1 di governo territoriale, che ha fatto cosi buona prova negli Stati Uniti, e che serve per la educazione allo esercizio di nuovi diritti delle popolazioni, che non li hanno mai esercitati pel passato. E. Dicey nel Nineleentby Cenlllry di Settembre, occu pandosi del nuovo liberalismo americano insiste sulla grande rassomiglianza tra gl' inglesi e gli americani, e sul desiderio che hanno gli ultimi di mostrare di essere maturi per entrare nel movimento imperialista anglo sassone. Brooks Adams nel Forum di Agosto, infine, scrive un articolo, in cui caldeggia l'alleanza tra l'Inghilterra e gli Stati Uniti; la cui u'.lione modificherebbe profondamente l'equilibrio del mondo. L'IDEDAELLSOTATIONFRANCIA dalla Rivoluzione ai nostri tempi E. Ahrens, il quale considerava lo Stato come un centro vivente de' moti sociali, dice che esso « venne ognora concepito in diversi modi, secondo le opposte correnti dello spirito umano e le discordanti vedute intorno al fine ed ali' importanza delle forze motrici della vita ». E però lo Stato parve e pare a molti come uno specchio dove si riflette il vario movimento della vita sociale, da cui esso Stato emana, con cui è io continuo contatto e le cui varie manifestazioni invigila e sostiene. Ma con le dottrine che fomentarono la grande rivoluzione francese, e da questa in poi, è incominciata contro allo Stato una persistente lotta per guarentire e liberare la personalità umana e i diritti individuali dal gravoso dominio che esso aveva per luoghi secoli esercitato. ed t'sercita tuttora. A mostrare pertanto quale è oggi l'idea dello Stato, Henry Miche! ha fatto un lungo studio critico delle teo• riche sociali e politiche che d.! 1789 in qua sono comparse, e si sono svolte in Francia ( 1 ). Questo studio parmi per piu lati imp:>rtante, e però credo non inutile darne un breve riassunto, flcendovi qua e là qualche osservazione ad avvertire ov' io dissento dall'Autore. Il quale in fondo in fondo è un individualista, ma vuole ricondurre l'individualismo alle pure sorgenti del secolo XVili, onde scaturirono le profonde e vaste riforme politiche e sociali della rivoluzione francese. Nell'antico (1) llenry Miche!. L'Idec de l't::tat - Essai critique mr /'Histoire des théoriessocia/eset politiq11es bi France dep11isla Ri'VO• /u/io11. Paris. J-lachette et C.ie regime, sia nel campo de' fatti o de' pensieri, lo Stato si confondeva col Principe; incarnavasi nella persona del Principe; non aveva doYeri che verso se stesso; si proponeva, innanzi tutto, l'accrescimento della propria potenza ; non vi era un diritto individuale che vi stesse di fronte; e la ragione di Stato imperava suprema, senza riguardo a leggi morali o a giustizia. I propugnatori dell'individualismo tentarono allora di liberare l' individualismo dalle strettoie in cui l'aveva rinchiuso lo Stato; cercarono affrancarne la coscienza ed il lavoro, e ridare all'uomo la su1 personalità. L'individualismo del seco • lo XVIII ebbe pertanto un carattere emancipatore; ma non attese mai ad annichilire lo Stato in favore dell'individuo; volle anzi che lo Stato ponesse speciale cura a migliorare e perfezionare l'uomo tanto dal punto di vista morale che dal politico ed economico. Il Montesquieu. che, io ragion di tempo, e uno dei piu grandi promotori dell'individualismo in Francia, chiede la libertà dei cittadini, ma subordinata ad altri e superiori interessi, ed ammette che lo Stato rossa dirigere la ripartizione delle ricchezze, e porre un limite alle fortune private. Egli inoltre dice che lo Stato deve assicurarela sussistenzaa tutti i cittadini, la nutriz..ionec, ioè, un vestimmto conveniente ed un genere di vita che non sia contrarioalla salute, e per.:iò Filippo Buonarroti (l'integerrimo compagno del B:ibeuf), nella Storia dellacospirazionedell'uguaulianza, lo pone fra gli scrittori che, come Tommaso Mo!o e Gabriele de Mably, sotlomellonoalla volontà del popolo le azioni e le proprietà private. Il vero carattere dell'individualismo, che non annichilisce lo Stato, il nostro Autore lo trova, come in Kant, cosi anche in Rousseau e Condorcet, pei quali la sovranità popolare e l'uguaglianza non tolgono vigore allo Stato, ma danno a questo la forza di guarentire a ciascun cittadino il proprio diritto ; ed i loro pensieri politici e sociali vengono sempre promossi e diretti da una idea madre, che è la necessita di perfezionar l'uomo, e dargli il benessere e la felicità. Ma qui mi sia lecito osservare che, riguardato a cotesta maniera, il pensiero individualista si confonde in gran parte, anzi si confonde, col socialismo. E questa fusione appare maggiormente, se io non m'inganno, nelle coosideraz;oni che H. Miche! fa sulla rivoluzione francese, e sui principali scritti comparsi durante questa; ed appare anche dalle dichiarazioni dei diritti d,lt'uomo. In quella del 1793 il primo articolo dice: Lo scopodella società è lafelicità comune. E questo concetto svilupperanno indi i futuri socialisti; come pure quello dell1 pubblica assistenza e dell'uguaglianza. Nel principio del nostro secolo, la reazione all'individualismo nacque in Francia dalla scuola teocratica che, come disse il De Bonald, alla '])ichiarazionedei Diritti dell'Uomo volle contrapporre la Dichiarazionedei '])irilli di 'Dio. L'umana società, pei seguaci di questa scuola, è opera di Dio, quinii viene da Dio il potere che lo Stato incarna e rappresenta; ed è assoluto. Anche in Germania ed in Inghilterra, dove l' individualismo ha antiche e profonde radici, la scuola storica reagì contro di esso; e, con questa scuola, l'Hegel ritiene lo Stato un organismo, cd il suo sviluppo, uno sviluppo organico. Egli ha pertanto dello Stato un concetto assai alto, e, direi quasi, esorbitante; e, dirimpetto allo Stato, l'individuo non ha che dei doveri ; il fine dello Stato non è di mantenere la proprietà individuale, ma il trionfo di sè stesso. Con s:ffrni principii l' Hegel appare il precursore e il promotore di tutte le dottrine che si sono formate nel corso del secolo a propagare che lo Stato ha una missione ( nel senso mistico della parola) da adempiere. Ben altra lotta s'impegna intanto da Enrico Saint-Simon e dai suoi seguaci contro l'individualismo; lotta in nome di principii economici e sociali, ispirata primieramente da un forte sentimento religioso ed umanitario. Cotesta lotta assume nuovi aspetti e maggiore importanza col socialismo autoritario, che in L. Blanc s' inspira a un grande amore pei disercJati. Ritiene questi
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