134 'l{.IVISTA POPOLARE 'Dl POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIALJ In questo libretto, come in una specie di breviarium, sono raccolte le predizioni dei profeti. Profeti di che ? domanderà il lettore curioso. Dei proftti di sventura ? Dei profeti di un nuovo cvangelo? Di tutti e due, perocchè i profeti, dei pensieri dei quali sono composte queste pagine che serbano tuttora l'aroma di loro nativa freschezza, sono Mazzini, Cattaneo, Ferrari, Rosa, Mario, Garibaldi, e perchè le sciagure da essi vaticinate - e tentate invano di scongiurare - si sono pur troppo avverate. « Tult' altra Italia io sognavo nella mia vita » quest'apostrofe sconsolata dell'eroe di Caprera a' suoi elettori di Roma rappresenterebbe la più degna epigrafe di questo libro, da cui s'irradia una luce insolita sopra i destini della patria, che, sognati e additati da questi grandi, furono in seguito da mille forze estranee traviati e concretati per siflatta guisa che noi, venuti tanti anni dopo, non possiamo ravvisare nella realtà presente nient'altro che la contraf. fazione del loro poetico sogno per cui tanto soffrirono. Non ci fraintenda il lettore: in questo libro non sono brani avulsi di storia freddamente raccontata, m.1 sono frammenti di scritti vissuti, per entro i quali circola ancora il sangue caldo della vita e palpita il fremito di una fede ardentemente sentita. La voce di questi profeti non è divenuta fioca cogli anni; ma più limpida e gagliarda oggi echeggia di tra il silenzio mortale che grava penosamente sulla morta gora dell'ltalia contemporanea e di tra le mefite che da essa si sviluppa e ci avvolge. Queste voci, che dalle tombe ci ammoniscono che tradito e svisato fu lo scopo dei loro ideali lungameQte accarezzati e delle pugne eroicamente combattute, ci si ripercuotono nell'animo come gridi di rampogna e come squilli di risurrezione. Ma trascriviamo fedelmente, senza commentarle, alcune sentenze contenute in questo libriccino che paiono dettate oggi, se le date con cura segnate dal compilatore non venissero a togliere l'illusione di leggere cose moderne, e trascriviamo precisamente quei passi che riguardano le presenti iatture della patria. Dice Mazzini, che dei profeti ebbe lo sguardo profondamente ~crutatore e l'accento ispirato: « La cospirazione e la rivoluzione erano sempre state rappresentate da due ordini diversi d' uomini; !!,li uni messi da banda dopo d'aver rovesciati gli ostacoli, gli altri sottentrati il dì dopo a dirigere lo sviluppo d' una idea che non era la loro, d'un disegno che non avevano maturato, d'un' impresa della quale non avevano studiato mai le difficoltà o gli elementi e colla quale non s'erano, nè per sacrificio, nè per entusiasmo immedesimati. Quindi l'andamento del moto trasformato d'un subito. » E più sotto: « Quando il potere è ereditario e nelle mani d'un solo non v' è libertà durevole mai. li potere tende sempre ad aumentare e concentrarsi. Quando il potere è ereditario gli acquisti del primo fruttano al secondo. L'eredità del potere, toglie a chi ne è rivestito la coscienza della sua origine popolare. Sottentrano per conseguenza nei Capi ereditarii, interessi particolari a quelli della Nazione. » Sarebbe oggi pericoloso soffermarci a spiegare il pensiero espresso, d'altronde lucidamente, in queste parole; il lettore il commento lo farà da sè. In queste parole però, o ci inganniamo, stà una dtlle principali ragioni per cui la libertà che i nostri padri sognarono redentrice di plebi, oggi è fatta gallina da pollaio messa in gabbi~ e spennacchiata a esclusivo benefizio di pochi trafficanti. Ma continuiamo con· Carlo Cattaneo che della rivoluzione italiana fu il filosofo, a cui i giovani ancora oggi - anzi oggi sopratutto - dovrebbero ispirarsi, perchè se in lni si compendiano la vastità della mente che ammiriamo nello Spencer e h profondità delle vedute che nell'Ardigò veneriamo, in lui vibrano anche le corde dei sentimenti piu nobili e genercsi. Dice Cattaneo: « Intanto che il popolo di Vienna sanguinava per la libertà, i cortigiani avevano continuato fra noi il grido: Fuori i barbari: l'Italia si fa da se. Ma i fatti di Messina, di Genova, di Roma mostravano che barbaro può suonare tanto tedesco, quanto francese, quanto italiano: e che dei barbari ogni nazione ha i suoi. » E a proposito degli eserciti stanziali che stroncano ogni attività economica e sottraggono alle indu,trie una immensa forza di lavoro: « il militarismo sarà punito da ciò in cui pecca. Il militarismo divora in tempo di pace ogni alimento della guerra. Tutti i tesori che le scienze applicate ali' industria, ali' agricoltura, alla lo;omozione improvvisa nel mondo civile, sono ingoiati dalla voragine del militarismo; e con tutta questa furiosa e insensata profusione, nessuna potenzi è sicura di aver ventiquattro ore di pace ». E in altra pagina: « Se gli stati minori vogliono contraffare gli stati colossali, se vogliono limitare le proprie difese ad un mero armamento stanziale, essi o devono rassegnarsi a soccombere o devono infeudarsi ad uno o ad altro dei grandi sistemi dispotici ». Non dovrebbe essere questo presagio che sta per avverarsi un monito prezioso per i governatori d'Italia? Ma lasciamo Cattaneo e Ferrari e Rosa nel Pantheon glorioso ove dormono i loro sonni eterni insieme agli altri dei tutelari della patria, e veniamo a Alberto Mario e a Giuseppe Garibaldi, l'uno l'ideale cavaliere della repubblica girondina, la cui penna colpiva come una spada, e l'altro l'arcangelo armato del risorgimento italiano. Sentite quanta freschezza d'idee: sembra di leggere una pagina ancor calda di vita moderna: « Il dispregio filosofico delle forme politiche nuocendo all'avvenimento d'altre, giova alla conservazione delle presenti ». E altrove: « L'esperimento di due anni di sinistra al potere conferma e mitria la delusione di cui fu scritto l'anno passato, onde democrazia e principato sembrano forze parallele, e la conseguenza veduta dall'onorevole De Sanctis era illusione ottica. L'Italia percorre la parabola delle speranze. Sperato in Nicotera e or ora in Crispi, si spererà in Cairoli e poi in Bertani, finchè si dispererà della istituzione. E allora ? Bisogna prepararcisi ». E intorno ai partiti di destra e di sinistra: « Noi assistiamo a un pugilato di retori e di sofisti. Tale la lotta fra la destra e la sinistra. Nessuna d1ffèrenza essenziale di principi le discerne. L'identica impotenza le qualifica. Girano entrambe la sHssa ruota disutile, come i forzati nel bagno, e ci esibiscono il medesimo spettacolo di violenze, di arbitrii, <l'offese allo Stato, di umiliazioni alla nazione. » E più sotto dopo aver svelato l'insidia dello Statuto: « L'Italia corse e ricorse il circolo delle vergogne militari e diplomatiche; passò dall'impoverimento al discredito, alla decadeoza; e nemmeno dentro gli angusti termini dello Statuto, qualsiasi libertà è un diritto intangibile, sibbene un permesso revocabile ad arbitrio dei ministri ». Ed ora, a suggello di quanto siamo venuti esponendo, riportiamo il parere di Garibaldi che nella occasione solenne della liberazione di Roma, dopo avere enumerato i bisogni del popolo e i mezzi per soddisfarli ctJI propugnare il voto universale e l'abolizione del giuramento, un sistema tributario progressivo, un verace decentramento, la nazione armata, Li bonificaz;one dei terreni incolti e paludosi e altre civili e liberali riforme, cosi concludeva: « E per ottrnere questi risultati è necessario rivedere lo Statuto, insufficiente e inferiore ai nuovi bisogni della patria, a ciò che ella si regga non con una carta largita trent'anni addietro a una sola provincia, ma posi e stia sopra un patto nazionale » E il 26 Febbraio 1873: « La società va riconoscendo a poco a poco essere la Repubblica il solo governo dell'ordine, il solo possibile, e quello che più l'onora: imperocchè la Republica, considerata in sè stessa, è essenzialmente un governo di onesti. E come sarebbe altrimenti? Le monarchie corrompono mezzo un paese, per torturare l'altra metà. Ali' una tolgono i figli e le sostanze, per ingrassare e mantenere nei godimenti il resto ».
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