RIVISTPAOPOLARE DI POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIALI Direttore: Dr. NAPOLEONE COLAJANNI OBPUTATO AL PARLAMBNTO Esce in Roma il 15 e il 30 d'ogni mese ITALIA : anno lire 5 ; semestre lire 3 - ESTERO : anno lire 7; semestre lire 4. Un nuJD.ero separato: Oent. ~O AnnoIV. - N. 7. Abbonamento post.aie Roma 15Ottobre 1898. SOMMARIO: Avv. L. MAJNO:La Cassazione e i Tribunali di guerra. Avv. ADOLFOZERBOGLIO":La reazione onesta ,,. LUIGIEINAUDI:Gli italiani all'estero alla mostra di Torico. Lo Zio Sam al bivio. G. ROMANO-CATANILA'I:dea dello Stato in Francia dalla Rivoluzione ai nostri tempi. Fr. MoNTALTO:L'origine de' comuni secondo recenti studi sociologici. GIUSEPPEPARATOREL: ogomachie. Dr. VITTORIORACCAC: ontro il refermdum. Dr. ALESSANDRGOROPPALI:La voce dei profeti. Dr. PAOLOBELLEZZ:AIl pensierò letterario di Carlo Cattaneo. SALVATORDEI GIACOMOL: 'alfonsismo a Napoli. 'l(ivista delle Riviste. 'l(ece11sio11i. LaCassazione ei Tri~~~niGal~i crra La Corte di Cassazione, colla giurisprudenza del 1898, ha confermato quanto di cattivo e ripudiato quanto di buono aveva sancito colla giurisprudenza del 1894. Ha poi delineato dei propri poteri una tale nozione, che non saprebbe imaginarsene una più gretta eJ assurda, tanto• chè, mentre ha ribadita la massima di una possibilità di ricorso anche dalle sentenze dei Tribunali di guerra, in pratica l' ha poi ridotta a tale che più decoroso per il Supremo Collegio, sarebbe stato il dire addirittura che quellè sentenze non ammettono, iu via assoluta, nessun rimedio legale. Nel 1898, come nel 1894, si sostenne nell'interesse dei condannati che se la Cassazione trae la facoltà di conoscere dei ricorsi contro sentenze di Tribunali di guerra dall'art. 122 dell'ordinamento giudiziario, i poteri di essa Corte dovrebbero estendersi al sindacato e alla riparazione di qualunque illegalità. L'art. 122 dice infatti che la Cassazione e istituita per mantenerel'esalta osservanza delle leggi. Dovunque ed in qualsiasi modo la legge sia stata violata, la Cassazione dovrebbe pertanto spiegare la sua prerogativa di giudice supremo del diritto. Invece - e non si comprenderà mai in virtù di quale preciso disposto di legge o criterio razionale - anche la Cassazione del 1898 ritenne limitate le proprie facoltà a conoscere della incompetenza e dell'eccesso di potere. Vedremo più avanti quanto derisorio il modo secondo cui la Cassazione ha poi trattato la incompetenza e l'eccesso di potere. La giurisprudenza del 1894 non scoraggiò 1 ricorrenti dal ripresentare le questioni della illegittimità degli stati di assedio, e della incostituzionalità dei Tribunali di guerra. La Cassazione ha risposto: stato di necessità - inesistenza di precise disposizioni, le quali vietino lo stato di assedio per sedizioni interne e la creazione di tribunali di guerra per il giudizio di reati non militari e di persone non appartenenti alla milizia. Non ha neppur degnato di risposta la obiezione dei ricorrenti che se la supposta necessità di difesa può legittimare mezzi violenti di repressione, nulla ha che fare colla necessità di difesa la creazione di Tribunali di guerra e il funzionamento di questi anche a tranquillità com• pletamente ristabilita. Dire pci che nella nostra legislazione non es'stono divieti di proclamare stati di assedio e istituire tribunali di guerra, è effetto di tale disinvoltura giuridica che davvero sorprende di vederne partire l' esempio da quella che dovrebbe tssere la Corte regolatrice del diritto. Gli art. 24 3 e seguenti del codice militare - i soli che parlino di stato di guerra - alludono esclusivamente a guerra guerreggiata e invasione nemica. Sono disposizioni eccezionali, che come tali non possono essere estese per analogia: è questo il categorico precetto dell'art. 4 delle disposizioni generali che precedono il codice civile, articolo dimenticato o taciuto dalla Corte Suprema. La quale ha pure dimenticata o taciuta la massima dell'art. 3 dello Statuto, secondo cui il potere legislativo è esercitato collettivamente dal Re e dalle Camere. L'art. 71 dello Statuto vieta poi la creazione di Tribunali straordinaii, e che si distolgano i giudicabili dai loro giudici naturali. A che parlare di necessità per legittimare i Tribunali di guerra? L'art. 7 r dello Statuto suppone precisamente circostanze eccezionali : per ministri che pensassero a stati d'assedio e Tribunali di guerra nelle ordinarie condizioni di tranquillità, dovrebbe provvedere il manicomio e non un articolo di Statuto. Ma vi è di peggio. La Cassazione giustifica la creazione dei Tribunali di guerra coli' art. 2 5r del codice militare, che dà potere ai Comandanti militari di emettere bandi militari aventi forza di legge. Attrib..risce ai Comandanti militari pieni poteri che in uno Stato costituzionale non competono neppure al Governo, autorità delegante: e disconosce la irrecusabile importanza degli art. 546 e 547 del codice per l'esercito, i quali, specificando essi i casi in cui durante lo stato di guerra i Tribunali militari sono competenti a giudicare i non militari, chiaramente dimostrano che la legge ha riservato a sè stessa il regolamento della giurisdizione ecce• zionale e non può quindi averlo compreso nelle facoltà dell'art. 2 5 r. Ma, sopra tutto, la Cassazione - oltre il torto fon-
RI'f1'ISTA POPOLARE 'DI 'POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIAL1 damentale di argomentare per analcgia in materie di eccezione - si è ostinata a trovare analogia tra guerra e tumulti interni e a dare maggior rigore al caso analogico che non al caso vero e proprio. Non analogia tra guerra e sedizioni interne. La guerra col nemico è una condizione certa e positiva, e si può ammettere che serva di base a eccezionali prowedimenti . Ma le sediz:oni interne sono sempre un punto di questione, un tema di indagine: spetta ai Tribunali creati per lo stato d'assedio il decidere poi sulla reale es'steoza dei fatti e dei pericoli, ndla supposizione dei quali fu proclamata la cessazione dt!le garanzie statutarie. E spetta ai g'udici militari, stati adoperati come ufficiali per la repressione, il dichiarare la importanza del tumulto sedato e dare così la misura della propria benemerenza verso la sicurezza delle istituzioni. li caso analogico ha nella giurisprudenza della Cassazione severità maggiore che non il caso vero e proprio. Infatti lo stato di guerra per invasione nemica ctssa colla lontananza del nemico a tre giornate di marcia; e cessano insieme. i Tribunali di guerra. Invece lo stato <li assedio si lascia continuare finchè piace al Governo di differire il decreto che lo dichiari cessato. Nel caso prcprio, i Tribunali servono lo stato di guerra: nel caso analogico, la continuazione dello stato d'assedio serve i Tribunali eccezionali a beneplacito del Governo. " ,. .. Nel 1894 la Cassazione, nel giudizio sulla competenza dei Tribunali di guerra aveva ritenuto proprio dovere di sindacare anche iu fatto gli eltmenti e il titolo della competenza. E in dirillo aveva affermato che wltanto il nesso di causalità immediata coi fatti dtttrminanti la proclamazione dello stato d'assedio poteva rendere competenti i Tribunali di guerra anche a giudicare reati anteriori a quella proclamazione. La prima delle anzidette massime era prima d'ora sancita da una costante giurisprudenza in tutti i rami del diritto: la seconda massima rappresentava già una ribellione contro la dottrina comunemente ricevuta che le giurisdizioni eccezionali, allato alle quali ccntinuano :incora a sussistere e funzionare le giurisdizioni ordinarie, non hanno mai effetto retroattivo. Comunque, delle massime del 1894 la Cassazione ftce allora applicazione per cassare la sentenza Molinari. Ar,- prezzò allora &li elementi della compl tenza: tro, ò che il nesso immeaiato mancava perchè le confe:enze Molinari erano state fatte in dicembrr, e i moti erano scoppiati il 13 del successivo gennaio. Qualunque persona imparziale ricordasse la giurisprudenza del 1894, era tratta a pensare, a ritenere per certo che, a più forte ragione, sarebbero state cassate le sentenze del 1898, con cui i Tribunali di guerra avevano condannato atti di propaganda anteriori di anni allo stato d'assedio: atti di propagrnda, pei quali non si poteva tampcco porre legalm, nte la questione del nesso necessario di causa a afti::tto, perchè qualificati secondo gli art. 246 e 247 del cod. penale, che suppongono eccitammti non susseguiti da tffetto. La conferma, almeno, della giurisprude!'za del 1894 sarebbe stata una rivendicazione dell'autorità e dignità dei magistrati ordinari, contro la passata opera dei quali i Tribunali di guerra ebbero tutta l'aria di voler sollevare rompogne e reagire. . Ma non fu cosi. La Cassazione del 1898 non parlò più di nesso immediato, ma di un nesso qualunque : e disse che la esistenza del nesso è una questione di fatto insindacabile dalla Suprema Corte quando il Tribunale di guerra l'ha risolta. E di tale maniera la riconosciuta facoltà di ricorrere per incompetenza si ridusse ad essere una vaca parola : Yana parola, perchè, Yiceversa poi, il Tribunale di guerra è insindacabile quando giudicò di essere incompetente. Il Tribunale di guerra si impone alla Cassazione: non la Cassazione al Tribunale. Quella strana formola del coinvolgere tutti gli accusati in ;ma medesima condanna in quanto colla loro propaganda crearono l'ambiente dal quale scaturirono i disordini - quello strano concetto d1 concentrare nelle tali e tali persone il propagarsi della idea repubblican;;. o socialista, quasichè l'avessero in,eotata e diffusa soltanto loro e quasichè non ci siano anche cause.... governative del diffondersi della idea sovversiva - ebbe perciò sanzione dalla ginrispn::denza della Corte Suprema. E mentre nel 1894 fu negata la competenza nel caso 1'folilinri, pure ammettendosi nella sentenza che le conferenze di pccbi giorni prima potevano avere eccitato i disordini - nd 1898 Chiesi e R.omussi furono condannati per pubblicazioni avi enute da acni, e dichiarandosi dallo stesso Tribunale di gueira che i moti, dei quali li ritenne complici, erano stati improvvisi ed ernuo avvenuti per cause indipendeuti dalla loro volontà I I! E per l'eccesso di potere? Le difese dei ricorrenti si appoggiavano all'art. r del codice penale, secondo cui nessuno può essere punito per un fatto che non sia espressamente preveduto come reato dalla legge, nè con pene che non siano da questa espressamente stabilite. E dicevano : dunque, se il Tribunale di guerra ha applicato la pena per fatti non risi:ondenti alle previsioni della legge penale, oppure ha applicato una penà esorbitante dalla massima misura legale, vi è un eccesso che la Cassazione ha obbligo di riparare. Non si può ammettere, in un paese civile, che il Supremo consesso giudiziario si dichiari incompetente • e indifferente di fronte alla arbitraria detenzione di chi non commise reato o fu punito oltre i limiti legali. La Cassazione ha ripHuto che l'eccesso di potere si ha soltanto quando il Tribunale invade il campo del potere esecutivo o del potere legislativo - quasichè un Tribunale abbia a emettere provvedimenti o decreti amministrativi, oppure a promulgare una legge anziché fare una sentenza ! Io un modo razionale di intendere l'eccesso nel campo legislativo, vi è questo eccesso ogni qualvolta il giudice sentenzia fuori dei termini della legge - dichiara punibile ciò che punibile non è, o applica fene che nella legge non sono scritte. Ma ptr la Cassazione, che un fatto abbia o non abbia gli estremi legali del reato iitenuto dal Tribunale - che 11 punito come complice sia o no incorso a termini di legge nella compli-ità - che la pena stia nei limiti od esorb:ti dal massi,ùo della sanzione legale - sono tutte questioni di violazioue di legge e non di eccesso. La Cassazione non vi può nulla. Ecco a che si trova ridotta la kg dità nella co~i detta patria del diritto! * * Per Federici - Kuliscioff e Valera - e Albertario vi erano appunto questioni speciali di pena. La sentenza del Tribunale motivava per Federici la sola is1igazione a delinquere: art. 246. La pena comprendeva anche una multa, che l'art. 246 non stabilisce. Per la Kuliscioff e Valera, la sentenza del Tribunale motivava soltanto l'eccitamento all'odio di classe: art. 247, che porta il massimo di un anno di detenzione, mentre alla Kuliscioff se ne inflissero due e a Valera uno e lrlt'{ZO. Per Alberta rio, parimenti odio di classe: art. 247, coll'aggravamento portato dalla legge 19 luglio 1894, al massimo 1111 a11t10e mezzo. E la sentenza gliene diede Ire. L'onesta logica giuridica direbbe che il massimo potere conferito al giudice da un articolo è quello di applicarlo nella sua mlssima severità, ma non oltre : oltre, I.i sentenza esce dai confini della legge, e si ha un eccesso di potere. Ma la Cassazione non fu di questo parere: l'anno e mezzo, l'anno e i sei mesi al di sopra dtl massimo legale sono violazioni di legge: la Corte regolatrice non vi può nulla! Ragionando a questa stregua, in uno stato di ·assedio avvenire il Tribunale sostituirà alla pena temporanea l'ergastolo, o anche la fucilazione. Sarà ille-
( f 1 l l I , \ RIVISTA POPOLARE DI POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIALI galità e non eccesso : e la Cassazione rispetterà anche questo I Nel processo De Andreis e Turati, un'altra singolarità. Erano accusati « dei delilli previsti dagli art. 134 e 2 5 2 « del cod. pen., perchè col mezzo di opuscoli ecc., ed « allo scopo concertato e stabilito fra es,i e altri capi ora « latitanti ecc., di mutare violentemente la costituzione « dello Stato e la forma del governo, riuscirono a su- « scitare la guerra civile ecc., cooperando anche imme• « diatamente all'azione ,,. Il titolo d'imputazione non poteva essere più chiaro : cospirazione secondo la nozione che ne dà l'att. 134 del cod. penale :- e fatto diretto a suscitare la guerra civile (art. 252). Nei bandi del Generale Bava non era indicato l'art. I 34, il quale perciò rimaneva di competenza esclusiva dei piudici ordinari. L art. 338 del cod. penale militare reca che nel caso di connessione tra reati di competenza ordinaria e reati di compttenza militare, il giudizio di tutti appart'ene alla giurisdizione ordinaria. A questo argomento si appoggiava la difesa per dire nullo e incompetente l'intero giudizio: incompetente il Tribunale di guerra anche a giudicare dell'ar_t. 252 pure indicato nei bandi, perchè colla accusa di guerra civile era connessa quella di cospin zione, non deferita dai bandi al giudizio militare. L'argomento era calzante e tale da imporsi, ove il c6mpito della Casiazione non si ritenga ristretto a 11011 cassare. All'udienza, il sostituto PfOcuratore Generale non seppe dire altro se non che l'art. 134 poteva essere cascato nel titolo di imputazione per mero caso, per una svista del Segretario o del Presidente! Era invece nell'atto di accusa: e se il Tribunale avesse condancato anche per l'art. 134 l'ipotesi della svista non avrebbe certo giovato alla difesa per far cassare la sentenza. Alla Cassazione parve forse troppo peregrino un simile modo di argomentare: nou osò ripeterlo. E invece essa rispose che il titolo d'imputazione non influisce sulla competenza. perchè l'atto di accusa esprime soltanto una opinione del P. M., che il Tribunale non è obbligato a seguire I E che per questo? L'accusa è sempre una opinione dell'accusatore : ma da quando i giudizi sono giudizi la competenza del magis'.rato penale si è sempre determinata dal titolo d'imputazione. li titolo d'imputazione determina e misura il tema del giudizio: il titolo d'imputazione limita anche i poteri del magistrato penale, perchè neppure la Cass1zione, a mente più serena e idee meno disordinate, vorrà ammettere che l'imputato di un minimo reato possa senz'altro essere giudicato e punito per un più grave delitto. E con simili ragioni, le quali hanno piuttosto aspetto di pretesti per uaa tesi preconcetta di rejezione, che non di argomenti giuridici, un giudizio totalmente nullo fin dalla origine sua per difetto di giurisdizione nel Tribunale giudicante, fu sentenziato regolare e confermato in due condanne a 12 anni di reclusione I ! Avv. L. MAJNO. Agli abbonati nuovi, e a quelli in corso i quali avranno rinnovato, o rinnoveranno l'abbonamento annuo a tutto il 15 dicembre 1898 o a tutto il 15 luglio 1899, coll'aggiunta di sessanta centesimi per le spese postali, sarà inviato in dono: Il SOCIALISMO (2. edizione aumentata e corretta) del Dr Napoleone Colaianni, un volume di 350 pagine fittissime, posto in vendita al prezzo di Lire 4. " LAREAZIONOE:NESTA,, Tutta quell'onda di reazione, che, in forma acuta ha avviluppato l'Italia, in questi ultimi mesi, e in forma cronica, attenuata, continua tuttora e continuerà, a soverchiarla, ha avuto ed ha, senza dubbio, una base criminale. Pur troppo, nel nostro bel paese, lo spirito criminoso è molto radicato e noi teniamo nella delinqueP.za, un posto distinto, fra le nazioni civili. Questo spirito tristo, che non si spiega soltanto nel reato volgare, propriamente detto, ma trova i suoi equivalenti in manifestazioni che non cadono, in modo diretto, sotto il codice penale, ha avuto agio, in un periodo convulsionario, di esercitarsi vigorosamente. Esagerazioni maligce di fatti veri, invenzione di falsi avvenimenti, denuncie bugiarde e bugiarde testimonianze, arbitrii, soprusi, persecuzioni malvagie, sono state opera assidua di .:omini perversi, che, se, nella vita normale, per le condizioni sociali favorevoli, non ricorrono alla truffa, al furto, alla violenza, in un momento straordinario, in cui, ognuno di tali delitti, può assumere la figura di un'azione lecita, come l'omicidio in guerra, vi si buttano colla passione suggerita della congenita cattiveria. V' hanno individui, i quali godono nella persecuzione politica, alla pari dd dtgeneratO sessualmente, che gode allo strazio della vittima insanguinata. Costoro si sono agitati a fabbricare indizii di complotti, a chiarire malevolmente scritti e discorsi i più innocui, e, a seconda che fossero filosofi, pubblicisti, personalità politiche, poliziotti o confidenti di questura, o altro, hanno soddisfatto, nei campi della rispettiva specialità, con una dissertazione dottrinaria, o con un articolo di cronaca, o una perquisiz:one domiciliare, od ;.ma delazione, alle tendenze naturali della lugubre anima loro. Questa è stata ed è la reazionedisonesta. Da sola, però, essa non riuscirebbe ad imporsi, non sarebbe cosi forte da sortire vittoriosa, se dietro non avesse l'esercito immenso di coloro che costituiscono la « reazione onesta ». Quì, non più brutte faccie <li prepotenti, di mafiosi o di consorti, non più cervelli squilibrati di nevrastenici o di superuomin', cuori pallidi di vi gliacchetti inferociti, ma una grande, una superlatica ignoranza del mondo, della storia, dei partiti, delle condizioni della esistenza consociata, di tutte le questioni più ardenti. Le schiere della « reazione onesta » sono la forza maggiore della cc reazione >l. Io mi illuderò, sarò ottimista, ma credo che i ribaldi di cui ho parlato sieno in numero assai, assai esiguo, in confronto degli ignari di cui parlo. Ho avuto spesso occasione di discorrere con delle persone - professionisti, industriali, magistrati, ufficiali, - furibonde contro i wvversivi, avide di secoli di reclusione, che, illuminate sulle teoriche e sulle idealità dei sovversi d stessi, messe a contatto, mediante cifre e dati, colla realtà delle cose, onestamente, a seconda dell'integrità fondamentale della loro coscienza, ritirarono le loro filippiche e smessero i loro odi.
RIP'ISTA POPOLARE DI POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIALI Quanti conosciamo noi intimamente buoni che vedrebbero volentieri impalato un socialista, nella convinzione eh' egli sia un antipatriota, nel senso odioso del vocabolo ; propagandista del libero amore, nel senso del ritorno ad una selvaggia promiscuità; un predicatore della lotta di classe nel senso d'una brutale, barbara battaglia interumana? Le nostre classi medie, le classi dirigenti, anche in parecchi dei loro componenti più colti, o versati in qualche particolar e disciplina, sono troppo digiune di cognizioni di scciologia e di politica. Esse hanno in proposito nella testa un intero armamentario di frasi stereotipate che muovono dal « dividere> cui aspirerebbe il collettivismo, per arrivare alla « necessità di un governo forte » (leggi autoritario) al beneficio dellefe,te e del lusso per dar lavoro al popolo. Si raccoglierebbero facilmente degli elementi per un libro, mettendo assieme tutte queste proposizioni non controllate, non riflettute che rappresentano la sapienza sociologica e politica di eletti ed elettori, avvocati, medici, professori, generali bassi ed alti magistrati, impiegati ecc. ecc.; di tutti coloro, in una parola, che sono il nerbo innocente dei moti reazionari, In un succoso articolo della « Riforma Sociale» (ro Agosto 1894), intitolato - Gli studi sociali e l'azione Jelle classi dirigenti in Italia - l'Alessio osservava esattamente che " i fatti e le nozioni economiche, i rapporti della struttura sociale, sono per le nostre classi dirigenti un'incognita n. E questo è vero. Quanti hanno delle nozioni di economia politica in Italia? Quanti conoscono qualche cosa dell'odierno movimento intellettuale in tema di studi sociali? Quanti sanno qualche cosa delle cause della criminalità, del suicidio, della pazzia, e sanno come questi fenomeni si distribuiscono e si comportano nel nostro paese? Ebbene è per tutta questa ignoranza, che si arriva a convincere che una rivolta è frutto della sobillazione, e non a preferenza del disagio materiale e morale; che un partito organico, vitale che conta nelle sue file delle menti e delle coscienze supe· riori, indice una rivoluzione come si indice un'assemblea di una associazione filatelica ; che si cacciano migliaia di individui in carcere, e si tradiscono le leggi come se l'una cosa e l'altra non fossero gravide di conseguenze disastrose. Tutti ricordiamo le pagine di Buckle sul male prodotto dagli ignoranti, male che il Buckle dichiara di gran lunga superiore a quello perpetrato dai malvagi. - Cosi la « reazione onesta » finisce per essere peggiore della disonesta. Questa infatti non arriverebbe a trionfare senza l'aiuto di quella. La conclusione del mio discorso è quindi che si profondano a piene mani in ogni occasione, e specialmente dalla stampa dabbene, delle cognizioni abbondanti, chiare e precise intorno alla ~truttura ed al meccanismo della nostra vita sociale; Che si pubblichino e si commentino più frequentemente le statistiche sulla pellagra, sulla nevrosi, sulla follia, sull'alcoolismo, sulla criminalità, sul suicidio; Che si palesi, senn esagerazioni, al popolo, lo stato della nostra miseria, e si stabiliscano dei paralleli con altre nazioni; Che si espongano obbiettivamente le idee dei diversi partiti e se ne tessa la storia. Col diffondersi della coltura i « cannibali ,. della politica rimarranno isolati et non prawalebunt. Diversamente dovremo, parafrasandone l'espressione, esclamare, col duca di Glocester, nel Re Lear « sono tempi terribili quelli in cui i cattivi guidano gli ignoranti ». ADOLFO ZERBOGLIO. UNA RETTIFICA Ci scrivono da Pavia e assai volentieri pubblichiamo: Nell'ultimo numero della Rivista, abile e coraggioso 50pra ogni altro, si tocca dell'ostracismo dato al Ciccotti con qualche inesattezza: r• non la facoltà, ma la maggioranza della facoltà il r 5 Giugno propose al Ministero che il Ciccotti non fosse confermato nel suo ufficio - votarono contro quest'ordine del giorno Canna, De Dominicis e Credaro. Cantoni voleva si sospendesse ogni deliberazione; 2° il Ciccotti non aveva un incarico, ma il posto di straordinario, vinto per concorso alla R. Accademia di Milano, donde era stato trasferito a Pavia. Cordialmente Aff.mo x. GLI ITALIANI ALL'ESTERO ALLA MOSTRADI TORINO Uno dei fenomeni più interessanti che si possono osservare conversando con persone reduci dall'estero è lo sviluppo intenso del sentimento patriottico. In Italia il patriottismo oramai è in ribasso; lo si ode ricordare solamente sulle labbra dei ministri e dei deputati alla fine dei banchetti estivi, e presso una gran parte del pubblico colto, patriotta è divenuto quasi sinonimo di mangiatore alla greppia dello Stato. In mezzo agli emigrati ed ai fuorusciti pellegrinanti presso nazioni straniere il sentimento patriottico ritrova invece tutta la sua adamantina purezza, ed il nome di patria fa ancora balzare il cuore come ai tempi lcggen• dari delle guerre dcli' indipendenza. Io ho interrogato dei missionari cattolici, dei monarchici di fede provata, degli industriali pacifici, e dei socialisti i quali in Italia avevano perduto ogni sentimento di patria per sentirsi cittadini del mondo, e tutti mi hanno parlato, commossi, dalla emozione intensa provata al pensiero dcli' Italia lontana e dell'entusiasmo caldo e sincero suscitato nel loro petto dal suono della marcia reale e dell' inno di Garibaldi. Lo ~tesso sentimento patriottico ho sentito risvegliarsi in me (per la prima volta in una guisa cosi veramente sentita) mentre mi aggiravo in una delle gallerie meno appariscenti e meno frequentate dalla folla chiassosa e curiosa dell'Esposizione di Torino: la galleria degli Italiani all'estero. Ivi non macchine stupefacenti, non vetrine grandiose, ma libri, manoscritti, campionari e vetrine imprestate in gran parte dalla Camera di Commercio e racchiudenti le prove della operosità degli italiani all'estero. Eppure in nessun altra galleria si ha una visione cosi netta e precisa della importanza e della grandiosità dell'opera compiuta nell'ultimo trentennio dalla forte e vigorosa popolazione italiana.
J I 'R,_IVISTA POPOLARE 'DI POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIALI 125 Non già che manchino le mostre splendide ed eleganti nella mostra degli Italiani ali' estero : ricorderò fra le altre il chiosco del Paliti, un curioso industriale di Carignano, paesello vicino a Torino, vero tipo di piemontese inglesizzato, alto, magro, nervoso parlante una lingua intermedia fra l'italiano e l' inglese. Costui durante una vita agitata e fortunosa ha saputo diventare l'albergatore più io voga dell'India, provveditore ufficiale del vicerè e dei governatori inglesi, dei principi e dei rajas indigeni; ed ha inoltre impiantato a Carigoaoo una fiorente industria esportatrice per l' Jodia di confetti, conserve per frutta colle quali batte sul loro mercato i grandi produttori dell'Inghilterra. A Cari~nano, per iniziativa di quest'uomo iirequieto sempre 10 viaggio dal- !' India in Italia e viceversa, è sorta tutta una nuova industria orticola; ed ad Altare, sede dell'antica e prospera vetreria cooperativa, gli operai cooperatori devono al Paliti fortissime ordinazioni di bottiglie per conserve, grazie al buon pre7,zo delle quali è possibile vincere i concorrenti francesi ed inglesi sui mercati lontani del- !' estremo oriente. Elegantissimo è pure il padiglione del Parvis, anche lui piemontese, da 40 anni domiciliato al Cairo d'Egitto, dove fabbrica mobili e stipi, cofanetti, statuette, oggettini da salotto, in legno incrostato, in bronzo ed in argento, io stile arabo antico di una squisitezza ed eleganza artistica veramente meravigliose. Notevole anche la vetrina del Dellachà, il più gran fabbricante di cappelli dell'Argentina, costrutta a Buenos-Ayres da artisti italiani. Ma la importanza della Mostra degli Italiani all'estero consiste sovratutto nel materiale di studio per commercianti ed industriali e per gli studiosi di scienze sociali. Tutti coloro che s'interessano per scopi di guadagno o di sapere alla espansione dei rapporti del\' Italia coll'estero hanno qui ampia messe di materiale da esaminare e da sfruttare. Viene primo il Consorzio milanese nel commercio coll'Estremo Oriente, associazione sorta per iniziativa privata allo scopo di stringere in un fascio le forze di molti industria li e facilitare lo smercio dei loro prodotti sui mercati dell'India, China, Giappone ecc, Molte fra le case consorziate espongono campionari ricchissimi delle loro merci di esportazione, con l'indicazione dei prezzi, della qualità e della quantità esportata. La Ditta Cresta di Amburgo ha avuto un idea originale : valendosi della sua posizione di casa esportatrice su quelle piazza germanica ha raccolto un campionario di merci esportate dai tedeschi nel!'America meridionale, vi ha aggiunto in un libro prezioso l'indicazione dei prezzi di vendita, sc0nti, dogane ecc., e li ha inviati a Torino dicendo agli industriali italiani: venite a vedere che cosa ed a qual prezzo i tedeschi esportano, persuadetevi che voi potete fare altrettanto e più, con costanza. e coraggio. La Camera di Commercio di Massaua ha fatto altrettanto esponendo un campionario di tessuti in cotone e in seta ora importati nell'Eritrea da case inglesi di Bombay e che nulla, se non la ignoranza dei nostri industriali al riguardo, impedirebbe che fossero invece importati da italiani per un importo annuo di una decina di milioni. L'onorevole Gavotti, che pei suoi metodi elettorali è stato cosi severamente giudicato dalla Giunta parlamentare, merita invece di essere ora ricordato con lode per una splendida e costosa raccolta di derrate e merci della regione amazzonica del Brasile; dalle pelli al legname, dal caffè al cacao, dai lavori dei selvaggi alla gomma elastica, l'oro vegetale del Brasile, vi e raccolto tutto quanto viene ora in Italia pel tramite di Londra ed Anversa e potrebbe invece venire direttamente a Genova quando la nuova linea Ligure• Brasiliana potes,e reggere alle fortunose lotte della concorrenza. Tutte le nazioni sono rappresentate in questa mostra cosmopolita. L'Australia, per mezzo di uno dei migliori funzionari del corpo consolare italiano, l'avv. P. Corte, ha inviato un campionario di pelli di marsupiali e di lane che potrebbero con vantaggio essere importate in Italia; nè mancano i prodotti di industrie impiantate in Australia da italiani benemeriti come il Fiaschi, il primo medico di quelle colonie, il quale possiede vigneti modello e confeziona un vino di tipo superiore. Chi sull'Australia, sui suoi abitanti, governi, libertà pubbliche e private, scuole, consuetudini sociali, ricchezza e commerci, vuol sapere qualcosa di preciso può leggere i libri appositamente compilati per l'esposizione di Torino dal Corte (Il Continente Nuovissimo o l'Australia britannica. Torino, Roux. 1898), dal Gagliardi (L'Australia, i suoi commerci e le sue relazioni coll'Italia. Firenze, 1898) ed un libriccino noto già da alcuni an0:i del Munari (Un Italiano in Australia. Milano 1896). E tutta una efflorescenza nuova di scritti sull'Australia, i quali provano come la nostra emigrazione, piccola per numero ( 6000 in tutto), abbia una grande importanza, ed abbia saputo conquistare posti elevatissimi nei commerci e nelle cariche pubbliche. Dall'Australia si passa al Chili ed al Perù dove i po• chi connazionali nostri hanno posizioni primarie nelle industrie della lana, delle miniere; dei prodotti chimici. A pochi passi la Fossati, una ~ignora italiana piena di iniziativa, espone i fiori liguri, toscani e meridionali che essa ha introdotti a Vienna, dove oramai sono i preferiti da tutte le classi danarose; il Galletti, farmacista piemontese, dimostra di essere a capo della più importante casa di prodotti chimici e farmaceutici del!' intero Egitto; il veneto Cazzavillao, mette in mostra i numerosi giornali da lui diretti ed editi a B□karest, e che vanno dal giornale di viaggi e di mode al maggior diario quotidiano della Rumenia; la Compagnia Italo-Svizzera allinea i vini prodotti nella colonia Asti della California, i quali hanno acquistato ai piemontesi, proprietari pel 98_0 / 0 delle immense distese di vigneti delle compagnie, la fama dei più grandi ed abili produttori di vini degli Stati Uniti del Nord; il Comitato Triestino dimostra con quanto tenace affetto si conservi nell'Istria la nazio:i.alità italiana con una esposizione di op~re scieetifiche e storiche pubblicate da italiani e di atti scritti in nostra lingua di numerosi istituti di beneficenza e di istruzione di Trieste. Se si volessero enumerare tutte le pubblicazioni edite ed inedite esposte a Torino sugli Italiani all'estero non la finirei più ; dagli statuti, regolamenti, resoconti morali e finanziarii di un centinaio di società italiane costituite in terra straniera, alle pubblicazioni, registri, quaderni delle scuole italiane all'estero, è tutta una lunga serie di documenti i quali dimostrano con quanta fede e successo la razza italiana lotti per conservare la propria individualità e la propria compattezza di fronte agli stranieri, malgrado i mille e mille ostacoli derivanti dalla povertà, dalla ostilità delle popolazioni indigene, dalla noncuranza dei governanti della madre-patria. Non basta: la mostra Torinese ha dato occasione a numerose pubblicazioni di carattere scientifico, le quali rimarranno a dimostrazione di quanto possano fare i privati con scarsi e deficienti mezzi per dilucidare il problema (che è forse il più momentoso per l'Italia contemporanea) della emigrazione. Accenno alle principali. Il Laboratorio di Economia Politica del!' Università di Torino, il pioniero in Italia (e come tale ancora troppo poco noto al pubblico e trascurato da quegli enti pubblici che ne dovrebbero assicurare l'esistenza) dei seminari cosi diffusi in Germania, delle scuole speciali fondate in Inghilterra ed in America, per diffondere lo studio delle scienze economiche fra la gioventù studiosa con metodo sperimentale, espone un grande stereogramma costrutto con infinita pazienza e con precisione matematica a rappresentare al vivo il fenomeno dell'emigrazione italiana nell'ultin10 ventennio sotto l'aspetto delle professioni, dei paesi di destinazione e di prove - nienza. - Il Conte Marcello, un patrizio che non consuma nell'ozio il suo tempo ma lo dedica a studi ed a
126 'RJVISTA POPOLARE POLITICA DI LETTERE E SCIENZE SOCIALI ricerche ha inviato a Torino i risultati di un inchiesta compiut~ a sue spese e fatiche in tutti i comuni delle provincie di Treviso ~ di ,V en7zia sulle c~~se, caratteri, e conseguenze del! em1graz10ne. - _L1?g· ~e Torna, uomo· benemerito per beuefic~e oblaz10m de1la colonia italiana di Vienna, espone mentemeno che un censimento operato a su: spese di tu~ti gli Italiani resi~ denti nell'Austria-Unghena. Quand? ?I_ governo .~orra emulare l'opera di questo modesto 111d1v1duo ? -:- L ispettore del porto di Genova, Nicola M~lnate? sc11veper la Mostra Torinese, un breve opuscolo 111cui è con~ensat~ tutta la sua esperienza di tutore, da ben I 8 anm, degli emigranti che salpano_~al ~01to genovese. Forse le v~- rità piu amare, le_not!Zle p1~ esa~te e succose, I~ stati: stiche più parlanti sulla em1graz1one n~stra, .sm . suoi mali e sui suoi rimedi, pubblicate finora 10 Italia, s1 trovano nel breve opuscolo del Malnate. - li generale Palma di Cesnola un italiano che fa altissimo onore all'Italia sul suolo' americano invia la collezione dei suoi studi sugli scavi da lui operati a çipro e le ved_utedel Metropolitan Museum of Art, da lm fondat_oe. ?1retto a Nuova York. - Enrico del! ~equa, fors7 11pm_cor~g-: gioso principe mercante partlt? dall lta_ha negh ult1m1 anni per conquistare al le merci nostre 11grande_m~rca-: to sud-americ2110 manda la raccolta delle relaz1om dei suoi commessi vi;ggiatori. A me, m_entre kggevo i manoscritti del Dell'Acqua, sembrava d1 sognare, tanto profonde e tanto acute erano le osservazioni di quei viaggiatori sui commerci nel Brasile è nel!'Argen~ina, sulle cause della schiavitu, sulle conseguenze prossime e_remote della sua abolizione rispetto al regim,e ternero, alla prosperità del!' industrie e dei commerci. Basterebbe un centinaio di case come quella del Dell'~cqua, forti di commessi vi~ggi~tori alt~etta~to audaci e colti, per trasformare la s1tuaz10ne del! Itaha nel _co1:1mercio internazionale! - Non è un hbro quello d1Giacomo Cresta, ma una breve rassegn_adella Mostra ItaloBrasiliana da lui orga~izzata a Tonno; ma qua~_tenotizie si imparano dal libretto e della mostra sul! importanza crescente e sulla forza d'iniziativa degli italiani al Brasile ! - li libro dei libri però fra que~li occasionati dall'Esposizione _Torin~se ~ un vo)mn~ 1nt1to)ato Gh _italiani nell'Argentma. D1 mille pagme 10 fogho, con illustrazioni splendide, questo volume 11quale ha costato la bellezza di circa 100 mila lire italiane in spese di stampa e di edizione è un vero monumento elevato dagli italiani dell'Argentina, all'operosità, all'inizi_ativaed a! genio colonizzatore della nostra razza da tani! a torto ntenuta degenere ed invecchiata. Un art~colo apposito n?n basterebbe a riassumere anche rapidamente questo hbro (I) meraviglioso per 1:ardimento.~i ~hi. in ~ochi_mesi condusse a termine un opera sugh 1taham em1gra~1~he nessun governo sarà mai in grado di e_mulare 1 m_erav1gl_1opseo~la commozione intensa che suscita nel! ammo dei letton la dimostrazione documentata che noi Italiani siamo nell'arte della colonizzazione superiori di gran lunga alla piu gran parte dei popoli europei, meraviglioso ~nalmente perchè da esso si. sprigior_ial~ ~isione li1~p1dae chiara di una nuova ltaha, ampia d1ec1volte pm dell'antica emula sulle rive del Plata delle virtù pacifiche che ha~no condotto ali Stati Uniti contemporanei e gli altri paesi di razza a~glosassone al fastigio piu alto della potenza industriale, commerciale e colon'ale. LUIGI EINAUDI. ( r) Non si trova in vendita_i,:1a ~ stat? donat~ d:tl Comitato di Buenos-Ayr,s, alle pnnc1pahb1bhot~che1talta!3eU. ~a mia schematica bibliografiasar:ì pubblicata m uno dei prossimi fascicolidella Rifom111 Socia_le. S_ullostesso li~rov'è anche un articolo mio sulla Stampa d1Tonno del 27 Giugno 1898. Per cmnbiamenli d'indirfa:;;o dirigersi all'Amministrazione della Rivista Popolare in Roma, Via Sal'degna, 11. 22. Lo Zio Sam al biviol 1l La caduta della Spa~na e le vit~orie am~ri~ane nelle Indie occidentali e nell tstremo onente as1at1_cohanno costretto gli americani a discutere se convenga o no alla grande repubblica di avere ~ei po_sse~imenti·ultramarini. La questione pare_che sia decisa_1n senso ~ffermativo. Le stelle e le stnsce della bandiera amencana adesso ondeggiano alle isole S~ndwich ed a Porto Ric~o. Cuba è già virtualment 7 una d1pende~za d_ellarepubbhc_a e il destino delle Filipprne è nella bilancia. Pur nondimeno coloro i quali d1vidon~ i vec~hi _sentim_enti!che ooi credevamo essere comum a tutti gh amencam, non sono disposti ad abbandonare il terreno senza protestare, e noi troviamo un vigoroso articolo nella North .American Rewiew di Andrea Carnegie contro l'estensione del dominio americano al di là del continente Nord-americano. Carnegie pone la questione nei segu~nti ~ermini: La repubblicaeh' è l'apostolo della democrazia trionfante, del governo del popol~, deve_abb_andon11_1·e le _suecredenze politicbe e tentare di stab1l1re in altn paesi tl governo dello straniero sul popo!o e divenire l'apostolo del dispotismo trionfante ? . . . . Carnegie è contrario al dispotismo tnonfante. Eg!1 ntirne che l'India s;a un gran peso ed un grande pencolo per la Gran Brettagna e deplora la Frospettiva del(o ~io Sam che si addossi da sè stesso un impero as1at1co. « L'America, egli dice, non ha b;sogo? di col?nie .di nessuna specie, nemmeno pel commercio. Che !_Inghilterra possegga le sue colonie e ~na ~~ura rettonca; che le sue colonie la posse1;gono è p1u v1cmo al ve!o. li nostro impero coloniale è una gra~de frase; ,ma m 9uanto a brnefìci materiali la cosi è diversa. Cosi anche 11leale Canadà commercia più con noi che coll'Inghilterra. Al giorno d'oggi il commercio non segue la, band1e_ra;_esso fiuta il piu basso prezzo corrente. Non c e patnott1smo negli scambi ». Carnegie condensa colla abituale forza e lucidità gli argomenti cor,tro la politi~a, eh: s~mbra ~ssere stat~ rapidamente _accettat_adagli amen_can1e contmua: « Noi siamo al biv10. Abbiamo un contmente da popolare e da sviluppne; negli Stati Uniti vi sono v.:ntitrè. perso~e per miglio quadrato. L'Inghilterra ne ha 370, 11 Belgro 571, la Germania 250.. ~a decima part~ della spesa pel mantenimento del dom1010 sulle F1hppme basterebbe a migliorare le nostre comunic~zio1:1ai,quee inte\~e; a scavare i nostri porti; a costruire 11canal~ d1 N1~aragua_; a scavare una via acquea dall'Oceano a1 Grandi Laghi; un canale interno lungo le sp'aggie _dell'Atlantico; un canale attraverso la Florida che accorci di 800 miglia la distanza tra New-Y01k e New-Orleans; ad unire il Lago Michigan col Mississipi; e costruire un canale ~el Lago Eriè all'A'legheny River ecc. ecc. Tutte queste intraprese non costerebl:ero di piu al para_gonedella_s_om_ma necessaria per !\sperimento di domin10 alle_ F1hppme, 7000 miglia lontane dalle nostre coste. Se ~1v~ol~ rendere la nostra repubblka potente tra le nazl?DI Cl può essere dl.bbio sulla migliore politica da seguire? Essere potente in casa propria e il mezzo p'u sicuro per essere potente anche fuori.. Oggi la repubblica stende la mano a tntte le nazioni senza essere l'alleata di alcuna; essa non ha disegni ambiziosi sul territ_orio d_egli.St?ti di_u~ altro continente; essa non urta gh ambmos1 d1segm di nessuno, non solleva gelosie, non ispira timori; essa non e uno degli S1ati smaniosi di possessi; essa ?e _ne sta_a parte perseauendo la sua propria grande m1ss1one, msegn;ndo a "tutte l_e~azioni ~oll'esempio. Fate che es~a si annetta un terntono stramero e tutto questo cambia in un momento. WJI ~m~nolo di Zio 511111 e a~che quello di Ionat/Ja11 s! dà all'americanodel Nord ; come si designa con quello d1 Iolm 'lJu/1 l'inglese.
RIVISTA POPOLARE DI POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIALI 127 « Io non sono, egli conchiude, un piccolo americano che ha paura della grandezza o in territorio o in popo• !azione ; ma desidero che il territorio sia americano e che esso produca degli americani e non razze stran'ere che a capo di certo tempo falserebbero la repubblica. ·Sotto ogni punto di vista noi siamo costretti a conchiudese che la politica passata della repubblica è l:t vera politica per il futuro ; per la saivezza, per la pace, per la felicità, pel progresso, per la ricchezza, per la potenza - per tutto ciò che rende felice una nazione ! n Questo nobile linguaggio del Carnegie e accettato da altri illmtri scrittori. Negli stessi sensi hanno scritto importanti articoli nel CenltiryMaia1..ine di Settembre Cari Schurz, nell'Harper's Maga1._ine J5rice, nel Century Magazine il Prof. T. Woolsey. Tutti questi articoli - specialmente i due ultimi - sono delle stringenti requisisitorie contro il dominio colonia!e, Non mancano i sostenitori, tra i quali notiamo Whitelay Reid, la cui opinione e interessante perchè egli è uno dei commissari per la pace colla Spagna. Il Reid non si nasconde alcuni inconvenienti della politica di espansione e riconoscendo la impossibilità di applicare ai nuovi domioì i principi politici dell'Unione C·Jnsiglia di adottare con leggere modificazioni la form 1 di governo territoriale, che ha fatto cosi buona prova negli Stati Uniti, e che serve per la educazione allo esercizio di nuovi diritti delle popolazioni, che non li hanno mai esercitati pel passato. E. Dicey nel Nineleentby Cenlllry di Settembre, occu pandosi del nuovo liberalismo americano insiste sulla grande rassomiglianza tra gl' inglesi e gli americani, e sul desiderio che hanno gli ultimi di mostrare di essere maturi per entrare nel movimento imperialista anglo sassone. Brooks Adams nel Forum di Agosto, infine, scrive un articolo, in cui caldeggia l'alleanza tra l'Inghilterra e gli Stati Uniti; la cui u'.lione modificherebbe profondamente l'equilibrio del mondo. L'IDEDAELLSOTATIONFRANCIA dalla Rivoluzione ai nostri tempi E. Ahrens, il quale considerava lo Stato come un centro vivente de' moti sociali, dice che esso « venne ognora concepito in diversi modi, secondo le opposte correnti dello spirito umano e le discordanti vedute intorno al fine ed ali' importanza delle forze motrici della vita ». E però lo Stato parve e pare a molti come uno specchio dove si riflette il vario movimento della vita sociale, da cui esso Stato emana, con cui è io continuo contatto e le cui varie manifestazioni invigila e sostiene. Ma con le dottrine che fomentarono la grande rivoluzione francese, e da questa in poi, è incominciata contro allo Stato una persistente lotta per guarentire e liberare la personalità umana e i diritti individuali dal gravoso dominio che esso aveva per luoghi secoli esercitato. ed t'sercita tuttora. A mostrare pertanto quale è oggi l'idea dello Stato, Henry Miche! ha fatto un lungo studio critico delle teo• riche sociali e politiche che d.! 1789 in qua sono comparse, e si sono svolte in Francia ( 1 ). Questo studio parmi per piu lati imp:>rtante, e però credo non inutile darne un breve riassunto, flcendovi qua e là qualche osservazione ad avvertire ov' io dissento dall'Autore. Il quale in fondo in fondo è un individualista, ma vuole ricondurre l'individualismo alle pure sorgenti del secolo XVili, onde scaturirono le profonde e vaste riforme politiche e sociali della rivoluzione francese. Nell'antico (1) llenry Miche!. L'Idec de l't::tat - Essai critique mr /'Histoire des théoriessocia/eset politiq11es bi France dep11isla Ri'VO• /u/io11. Paris. J-lachette et C.ie regime, sia nel campo de' fatti o de' pensieri, lo Stato si confondeva col Principe; incarnavasi nella persona del Principe; non aveva doYeri che verso se stesso; si proponeva, innanzi tutto, l'accrescimento della propria potenza ; non vi era un diritto individuale che vi stesse di fronte; e la ragione di Stato imperava suprema, senza riguardo a leggi morali o a giustizia. I propugnatori dell'individualismo tentarono allora di liberare l' individualismo dalle strettoie in cui l'aveva rinchiuso lo Stato; cercarono affrancarne la coscienza ed il lavoro, e ridare all'uomo la su1 personalità. L'individualismo del seco • lo XVIII ebbe pertanto un carattere emancipatore; ma non attese mai ad annichilire lo Stato in favore dell'individuo; volle anzi che lo Stato ponesse speciale cura a migliorare e perfezionare l'uomo tanto dal punto di vista morale che dal politico ed economico. Il Montesquieu. che, io ragion di tempo, e uno dei piu grandi promotori dell'individualismo in Francia, chiede la libertà dei cittadini, ma subordinata ad altri e superiori interessi, ed ammette che lo Stato rossa dirigere la ripartizione delle ricchezze, e porre un limite alle fortune private. Egli inoltre dice che lo Stato deve assicurarela sussistenzaa tutti i cittadini, la nutriz..ionec, ioè, un vestimmto conveniente ed un genere di vita che non sia contrarioalla salute, e per.:iò Filippo Buonarroti (l'integerrimo compagno del B:ibeuf), nella Storia dellacospirazionedell'uguaulianza, lo pone fra gli scrittori che, come Tommaso Mo!o e Gabriele de Mably, sotlomellonoalla volontà del popolo le azioni e le proprietà private. Il vero carattere dell'individualismo, che non annichilisce lo Stato, il nostro Autore lo trova, come in Kant, cosi anche in Rousseau e Condorcet, pei quali la sovranità popolare e l'uguaglianza non tolgono vigore allo Stato, ma danno a questo la forza di guarentire a ciascun cittadino il proprio diritto ; ed i loro pensieri politici e sociali vengono sempre promossi e diretti da una idea madre, che è la necessita di perfezionar l'uomo, e dargli il benessere e la felicità. Ma qui mi sia lecito osservare che, riguardato a cotesta maniera, il pensiero individualista si confonde in gran parte, anzi si confonde, col socialismo. E questa fusione appare maggiormente, se io non m'inganno, nelle coosideraz;oni che H. Miche! fa sulla rivoluzione francese, e sui principali scritti comparsi durante questa; ed appare anche dalle dichiarazioni dei diritti d,lt'uomo. In quella del 1793 il primo articolo dice: Lo scopodella società è lafelicità comune. E questo concetto svilupperanno indi i futuri socialisti; come pure quello dell1 pubblica assistenza e dell'uguaglianza. Nel principio del nostro secolo, la reazione all'individualismo nacque in Francia dalla scuola teocratica che, come disse il De Bonald, alla '])ichiarazionedei Diritti dell'Uomo volle contrapporre la Dichiarazionedei '])irilli di 'Dio. L'umana società, pei seguaci di questa scuola, è opera di Dio, quinii viene da Dio il potere che lo Stato incarna e rappresenta; ed è assoluto. Anche in Germania ed in Inghilterra, dove l' individualismo ha antiche e profonde radici, la scuola storica reagì contro di esso; e, con questa scuola, l'Hegel ritiene lo Stato un organismo, cd il suo sviluppo, uno sviluppo organico. Egli ha pertanto dello Stato un concetto assai alto, e, direi quasi, esorbitante; e, dirimpetto allo Stato, l'individuo non ha che dei doveri ; il fine dello Stato non è di mantenere la proprietà individuale, ma il trionfo di sè stesso. Con s:ffrni principii l' Hegel appare il precursore e il promotore di tutte le dottrine che si sono formate nel corso del secolo a propagare che lo Stato ha una missione ( nel senso mistico della parola) da adempiere. Ben altra lotta s'impegna intanto da Enrico Saint-Simon e dai suoi seguaci contro l'individualismo; lotta in nome di principii economici e sociali, ispirata primieramente da un forte sentimento religioso ed umanitario. Cotesta lotta assume nuovi aspetti e maggiore importanza col socialismo autoritario, che in L. Blanc s' inspira a un grande amore pei disercJati. Ritiene questi
'R...IVISTA POPOLARE DI POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIALI un nome vano il diritto separato dal potere ; crede quindi di armonizzare la libertà con l'autorità, e vuole che lo Stato sia provvidente, e regoli, con l'organizzazione del lavoro, la produzione. Altri socialisti, differenti fra di loro per molti riguardi, banno poi dei tratti comuni nel considerare lo Stato, e nel volerne, in una maniera o nell'altra, accresciuto il potere o l'azione. Sottomettono od abbandonano costoro l'individuo allo Stato, o meglio alla società, cui impongono l'obbligo di soddisfare a' bisogni individuali, e d'insistere a che ciascuno si sviluppi secondo sua natura. Mentre cotesti scrittori, in un modo o nell'altro, direttamente o indirettamente, fanno la critica dell'indivi• dualismo, in prò di questo combattono gli economisti ortodossi ed i politici dottrinari e liberali. Senonchè quest'ult.imi, che proseguono ancora alacremente il loro commino propugnando generose rivendicazioni in favore delle pubbliche libertà, hanno radicalmente cambiato il concetto dell'individualismo, e taluni trascendono fino a contrapporre l'individuo allo Stato, anzi infino alle conseguenze estreme e paradossali del Fourier e del Proudhon; ai Falansteri, cicè, e all'anarchia, che sono una logica applicazione della sfrenata libertà individuale. Credono essi che allo sviluppo integrale, ed alla piena espansione delle facoltà umane sia utile il togliere ogni CO· stringimento esterno, e quindi sopprimere il potere politico. Ancor oggi, in nome della scienza positiva, i sociologhi della scuola liberale riguardano le relazioni fra lo Stato e l'individuo assai diversamente da' socialisti. Ma questi, che seguono ora un indirizzo scientifico, sostengono che quando lo Stato moltiplica le sue intervenzioni prepara l'avvenimento d'una società dove non vi s~rà più luogo per esso, almeno com'esso generalmente mtendesi. « li primo atto, dice l'Engels, per cui lo Stato si affermerà come il rappresentante della società tutta intesa a prender possesso dei mezzi di produzione a nome della collettività, sarà nello stesso tempo il suo ultimo atto di governo ». Nella storia di queste varie cd opposte dottrine, H. Miche! vede i precedenti della crisi che ora attraversa la società; vede la dissoluzione dell'individualismo, e i progressi del socialismo di Stato; dissoluzione e progressi a cui contribuiscono pure i liberali, gli economisti e i democratici « i quali ripudiano ogni commercio con le idee generali, ovvero cercano il loro punto di appoggio in un sistema d'idee generali, incapace a darlo ». Ma due filosofi, osserva egli, Fouillce e Renouvier, hanno in più alto grado il sentimento della crisi presente; conoscono le idee sociali e politiche che vi si agitano ; ed hanno tentato di scioglierla. In fondo costoro, con metodi diversi, intendono conciliare le opposte idee dello Stato, e questa conciliazione desidera pure l'Autore. Ma non per questo egli stima che il suo sia un lavoro da eclettico; nè crede la sua una conciliazione di opposti sistemi : afferma, invece, d'essersi situato in un giusto punto dove svaniscono le difficoltà che vietano agli altri d'intendersi. Senonchè nell'esporre le varie dottrine ei tien conto della loro filiazione e della loro importanza, ma non ricerca i fatti e le condizioni effettive della civili! comunanza, onde esse dottrine nacquero e si svolsero ; e però avviene che nel classificare come appartenenti a questa o a quella scuola alcuni scrittori, che furono anche uomini d'azione ovvero tennero dietro agli avvenimenti del loro tempo, alle necessità di questo ed al conflitto vario delle idee; la classificazione riesce inesatta o monca imperocchè siffatti scrittori mal si adagiano ad esser contenuti ne' limiti d'un sistema, mentre il loro pensiero è assai complesso, ed è sospinto per diverse vie, e modificato da nuoYi fatti e nuove esperienze. Oltre a ciò la crisi che ora travaglia la società si riverbera, egli è vero, nelle varie dottrine sociali e potitiche ; ma non da queste dipende, ed ha, invece, sue profonde radici nelle condizioni economiche ed industriali dell'età nostra. Henr;y Michel1 concludendo, ripete che lo Stato in una società progressiva è la somma degl' individui che lo compongono, e non vi è alcuna ragione perchè essa non sia capace, qualora venga rettamente indirizzata, di procu• rare il bene di tutti per il bene di ciascuno. Ritiene inoltre che socialismo ed individualismo non siano termini antitetici; e richiamando l'individualismo ai suoi principii, vuole che si accresca ed usufruisca di tutti gli ultimi trovati della sociologia, e spedalmenie dell'Idea sociale, che v'innesta il Renouvier. Assegna quindi egli allo Stato una funzione economica ed una morale, giusta le vedute del secolo XVIII. Ma quei oropugnatori dell'individualismo banno discorso a priori, applicando istintivamente i concetti di giustizia, di libertà e di dignità personale e d'uguaglianza; ora invece l'applicazione dev'essere fatta con un'esatta determinazione de' mezzi e dopo la necessaria esperienza delle cose. Giusta osservazione quest'ultima. Senonchè l'Autore nel suo lungo ed erudito lavoro si limita a fare la storia delle idee, ed a mostrarne l'importanza nello svolgimento de' civili consorzi. Importanza che nessuno vorrà negare. Ma non per questo è men vero, ed a me qui giova ripeterlo, che le funzioni dello Stato cangiano col mutar delle interne lotte e delle reali condizioni della società ; e che l' idea dello Stato modificasi pure e cambia in seguito a tali mutamenti. Osserviamo infatti che il governo parlamentare, da cui tante cose si ripromettevano i nostri padri nel principio del secolo, ora in Francia e fra noi tristamente decade e degenera; e con esso s'invilisce pure il concetto dello Stato. Malgrado ciò nel governo rappresentativo e parlamentare è ancora tanta vitalità, che esso può risanare sè stesso ed invigorire. Corretto dalle molte wagagne, che oggi l'inquinano,. e da suoi viziosi procedimenti, mercè una più larga e sostanziale libertà, non è vano sperare che possa indi conciliar i principii e le forze dell'individualismo col socialismo. Conciliazione questa necessaria, imperocchè il socialismo non potrà fare lunga strada se non giunge a guarentire la personalità umana, i diritti individuali e tutte le civili libertà faticosamente conquistate lungo i secoli. Ma d'altra parte il governo rappresentativo potrà soltanto, mercè i principii e le forze del socialismo, cessar d'essere un governo di clientele elettorali, e di classe; e qualora pervenga a rappresentare davvero la maggioranza del popolo, o meglio gl' interessi di tutti, si modificheranno di certo le sue funzioni; e muterà quindi anche l'idea dello Stato, il quale saprà adattarsi alle nuove esigenze della civile comunanza. G. ROMANO-CATANIA. L'ORIGINE~ DE' COMUNI ~ SECONDORECENTISTUDI SOCIOLOGICI (1) « Il risorgimento italiano - disse G. Ferrari nel suo « splendido saggio sul Macchiavelli - fu preludio di « tutte le rivoluzioni moderne ». E, già prima, aveva il Sismondi nella sua « Storia delle repubbliche italiane » fatto campeggiare un tal concetto, che, penetrato, ormai, nella cultura moderna, attende solo che gli si dia il conforto di prove ed esplicazioni numerose e concrete. Or il risorgimento italiano ben può dirsi non essere stato altro - infine - che l'evoluzione del comune. E se, ripetendo e confermando una sentenza del Thierry, in uno studio recente, del quale dovremo occuparci, è detto che « la storia dei municipì, fondamento e parte « essenziale del terzo stato, ha solo ottenuto a' nostri « giorni quel grado d'importanza che ad essa spetta, (1) A. Groppali e F. Bartoli: Le Origini del comune di Cremona - Cremona 1898. - A. Dina: Il comune beneventano nd Mille ecc., •- Nota letta al R. Istituto lombardo di scienze e lettere •· 1898.
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