Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno IV - n. 6 - 30 settembre 1898

RIVISTPAOPOLARE DI POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCI.ALI Direttore: Dr. NAPOLEONE COLAJANNI BEPUTATO AL PARLAMENTO Esce in Roma il r 5 e il 30 d'ogni mese 1TALIA : anno lire 5 ; semestre lire 3 - ESTERO ; anno lire 7; semestre lire 4. Un nuinero separato: Oent. ~ AnnoIV. - N. 6. Abbonamento postale Roma30 Settembre1898. SOMMARIO: On. Avv. SAL\"ATOREBARZILAI: La caccia ali' italiano. TRAVET ) R d" 1· bbl" · · 1· · SOCIALISTOID)E a 1ca 1, repu 1cam e socia 1st1. Sulle condizioni dell'Italia moderna (Guida). G1ov.-1.NNIBoRELLI: A proposito della libertà di stampa iu Italia. (Lettera aperta ali' 011. N. Colaja1111i). GIORGIO GALASSI: Dopo il 20 Settembre. Dr. F. CARONNABoNAL: Amministrazione e socialismo municipale in Inghilterra. LA RIVISTA: Quistione idraulica e fc:rroviaria. Avv. F. Lo SARDO:A proposito del suicidio di Eleonora Marx. Il prçiblema rurale in Inghilterra. (La piccolae grandeproprietà). FELICEMoMIGLJANO:L'ultimo libro di Herbert Spencer. L. L. : A proposito di certe inutili polemiche. Noi : Al di là del bene. e del male. 'l{.ivista delle Riviste. 'l{.ece11sio11i. LA CACCIA ALL'ITALIANO Le corone di fiori hanno avuto tempo di appassire nel mausoleo degl'imperiali di Vienna, le lacrime di asciugarsi sul ciglio ddl' imperatore, lo stolto delitto del Lucheni è già da parecchi giorni passato di attualità, e nei domini della Monarchia Austriaca la caccia all'it11iano continua. Dopo i fatti di Trieste ove è provato, e si potrà facilmente documentare, che una folla di poco più che 200 persone, arruolata tra i bassifondi della plebaglia, diretta, incoraggiata, protetta da tutto l'esercito 1-1olizic:scop, otè per tre giorni impunemente oltraggiare emblemi, bandiere, istituzioni italiane senza trascurare le devastazioni e il saccheggio; dopo i fatti di Nabresina ove i cavatori italiani di pietra furono malmenati ed espulsi; dopo i fatti di Duina ove in poche ore un edificio scolastico italiano, che costava alla Lega Nazionale per la diffusione dell'Italianità più della metà di q1,el che incassa in un anno la nostra Dante Alighieri, venne dalla furia slovena abbattuto dalle fondamenta; dopo i fatti di Vienna ove uomini e donne inveirono contro operai italiani delle fabbriche; dopo i fatti eccezionalmente gravi della Carinzia e della Carniola, ancora oggi, alla fine di settembre, giungono notizie di muratori itali1ni feriti da muratori croati a Zagabria, di marinai italiani percossi a sangue in Dalmazia, di pescatori e di commercianti sopraffatti dalla furia e dal mal talento dei croati nelle isole del Quarnero. Oh! dove sono andati a finire, 'io mi domando dinanzi ad un tale spettacolo, tutte le indignazioni, tutto il generoso ribollim<!nto dello spirito nazionale, tutte le dimostrazioni di piazza Colonna tutte le invettive contro un ministro che troppo presto aveva chiusol'incidente onde la vitalità e la fierezza italiana si manifestarono ai tempi di Aigues-Mortes, e poi per gli episodi di Lione? Le bastonature dei tedeschi e dei croati, forse perchè tradizionali nel nostro paese, non lasciano i lividi sulle carni dei nostri poveri lavoratori come quelle degli aggressori di Francia? · La distruzione delle proprietà private, sotto gli auspici dell'alleanza, diventa qualche cosa di meno incivile? Gli oltraggi sanguinosi alla patria italiana proferiti in sloveno o in tedesco, non arri vano forse a ferire i timpani pur così delicati dei nostri conservatori, dei nostri moderati, delle varie società • Sempre Avanti Savoia» disseminate sulla faccia della penisola? Il governo nel quale entrano due generali e due ammiragli, che si trova quindi in permanente assetto di guerra, che pare di veder partire ogni momento per qualche impresa ariostea, come va che non ha saputo trovare fin da principio una parola, una minaccia che alle autorità imperiali, se non alle turbe ubriache, insegnasse il dovere? E, badiamo bene, la gravità dei fatti odierni supera di gran lunga quella dell'imboscata di Aigues-Mortes, o delle aggressioni di Marsiglia e di Lione. Anzitutto la concorrenza del lavoro in Austria da parte degli operai italiani esiste in proporzioni assolutamente minime: in tempi normali dagli operai indigeni nemmeno può dirsi avvertita. In secondo luogo manca in Austria completamente il pretesto politico, perchè se, ad esempio, intorno all'epoca di Aigues Mortes, il principe ereditario faceva il viaggio di Alsazia e Lorena, durante questa iliade dei lavoratori italiani egli ha fatto soltanto quello di Vienna. Quale adunque il movente delle violenze e degli oltraggi che hanno tolto pretesto dal delitto di Ginevra? D.i un lato l'odio dell'elemento sloveno in tutti i modi, tutto l'anno accarezzato, favorito, aizzato

{01 'R_WISTA POPOLARE 'DI POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIALI dal Governo centrale contro l'elemento italiano; poi la tradizionale ostilità, contro tutto ciò che sa d'italiano, delle autorità dell'Impero.· Gli sloveni vagheggiano la conquista dell'Istria, se non quella di Trieste, dopo aver per gran parte raggiunta quella della Dalmazia, ed alla loro opera assidua contro la civiltà la tina, nesmn governo italiano ha mai pensato che avesse il dovere di oppor qualche cosa. Le autorità imperiali, non hanno dimenticato nulla ed hanno imparato anche meno. Per esse l'Italia è sempre qualche èosa di sovversivo, gl'italiani gente che solo per certi pregiudizi del governo centrale che si chiamano alleanze, non si devono mandare in galera senza ragione e sottoporre alle vergate sulle pubbliche piazze; per le imperiali e regie polizie, per le imperiali e regie luogotenenze tutto quanto è italiano sta contro « l'imperatore•· Quando viene l'occasione o il pretesto, sloveni da un lato, poliziotti dall'altro, rotte le dighe, abbandonati gli scrupoli, seguono il corso naturale delle loro simpatie e delle loro riminiscenze! E in Italia si sta a vedere. Quasi nessun giornale che dedichi a queste infamie l'onore di un articolo di fondo. È molto se si dà posto ai pru • denti dispacci della Stefani che narrano la cronaca. Il governo pare si sia contentato di una deplorazione dei fatti da parte dell' imperiale e regio luogotenente di Trieste, dopo la quale si è cominciato con più violenza daccapo. Nemmeno la destituzione del direttore di Polizia della città adriatica si è riusciti a chiedere ed ottenere. E si ha il coraggio, dopo ciò, di parlare di sviluppo e di riproduzione del naviglio! Oh! rifate una buona volta, come il Saint-Bon, ordinate la vendita della flotta; e pensate piuttosto allo sviluppo del sentimento di dignità, alla riproduzione del_ carattere italiano! SALVATORE BARZILAI. Raaicrnal~i~~~lica~i ~ s~c alisti Nel numero 30 Agosto di questa « -Rivista " il Socialisloide e ritornato ancora una volta a parlare degli screzi fra radicali, repubblicani e socialisti, e ne ha parlato, come 5ogliono tare per lo più e repubblicani e socialisti, da un punto di vista completamente sbagliato. Pare impossibile che in Italia i partiti estralegali non debbano saper far altro che guardare sempre al passato e non mai all'avvenire ! E certo che nel passato il Partito Socialista si e andato formando specialmente a spese dei Partiti Radicale e Repubblicano; se questo sia stato un bene o un male, e discutibile: se i progressi socialisti sieno dovuti al malanimo dei socialisti e non piuttosto alla disorganizzazione e alla assoluta incapacità pratica dei repubblicani è anche discutibile. Ma quando su questi due interessanti problemi avremo discusso per un secolo, e ci saremo trattati vicendevolmente da rammolliti e da mascalzoni, che ci avremo guadagnato ? avremo noi mutata l'attuale condizione di cose? Non sarebbe meglio smettere il vezzo di far recriminazioni sterili sul passato, e prendere invece le cose come sono, e cercare di preparare, un po' meglio che non si sia fatto pel passato, l'avvenire? Ora in questo momento come stanno le cose ? Se non m'inganno, stanno uel modo seguente : l'estrema sinistra politica consta di tre frazioni, radicali, repubblicani, socialisti, che ognuna da se sola può far poco, riunite insieme possono fare moltissimo. Nell'interesse di tutte e tre le frazioni un'alleanza sarebbe desiderabilissima. È essa pos,ibile, e con che mezzi bisogna cercare di produrla ? Ecco la questione, il resto non merita neanche l'inchiostro che ci si sciupa intorno. lo, che sono socialista, posso dire solo quali condizioni potrebbero facilitare l'ingresso dei socialisti nell'alleanza; sarebbe interessante che la stessa cosa facesse su questa stessa « Rivista » qualche radicale e qualche repubblicano. Sarà questo uno scambio di idee, che naturalmente non potrà impegnare i rispettivi partiti, perche io non ho nessuna veste nfficiale per parlare; ma non sarà forse inutile a chiarire un po' meglio i rapporti reciproci che intercedono oggi fra i tre partiti estralegali. Ciò rosto, le condizicni senza delle quali, a mio parere, un'alleanza sincera e solida fra i socialisti e gli altri non e possibile, sono quattro. I. Bisogna che i repubblicani e i radicali smettano di considerare il Partito Socialista come un usurpatore, come un fratello cadetto che è riescito con male arti ad impadronirsi del maggiorasco spettante di diritto divino ad essi, e che può farsi perdonare la sua usurpazione solo adattandosi a fare da servitore e da lustrascarpe umilissimo ai fratelli maggiori. Se il Partito Socialista sia un usurpatore, non m'importa di sapere ; so che in questo momento esiste, che non è meno forte degli altri due Partiti, che vuole esistere e che vuole svilupparsi. I repubblicani e i radicali questa verità elementarissima finora l'hanno sempre amata come il fumo negli occhi. C'è un collegio conquistato da essi? sn qnel collegio, secondo loro, c' e bandita, e i socialisti non ci debbono metter piede. C'è una lotta elettorale? se i repubblicani hanno mostrata l'intenzione di posare una loro candidatura, i socialisti debbono rinunziare a posarne una loro e debbono votare per il repubblicano. Se i socialisti obbedissero umilmente ai loro comandi, è certo che i repubblicani non avrebbero da lamentarsi dei socialisti e li proclamerebbero i migliori fratellini di questo mondo; ma allor.i che bisogno ci sarebbe che i socialisti formassero un partito a se? potrebbero sciogliere il loro partito e andare a prender gli ordini dal Partito Repubblicano. Se i socialisti pretendessero dai repubblicani ciò che questi pretendono dai socialisti, che cosa direbbero i repubblicani? ci chiamerebbeto matti, e avrebbero mille ragioni. Certo sarebbe desiderabile che i divnsi partiti estralegali si incontrassero più di rado che fosse po~sibile nello stesso campo di lavoro; sarebbe più desiderabile ancora che, data la necessità dell'incontro e dello ... scontro, la lotta avvenisse ad armi cortesi, come una partita allo scopone fra due avversari, che alla prossima possono diventare compagni di gioco. E sotto questo rispetto io son pronto a dichiarare lealmente che i socialisti non sempre usano prudenza e temperanza. Ma siamo giusti, caro Sociali5toide. crede Lei che in fatto di prudenza e di temperanza i repubblicani e i radicali siano dei modelli insuperabili? Sa come stanno le cose? quando i socialisti dàn delle botte ai repubblicani, allora i repubblicani strillano, perchè .... le sentono ; quando i repubblicani dan botte ai socialisti, allora non le sentono e non se n'avvedono ; eppoi i repubblicani non si sentono forse in diritto di picchiare gli usurpatori, i traditori, i guastamestieri, ECC. ecc? I repubblicani e i radicali bisogna che si avvezzino a trattare il Partito Socialista da. pari a pari, a domandargli alleanza non a pretendere da lui una dedizione completa. Solo quando i repubblicani e i radicali avran presa questa salutare abitudine, solo allora si potrà parlare di accordi. Se no, no. Il. Seconda condizione. Bisogna che i repubblicani e radicali si decidano a essere un po' più ... repubblicani e radicali di quanto non siano stati finora. Quando noi vediamo i repubblicani e i radicali amoreggiare ora con

'l?__I17ISAT POPOLARE DI POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIÀLI ro; Zanardelli, ora con Giolitti, ora con Baccelli - persone che noi, a torto o a ragione poco imporra, riteniamo nostri nemici non meno dei moderati - noi non possiamo venire a trattative. F.inchè fra la estrema sinistra radicale e la sinistra monarchica non saranno stati rotti completamente, e non solo a parole, i ponti, finchè vedremo i radicali sperdersi nelle schermaglie parlamentari, finchè vedremo dei deputati repubblicani far l'occhiolino dolce al generale Pclloux, augurandogli di avvocatizzarsi in compagnia degli altri ministri avvocati ... crispini, finchè la estrema sinistra radicale non avrà assunto un atteggiamento di opposizione incondizionata a qualsiasi ministero, che non accetti e non attui immediatamente e lealmente il programma radicale, finchè noi vedremo i radicali sostenere tutii i ministeri nascenti in od•o ai ministeri morti, contentandosi di buone parole, e aprendo finalmente gli occhi e oassando all'opposizione solo quando i ministeri non han più bisogno del loro appoggio; in poche parole finchè gli estralegali colla loro azione pratica non si saranno messi un po' più d'accordo colle loro dichiarazioni teoriche e non avranno preso un carattere un po' più determinato ed.. . estralegale, noi non potremo . mai pensare ad una alleanza solida e sicura. Su questo punto sono obbligato a sorvolare per .... ragioni di ordine pubblico. In. I repubblicani e i radicali quando si trovano davanti al programma economico del socialismo, evitano, per lo più, accuratamente di pronunziarsi. Ora intendiamoci : noi non siamo tanto prepotenti da volere che i repubblicani accettino le nostre idee ; no. Ma rioi abbiamo fra le nostre idee una idea, sulla quale non possiamo ammettere che i nostri alleati portino la loro discussione, e quest'idea è la lotta di classe. Noi non pretendiamo che anche voi diventiate un partito ai classe ; a noi non importa che voi riteniate la lotta di classe o l'odio di classe, se meglio vi piace, criminoso; per noi e indifferente che voi vogliate o non vogliate condurre le classi sociali ad abbeverarsi al fiume pieno del latte e miele dell'amore; noi arriviamo fino ad ammettere che nella lotta sociale voi possiate in avvenire prender posto nell'esercito che sarà a noi nemico; pt:r noi quel che importa è che voi ci diciate francamente: questa lotta o quest'odio di classe che noi andiamo secondo voi eccitando spinti dal nostro feroce malanimo, siete voi disposti lasciarlo sviluppare liberamente, senza alcuna limitazione giuridica e politica, con tutte le sue conseguenze, come scioperi, leghe di resistenza ecc., s1lvo naturalmente la rivolta violenta? siete voi disposti ad abolire tutte quelle parti del codice penale presente, che intralciano o condannano la lotta o l'odio di classe, oppure noi continueremo ad esser condannati anche sotto 1 vostri auspici per l'articolo 247, oppure per qualche altro articolo analogo? A queste domande voi non dovete rispondere con scappatoie, inneggiando all'amore e alla giustizia e dimostrando la d:ffic11issima verità che sarebbe mille volte meglio star bene che star male. Noi lo sappiamo che voi volete l'amore ; ma dal momento che la lotta, secondo noi, c' è, condannerete voi chi alla lotta prenderà patte? IV. A queste suesposte domande è molto probabile che il Socialistoide d altri rispondano in modo da accontentare i socialisti. Ma e gli altri ' chi ci garantisce che tutto il vostro Partito accetti questo modo di pensare? Quando noi leggiamo i giornali rerubblicani o radicali, corriamo sempre pericolo di ammattire : l'uno ci chiama delinquenti, l'altro ci fa un mondo di complimenti; spesso nello ste,so giornale il linguaggio cambia da colonna a colonna; il Partito repubblicano e radicale non si arrischia mai a prendere sulla questione socialista una deliberazione collettiva ufficiale. Questo può esser forse comodo per il loro Partito, che così può accogliere nel suo seno I' injividualista intransigente e il.. .. socialistoide, ma a noi non può far comodo. Noi non vogliamo equivoci":patti chiari, amicizia lunga. Mettetevi prima d'accordo fra voi, discutete la questione pubblicamente in un vostro congresso, proclamate officialmente, che voi, pur essendo contrari alla lotta di classe, ritenete che il Partito Socialista abbia il diritto di fare la lotta di classe e che nessuna legge debba incepparlo nella sua azione ; e allora parleremo di accordi. Pretendiamo noi troppo dai radicali e dai repubblica-- ai? i:: forse troppo domandare che i radicali e i repubblicani non ci consi.lerino come loro servi, ci riconoscano il diritto di vivere, si spieghino chiaramente con noi, ci diano garanzia che i patti dell'accordo futuro saranno mantenuti? UN TRAVET. Chi conosce l' intimid mia molto intima - colla direzione della Rivista comprenderi agevolmente. come e per eh è mi sieno state comunicate le bozze di stampa dell'arti.:olo del Travet, e mi sia stato eccezionalmente concesso di rispondere nello stesso numero ad evitare le polemiche lunghe, che diventano serpi. Se non sapessi quale uomo di valore si nasconda per necessità sotto lo pseudonimo del mio conti adittore, francamente dichiaro che non avrei risposto, tanto poco sono esatte le sue obbiezioni. Il rispetto alla persona e l'attualità dell'argomento m' inducono ad agire diversamente. Premetto che non mi trovo di accordo col Travet nella inutilità, da lui ammessa, delle discussioni sul passato. Non si può preparare l'avvenire senza conoscere il passato con tutti i suoi errori e con tutte le sue colpe; chi non lo conosce non può schivare gli uni e le altre. Mi occupai del passato precisamente nella speranza che certi inconvenienti non si ripetano per l'avvenire. Desidero ardentemente che non si ripetano perchè voglio riuscire ad una intesa, anche limitata alle contingenze presenti, se non vuolsi parlare di una vera alleanza tra radicali, repubblicani e socialisti; e questo ideale, che propugnai sempre, vedo con piacere eh' è divi,o dal Travet, che Yorrà aiutarmi nell'abbattere gli ostacoli, che gli frappongono i bigotti del socialismo e i bramini del partito repubblicano. Lo avverto che gli ultimi sono agli sgoccioli, mentre prevalgono ancora i primi nel partito socialista; e prevalgono tanto, che nell'ultimo congresso per poco non dichiararono Filippo Turati un transfuga. L'entente, però, sarà resa piu difficile designando i radicali, i repubblicani e i socialisti come partiti extra-legali. I primi, specialmente, banno ogni ragione di protestare contro questa denominazione, la quale, del resto, per tutti non si accorda colla realtà. La lotta sul terreno parlamentare e la propaganda pacifica nel paese sono cose perfettamente legali. Chi è fuori della legge è il governo : sono i reazionari, che si sono posti fuori della legge per necessità di conservazione, memori del motto francese con tanta opportunità illustrato dall'Engels: la legaliténous tue I Non è esatto ciò che afferma il Travet sulla pretesa superiorità, sul diritto di maggiorasco che i repubblicani vorrebbero esercitare sui socialisti. I primi non si credono sacri e intangibili; e sopratutto non si credono infallibili. L'infallibilità è del socialismo ufficiale, il quale, appunto perchè crede di possederla, si mostrò spessissimo insolente, altezzoso, intransigente. Il meno che ha detto ai repubblicani è stato questo : voi non avete più ragione

'R,_IVISTA 'POPOLARE DI 'POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIALI di essere ; sietemummie;sietestatisorpassat.i... Sicur~: siamo alla vigilia della proclamaz•one del colletti· visma ! Meno male che il mio egregio contradittore ammette che i soci.1listi non sempre abbiano usato prudenza e temperanza e che sarebbe desiderabile che essi s'incontrino il meno possibile sullo stesso terreno ! È precisamente questo che io desidero e propugno ; e gli es_empi da me citati, e s~i qn_ali saviamente scivola il Travet, provano che 1 socialisti non la pensa1w in tal modo. Colla loro teoria dell'affermazione essi fanno spesso il giuoco degli •avversari più reazionari. L'ultimo caso è quello di Corteolona. Ivi a primo scrutinio radicali e socialisti erano iu maggioranza: nel ball0ttaggio i buoni argomenti del reazionario Dozzi la vinsero sulle ragioni del Romussi. A questo proposito non è male che l'amico ... avversario sappia che non pochi voti dei socialisti nel ballottaggio passarono .... al reazionario. Coscienza di classe e dovere della disciplina .... Al Travet non va l'opportuneggiare dei radicali e dei repubblicani. Dato e non concesso che ciò sia vero mi permetto di chiedergli: oh bella! E a voi socialisti che importa della condotta dei prnm - che se determinata da volgari motivi vi giova per discreditarli - purchè essi tengano fede ai patii stabiliti con voi? Volete libertà piena ed intera di agire come vi pare e piace su certi punti e volete negarla agli altri? Del resto, intendiamoci sull'opportunismo: ce n'è uno sano e rispettabile ed è quello che non mira a conseguire fini e vantaggi individuali; è quello che Macchiavelli chiamava opportunita, caldeggiata sempre da Giovanni Bovio che s<::n'è giovato tanto, individualmente, da dovere essere alle prese ogni giorno coll'avversa fortuna. Tutta la politica è opportunit~, che tiene conto del presente per raggiungere un avvenire migliore. A questa dea sacrificarono Mazzini e Garibaldi, repubblicani, lavorando a costituire l'Italia monarchica. Di amareggiamenti illeciti dei radicali, e specialmente dei repubblicani, con Tizio o Fileno non so - a proposito dei quali mi pare che il Travet non abbia afferrata l'ironia di BJrzilai quando augurava a Pelloux di avvocatizzarsi -; di voti dati a Cajo o Sempronio nella speranza del meglio o per la paura del peggio mi è noto. A giustifìcJrli non evocherò il ricordo dei socialisti francesi nei rapporti col ministero Bourgeois ; ma rammenterò al Travet che anche i socialisti italiani ne hanno datL Filippo Turati dovette sinanco difendersi, come un volgare delinquente, dinanzi ai suoi correligionari pel discorso e pel voto dato al ministero Di Rudinì nell'affare delle navi. II Travet l'accordo tra i socialisti e gli altri partiti vorrebbe farlo cadere cogli amici. Amici ! In che senso? Certo non sul programma economico : su questo essi non hanno che nemici ; e da nemici trattano quanti non accettano il loro sillabo, intero. Tale considerarono anche chi scrive, che ha tutte le simpatie pel collettivismo, e che pel socialismo - modestia a parte - qualche cosa ha fatto. Non sono un lavoratore della venticinquesima ora : ebbi il coraggio di professarmi so• cialista, quando per lo meno correvasi il rischio di essere messi in ridicolo. Mi pare proprio assurda la pretesa che si accampa verso i radicali di doverla rompere colla sinistra storica. Con ciò si pretende che essi perdano la loro fisonomia e si confondano, sic et simpliciter, coi repubblicani. Che tra i cosidetti - impropriamente - partiti extralegali non ci possa essere perfetto accordo s'intuisce; altrimenti non si raderebbe di accordo, ma di fusione, venendo a mancare la differenza. Pure un terreno comune - almeno sino al giorno in cui non trionfera il collettivismo - c' è anche nella questione economica : l'in!ervenzioni,mo accettato da quasi tuti i radicali e i repubblicani - e tra i primi credo che potrebbe escludersi il solo Diligenti - comprende le linee generali del pro grarnmaminimo dei socialisti. Sarei grato, poi, a chi volesse nettamente stabilire le profonde distinzioni tra questo programma minimo e il programma di Giuseppe Mazzini.... già sorpassato! E padronissimi i socialisti d'insistere sulla lotta di classe. Questa è una realtà non smentita sinora dalla storia, ma che va intesa cum granosalis. Se la lotta di classe è vera, è altrettanto utile ed innocuo predicarla sempre e dappertutto? Ecco il punto di cui mi occupai e su cui il Travet sorvolò colla solita prudenza. Da parte mia non posso insistervi per motivi di dolorosa attualità che il mio contradittore saprà apprezzare; a me basta rammentargli che la CriticaSociale fini col darmi causa vinta accettando il federalismo nella tattica, e che l'Avanti! mi dette completa ragione nel brano da me riportato nel precedente articolo. E mi sento umiliato nel dovere aggiungere che non ho mai pensato - nè conosco altri correligionari miei che lo pensino - che i socialisti predichino la lotta di classe nel senso volgare di odio di classe, per malanimo. Diglielo tu, mio buono e caro Prampolini, che ciò non è ! Il Travet offende gratuitamente radicali e repubblicani enunziando il dubbio che essi vogliano mantenuto l'articolo 247 con tutti i suoi ammennicoli, e che possano intralciare lo sviluppo degli scioper;, delle leghe di resistenza ecc. Si può non tener conto di questa gratuita offesa ammettendo che egli ignora tutte le discussi011i e tutti i voti della Camera su questa quistione. Radicali, repubblicani e socialisti votarono e parlarono sempre con una meravigliosa e rara armonia. Lo sfido, inoltre, citarmi un solo scritto di repubblicani e di radicali, che autorizzi l'ingiurioso sospetto. E conchiudo, quantunque avrei dell'altro da dire, che ora come ora, repubblicani, radicali e socialisti hanno un terreno sul quale possono, sul quale devono intendersi se amano la patria, se vogliono conseguire rispettivamente il proprio ideale : la difesa della legge, dello Statuto, della libertà. . Più tardi si vedra sin dove si potrà cammmare di accordo. Ecco il mio opportunismo. IL SOCIALISTOIDE. Nel prossimo numero pubblicheremo un primo e interessantissimo articolo illustrato di Salvatore Di Giacomo sulla Prostituzione a Napoli

'1{.IVISTA POPOLARE DI POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIALI 105 OUIDA ~otto il ps;udo1:nino di Guida si nasconde una signora mglese eh è vissuta lungamente in Italia, che conosce ed ama come sua seconda patria e di cui ha scritto con amore e con ammirazione. ,. La vertig_inosa ?ecadenza del. nostro paese ha costretto I !llustre scrittore_ mglese a modificare il proprio linguaggio ed a d~~unz1are a! propri ~oncittadini i mali politici, e1 econom1c1, che affi1ggono I Italia moderna. In seguito dt che e avvenuto che i giornalisti cortigiani della penisola ha'?no mutato in biasimo la lode, che per lo pass~to le tnb1;1tavano: qualcuno le negò persino il diritto di occuparsi delle cose nostre. I nostri lettori comprenderanno che questi rigidi custodi della insindacabile autonomia dell' Italia - vere caricature di chauvins - sono quelli stessi che criticano aspramente - e fanno beue - i procedimenti adoperati dalla Francia contro Dreyfus, e che a tempo_ perso emettono qualche nota umanitaria contro la Ru~s1a e contro la Turchia. Acqua in bocca però sulle bncconate della Germania e dell'Austria: che diavolo! sono nostre alleato:.... ~ costor<;>c. ' e ~a i:ispondere questo : il diritto di Ou1da a criticare I Itaha moderna scaturisce dal diritto ~be riconosceste in. Gladstone di condannare alla gogna 11 governo borbomco ; e - rimontando più in alto e ad un principi? p~ù generale - dall'allargamento del senso della sohdanetà sociale. Guida è tornata alla carica test è con un ma crnifìco articolo n:lla R~wirw of Rewiews _( r 5 settembre ) 0 dello Stead. Noi lo riprodurremmo per mtero se il Fisco ce lo consentisse, ma non potendolo ci limiteremo a riport~re i brani più ododossi, avvertendo però che, su per g1ù, le stesse cose - con minori dettagli e con minore conoscenza delle cose nostre - ha scritto un americano Edwin D. Mead, nel New Cnulaud Mauazine (Acrosto)' h Il , . I d" o 'd " b t, ' e c e ne artico o 1 111 a, non mancano inesattezze. « La tortura della nazione italiana, dice Guida e cominciata col primo dei suoi governanti che volle' annoverarla tra le grandi potenze marittime e militari. Quest'ambizione colle sue stravaganti e costose esigenze e pretensioni, coll'assoluta indifferenza per le sofferenze che creava, ha distrutto la pace e la prosperità del paese ed alterato le condizioni nelle quali fu fondato il regno d'Italia ed accettato il governo monarchico da Garibaldi». « Della generale irritazione vi sono innumerevoli cause. Suprema tra tutte le seguenti : coscrizione, tassazione e conseguente miseria. Queste aumentarono d' intensità col delitto Crispino - la guerra di Abissinia. Da quella gigantesca pazzia in poi, lo stato del paese e passato dal male al peggio, come quando rapidamente una affezione bronchiale degenera in pulmonite. L'incessante pressione fiscale ha oppresso tutte le classi, eccettuata la più alta ... » « Oggi ne siamo a tale che si può ritenere tanto vero quanto maligno questo epigramma : ci bisoonaVli davve_rodel talento per fare morire di f a111eun p~polo, che si contenta d1 pane nero I " • ,. ,. « Gl'italiani sono perpetuamente tormentati dalle seguenti occorrenze : dalle tasse, dalle espropriazioni, dalla tiram;1i~ e d~lle insolenze di una polizia brutale, da una ammm1straz1one locale torturatrice, la quale imita e ripete in modi infiniti le tirannie e le oppressioni del governo centrale ... » ..... Alcuni abusi della polizia sono insopportabili; e sono usuali. « Ogni carabiniere, ogni poliziotto può essere sicuro della protezione dei superiori se uccide un ~ittadi_n<;>che resi~ta all'arrest<;>-Ciò che e ancora più 1ncred1b1le_è.che 11 uendarme m questi casi, viene decorato dal M101stro delÌa guerra colla medaglia al valore I » « Il governo italiano che adesso perseguita il socialismo come un delitto, ha adoperato esso stesso le misure peggiori di so~ialismo di stato. Esso rispetta i latifondi permette le us_urpa~io'?i a danno_ del _pop<;>!~_;ma calpe: sta colla massima 1nd1fferenza gh altn dinttt d1 proprietà individuali ». . ~ C_he cosa conchiudere da queste capricciose contradd1Z1om ? Soltanto questo : che coloro i quali sono con• siderati come i governanti dello Stato non hanno alcun chiaro concetto nè della politica ne del dovere; che essi seguono le teorie del socialismo quando servono ad assicurare la popolarità, e che le perseguitano quando le stesse teorie minacciano i loro propri interessi ». * * * Le violenze inaudite commesse negli ultimi tempi dal governo « non sono proprie delle epoche di sedizione; ma esse avvengono sempre, in tutti i periodi, sotto tutte le amministra~ioni, in tutte le città e in tutte le provincie. La popolaz10ne conosce che soltanto chi e protetto si salva, e che il povero e l'uomo onesto non possono godere tale protezione ». Perciò la diffidenza contro il potere - se non l'odio-, e tutto nello sconforto che e racchiuso in questo giudizio che mi dava un lavoratore: « La società non è che una vasta camorra per la protezione dei furfanti, che ne fanno parte » ( r ). « Perciò tutto il sangue versato, tutti i conflitti sostenuti, tutte le vittorie guadagnate, tutti i sogni dei padri degli attuali italiani sono stati inutili e infecondi! » « Di Cavall_otti, i. giornali p:incipali inglesi non presentarono mai un ntratto esatto nè dnrante la sua vita nò dopo morto, perche essi sono nel vassallaggio di Francesco Crispi; cosicchc io sarò poco compresa quando avrò detto che se egli fosse stato vivo: o non sarebbero avvenuti i moti di Maggio o avrebbero avuto un esito diverso. Amo di credere che non sarebbero avvenuti p~rcbe ~avallotti ~onosceva i pericoli di una popolaz10ne furiosa ed eccitata, e perchè egli desiderava che la liberazione d'Italia fosse avvenuta per mezzo di una rivoluzione senza sangue, che doveva essere condotta con intelligenza, logica e patriottismo. Il suo amico e collega Napoleone Colajanni ha detto in nna intervista con uno scrittore italiano che se Cavallotti losse stato vivo, la sua semplice presenza avrebbe trascinato diversi del suo partito colla intelligenza e colla energia necessaria a creare e guidare un conflitto vittorioso. Questa è una ipotesi imprudente, probabilmente una indicazione scorretta e certamente un racconto ingiusto su di uno che non può più rispondergli. Io sono sicura al contrario che Cavallotti avrebbe considerato inopportuno il momento cd immaturo il movimento per condurre ad una insu~rezione fortnnata; egli avrebbe adoperata tutta la sua 1_nfluenza per prevenire la prima sollevazione e indubbiamente snebbe riuscito. Ad ogni modo, sia che abbia ragi~ne Colajanni, sia che l'abbia io, questo è certo che 11 corso degli avvenimenti sarebbe stato diverso se la spada di un giornalista non avesse recisa la vita di questo intrepido e generoso patriotta » (2). (1) Non s'impennino i nostri c/Ja11vi11s: questo giudizio non fu dato soltanto ad 011id" da un lavoratore; ma fu enunziato e non contraddetto da alcuno da Leopoldo f ranchetti in piena Camera dei Deputati. (2) Ouiia è stata tratta in errore sulle ipotesi enunziate da Colajanni, che, del resto, conosceva intimamente il pensiero di Cavallotti. Erra pure Guida supponendo che il Bardo della democrazia avrebbe potuto impedire gli ultimi moti italiani tanto fu improvviso il loro scoppio (.\10/ct dellaRedazio111').

106 RIVISTA POPOLARE 'DI POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIALI « I corrispondenti stranieri dei. gra?di gior?ali i~- glesi riportano ciò che riesce gradito a1_loro d1rett~m; perciò quelli italiani dipinsero Cavall~tu come un nv~- luzionario sfrenato che meritò la fine mcontrata, ed omisero ogni menzione sui funerali magnifici_ che g(i fec_e tutto il paese,· che sorpassarono anche gh osseqm che 1! popolo irlandese fece a Carlo Stuart Parnell. l letton dei grandi giornali inglesi , quindi , non P?te~ono conoscere mai che Cavalletti, oratore a Montecitono o scrittore a Dagnente, era una grande forza intell~ttuale e liberale per l'Italia; che nessun altro u~mo vivente possedeva il fascino e il potere che aveva lm sul popolo; che egli era un politico di grande perspicuità, un uomo di grande cultura, un oratore di seducente eloquenza, e che la impetuosità nei duelli era unita alla perfetta padronanza di sè nella Camera .... ». « Cavalletti sotto alcuni aspetti rassomigliava a Lamartine; egli possedeva la stessa fusione di politica eloquenza e di genio poetico ; ma egli possedeva molto più acume, molta più forza e maggiore conosce~za degli uomini e l'intera nazione rispettava magg1ormrnte in lui !:integrità della vita, la sua spartana frugalità e il suo coraggio inc~rrutti~ile »_. . « Morto Cavallotti 11partito liberale o repubblicano in Italia è ancora disordinato e senza coesione. La sua scomparsa io Italia ebbe le stesse conseguenze pel partito liberale che ebbe in Inghilterra il ritiro a vita privata di Gladstone ». Quì Guida si abbandona a considerazioni sul fufuro dell' Italia, sulle repressioni, sulla corruzione, sulle responsabilità ecc., che noi. non possia!"Ilopubbl_i~a:esenza procurarci un sequestro. S1 occupa poi del dommlio con/lo - e dice che gl' inglesi non hanno idea di ciò che esso sia -; fa dei confronti rapidi tra le condizioni odierne del popolo italiano e quelle che aveva sotto il granduca di Toscana e sotto i Borboni. Ricorda che si ctlebrò il cinquantesimo anniversa~io dello Statuto nell'anno in cui realmente lo si era distrutto ; ricorda alcune enormità dei processi e delle sentenze dei Tribunali militari e si intrattiene specialmente sui casi di Romussi del Secolo, e di Chiesi dell'Italia del Popolo, che dovrebbero suscitare l'indignazione di ogni scrittore europeo, e deplora vivamente che in Inghilterra il biasimo contro tutto ciò non sorga, o non sia. abbastanza energico. ln altri tempi, es,a esclamava, Vittor Hugo, Gladstone, Tennyson, Kossuth avrebbero protestato. « La persecuzioneco11/ro la stampa è tale chesol/ol'imputazione di reato contro l'ordinamento della famiglia o di eccitamentoall'odio Ira le classi sociali potrebberoessere condotti in prigione e messi insieme a ladri ed assassini Letourneau o Spencer, Ibsen o Caslelar... ». . . « Siamo in tali condizioni in Italia che se Garibaldi vivesse sarebbemesso nelle celle di una prigio11e; Cm1011r sarebbelascialo a studiar filosofia11ellarna campagna... ». « In Ispagnn la costituzione è sia.ladichiarala sospesa. In Italia è stata sos/JeSasenza alcuna formale dichiarazione ». « Molto biasimo è stato versato sulla Camera e sul Senato dell'Italia; e ne meritano molto. Ma sino a tanto che i senatori vengono scelti e nominati perchè sono ricchi o servili, nobili o favoriti .., e.sino a tanto che ogni ministro fa le elezioni per l'altra Camera premendo sfacciatamente sul corpo elettorale colle minacce, colle ingerenze, colla corruzione e con altri metodi criminosi, è assurdo afferma re che la nazione italiana goda di un vero regime parlamentare ... Per tutto ciò « non solo i cattolici che obbediscono al Papa, ma anche i migliori uomi:ii che sanno come si fanno le elezioni, e che queste si riducono ad una farsa, si astengono e si completa cosi la pessima educazione politica del popolo colla violenza, colla corruzione e colla indifferrnza generale .... ». * Quì ci fermiamo e concludiamo con amarezza eh~ l'Italia nuova l'Italia di Mazzini e di Garibaldi, non SI attendeva di ~ssere descritta così dagli inglesi e dagli americani. La nostra Rivista per la prima rilevò che la petizione al Re dei giornalisti inglesi ricordava il giudizio di Gladstone. Il Don Cbisciotte e pochi altri giornali liberali hanno ripetuto l'osservazione. . . Questo ricorso dovrebbe essere per noi una lezione ; e certo una grande umiliazione. ApropodseitlolaiberdtàistamipnaItalia LETTERA APERTA \lo all'on. dott. Napoleone Colajanni, dep. al Parlamento. Ed eccomi a Voi, caro e illustre amico, ora che i tempi pajon più benigni, a ragionar del più spinoso e malinconico fra quanti problemi ci affliggono in Italia. Dirò francamente a Voi tutto l'animo mio, senza fronzoli e ambagi, fuori d'ogni preoccupazione d'amicizie e legami di partito, così come l'alto e veramente fondamentale argome~to richiede. _voi ~i~te de' po~hi fra ~ mi: litanti nelle parti _estreme d~1 partlt! ~~polan nostn, coi quali un avversano possa discutere : l' mgegno, la dottrina e l'abito all'osservazione sperimentale, vi banno predisposto a quell'equanime obiettività che dovrebbe essere ormai la base d'ogni discussione moderna. I cannibali innocui che la giacobineria costituzionale latina alleva sempre più arrabbiati e grotteschi, vi rimproverano proprio i migliori momenti della Vostra opera di polemica; quando vi tergete delle squamr impermeabili dell'uomo di parte, e ricordando d'essere il streno e studioso indagatore de' fenomeni sociali e politici, rendete prezios0 o!n~ggio alle virt~ e alle ver~tà ch_epur sono negli uomm1 e nelle dottnne avversan. Voi comprendete perfettamente la senile fanciullagine del voler far credere di avere sequestrato a proprio profitto e onore ogni sorta di beni della mente e di largizioni della natura; per modo di fingere che oltre l'ombra del proprio partito non e,istano che malvagi, delinquenti, buffoni e scimuniti. Tale è ~a conclusione de' discorsi, degli scritti e dell'opera della grande maggioranza dei tributi italiani e della stampa e be ne interpreta il pensiero. Bazza è dunque quando capiti una personalità preclara come la Vostra dalla quale, a tempo opportuno, non sia troppo ingenuo attendere una parola -misurata e giusta anche se sieno in discussione dottrine care a nomi amati. Appunto per quest0 io dall'Idea liberale - la quale per istintivo ossequio· alla verità e alla giusti:.da fu sempre cogli amici e cogli avversari di un'inflessibile obbiettivita - dis:uto persuaso di non far cosa vana, se non per i partiti, almeno per i principl e le ragioni della civilta. Dal di in cui il primo individuo ebbe la consapevolezza deIla propria dignità morale, fu acquisito alla storia umana il diritto di difesa di quella dignità, la quale altro non poteva essere che la libertà o l'indipendenza del pensiero. Pcr tale gnisa si ebbero i lunghi secoli obbrobriosi di schiavitù e gloriosi di ribellione durante i quali un' innumerevole esercito di eroi, a palmo a pal• (•} Questa nobilissima lettera di un conservatore lombardo, imclligeme cd onesto, com'è il direttore dell'Idea liberale, ci compeosa delle basse denunzie della Persevera11za degne davvero delle sue tradizioni, veramente intuonate al suo culto per la SS. Forca. N, d. R.

RIVISTA POPOLARE DI 'POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIALI 107 mo, con sacrifizi e olocausti inauditi, di conquista in conquista, dalle forme rudimentali del patr;arcato e dell'.assetto municipale ci condussero alle guarentigie legali e alla consacrazione giuridica· della libertà non più so!amente nel diritto privato, ma principalmente nel vasto organismo dei pubblici poteri ripetenti l'autorità ~ la fi. gura istituzionale dalla volontà di rettamente manifestata dal popolo. La libertà dell'opera e del regime necessariamente importa la libertà della parola: di qui l'istituto della stampa moderna, logica sostituzione del tribunato classico, e correttivo necessario, stromento primordiale di controllo della pubblica opinione sulle delegazioni elettive, sulle rappreientanze costituzionali e sui poteri permanenti dello Stato. Negli Stati ove la funzione della libertà germinò per movimento interiore e per rinnovazione intellettuale, cioè fu veramente conquista spontanea della coscienza collettiva, anche la stampa ad un dato punto della sto• rica evoluzione, s' incardinò nell'edificio politico dello Stato assumendovi una veste peculiare inalienabile, diventando cuore e volontà delle libere forze del popolo. Onde l'importanza progressiva dell'istituto e l'inclusione giuridica del suo ufficio nelle carte costituzionali degli Stati, i quali, pur disciplinandolo e coordinandolo alla vita nazionale, dovettero farne perciò colonna fondamentale delle pubbliche garantie. Purtroppo, le cose di questo mondo, ad una certa latitudine cessano di procedere con gli stretti nessi della logica per abbandonarsi ad un moto convulso ed impulsivo: a rapide e precipitose altalene, ove spesso la genialità dei singoli ripara al torpore opaco della massa, ma ove anche più spesso la massa sfigura, disforma, imbarbarisce ogni più caldo germe d' iniziative individuali o parziali. Le colonie isolate dell'intelligenza e della coscienza in questo secondo caso lottano beasi con ga~ gliardo vigore, ma contro il numero abilmente sfruttato, o dagli energumeni dell'utopia o dagli egoismi feroci del passato, debbono cedere, e,• nove volte su dieci, di quella che avrebbe p::ituto esser,', e che per un momento fu, una conquista folgorante di liberi spiriti, non rimane traccia o ne rimane una falsificazione ribalda. Tale il destino delle razze latine e delle nazioni che le rappresentano, l'Italia in testa. Gli è cbe siamo oggi più che mai in ima paurosa co11dizioned'arusto intellettuale e morale, per cui tutto vacilla e scricchiola, mentre ci stà, ml capo la minaccia di una crisi orrenda in cui tripudieranno le impulsività,ataviche della bestia uma11ae le libidini feroci dei Valenti110 i11 sessantaquattresimoche questi anni di pseudo libertà haunofecondato a legione. Ora, onorevole Colajanni, ditemi voi quale possa essere il resultamento dei nostri sforzi intesi a tener sveglie e rette le menti in tema di libertà di stampa? Noi parliamo di altissime cose ad un mondo che non le comprende. Noi f11gelliamo della corteccia umana insensibile, perchè l'interesse di classe la rende tetragona ad ogni battitura; e di sotto non troviamo leva cosciente se non ci facciamo a predicare le più stolte parole della distruzione. Vuol dire che siamo in una mostruosa condizione morale; vuol dire che tutta la libertà e tutto il prodigio della redenzione nazionale furono un'illusione di un nucleo di menti superiori di troppo lontane dalla massa inerte che ne doveva ricevere il beneficio ; e quell' illusione attuata, in un quarto d'era storico, per molle adat• tamento, per fittizia esaltazione contagiosa di quella massa e per casualit:'t di insperate concomitanze internazionali, si risolse in una sovrapposizione schiacciante e farraginosa con goffe e spropusitate sembianze statuali, sotto le quali l'insanabile dissidio fra la fo1ma e la sostanza, fra l'illusione e la realtà, doveva fatalmente portare all'assurda contraddizione in termini che oggi inganna il popolo ubriaco sempre di parole - tanto quanto è privo di idee, e nausea tutte le anime oneste e veggenti. E voi tempestate, caro Cola jaoni, per la libertà di stampa? Libertà altissima certo e sacrosanta; palladio supremo dell'anima di una razza; misura intrinseca della civiltit di un popolo - l'ho detto. Ma voglio anche dire che in Italia è cosa che non ha, nè può aver senso esplicito, figura giuridica e contenuto ideale. Siamo servi nell'anima; e in servi mal s'addice la libertà della parola che è, nei casi disperati, la speranza e la .guarentigia dell'avvenire. Vedete quel che accade ora: giornalisti italiani furono arrestati, processati, condannati per reato di pensiero. Non discutiamo sul modo della condanna; voi forse non mi vorreste intendere. Diciamo però ad una voce che è straziante spettacolo quello che ci dà la stampa e la pubblica opinione italiana, le quali, nemmeno in via professionale l'una, pietosa l'altra, hanno uno di quei moti d'animo che testimoniano di maravigliose riserve di energie umane. Nulla di nulla ; in su nemmeno la parola e la consuetudine della legge hanno rispondenza; in giu un imbelle mareggiar di rancori anonimi un turpe vociar clandestino senz'arte nè parte, come se la pelle altrui fosse cuoio da cavarvi soltanto le metaforiche fionde dell'ira del domani. E della legge, pure scritta, oggi che avviene? Della legge, che per il popolo, dovrebbe essere la malleveria del dom~ni n~ssuno chiede, e se qualcuno lo fa, erutta. le mvetttve del!'Apocalisse per chiedere la rivoluzione. E popolo forte questo? È possibile mantenere ancor viva un po' di fede su qualcosa e qualcheduno? Vedete, caro Colajanni, eh' io di proposito uon accenno nemmeno alla questione speciale della stampa. Perchè, in buona sostanza è appena un particolare dello sfacelo che c' incoglie. Dopo quarant'anni di editto albertino, non si trova manco più la forza di proteggere quell'embrione di civiltà. Figuriamoci chiedere leggi chiare, definite, sperimentalmente moderne I li buio, il buio d'ooni lato. E il generai Pelloux pronuncia indisturbato la ~rrenda bestemmia : « Sequestrate e non vi preoccupate del giudizio "· Tutto qui è capovolto: persino il senso morale e quel metafisico concetto della proprietà che è la delizia dei nostri omenoni e che dall'aforisma imperativo del Pelloux riceve così crudele offesa. Sequestrate ! Ma l'opera del pensiero espressa per la stampa oggi ha una fisonomia industriale che il capo del Governo manomette anche contro la legge, ossia senza che una legge qualsiasi ci indichi almeno l'arbitrio devastatore del potere esecutivo. Eppure nessuno protesta. Beati gli Italiani, caro Colajrnni. E voi, cosi sequestrato e così corrusco di fulmini, volete la Repubblica? Ah, poverò e illustre sociologo! A questo paese sarebbe di troppo la monarchia di Madama Reale. GIOVANNI BORELLJ. Agli abbonati nuovi, e a quelli in corso i quali avranno rinnovato, o rinnoveranno l'abbonamento annuo a tutto il 15 dicembre 1898 o a tutto il 15 luglio 1899, coll'aggiunta di sessanta centesimi per le spese postali, sarà inviato in dono: Il SOCIALISMO (2. edizione aumentata e corretta) del Dr Napoleone Colaianni, un volume di 350 pagine fittissime, posto in vendita al prezzo di Lire 4.

xo8 '1{.IVISTA POPOLARE DI POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIALI DOPO IL XX SETTEMBRE Anche questo 20 Settembre è passato ; e per quanto i liberali - a chiacchiere, s'intende - abbiano fatto di tutto per rendere la commemorazione più solenne coi mortaretti, i fuochi d'artificio e i lanternini - oh! i poveri di spirito ! -, a Roma, e non soltanto a Roma, la festa si è risolta in una cerimonia così scialba e inconcludente che appena appena se ne sono accorti i ragazzini che vanno subito in visibilio quando sentono i colpi di gran cassa. Perchè ciò ? Perchè questa indifferenza, anzi questa freddezza glaciale, per una festa che dovrebbe essere la più solenne tra le feste nazionali ? Perchè? I perchè sono molti, e l'on. Napoleone Colajanni in altre occasioni, e nella Camera e nella nostra 'R)vista, ebbe già ad esporli nudi e crudi, senza riguardi a falsi interessi di Partito, o meglio di sagrestie di Partito ; e questi perchè, tutti si riassumono nella mancanza di una politica di principi, nella mancanza di una politica sociale, pratica, che sottragga il Popolo ali' influenza deleteria ed instancabile del Clero, sempre cospirante al disfacimento dell'Italia. « Dispersi gli alti fini - disse già Ruggero Bonghi, a proposito del 20 Settembre - festa più vana di questa non si potrebbe pensare ». Ma se queste sono spiegazioni del fenomeno, il dover constatare coi fatti che il clericalismo ottiene dei resultati che non si sarebbero mai nemmeno immaginati 29 anni or sono, e, sopratutto, il dover toccare con mano che il Popolo, anche dinanzi a ciò, risponde colla più perfetta noncuranza, non può essere che ragione di tristezza per noi. Ma, siamo giusti : il Popolo nostro ha poi tutti i torti di disinteressarsi da qut:sta festa del 20 Settembre? Una mano sulla coscienza, o signori monarchici che andate dicendo, su e giù per l'Italia, che il 20 Settembre rappresenta l'ultimo trionfo del Libero Pensiero nella terra dei roghi di Arnaldo e di Bruno : di che Libero Pensiero andate voi blaterando, oggi, proprio oggi, che cittadini incorrotti, rappresentanti della Nazione, uomini di forte e nobilissimo ingegno, non d'altro rei che di non pensarla come voi, son rinchiusi nelle prigioni d'Italia, o relegati a domicilio coato nelle isole, coi mafiosi, i barabba, i monsieurs.Alpbonses e i ladruncoli, o costretti a prendere le vie durissime dell'esilio, precisamente come sotto l'Austriaco, il Papa, il Borbone, nonchè sotto i re del piccolo Piemonte? Come volete, o signori monarchici, che il Popolo si commuova per le vostre feste, pei vostri entusiasmi artificiali, e a scadenza fissa, se in fondo al suo pensiero v' è la cella della povera Anna Kouliscioff strappata alla figlia sedicenne, vi sono quelle di Gustavo Chiesi, di Carlo Romussi, di Luigi De Andreis, di Filippo Turati, di Don Albertario, e di cento e cento altre vittime ? come volete che il Popolo si scuota, se, lui, per fortuna sempre il gran sentimentale, vede, fuori delle carceri, vecchi, donne, fanciulli, piangenti, come madri, padri, spose e figliuoli piansero i loro cari prima del 60 e del 70 ? Il Libero Pensiero che sarebbe dovuto entrare per la Breccia per montare sulla cattedra di Pietro, rincorso colle vostre baionette ha dovuto prendere altre strade, e il Popolo, che pur troppo nòn è ancora iconoclasta, è naturale che non possa adorare chi non ha avuto tempo nea'lche di lasciare una semplicissima effige. li Popolo ha dunque ragione di lasciar perdere completamente nel vuoto i vostri inni e le vostre ciance, ha ragione di non affliggersi se le vostre luminarie nella capitale non reggono nemmeno il confronto con quelle che si fanno a Roccatartufola, e tu, amico Gattorno, patriotta sul serio, hai avuto il buon genio di Giuseppe Garibaldi dalla tua, rifiutandoti colla fiera lettera a Menotti, di prender parte ad un'indecente commedia. GIORGIO GALASSI. Amministrazione e socialismuonicipale IN INGHILTERRA È fatto notevole, che contrassegn.t l'epoca presente, l'assunzione da parte delle amm1mstrazioni locali dell'esercizio di quei servizi pubblici, che sino ad ieri avevano formato oggetto di esclusivo e dannoso monopolio a beneficio delle intraprese private. Gli Stati Uniti d'America, la Germania, il Belgio, l'Olanda, la Francia, ed in qualche sua città anche l'Italia, offrono esempi molteplici di tale tendenza ; ma dove i monopoli comunali dei servizi collettivi hanno trovato più fdice e concreta attuazione è nel Regno Unito dell'Inghilterra. Londra, Manchester, Birmingham, Glasgow, Leeds, Liverpool ed altre città inglesi, già da qualche tempo, ridotte al nulla le opposizioni provenienti dallo spirito della privata speculazione, esercitano con imprese proprie i servizi pubblici che si connettono colla vita co;nunale, e mentre da un lato rendono ai comunisti meno onerosa e più larga la prestazione dei servizi stessi, dall'altro traggono dai medesimi redditi considerevoli, che ogni giorno più diventano fonte cospicua delle loro risorse finanziarie. Esiste ormai in Inghilterra una legislazione sull'oggetto, ed essa ogni giorno diventa !empre più larga ed interessante ; interessante specialmente per i principi' a cui s'ispira, pei fini, a cui mira. E naturale, adunque, ciò premesso, che l'argomento dei monopoli comunali trovi nel paese, che più largamente li ha attuati, espositori e sostenitori, còm' è naturale altresì che gli studiosi, amanti del pubblico benessere, a qualunque paese essi appartengano, si occupino di questa nuova forma di attività comunale, che vi appalesa sin dalla prima sua prova apportatrice di incalcolabili utilità. In Inghilterra, com'è noto, l'argomento dei monopoli comunali è stato studiato in maniera diremo, esauriente; basta citare i lavati del Silverthorn, del Webb, del Games, del Sinclair, del Cooley e del- ]' Isvarl. Anche fuori dell'Inghilterra l'interessante questione non è stata dagli scrittori trascurata, del che fanno fede, a tacere di altri, gli studi del François in Francia e quelli del Cammeo e del CSachi n Italia. Arriva ora l'opera pregevolissima (1) di C. Hugo, che ci proponiamo di es;:minare. Tratta essa dei monopoli comunali in Inghilterra, nella loro origin~ e nelle loro varie fasi di sviluppo ed applicazione. Ma non soltanto dei monopolì comunali l'A. si occupa nel suo interessante lavoro; esso studia anche l'organizzazione amministrativa delle città inglesi ed in ispecie della città di Londra; argomento questo, cui non fan certo difetto diligentissime trattazioni, ma che tuttavia, per la sua complessività e per i continui mutamenti, a cui, per via della legislazione, l'ordinamento amministrativo locale dell'Inghilterra va soggetto, offre sempre punti nuovi di esame, che al nostro A. non sono sfuggiti. {r) C. lluGo: Sl1idtverwaltu11g1111d:J.fa11izipal-Sozialismus i,, E11gla11d; verlag von I. l-1. Dietz. Stuttgart 1897. L'egregio Dr. Caronna Bona ci darà tra poco altro più ampio e completo lavoro s,11 SocialismoMunicipale.

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