Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno IV - n. 4 - 30 agosto 1924

'IUVISTA, POPOLARE DI POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIALI nelle società più moderne e più industriali, eccolo comparire in forma nuoya e più gagliardo di prima Il fenomeno. è troppo interessante per non studiarlo nella sua origine. E la origine ci pare vada ricercata nello sviluppo industriale e coloniale delle società odierne. Dopo le guerre dinastiche del secolo passato. e dopo le conquiste gigantesche di Napoleone che recò il fiume esuberante del rivoluzionarismo francese oltre le dighe della Francia a fecondare d'un limo pieno di germi tutti i paesi d'Europa, le guerre di questo secolo furono tutte guerre nazionali. Con l'ultima del 1870, che fondò l'unità della Germania, il ciclo grandioso di queste guerre si chiuse per sempre. L'altr'anno la Grecia tentò di riaprirlo, ma es~a ci diede la farsa che segue al dramma. Ormai le questioni dell'Alza zia e Lorena, di Trento e Trieste non appassionano più come una volta. Si sente che qualche cosa è venuto che le fatte passare in seconda linea. L'attenzione della politica internazionale è rivolta più in là : si guarda all'oriente ed ora, anzi, ali' estremo oriente. Anche le nostre alleanze antiche si mostrano meno salde di prima: l'urto degli interessi nuovi le screpola profondamente. Gli interessi si allacciano, si aggruppano, si scindono con una rapidità capricciosa a seconda delle quistioni, che si rimutano rapidamente. Si sente da tutte le parti che le lunghe alleanze contrattl", ir1ceppano e non aiutano, e che la politica interoaziona'.e vuole degli aggruppamenti nuovi. Lo sviluppo enorme delle colonie ha trasportato il campo delle contes~ dall'Europa, ali' A~ia ed all'Africa. Come l'unità nazionale era la condizione prima perchè sorgesse l' industrialismo moderno, cosi le conquiste coloniali sono ora la condizione per l'ulteriore sviluppo delle industrie. E tutte le nazioni che sono all'avanguardia della civiltà, hanno proceduto in questi ultimi anni alla formazione di un vasto impero coloniale. La Germania in un quarto di secolo ha saputo fare su questa straJa dei passi da gigante. Ora spostandosi l'arena dei possibili conflitti e allargandosi oltre i mari l'impero conquistato, il mezzo di offesa e di difesa non è più l'esercito permanente ma è la marina militare. Le grandi flotte vanno mano mano sostituendosi ai grandi eserciti, le spese che servivano per questi ultimi si volgano invece ai giganteschi cetacei · d'acciaio. Gli Stati Uniti, cui il rapido sviluppo industriale non ha lasciato tempo alla formazio:1c: degli eserciti, - del resto molto inutili per le condizioni geografiche stesse - si sono trovati, forse senza prevederlo, a disporre di una ddle forze militari più potenti ·che abbia il mondo moderno. Delle due fasi, quella della prevalenza dell'esercito e quella della p!'evalenza della flotta, essi hanno superata la prima senza attraversarla, e si sono trovati già forti nella seconda. E quando da noi si ricordava l'antimilirarismo dell'America del Nord non si constatava che l'assenza di un esercito permanente contrario all'industrialismo già rigoglioso, e non si prevedeva la forma militare nuova che avrebbe partorito lo stesso progresso economico del paese. Ossia si dava per morto quel militarismo che stava' maturando appunta la sua forma moderna. La forma moderna del militarismo è proprio h più adeguata al progresso industriale delle nazioni moderi e. Lasciando anche la necessità di una difesa formidabile dei domini coloniali e della marina mercantile, il militarismo navale risponde a delle ragioni intrinseche alla costituzione economica dei paesi moderni. I grandi eserciti permanenti che, dietro .l'esempio della Germania, sorsero in tutta Europa dopo la guerra del 1870, se hanno compiuto il loro ufficio di garantire la sicurezza delle grandi unita nazionali, non hanno t1rdato a mostrare tutti i loro svantaggi e tutto lo sperpero enorme di ricchezza che essi richiedono. Eduardo Thery, nell' Economisia europeo ha calcolato che le spese militari dell'intera Europa salirono da 2620 milioni, come erano nel 1870, a 4596 milioni nel 1897-98. Anche l'effettivo di pace degli eserciti stabili, che era di 2.664.548 nel 1875, è salita ora a 3.121.430 soldati. QuinJi alla cifra colossale dei milioni che furono assorbiti ad cndate di respiro, biscgna aggiungere tutta la forza di lavoro che venne sottratta allo sviluppo industriale moderno e che si può calcolare, per tutta la massa enorme di combattenti che si mantengono inoperosi nelle caserme, a una perdita di 18 milioni al giorno, ossia 6 miliardi e mezzo per anno. Un tale sperpero non può che essere contrario Jd una società industriale che ha bisogno di forza, . di laYoro, e che non può trar profitto, come le società a tipo agricolo, dalle forniture per l'esercito. ~ così che mentre tanto iu Italia quanto in Germania i partiti agrari sono per i grandi eserciti, gli industriali invece combattono apertamente questa forma di militarismo. Al contrario nella Inghilterra industriale non v.'è alcuna agitazione contro l'aumento della flotta, perchè questo nuovo aspetto del militarismo rappresenta una nuova necessità ed una utilità incontestabile allo sviluppo del capitalismo nazionale. La flotta infatti, con le sue ciurme poco nume• rose, non sottrae che una parte minima alla forza di lavoro umana e non impingua certo i produttori agricoli. Se essa assorbe dei milioni li riversa però nei cantieri e negli arsenali marittimi che sono una parte, e non 111differente,dell'industrialismo moderno. Perchè è proprio qui la origine della nuova forma assunta dal militarismo. La guerra navale è diventata una industria, e una delle industrie dove si esercita la più febbrile e la più sfren1ta concorrenza. La corazza è già vinta dal canno11e più formidabile, il cannone passa fra le cose inutili davanti all'esplosivo più micidiale, la nave è già messa fuori di combattimento, prima della guerra vera, dal progresso tecnico che l' ha superata! I grandi ammiragli ed i grandi talenti militari passano in seconda linea, dietro il genio

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