'1?_.lVISTA 'POPOLARE DI 'POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCI.ALI 59 tato alla sicurezza dello Stato da chiunque siano commessi· In difrsa degli stati di assedio e dei tribunali militari s'invoca l'art. 5 dello Statuto che dà facoltà al Re di dichiarare la guerra e di dare speciale vigore al Cod·ce penale per l'esercito. Ma l'invocazione è sbagliata perchè non c'è alcuna analogia tra lo Staio di J!Uerra di cui parla il c,,dice penale militare sulla base dell'art. 5 dello Statuto e la pert11rba;_io11e dell'ordi1lepubblico per cui si addiviene alla straordinaria misura che dicesi stato d'assedio. Altri giustificano l'eccezionale provvedimento col richiamarsi alla nuov.1 ragione di Stato che l'imperfetto costituzionalismo germanico chiama diritto di necessità. Ma questo diritto di necessità. che si uguaglia al diritto di legittima difesa non può durar~ che sin che dura la repressione e la resistenza dei ribelli. Cessa il bisovio appena repressa la sommossa. Questo _è il principio che gl'inglesi rispettano. In Inghilterra l'Esecutivo non ha diritto di emanare bandi militari con forza di legge: la sospensione dell'Habeas Corpus e le severe legJ!idi coercizio11e vengono votate dalle Camere. Se il governo è costretto a consumare qualche atto illegale sovraggiunge subito una legge speciale, il bili d'i11de1111itd, che In legalizza, e deve vivamente deplorarsi che in Italia al bili d'indetmitd si sia sostituito un semplice ordine del giorno della Camera. Ancora più deplorevo'e è stato il contegno della Corte di Cassazione, che ha legalizzato tutte le violazioni dello Statuto ed ha contribuito a discretare l'ordine giudiziario. Ass1i meglio della n1lgistratura ha inteso l'officio ~suo di controllo in regime libero la Corte dei Conti quando negava la registrazione all'infinita serie dei decreti-leggi, compresi quelli di proclamazione dello stato di assedio. (Giornale degli Eco11omisti, Agosto). E la cura? Continuano le condanne dei Trihunali di guerra che noi non vogliamo discutere; ammettiamo anche che la repressione energica durante la sommossa sia stata necessaria; ma dobbiamo confessare pure che la repressione non è un rimedio. Il paese ha bisogno di un radicale risanamento morale ed economico, ha bisogno di assicurare la giustizi~, mantenere più rigorosa l'applicazione delle leggi, e sopratutto non dar motivo al malcontento distribuendo più razionalmente il peso dei tributi. Questa constatazione di cosi urgenti bisogni veoiva fatta a gran voce e quasi unaoimamente nelle prime sett.imane dopo i tumulti. Più tardi cominciò qualche timida voce isolata a far credere che la paura aveva ingannato ed illuse le menti, che il paese non aveva bisogno di null'altro se non di u!la maggiore severità e vigilaoza verso i partiti estremi. Non VI ha dubbio che per quaoto si possa giudicare inevitabile od anche giusta la severa repressione che da tre mesi continua, essa non servirà certo a pacificare gli animi ; manterrà tranquilli gli uomini ed i partiti per il timore di energiche misure, ma li indurrà anche in quello stato di animo per il quale saranno sempre pronti ad approfittare d,·gli errori del ~ov, mo o della classe dominante per accrescere gli effetti della loro propaganda e per tentare anche, data l'occasione, nuove im• prese contro la pubblica tranquillità. Ora tale inevitabile conseguenza di una repressione violenta non può essere scoogiurata se non dimostrando coi fatti che il Governo, se è e vuol essere energico nel mantenere l'ordine pubblico e nel punire chi lo turb1 od anche solo si propone di turbJrlo, è auche del pari sollecito di dirimere tutte quelle giuste cause che possooo aver suscirato e manteouto il malcontento causa o pretesto delle ribellioni. E noi ci domandiamo appuoto: - Che fa il Governo? che prepara per la cura promessa? - Non vogliamo nè possiamo ammettere che il silt:nzio del quale circonda la sua operosità, voglia dire accettazione di quel quietismo che gli venne iosanamente da qualche parte suggerito; ma appunto per questo riteniamo che il silenzio sia dannoso. (Economista 7 Agosto). Pa11lLouis: La decadenza economica della Francia. L'esame rigoroso dei frnomeni economici della Fraocia tra il 1891 e il 1896 conduce a queste conclusioni: 1° che il movimeoto commerciale considerato in senso assoluto è diminuito; 2° che è diminuito rclativameote a quello delle altre nazioni; 3° che è diminuita la rendita di quasi tutti gli articoli francesi in quasi tutti i mercati dd mondo; 4° che è in ribasso il mnvimento Jl:_eneraledella navigazione e il traffico dei porti; 5° che la manna mercaotile decadeva nel movimento interno e in tutti i mari; 6° infine che l'accrescimemo reale della circolazione ioterna è stata sotto tutti i rapporti sorpassato dall'accrescimento della circolazione tedesca e inglese. Le cause di questa decadenza so_n~molteplici. li primo posto l'occupa il protezionismo mehn1ano, che non ha dato ai lavoratori il miglioramento che prometteva. L'onnipoteoza dell'alta finanza, che ha in mano le ftrrovie viene seconda come causa della decadenza : le tariffe ferroviarie francesi sembrano fatte contro i francesi, mentre le ferrovie di Stato in Prussia agevolano il commercio tedesco. Io Fraocia si sono trascurati tutti i lavori pubblici che agevolano i mezzi di comunicazione meotre la Germania ha posto ogni cura nel migliorarli e svilupparli. Infine è stato eoorme lo sperpero della Francia nella politica coloniale e nelle spese militari. Il Tonkino ed il Sudan da soli hanno assorbito taoti milioni quanti sarebbero bastati a fare il canale tra il Mediterraneo e l'Oceaoo attraverso alla Fraocia. (2)1esta decadenza economica della Francia attesta che la sua borghesia è inf.:riore in volontà ed abilità alla borghesia inglese e tedesca; e maggiori si faranno i pericoli colfo sviluppo dell'imperialismo anglo-sassone, colla concorrenza gialla e colla espansione delle giovani nazioni americane. (La Revue Socialz'sle, Luglio). P. De Co11berti11: ContraddizionidellaFranciamoderna. In Fran c_iasi presenta u~ più stra1;10problema che il_paradosso politico; quello che I autore chiama paradosso pohuco, che sta nel fatto, assolutamente impreveduto, di aver la Francia trovato una stabilità più completa in un governo la cui essenza è l'instabilità, che nei governi precedenti negli ultimi cento anni. Sotto la terza Repubblica è avvenuto questo: che gli uomini sono cambiati, ma le idee son rimaste. Dopo aver esaminato lo stato politico preseote della Francia, che egli paragona a quello dd secondo Impero, l'autore conchiude: « I due curiosi paradossi sui quali la terza repubblica è stata costruita sono le contraddizioni della Francia moderna. Per uno, pel' parad~sso militare, l'esercito esiste come un corpo forte ben disciphnat?, nel tempo stesso che è sottoposto al potere civile, orgamzzato nello stesso cuore di una Democrazia. Per l'altro, il paradosso politico, il governo rimane stabile attraverso la sequela delle idee, la coerenza dei vari punti del suo programma e la forza delle cose, a dispetto della instabilità mioisteriale, che ha ora raggiunto il suo massimo. Sarebbe stato semplicemente naturale supporre che l'esercito reprimerebbe la democrazia e l'instabilità distruggerebbe il principio repubblicano, ma non è stato cosi. Al contrario il militarismo e l'instabilità hanno attualmente consolidato le Repubblica. ,, L'autore dimostrJ come il caso Zola non sia l'indice dell' onnipo- !enza dell' eserci~o, ma dell'indignazione del paese a vederlo tusult_ato. E aggiunge che ha voluto in quest'articolo mostrare che dietro la « façade » delle cadute dei ministeri e alle lotte poli~iche, esiste una reale costruzione, solida abbastanza per ogm fine, che è stata t'rata su lentamente e cautamente. Le crisi ministeriali sono state valvole di sicurezza che hanno contribuito al funzionamento soddisfacente del mec~anismo. Ma, dice, per la stessa ragione che s' ha a f•re con paradossi, c'è da temere pel futuro. Una volta si sentirà il peso del mante- ~i~ento di que~t'e~erci,to. Questo è il pericolo militare. li pohuco è le relaz1001 ali estero con le monarchie europee nei frequenti e intimi contatti del Presideotc della Repubblica' con sovrani, del Mioistro degli Affari Esteri con le cancellerie. L'attenzione dei Francesi è rivolta troppo a queste relazioni con l'e~tero, così fallaci; e, disgraziatamente, le avventure diplomatiche. affascinano più degli affari domestici e « il nostro popolo » dice « _è tropp'o capace di dimenticare quella legge d1 la~oro collm1vo che ha fatto le grandi nazioni. » La Repubblica dovrebbe avere una politica come quella dell'Inghilterra, della quale ha gli stessi principi sott'altra forma: libertà di pensiero, maggioraoza dominante, pubblico informato dell'opera dei suoi rappresentanti e partecipaote al progresso dei pubblici affari. Questo è minacciato dalla politica del « gettar polver: negli occhi alla gente » che, sotto il secondo Impero, portò I Francesi con una benda agli occhi alla più terribile catastrofe. (Forllliglilly Review). Co11ted' lfausso11vi/le: Le spostate (11011cla.ssées). Sono le donne, specialmente giovani, che nate in un ambiente popolare hanno fJttO ogni s!orzo per elevarsi al di sopra senza esservi ancora riuscite, e che oscillano, iocerte dal loro avvenire, tra la condizione che hanno abbandonato e quella che non hanno ancora raggiunto. Si tratta delle istitutrici patentate in atttsa di collocamento, la cui sorte è tanto degna d'interesse, e per le quali non c' è altra prospettiva, al di fuori dell' insegoan_1ento, se non quell• di essere impiegate in un'amminislraz1one. Ma quanto sono poche le elette sulle migliaia di postulanti I Nulla si può tentare per venire loro in aiuto? È lodevole l'idea dell' U11io11ecolo11ialefra11cese, che vuole mandarle alle Colonie, e che messa da recente in esecuzione, imitando ciò che si è fatto in Inghilterra, ha dato buoni risultati.
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