l RIVISTA POPOLARE DI POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIALI Magistratura e delitti bancari- Francia e Italia. - Che cosa siano la magistratura e la giustizia non è il caso di dire. Io non credo punto che questa ultima sia corrotta, si come si dice; certo è povera ed è timida e in livello intellettuale n_on alto. Un ministro della giustizia ha detto che è un punto 10terrogativo, e i fatti che sono accaduti da dieci anni a questa parte non sono di tale natura da circonfonderla di prestigio e di luce. Sono fallìte in Italia una diecina di grandi islituzioni bancarie: alcune avean fabbricato (caso unico nella storia dell'Europa moderna) carta falsa; altre aveano fatto apertamente operazioni di aggiotaggio ; altre infine erano statt: preda degli amministratori. La rovina di tali istituz10ni ha g,ttato diecine di migliaia di famiglie neJld costernazione e ndb miseria e ha determinato, in Piemonte sopra tutto, una corrente avversa aJle istituzioni. Ebbene della rovina, anzi di tante rovine, i responsabili non si son voluti trovare, e qualche miliardo di ricchezza nazionale è stato distrutto senza che vi sia stato e vi sia chi ne risponde. Tranne la tragica morte di un solo, nemmeuo i responsabili della B.nca Romana han pagato in qu·alche modo la rovina e il discredito prodotti all'Italia. L'uomo messo più in alto neJla politica italiana è stato ac• cusato di reati comuni: le accust' contro lui, contro i suoi, contro tutto ciò che lo circondava non potevano essere più terribili. Pure le accuse si trascinano avanti da quattro anni e la procedura si è mostrata anche questa volta molto elastica. La Francia per cose assai men gravi, commesse qualche volta per necessità politica, ha avvelenato la esistenza di Freycinet, il riorganizzatore ddl' esercito, il filosofo e matematico insigne; ha demolito Rouvier, la maggiore intellìgenza finan• ziaria ddla Repubblica; ha ucciso Floquet, che l'aveva salvata dal Boulangismo. Non si è fermata nemmeno dinanzi alla canizie di Lesseps, cui la tardissima età e le glorie del passato non sono servite di scudo. Il legame unitario s'indebolisce. - E ciò che più rattrista è che il legame unitario si è indebolito; si è indebolito a tal punto che tra il Nord e il Sud il dissenso si manifesta in tutto i modi. Ora il rinascere delle tendenze separatiste è peggio che una minaccia, un male gravissimo. Bisogna difen• dere l'unità con qualunque sforzo, poichè solo in essa è la salvezza; quali che siano i torti suoi, quali che siano i nostri errori. Ma bisogna con pari sincerità riconoscere che l' ideale unitario si è indebolito assai. Il Mezzogiorno è coverto da imposte, è sopraffatto dai tributi più che non sia il Nord; e il Nord è sospettoso del Mezzogiorno, che certo ha non pochi torti. (Qui segue lit distrib11z.io11eregionale del carico tributario, c/,e abbiamo altre volte riprodottii). In Sicilia le idee separatiste sono abbast~nza diffuse: ma si insinuano largamente anche in Toscana, in Piemonte, nel Veneto. Ed è contro di esse che bisogna combattere non già condannando a torto o a ragione (come sembra che si sia disposti a fare) chi se ne rende interprete, ma rimuovendo le cause di dissidio e di avversione, ma facendo il contrario di quanto si è fatto finora, e portando una nota di maggiore elevatezza e di maggiore disinteresse in ogni at\o della politica nazionale. Il Mezzogiorno sacrificato al Settentrione. - E le imposte son0 anche il meno ! Bisogna tener cont'l che la massa dei lavori pubblici, ferrovie, porti, strade, è stata fatta in gran parte nel Nord. Biso• gna tener conto che - sia pure per necessità di difesa - l'e• sercito è tutto concentrato nel Nord, ed anche al Nord sono le grandi scuole militari. Bisogoa tener conto infine che tutte le industrie ID' ntenute su artificiosamente dallo Stato, con graode danno dei consumatori si trovano al '.\ford. Ma vi è una cosa assai più grave. Le tariffe doganali ed i trattati di commercio non sono che il sacrificio del mezzogiorno, sopratutto alla Lombardia. L'Italia meridionale e la Sicilia sono per loro essenza paesi liberi scambisti: essi non hanno che prodotti semplici, che non richitdono grandt processi di lavorazione e in tanta parte non temouo la concorrenza: il vino, l'olio, lo zolfo, gli agrumi ecc. Il protezionismo in Italia equivale a soffocare il Mt!Zzogiorno, a toglierli ogni energia. Buono per b elesse dei produttori di grano ddla zona adriatica, il protezionismo è rovinoso nel Mezzogiorno per tutti. E pure questo fatto e disconosciuto. L'idea regionalista è cosi forte che vince anche gl'intelletti i quali s, mbra che maggiormente debbano resisterle. C'è chi dice che il protezionismo agrario costa al popolo italiano 300 milioni all'anno. È una cifra un poco immaginaria; ma sarebbe bene averne anche un'altra: quanto costa ai consumatori il protezionismo industriale? Ora - se è lecito parlare di me - io ho combattuto sempre il protezionismo agrario, come più ho potuto, nei giornali del Mezzogiorno e in queJ1i del Piemonte, in questa rivista e altrove. Molti lettori di questa rivista l'abbandcnarono solo per ciò. Non sono dunque sospetto. Ma dal momento che il protezionismo è un male, è ben singolare volerlo sopprimere in U!Ja parte soltanto. L'Italia è diventata protezionista a scopo bdustriale, per le industrie che si trovano nel I ord e sopra tutto in Lombardia. J:0 strano - si voglia entrare in una nuova via - sopprimere solo ciò che giova, sia pure in minima parte, al Mezzogiorno, già così op· presso, e conservare tllttO ciò che il Mezzogiorno dc:prime a benefizio di altre regioni. Nulla s'imparò. Il rimedio non si scorge che nella reazione! - La durissima prova da cui usciamo non sembra però che abbia giovato, nè che abbia mutato le idee che prevalevano finora. Poichè dolorosamente si ritorna agli antichi metodi e ai vecchi errori. Uoa crise ministeriale ha mutato in peggio le cose; ma le persone importano molto meno del programma. E bisogna dire che, in generale, non vi sono programmi o sono fuori deJla realtà. Oltre quelli che trovau fortuna nel mondo parlamen- :are, altti sono suggeriti anche da persone che non si occupano di politica. ~el mondo parlamentare altra azione viva e pratica non si vede se non nella leggi di repressione. . Ogni giorno s'invocano infatti leggi eccezionali; v'è chi dice che s:1rebbe assai meglio avere uno stato di assedio in permanenzs; altri che discute sul serio che cosa si debba fare per eliminare i partiti extra-costituzionali - come si dice nel gergo parlamentare. Impotenza della repressione. - Ora a che servono le leg;;i di repressione ? Ve ne sono ora molte e non si applicano perchè più sono gravi e ingiuste e meno producono ef:. fetti. . on si può condannare a piacere migliai., di uomini senza determinare una reazione intensa. Anche dunque dal punto di vista di chi voglia mantenere lo statu quo (e non si può mantenere), nulla è più esiziale della reazione cieca ed odiosa che solo la paura consiglia. Per le anime fiacche nemmeno i fatti hanno importanza. Poichè l'esempio della Germania, dove le leggi eccezionali non han tatto che ingigantire la democrazia sociale, servirebbe pure a qualche cosa. Si parla ora d'impedire addirittura le associazioni clericali e le socialiste: una cosa che non ha esempio in nessun paese civile. A che servirebbe tutto questo? Trasformerebbe un mo• vimento largo e palese in un movimenzo segreto e rivoluzionariu. Il popolo italiano ha bisogno ancora di essere educato alla libertà: far rinascere lo spirito settario significa gittare il paese in una serie di rivolte. E più grande sarà il numero del perseguitati, minore sarà la forza delle istituzioni. Ferdinando Il di Borbone - che è stato troppo calunniato e che non era in fondo se non un uomo dominato dalla paura - avendo un esercito straniero e un popolo povero e disorganizzato, non ha potuto resistere nemmeno lui alle sette, alle congiure, alle cospirazioni. 5\fo/tiplicare il numero dei soldati e il numero dei perseguitati è la pe_lfgiorepolitica che si possa se_lfuire. Senza dubbio alcuni difetti delle nostre leggi sarà bene corregger.!: in materia di stampa sopra tutto, il sistema attuale d'irresponsabilità è la delizia dei violenti e dei ricattatori. An• che in materia d'associazione bisogna sempre ritenere che l' associazione sia un principio di azione e impedire alcune forme attuali assolutamente dannose. Ma non bisogna esagerare; non bisogna fare leggi scellerate, le quali ottengono l'effetto opposto. La repressione brutale non s,rvirà dunque a nulla. Le schiere dei rivoltosi cresceranno; cresceranno le cause di dissidio; ere• sceranno i malcontenti, i sofferenti, i perseguitati. Noi saremo costretti a non applicare le pene esagerate e quindi a discreditare la legge. Poichè nulla è più dannoso per uno Stato che voglia con• servarsi quanto tare leggi e non applicarle. Per durissime che esse siano, l'applicazione deve essere esatta e completa: cosi è nei paesi ove lo Stato non è in preda a tutte le correnti e dove esiste una continuità di tradizioni. Se le leggi attuali fossero applicate sul serio sarebbe forse inutile averne altre. L'esercito e le guerre civili. - li geucrale Afan de Ri-
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