Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno IV - n. 1 - 15 luglio 1898

'"}(/VISTA POPOLARE <JJlPOLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIALI tanto le più appariscenti, noi troviamo prima che la sessualità è uno degli stati « più nobili, più propriamente umani dell'uomo » ; poi invece vediamo « l'istinto sessuale indebolirsi, mano mano che si fa più libero e restare solo presso le civiltà più barbare» fino a che si giunge alla cr disparizione totale dell'istinto geuesiaco e dell'amplesso». Troviamo, al N. I r, chianutO « campione del tipo inferiore > l'uomo cui « fanno paura il lworo, la fatica, il dolore> quasichè egli non fosse appunto invece la perfetta incarnazione dell'egoarca. Troviamo che chi ha scritto : « riguardo alla folla, alla massa animalesca e degrad.1ta dJl lavoro, io non sent0 commiserazione alcuna e d'essa non mi curo: e il Governo non h1 di fronte ad essa altra arma che la forza, poichè la massa è tanto, quando si ribella, la nemica dell'ordine imperante, quanto di qualsiasi superioriti che sopra di essa eccella ~, scrive poscia a proposito del convegno di Kiel: « mentre i brindisi per la p.1ce e la prosperità dei popoli e la gloria dei re sonavano alti in Germania e in Inghilterra, il pens•iero degli infelici ceno riflettev.1, che una torpediniera di meno a Kiel; avrebbe importato il risparmio di una somma capace a (passiamo sopra alla sintassi egoarchica) sollevare chi sa quante miserie• ; e più oltre, a proposito delle feste nuziali di un principe del sangue: « con quelle ricchezze cosparse in festeggiamenti per persone, che in fondo in fondo non hanno i nostri interessi individuali, si po:eva dotare chi sa quante fanciulle povere e anelanti nell'attesa fremente di una dolorosa verginid, il bacio che le violi ». Quanta tenerezza, è vero?, per la massa animalesca e degradata dal lavoro di cui l'egoarca non sente commiserazione e non si cura ! Ma la contradizione fondamentale risiede appunto in quella che è la sostanza della teoria del Morasso. La dottrina infatti che il lavoro è cosa vile, abietta, arum-nlesca, e che l'uomo o la classe superiore deve restarne esente, costringendo altri uomini e altre classi a lavorare per conto suo, può essere ripugnante, ma è logica, quando si rivolge soltanto :igli uomini o alla classe superiore. Ma è assurda quando si rivolge, come qul, ai lavoratori, e a tutti gli uomini, in generale. Infatti, quando tutti saranno persuasi che il lavoro è cosa abietta, o quanto meno dolorosa (e che il lavoro sia fatica e dolòre tutti ne sono già convinti); quando, volta a volta, ciascun:i classe avrà. cercato di scaricare sulle spalle di un'altra il peso di questa fatica e di questo dolore (e tutta la storia, che è appunto storia di lotte di classi, su in una serie di questi sforzi successivi); quando, dopo un certo numero di queste lotte, ogni classe troverà nell'altra una sufficiente forza di resistenza contro una tale costrizione, per cui nessuna sarà più abbastanza potente da obbligare un'altra a lavorare per conto suo; che cosa avverrà? Cùnvinti tutti gli uomini che il lavoro è un peso, convinti dell'impossibilità di far lavorare altri per sè, essi cercheranno necessariamente un mezzo per conciliare il desiderio di sfuggire più che sia possibile a quel peso senza dar di cozzo in questa impossibil_ità. Abbastanza forte ogni classe ptr sottrarsi all'obbligo di lavorare per altre, non tanto più forte delle altre da p0ter costringere queste a lavorare per lei, l'accordo si formerà naturalmente, e porterà che ciascuno lavori, e che lavori il meno possibile : due proposizioni che diventano connesse e coordinate l'una all'altra, perchè il primo fatto proJuce il secondo, e il secondo non è attuabile senza il primo. - E tale è ~ppunto la tesi socialista. Non discutiamo qui la soluzione posta innanzi dal Morasso: e cioè che onde tutti gli uomini possano sfuggire il peso del lavoro sia necessario dissolvere il vincolo sociale. È solamente il vincolo sociale che concede a una classe di cos~riogere 1.:n'aiLra a lavorare per lei, e che permette infine a tutti gli uomini mediante dei beni ordinati rapporti economici di ridurre il loro lavoro al minimo. Ma il l\forasso per condurre innanzi la sua argomentazione con apparenza di logica è ridotto necessariamente a sostenere che il. lavoro è un fenomeno sobmente sociale e che fuori della società non vi ha quindi lavoro. La scappatoia peraltro, nonostante la posa di grave e solenne disprezzo che prende qui il Morasso contro gli economisti in generale, e il Nitti in particolare, è discretamente ridicola. E noi che pensiamo che il bvoro naturale irnpiegato a fabbricare delle scarpe per il nostro uso, sarebbe per noi più faticoso che non il lavoro sociale impiegato a scrivere un articolo per un giornale, passiamo sopra senza discutere alle facete elucubrazioni di questo Robinson in ritardo. « Eh, i moderni sociologi (scrive il Morasso) non ci si mettono per poco a tavolmo ! A farla miseramente ogni loro scritto deve contenere almeno la scoperta di una nuova legge universale dei fatti umani!~ È per questo che anche il signor Morasso pensa bene di scoprire la sua legge universale. È quella che egli « ardisce chiamare una rivelazione » ; è « la profezia suprema ». Ecco come essa incorona bellamente le argomentazioni morassiane. Dato che l'uomo deve fuggire il lavoro, e che ciò non può fare finchè dura la Societa, è necessario che la societ;\ abbia termine. Ma che è che dà origine alla società umana? L'accoppiamento sessuale, l'amplesso. Sciolt.1 adunque, nell'intento che l'uomo possa evitare il lavoro, la società, rimarrà il desiderio sessuale, si verrà all'accoppiamento, e da questo si tornerà alla società, cioè a quello che si vuole sfuggire. Come èvitare questo inconveniente che manderebbe a male tutte « le idee del domani »? In un modo semplicissimo. « È questo istinto (il sessuale), è questo desiderio che dovrebbe scomparire dall'organismo umano perchè cessasse la tirannide sociale, e l' io umano si elevasse alla perfezione, che è il raggiungimento· della felicità.. ... Giungiamo infine a concepire l'incomparabile avvenimento .... la felicità più perfetta raggiunta insieme alla completa soddisfazione di ogni desiderio, perchè la disparizione totale dell'istinto genesiaco e dell'amplesso è avvenuta e con essa è finito il suo prodotto - la società - di fronte all'individuo che la sintetizza ornai universalmente insieme al mondo nella sua coscienza. >> A questo punto dichiaro che anch'io esprimerò un pensiero che « ardisco chiamare una rivelazione. n Però, siccune non ci tengo gran che, lo cedo vo-

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