Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno IV - n. 1 - 15 luglio 1898

RIVISTPAOPOLARE DI POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIALI Direttore: Dr. NAPOLEONE COLAJANNI DEPUTATO AL PARLAMBNTO . Esce in Roma il 1 s e il 30 d'ogni mese ITALIA: anno lire 5; semestre lire 3 - ESTERO: anno lire i; semestre lire 4. Un numero separato: Oent. 20 AnnoIV. - N. L Abbona.mentopostale Roma15 Luglio1898. SOMMARIO: Lo Zonco ·- La triste giornata. LA R!vtSTA - Franchezza militare. Id. - Giuseppe Colombo Il punto nero. (Africa maledetta). La democrazia cristiana nella storia di Torino. CLAUDIOTREVES- L'alcoolismo in Francia. GIUSEPPERENSI- Il Tartarin dell'Egoarchia. l. A. BEVILACQU_A Il centenario Leopardiano. (A proposito del discorso Carducci). SALVATORDEI GIACOMO- L'ignoto. SperimentalismoSociale. Varietà. Rivista delle Riviste, Rece11sio11i. Gli abbonali, a wi è scaduto l'abbonamento sono pregati caldamente di mettersi in regola al pitì presto possibile iiwiando Cartoline-vaglia all'on. Dr. Na.poleoneColajanni. - Castrogiovanni. · Non essendoci giunte in tempo tutte le fotografie dei giornalisti condannati dal Tribunale militare di Milano, siamo costretti a rinviare al prossimo numero la pubblicazione dei ritratti in fototipia. Gli amici ed i li~rai che volessero delle copie in più sono pregati di avvisarlo per tempo. LATRISTGEIORNATA Il giorno 9 Luglio è stata una giornata triste nei fasti del Parlamento italiano perchè venne discussa ed accordata la domanda di autorizzazione a procedere present,Ha dal Ministro deila Guerra in nome dell'avvocato fiscale presso il Tribunale militare di Milano contro i deputati De Andreis, Turati, Rondani e Morgari. Presidente e relatore della Commissione parlamentare fu l'on. To·mmaso Villa, e ne approvò le conclusioni, con un discorso abbastanza onest9 ed imparziale, l'on. Galimberti. La combatterono valorosamente gli on. Bovio, Berenini, De Felice, Mazza e Severi. È bene riassumere, e ·in qualche parte completare la discussione con tutta la maggiore serenità. che sarà possibile imporre ad un animo in tumulto ed in preda alla più viva indignazione. Le qu1st1oni discusse erano .della più alta importanza e si affacciarono più volte nel nostro e negli altri Parlamenti di Eur◊pa. La prima è questa: ha lo Stato il diritto di legittima difesa; e per esercitarlo può un governo violare lo Statuto e le leggi ? . A torco negò questo diritto l'on. Mazza. Non bisogna considerare il diritto come una astrazione, ma desumerlo e inquadrarlo nella realtà. Lo esercitarono tutti i governi, monarchici o repubblicani, che ebbero a giudice soltanto la storia più che i contemporanei, ed a criterio del giudizio, il successo. Ma dove i governanti furono savi ed agirono sinceramente per quello che loro sembrò dovere anzichè diritto di legittima difesa della esistenza dello Stato, passato il pericolo, reale o anche immaginario, si affrtttaroco a rientrare nell'orbita della Costituzione e della legge, e l'operato fecero sanzionare da un bili d'indennità, che pone un velo sul passato e non costituisce un precedente giuridico e costituzionale. Cosi più volte in Inghilterra. A questo diritto-dovere, che non può mai confondersi col Colpo di Stato - svolgentesi in condizioni, con metodi e con fini assai diversi e verso il quale la legittima difesa dev'essere esercitata dal popolo - fa riscontro quello che Hallam, lo storico conservatore, chiamò dirittosopracostituzionale: il diritto alla rivoluzione. Esso, nell'attuale fase di evoluzione politica e morale, contempera ed equilibra il primo e come questo ha anche per misura il successo. Quando trionfa s'invertono le parti e i criteri : i giudici di ieri divengono giudicabili, e i delinquenti di ieri divengono martiri ed eroi, quasi divinizzati, comunque essi si chiamino - Agesilao Milano o Andrea Vochieri ; contro chiunque essi si siano ribellati - contro la Dinastia Sabauda o contro i Borboni. Questa è la storia; questa è la realtà. Il limite al diritto di legittima difesa per. lo Stato come per l'individuo sta nella dimostrata necessità

,. RIVISTA POPOLARE DI POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIALI di esercitarlo per conservare la propria esistenza. Quando la dimostrazione vien meno l'individuo e i governanti si trasformano in delinquenti e devono rispondere dd male fatto; e allora i popoli e i Parl:imenti hanno cosc:enza dei propri diritti e forza per farli v:ilere, i malfattori politici non sfuggono alla pena - anche a quella pur:imente politica - che a loro dev'essere inflitta. In Italia, pur troppo, i governanti disonesti e· violenti calpestarono leggi o Statuto, senza che fossero riusciti a dimostrare in alcun modo la necessità della difesa; ma restarono impuniti. Talora non si contentarono del bili d'indennirà e vollero essere glorificati. Crispi informi. Oggi meno che mai poteva essere dimostrata la legittimità della difesa dello Stato nelle repressioni sanguinose dei tumulti di aprile e maggio e nella proclamazione dello Stato di assedio, che le accompagnò o seguL Come può parlarsi di necessità della difesa dello Stato, del dovere di vini vi repellere, come con rettorica volgare, che nascondeva la meschinità dell'argomentazione, e quasi il rimorso della menzogna che la informava, disse l'on. V1lla, quando e dove non c'era un concerto, e non c'erano nemici armati? Era tanto insussistente tale necessità che il Generale Pelloux, proprio l'attuale Presidente del Consiglio, non volle proclamare lo Stato di assedio in Puglia, dove erano stati gravissimi i tumulti e dove rimise l'ordine in J'Ochi giorni. Era così fantastica I.i necessità che il Prefetto di Firenze, il Generale Sani, sdegnato, dette le dimissioni per non rendersi complice di un'infamia. E non si è mai dato un caso simile da che esiste l'Itali:i. Lo Stato di assedio fu dunque una misura che non può spiegarsi se non io questi due modi : o fu suggerita da una paura morbosa, indegna di reggitori di un grande Stato; o dalla libidine della violenza. Probabilmente si deve all'una e all'altra. Si potrebbe aggiungere che a Napoli venne pro· clamato forse per una bizza personale: per punire un giornale delle insolenze sguaiati! scagliate contro l'ex Presidente del Consiglio. Miserie ! Se lo Srato di assedio non fu opportuno e necessario durante i tumulti, diviene semplicemente enorme a tumulti sedati. Ne sono convinti gli stessi ministri, e non sanno giustificarne la continuazione che con questa speciosa ragione: non può togliersi se non termina il lavoro dei Tribunali militari. Così si stabilisce questo circolo vizioso strano e rattristante: i Tribunali militari si g'ustificano collo St.1to di assedio ; e lo Stato di assedio si giustifica col la\'Oro dei Tribunali militari! !\fa è poi vero che lo Stato di assedio porta seco come conseguenza necessaria la istituzione dei Tribunali militari ? La quistione è controversa e non è il momento e il luogo di far la disamina giuridica e politica. Certo è che istituendoli si manca di logica: essi dovrebbero sostituire i magistrati ordinari; e questi continuano a funzionare accanto ai primi, come se si fosse nelle più normali condizioni di questo mondo. Non solo : i Tribunali militari devono essere circondati da qualche CO$adi solenne, di tragico; devono g;udicare di reati gravi ed infliggere pene altrettanto gra\·i. Si discreJitano, invece, e si getta su di essi l'odiosità ed 11 grottesco quando si abbassano a livello di un meschino pretore rurale, e i. ne~1ici d~lla patria, che devono colpire, sono fancmlii lacen e donne affamate, che versano lagrime copiose invocando pietà. L'osservazione è dell'on. Galimberti e scosse la Camera apatica, che preoccupossi apprendendo che diminuivasi il prestioio di una istituzione da cui attende grandi servizi~ che si sciupa adoperandola di continuo e impropriamente. La Camtra dei Deputati chiamata a dare l'autorizzazione a procedere contro alcuni suoi membri aveva il dovere d'interessarsi alla loro sorte, e sino a quale punto ? La risposta sta nei precedenti parlamentari e c'è voluta tutta l'aberrazione di questo triste quarto d'ora, perchè si fossero visd deputati e giornali generosamente rinunziare al privilegio racchiuso nell'art. 45 ddlo St~tuto. Che non si trarci di privilegio odioso ma di dife~a dei diritti del popolo nella persona dei suoi rappresentanti lo dimostrò il Galimberti. È strano, poi, che questa rinunzia ad un privilegio non si sia consigliata quando un deputato o un ex ministro era acc.isato di reati comuni e la si sia mei:sa innanzi in un caso d'indole esclu~ sivamente politica, cioè nel caso per cui esplicitamente venne scritto l'art. 45 dello Statuto ! Del resto questo preteso privilegio assicura tanto l'impunità dei deputati - di certi deputati invisi all'autorità - che !'on. Nofri, rinunziovvi esplicitamente .... per non essere più a lungo trattenuto in prigione. Quanto amara ironia non c'è in questa rinunzia ! E sino a che punto la Camera deve esaminare la convenienza di accordare o negare l'autorizzazione a procedere? Può e deve esaminare il valore ddle accuse e delle prove? Lo fece sempre pel passato; lo fece quando si trattò di deferire ai tribunali gli on. Giolitti e Crispi. Riescono, quindi, incomprensibili, - o si comprendono troppo quali indici di compiacenza e di servilismo verso il potere esecutivo - gli scrupoli della Commissione in questo caso; e si comprendono ancora meno riflettendo che questa stessa Commissione, che non volle discutere il valore delle accuse e delle prove contro Turati, De Andreis, Morgari e Rondani, fece il giudizio di delibazione per Costa, Bissolati e Dertesi. La flagrante contradizione era indegna di giuristi e sorprende che alh relazione che la consacrò abbia apposto la propria firma un Grippo. La contradizione inconcepibile aggrava la condizione degli accus:iti pei quali concedevasi l'autorizzazione a procedere, e se ne accorse la stessa Commissione, che tentò rimediarvi con certe dichiarazioni, che altri potè considerare puerili, ma che sono odiosamente ipocrite. La Commissione rinunziò all'esame dei fatti apposti agli accusati perchè conscia, che i medesimi non resistevano alla critica più indulgente. Di flagranza non era a discutere; molto meno di cospirazione dopo la senteozJ del Tribunale militare di Milano. In quanto ad attribu·re agli eccit3menti degli accusati i tumulti di Maggio, per ammetterlo bisobna ignor .ire le cause, che li prepararo.10 e li resero inevitabili: cause esposte, e numeratF-1 confessate, illustrate dagli stessi giorn.11isti agli stipendi del go-

, RlVISTA POPOLARE 'DI POLITICA L'l:TTERE E SCIENZE SOClALf verno passito nel momento della sinceri.tà ; o poco dopo e d1lle piu autorevoli riviste, di cui qui stesso si sono riportati lunghi e convincenti brani. ( r) Il processo contro De Andreis, Turati e Morgari, quindi, non mira che a sbarazzare il terreno di alcuni temibili avversari politici per seppellirli in una gelida muda senza preoccuparsi menomamente della caus1 della giustizia e della libertà! . • • Il discorso dell'on. Villa fu una reqmsitoria contro gli accusati; e fu requisitoria vile, perchè gli accusati non potèrùno contrapporvi la loro parola. Assisteremmo ad un miucolo se, dopo quel discorso, il Tribunale militare di Milano rendesse giustizia assoh·endo gli accusati ; e se il miracolo si verificasse si dovrebbero glorificare i giudici-soldati, cacciando le toghe dal tempio di Temi per sostituirvi gli elmi. Tale la situazione creata dal discorso dell'on. Villa in cui l'ignoranza completa del moto sociale contemporaneo accoppiossi alla sconvenienza, al mend1cio, all'oblio della storia contemporanea. Per combattere i socialisti l'on. Presidente relatore dovette mettere a nudo la sua fenomenale ignoranza sul significato od:emo dell.1 parob rivoluzione. Poteva dimenticare che un generale Morselli scrisse delh rivoluzione del 18 marzo 1876, ma non doveva ignorare il significato, che alla parola rivoluzione oggi danno i ,socialisti. Venne luminosa·nente, tipicamente precisato da FeJerico Eogels, il cui nome forse riesce nuovo all'on. V1ll1. Engels, persino lui, il compagno e cooperatore di Marx perchè caldeggiava il socialismorivoluzionario caldeggiava la legalità: la legalità che uccide gli avversari dei poteri politici ingiusti e impopolari. Perchè voleva la rivoluzione sconsigliava energicamente le som · mo:;se e i tumulti, giovevoli soltrnto ai nemici del popolo, che le reprirr.ono sanguinosamente e le tolgono a pretesto di reazioni lunghe e feroci ; sco:1sigliavale, infine, perchè dimostrava I.i certezz1 che ogni tentativo insurrezionale oggi si trasformi in un massacro. Perciò i governi - in Inghilterra e in Germania, in Francia e nel Brlgio - che pur scnt 'no il do.,ere della difesa dello Stato permettcno che i socialisti si denominino partito rivoluzionaria e non toccano loro un capello. E se pur dovesse accettarsi il senso v0lgare della parola rivolutione, qu1li elementi possedeva il Villa, racchiusi nella misteriosa c.1ssett1 dramm:iticamen:e posata sul b:inco della Con,missione, per designare come rivoluziona1'i socialisti? Una lettera di Andrea Costa: una lettera terribile? s:curo; ta11to da indurlo a neg:::re per lui l'autorizzJzione a procedere .... E lJ lettera po~ta la d1ta del... r 88 r ! E bisogna vedere con quale enfasi !'on. Villa ci si accJniva nella citazione delle prove dell'odierno rivoluzionarismo dei socialisti .... PJreva un artista che r.:citas,e una tr,1gedia infern:ile, mentre non ~i trattava che di una farsa indecente. E se quel documento avesse avuto l' importanza che l'accusatore non osava attribuirgli, era conveniente che egli lo evocas,e quJ11do al banco del governo sedeva Alessandro Fortis, che nel 1881 - d:ita della lettera di Costa - milita\'a ancora fie- (r) L'ultimo numero della 'R._iformasociale contiene un pregevole articolo di Nitti, che conf,rma tuai gli studi precedtnti. ramente nel partito più autenticamente rivoluzionario, che ci sia stato in Italia : nel partito repubbli-:ano mazziniano ? E se h interpetrazione di Engels, accettata dai socialisti italiani del concetto rivoluzionario non esistesse; e se i riguardi dovuti ad un membro del governo non avessero sconsigliato l'evoc:.zione di quella lettera e di quella data, era lecito ad un uomo politico dello Stato italiano imprecare contro la rivolnzione, di cui è il figlio legittimo ? imprecare alla rivoluzione, di cui furono sacerdoti sinanco Visconti Venosta e Depretis ? Senza la rivoluzione, la Dea tremenda che desta l'orrore dei pusilli e dei gesuiti, l'oo. Villa non avrebbe avuto l'onore di parlare a Montecit0rio ; e se plrlò, come fece il giorno 9 Luglio, egli è che lui della rivoluzione italiana non conobbe i p~ricoli e i tormenti morali e materiali che l'accompagnarono e limitossi a raccoglierne i frutti. Egli è un vero lavoratore della venticinquesima ora. Il rappresentante dell'avvocato fiscale di Milano nella Camera dei D.:putati ebbe forse paura di non avere il consenso della maggioranza; per assicurarselo credette utile ricorrere alla rettorica più volgare e piu impressionante, e le parole accompagnando coi gesti, che volevano indicare terrore, rievocò il sangue sparso, i ribelli armati .... di tegole! Ma i ribel 1i non ammazzarono i difensori dell'ordine; ma il sanguespa1'sofu sangue di cittaJini inermi e non di solda·i ! interruppe indignato l'on. Pmtano. Non l'avesse mai fatto: costrinse l'oratore alla menzognJ sfacciata. Villa, il rappresentante dei Tribunali militari in Parlamento, scombu3solato dall'impertinente che lo richiamava alla verità, nell'audacia estrema trovò la risorsa: e assicurò di aver visto coi propri occbi il s1ngue versato ... Quale sm· gue? No. C' è l'alibi ufficil!e, che stabilisce la menzogna : mentre a Milano versavasi il sangue de.i cittadini, a Torino !'on. Villa inaugurava l'Esposizione e con discorso magniloquente commemorava il giubileo dello Statuto. È un uomo fortunato l'on. Villa: egli potè pronunziare la sua requisitoria nel silenzio della Estrema Sinistra, che fremeva, ma non volle dare occas:one colle oneste e fiere proteste, che s:irebbero st:ite chiaramente intemperanze, a fare perdere la libertà a tre suoi amati compagni. E ringrazi Dio l'on. Villa della singolare fortunl, che lo assiste. Infatti: difende BernanJo Tanlongo, che doveva essere condannato, e trionfa facendolo assolvere; accu,a De Andreis e C.i, che dovevano essere liberlti, e tr:onfa facendoli consegnare al Tribunale milime. (1) Possa lddio perdonargli uli sinjstri trionfi ma non glieli potranno perdonare gl' Italiani se torneranno al cult0 della libertà e dellà giustizia. Lo ZOTICO. (1) 1el\a tornata su.;ce;siva della Camera (10 luglio) discutendosi i provvedimenti eccezionali proposti dal governo per la tutela dell'ordine pubblico, ]'on. Pautano. riferendosi alle parole profèrite il giorno prinu da1l'on. Villa, pronunciava le seguenti che stralciamo dal resoconto ufficiale: « Pantano. Leggi siffatte non si propongono mii in un Par•

4- 'l{_IITISTA 'POPOLARE 'DI 'POLITICA LFTTERE E SCIENZE SOCIALC FRANCHEZZA MILITARE . Mentre l'~n. Macola, continuando una campagna ngorosa e smcera contro la democrazia, ha trovato modo di dichiararsi molto malcontento della soluzione dell'ultima cri ;i ed h.1 riaffermato le sue antiche simpatie per un colpodi Stato I da un altra .parte ci sono pervenute molte lettere, - anche da p~rsone che sono appena dei democratici all'acqua dt rosa - che se ne dichiarano addolorate o indigna_teper ragioni del tutto contrarie: perchè nella soluz10ne vedono una nuova ferita al regime parlamentare. Non poche di queste brave persone deplorano anche il contegno troppo remissivo del1' Etrema Sinistra - in tutte le sue gradazioni - dalla quale avrebbero sperato risoluzioni e discorsi più energici. L'uno - seguito da tutte le Gazuttacce dell'Alta Italia - e gli altri, a dir vero, sono al di fuori della realtà e non si rendono conto esatto delle presenti condizioni d'Italia. I monarchici, che vorrebbero spazzato il Parlamento e restaurato l'assolutismo sono semplicemente folli: non abbiamo la pretesa di curarli. Essi mentre offendono il Capo dello Stato, della cui lealtà non è lecito a nessuno dubitare, dimenticano con leggerezza inconcepibile che si mostrerebbero ancora più folli di loro quand alle apparenze vo- · lessero sacrificata la sostanza. E nella sostanza qua1e i~comodo dà la Costituzione? quale fastidio arreca 11 Parlamento ? Forse non si è fatto sempre tutto ciò che i ministri da alcuni anni in quà hanno voluto fare? Forse c' è stata una sola delle libertà, una sola delle franchigie che non sia stata impunemente. v_iolata? Via! il consiglio di. questi zelanti monarch1c1 non può essere preso sul serio : essi lamento, quando ancora la preoccupazione esiste negli animi, quando la serenità dei giudizi, turbata ancora dall'impeto della bufera passata, non può, malgrado ogni sforzo di volontà, esercitarsi dal legislatore. « E ne diede una chiara prova l'onorevole Villa nel suo d!scorso di ieri, quando ad una mia semplice interr~tzione (lui dt consueto cosi cauto e così calmo) rispose con impeto invocando Dio che mi perdonasse quelle parole. ' « Quali parole? L'~ver)o interro!to, allorchè egli parlava del popolo tumultuante dt Milano lanciante tegole e pietre col dirgli " ma non ferirono alcuno! ,, · ' « Come ! Siamo dunque ridotti a tale, nella sovraeccirazione degli spiriti, che non sia concesso nemmeno quì, in questa Camera, di poter fare una semplice constatazione di fatto nell'interesse .della giustizi~, sen~a che questa constatazione venga denunziata come delitto dt lesa patria ? « E quasi ciò non bastasse, !'on. Villa, accalorandosi rendeva più aspra la sua osservazione, ricordando di aver visto egli st~sso il sangue per le vie di Milano. « Una flCCe a sillislra. Non era vero: era a Torino. « Pantano. lo non so se fosse vero o no: valuto soltanto l'importanza mrrale della sua frase. « Ora !'on. Villa così sobrio, e così misurato nelle parole e nei modi, mi offriva ieri e mi offrirebbe oggi il destro ad una aspra risposta, se il sentimento di patria non fosse in me superiore al sentimento di parte; se il profondo desiderio dell'animo mio, di veder cancellate le più lontane tracce di quel sangue, non m'impedisse di analizzarlo. « Se un voto è qui concesso di fare, è questo e non altro: il voto che su questi tristi lutti cittadini passi l'ala moderatrice del tempo, e s'invochi dal Dio della p~tria una cosa sola : l'obli~ del sangue sparso; pe'. n_on ricordarci d'altro sangue che dt qutllo che fu vers1to ms1eme da borghesi e militari sui campi Ji b~ttaglia, e che ne ho fede tornerà ad essere versato nuovamente, occorrendo, per le supreme rivendicaziooi della gran patria italiana I (dvi app 'ai,;i). volendo distrutto quel comodo cuscinetto eh' è il sistema costituzionale in una monarchia darebbero delle responsabilità pericolose a chi no~ ne ha alcun~ e che ha _i1_wecea sua .disposizione dei gerenti responsabili col vantaggio che non vanno mai in carcere, come quelli dei giornali. Perciò il posto di gerente resp.onsabile, cioè di ministro è tanto ambiro: perchè mentre serve ad elimin;re le respons~bilità _a(trui, assi~ura. a sè _stesso la più completa 1mpumta, e soddisfa 111 pan tempo le passioni e la vanità. Questi monarchici più realisti del Re verrebbero a miglior consiglio, addirittura rinsavirebbero se ponessero mente: 1° alla massima costituzio~ale inglese, il Re non fa male; 2° alla brillante conferenza di Fer~inamlo Lassalle, nella quale vien ridotta al suo giusto valore l'essenzadi una costituzione, là dove esiste un esercito stanziale numeroso e disciplinato. Non richiesti, abbiamo dato consigli che crediamo _savi a~li a~versari nostri. D_aremorisposte che, tem1_am~,nusc1ranno amare agli am1c1. R1pet1amolo, perchè pare ce ne sia bisogno: se l'Estrema tal volta è fiacca, o sembra tale, la colpa o non è sua o non è tutta sua. Gli uomini e le istituzioni, gl' individui e i partiti, il paese e i suoi rappresentanti stanno in intima, strettissima correlazione; tutto e tutti agiscono e reagiscono reciprocamente tra loro. Ora nessuno dovrà srerare che gli uomini siano buoni quando le istituzioni ~ono ~a~tive; che gl' _individu(siano energici quando 1 partiti sono fiacchi; che 1 rappresentanti siano migliori del paese che rappresentano. Uomini, individui e rappresentanti, che hanno coscienza di alti fini da raggiungere di fronte al male ed agli ostacoli numerosi e p~derosi non si devono arrest~re; ogni loro opera devono porre nel rimuoverli e nel perseguire gl' ideali. Ma sar~bbe stoltez_za pretendere. da low miracoli, e pegg10 a1;cora nmproverare a1 rappresentanti del po· polo m Parlamento tutte le colpe, tutti gli errori tutte le debolezze che in grandissima parte son~ imputabili allo stesso popolo. Non ambmo sull'argomento far lunghi discorsi - anzi, aggiungiamo che i discorsi non ci sono ~onsen~iti lunghi, e mo\to meno chiari; perciò tutto il p~ns1ero nostro lo nassumeremo in questa conclus1one : un. Parlamento intero o i singoli suoi rappresentanp non possono correre alle decisioni vigorose, non possono provvedere nemmeno effi- ~acemente alla propria dignità quando sanno che 11paese non è con loro. E sarebbe inutile, anzi assai dannoso, il dissimularselo : il paese, nella sua maggioranza, ha in uggia il Parlamento e gridere~be: Bravo I a chi glielo togliesse dinanzi. Il 2 Dicembre il popolo di Parigi - che non era il popolo d'Italia dell'anno 1898 ! - lasciò massacrare il suo rappresentante Baudin sulle barricate erette in difesa della libertà e arrivò anche alla viltà di calunniarlo affermando che l'eroico deputato se la prendeva calda e si batteva per difendere .... il proprio stipendio di deputato. Oggi il popolo d'Italia - siamo sinceri - ha lasciato arrestare sei deputati tra i più popolari senza commoversi, Ii lascerà condannare e forse li lascerà deportare in

'RJV IST A POPOLARE 'DI POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIALI 5 Assab senza commoversi maggiormente .... L'osservaziono:: si estend" alla soppressione dei giornal,, allcr scioglimento delle associazioni, alla proclamazione dello Stato di assedio, alla costituzione ed al funzionamento dei Tribunali militari ... A Parigi, nd 1830, la soppressione dei giornali fu il movente principale della rivoluzione di Luglio, e le ordinanz.e relative provocarono la protesta fierissima dell' as - sociazione della stampa a cui apposero le proprie firme conservatori veri come Thiers e De Remusat. Perciò la Francia è risorta a liberti ed a prosperità. In Italia manca talmente il senso della legalità e della libertà che con vivo dolore abbiamo sentito alcuni, che si dicono democratici, rallegrarsi della soppressione del Mattino di Napoli... perchè era gior_nale monarchico! Questa è la realtà. Per noi non c'è dubbio: il popolo sbaglil attribuendo al Parlamento mali, che esso non ha prodotti. Al popolo si potrà ben ricordare che Parigi fece scontare alla ·Francia, e scontò essa stessa assai amaramente, la tacita acquiescenza ~110 scellerato Colpo di Stato del Bonaparte; ma gli ammonimenti verbali ai fanciulli imbizziti quasi n:ai riescono efficaci: la correzione non viene che dalle dure lezioni dei fatti. L'esperienza è la grande educatrice; e il popolo d'Italia - questo vecchio rimb1mbito - pare che non ne abbia avuta abbastanza. . .. • • In questo stato di cose noi non troviamo da far meglio che ringraziare chi potendo anche privarci delle apparenze, generosamente ce le lascia ; e lo ringraziamo nella speranza che venga un giorno in cui la vista dei simboli faccia risorgere vivo e irrefrenabile il desiderio e il bisogno delle cose, della sostanza. Siamo grati a chi avrebbe potuto darci un gabinetto di senatori o di semplici funzionari comandati, e ce l' ha dato misto di generali e di deputati - e di deputati in fama di liberali; a chi potendo conservart:: al posto un birro emerito come il Cremona, l'ha sostituito con un Baccelli che nominò professore l'Ardigò; a chi potendo sciogliere la Camera mantenendo al posto il Di Rudinì, si affidò a Pelloux. Il Pelloux è un generale: vero. Ma sembra oramai impossibile, che superi un Di Rudini nella reazione; al Pelloux si tenga conto che dovette resistere - lui militare! - alle pressioni dell'ex Presidente del Consiglio, e pur avendo in tasca il decreto dello Stato di assedio nelle Puglie non volle proclamarlo. Del resto qualche cosa già dobbiamo al capo attuale del governo ; e non è p0ca cosa : pare che egli voglia instaurare il regime della sincerità di cui c' è tanto impellénte bisogno. Nelle sue circolari ai prefetti, nelle sue dichiarazioni alla Camera, nelle risposte agli oratori fu netto ed esplicito; pose anche una dose di ruvidezza maggiore dell'abituale nell'eliminare i dubbi, e se c'è qualcuno che vorrà illudersi sulle sue intenzioni dara mostra solt.mto di essere un imbecille. Vediamo. Il Vischi fa una mossa - che poteva essere interpretata come un atto di cortigianeria o come una prova di abilita, - per trascinare il Pelloux a dichiararsi campione della Sinistra, e il Presidente del Consiglio, senza preoccuparsi dell'imbarazzo in cui poneva i colleghi suoi che sinceramente credono di rappresentare l'antico partito liberale, gli risponde : picche ! Bravo. Il Barzilai con vero accorgimento espone le statistiche rivoluzionarie di Crispi sulle incostituzionalità della soluzione della criri - 22 risolte incostituzionalmente sopra 28 - dal 1860 al 1892 ; aggiunge che questa ultima soluzione può piacere solo al Sonnino, che vuol tornareallo Statuto come tutti sanno, cioè, rendendo arbitro di ogni cosa il Re ; e il Generale Pellòux lascia passare senza proteste. Benone. (Qui apriamo una parentesi. L'on. Barzilai avrebbe dovuto complet-.re l'esposizione della realtà costituzionale nostra con quest'altra circostanza: quando la Camera recalcitra la si scioglie, con o senza proclama di Moncalieri; la si scioglie come nel 1892 per punirla della mala accoglienza fatta all'on. Giolitti; la si scioglie come nel 1894 a difesa dell'onore privato di un ministro. E con ciò viene meglio di• mostrata la inutilità e la intempestività degli ardori assolutisti della Gazzetta di Venezia !) Il Ferri fa l'ingenuo e vuol sapere quali sono i partiti che il governo attuale tratterà da nemici e il Generale Pellouir non esita un istante- a manifestare i suoi proponimenti : i socialisti saranno considerati fuori della legge. Commento questo opportunissimo per qualche prefetto· che avess~ potuto ingannarsi sul rispettoalla legge inculcato nella circolare annunziatrice Jel nuovo ministero: s'intende che la legge esiste pei soli amii:i delle istituzioni • Magnificamente. Così avremo l'altissimo onore di stare accanto alla Russia nella caccia contro i socialisti ; poichè la propaganda loro pacifica e leale è permessa in Austria, in Germania, nel Belgio, nella Spagna. Che lo sia in !svizzera, in Francia, in Inghilterra e nei paesi Scandinavi non conta: quelli non sono Stati da potersi citare a modelli di sana ·conservazione delle istituzioni e dell'ordine. Ordine, ordine v'uol essere! ordine - comunque ottenuto: coi processi, cogli scioglimenti, cogli arre5ti e collo:: cannonate anche contro i poveri che vanno a chiedere la minestra a1Cappuccini di Piazza Manforte in Milano! Ordine e conservazionedelle is:it11zioni: ecco il programma chiaro e limpido, come un brillante dall'acqua purissima, del Ministero Pelloux. Tutto il resto è contorno magro e artifizioso di amici compiacenti o di nemici impotenti cht::vorrebbero discreditarlo per dargli il gambetto. E che vuglia mantenere l'ordine col sis;ema russo n'è prova che ha ripresentato, e fatto approv:ire, alla Camera quel progetto ultrareazionario sui cosidetti provvedimenti politici urgenti e temporanei, ~ra i quali è compreso il domicilio coatto iu Assab ! E se non bastasse ci sarà il resto che compenserà a usura il ritiro dell'art. 3. Il silenzio sapiente o !a -dichiarazione esplicit:i dell'on. Presidente del Consiglio riescono a siffatta conclusione, la quale acquista il sapore salato militaresco quando il generale Pelloux all'on. Ferri, che si lamentava dell'illegale scioglimento del comizio di Torino per la candidatura De Amicis, risponde schietto : stamani la prima cosacheho fallo e stata quella di telegrafareal Prefello di Torinoapprovandonel'operato. Ve lo immaginate voi, o lettori -:arissimi, ciò che sapranno fare i Prefetti del Regno d'Italia -

6 'l{.IVISTA POPOLARE DI POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIALI tra i quali stanno i Ferrari, i Celli, i Lamola ecc. - dopo la solenne approvaz:one che l'operato del Prefetto di Torino ha ricevuto dal Ministro in pieno Parlamento? Sinora quando un depurato Jenunziava una porcheria commessa dalle autorità politiche, il rappresentante del governo nella Camera, o negava il fatto o lo contorceva in guisa da fare apparire bianco ciò che era nero. E questo sistema non era che una volgare, ignominiosa ipocrisia perchè tutti erano convinti che il ministro mentiva, e che la porcheria era o imposta o approvata. Se questo non era il caso, a quattr'occhi, in un angolo dell'aula, accanto alla porta di destra o di sinistra il Ministro magari era pronto a confessare all'interpellante che il Prefetto aveva esorbitat0, rr.a che il supremo principio di au!orita costringeva a non confessarlo. Tutto questo, ripetiamo, era indegno ed erigeva a sistema di governo la mentogna; noi lodiamo, perciò, l'on. Pelloux, che, accettando la preghiera datagli nel numero precedente, ha dichiarato francamente di non volerlo continuato; e lo lodiamo perchè con ciò si ritorna a quella sincerità, ch'era il lato buono del governo borbonico. Col quale non c'erano tranelli liberaleschi : si sapeva che il go\•erno non consentiva si parlasse di questo o di quest'altro, ed ogni suddito - cittadini non ce n'erano - sapeva a che tenersi; sapeva di andare in carcere o in esilio se contravveniva agli ordini del governo. Col regime italico costituzionale i cittadini credevano di potere eserc: tare un diritto parlando o scrivendo libera - . mente e si trovavano ingannati, perchè imbroccavano lo ste~so la via dell'esilio o della prigione. A que~to sistema ha posto fine !'on. Pelloux; dal quale in una prossima occasione ci attendiamo il resto, che potrà essere formubto in un avvisetto laconico del seguente tenore: in lempi elettorali e pmnesso di parlare o di scrivereagli elettori soltanto ai candidati che avranno ollenuto anticipatammte -il regio exequatur. Noi comprendiamo prrfettamente che siffatta prospettiva abbia messo di gran buon umore gli ascari della Camera, sicuri di averlo sempre quel regio exequat1tr, perchè essi essendo uomini di carattere sono e saranno sempre goi-ernativi; e comprendiamo anche che la letizia interna si sia tradotta in approvazione e ilarita secondo. il resoconto parlamentare. Non siamo tanto stolti da augurarci che il loro sia il riso provocato da Guimplaine nell'alta Camera inglese: riso che a data ora si tramutò in terrore. Queste cose poteva immaginarle soltanto la fantasia romanzesca di Vittor Hugo. Ma ci confortiamo davvero apprendendo che finalmente si sia trovato un uomo, che abbia inaugurato il governo_ della verità. È quello che ci vuole. La verità è il farmaco ricostituente dei popoli incarogniti; la verità è la grande dea a cui tutto voleva si sacrificasse il Carlyle ; la verità è la madre di tutte le virtù. Sia onore e gloria al generale Pelloux, che l'ha fatta rientrare in Montecitorio d'onde da gran tempo si era allontanata. Per cambiamenti di indirizzi rivolgersi al Signor GIOACCHINO ~i01'TALBANO - ria Sardegna, N. 22. Roma. GIUSEPPE COLOMBO Nulla c'è di comune tra l'on. deputato di Milano e gli uomini della nostra Rivista: non il temperamento, non gli studi, non gl' ideali politici; eppure ripetutamente in questi tre anni di vita l'abbiamo lodato apertamente, e spesso incondizionatamente. L'abbiamo lodato pel giusto criterio ch'egli ha di proporz;onare le spese militari alla potenzialità economica; l'abbiamo lodato pc r.:hè si è chiarito uomo ci caratte: e rinunziando due volte al potere, anzichè venire meno alle pro• prie convinzioni; l'abbiamo lodato perchè mentre: imperversava feroce Li reazione tra i suoi amici politici di Milano egli ebbe il coraggio di far sentire la parola del buon senso, della rettitudine e della verità pur destando il loro insano è villano risentimento. Ancora di più dobbiamo lodarlo ora perchè ha compiuto un atto onesto, destinato a rimanere secreto e che non poteva perciò procurargli fama, lodi ed ammirazione: . Consta a noi per un fortunato accidente - e manterremo l' esattezza della notizia nonostante tutte le! smentite, che ci potessero venire; anche se ci venissero, per ragioni di delicatezza facili a comprendersi, dallo stesso on. Colombo - che il deputato per Milano dette informazioni inspirate ad amore del vero, ad imparzialità, alla commissione, di cui egli faceva parte, la quale studiò la domanda di aurorizzazione a procedere contro Turati, De Andreis e C.i. In questi tempi di suprema viltà il caso è fenomenale, e noi sentiamo il dovere di segnalarlo più che agli amici nostri, a quanti amano la pa- .tria ed odiano la menzogna. Lo segnaliamo perchè a noi sembra che il rendere giustizia agli avversari e tributar loro lode, sia per noi, che, talora, trascinati ed accecati dalla pilssione politica li aggrediamo aspramente, tanto più doveroso quanto il mettere in eddenza i titoli di onore dei nostri amici. LA R1vISTA. IL PUNTO NERO (Africa maledetta) La stampa italiana, stremata di forze colla soppressione dei giornali democratici e indipendenti, non si è occupata abbastanza di un caso grave, che si è svolta in seno della Giunta generale del bilancio e di cui si parla nei crocchi di Montecitorio. Ecco di che cosa si tratta. L'on. Sola, re!arore della sotto-Commis~ione pel bilancio degli Esteri, aveva presentato un disegno di relazione 1 nel quale onestamente e coraggiosa-

'R__IVISTA POPOLARE DI POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIALI 7 mente biasimavasi il contegno dell'on. Di Rudinì, nella quistione africana. Quella relazione non venne distribuita perchè la Giunta generale del bilancio non l'approvò e si deve al fatto che !'on. Sola ne distribuì pocbe copie ad alcuni suoi intimi am1c1 se è venuta a nostra conoscenza. Del contenuto della medc:sim:.1 giudicheranno i nostri lettori da qu:.1n:o appresso. L'ex relatore comincia contestl!1do che il bilan • cio degli esteri sull'esercizio del 1898-99 si trovi con un:.1 variazione in aumento sull':.111110precedente di più di tre milioni, e aggiunge : Ci affrettiamo a dichiarare che le ragioni dell'aumento, inatteso quanto importante, non si debbono ricercare, come parrebbe a tutta prima, in una necessità riconosciuta dal Governo di m;gliorare qualcuno dei servizi pubblici di cui spetta al Ministero degli Esteri la responsabilità e l'amministrazione ; bemì a una larga interpretazione di quelle disposizioni di legge in forza delle quali il bilanciopreventivo della ColoniaEritrea deve essen presenlatoogni anno al Parlamentocomealle{!atoallo staio di previsione della spesa det Ministero degli Affari Esteri. Dissi « larga interpretazione » per sentimento di riguardosa correttezza; ma non è forse l'espressione più esatta, poichè quel documento, quest'anùo, non è staio presentaloalla Camera, nè col b:Zancio,11èpoi. Inoltre, per una innovazione sulla quale spetta alla Camera stessa di pronunciarsi - in quanto che può avere effetto nella designazione delle responsabilità politiche - derogando alle consuetudini preesistenti che ripartivano le domande di crediti per le colonie in separati bilanci, noi vediamo questa volta addossato il cumulo di quelle spese al solo Ministero degli Esteri, che - necessariamente - diventa, per_ lo meno in linea di fatto, anche Ministero delle Colome. Esaminando poi la spes1 per Il Colonia l'on. Sola viene a queste importantissime considerazioni : · La vostra Giunta ~enerale, onorevoli colleghi, conscia dei propri doveri e· dei propri diritti, ritiene che l'alto ufficio dovuto alla fiducia vostra, non possa limitarsi a un esame, per quanto diligente, dei conti di spesa presentati alla Camera dal potere efecutivo, ma che possa e debba anche esplicarsi entro confini piu larghi e piu vasti, pur mantenendo presente a sè la propria ragion d'essere, quella, cioè, di fungere come ante;ignana dei vostri atti finanziari. Crede dunque che, prima di indagare se una da· a spesa corrisponda al relativo fabbisogno, sia precipuo suo obbligo osservare se quella spesa non corris,:,onda piuttosto alla volontà della Camera. Memore di ciò, innanzi alla grave questione che le si affaccia colla domanda di un credito per l'Africa, la Giunta si è posta il seguente quesito : « Ih l'attuale Governo seguìta la strada che si impegnò di prendere dopo aver interrogato la Camera e aver raccolta una sanzione larga e solenne dei suoi intendimenti ? Ricordato che il voto esplicito della Camera il 22 Maggio 1897 fu in favore della politica di raccoglimento preparatrice dell';!bbandono dell'Africa, egli continua: Che cosa avvenne nei dodici mesi che sono trascorsi? Che cosa ha fatto il Governo per mantenere l'impegno assunto, almeno per iniziarne il conseguimento? Due soli fatti vogliamo rammentare per debito di cronisti imparziali. Innanzi tutto l'abbandono di Cassala. Ma possiam vedere in questo avvenimento una semplificazione del problema, ma possiam dire che l'estensione del territorio soggetto alla sovranità italiana dell'Eritrea abbia subito una modificazione ? Cassala non è mai stata nostra. Era un punto strategico sul quale gli anglo- e 6 iziani non avevano abdicato i loro diritti, che occupavamo col loro beneplacito; sgom bramma il giorno che i suoi legittimi padroni giudicarono opportuna la retrocessione di quella piazza per le operazioni di guerra verso il Sudan. Ma in ogni modo, è dover nostro di accennare all'abbandono di Cassala esprimendo soltanto il rammarico che, dopo il suo compimento, non sia stata fatta alla rappresentanza nazionale alcuna comunicazione che consentisse di apprezzarne completamente il valore. Un secondo avvenimento che ha fatto riprlare delle cose d'Africa, in mezzo all'apatia, alla stanchezza, che a un tratto si fece generale sulla incresciosa ma sempre insoluta questione, è stata la nomina a Governatore dell'Eritrea del deputato Ferdinando Martini, uomo di chiarissimo ingegno, di vasta e sicura dottrina. Ma appunto questa nomina, anzichè chiarire le intenzioni del Governo ai nostri occhi, le oscurò maggiormente. Nella memorabile seduta del 22 maggio, che teste rammentavamo, fu appunto il Martini che cap:tanò l'opposizione al marchese di Rudinl sollevando una questione che, soltanto apparentemente, era piu di forma che di sostanza. Basta rileggere gli atti parlamentari di quel giorno, e gli altri molti che raccolgono le dichiaraz:oni dell'on. Ivlartini riguardanti la questione africana, per aver la prova evidentissima che egli - per lo meno da qualche anno - avversava la politica del raccoglimento. Perchè, dun~ue, il marchese di Rudini sceglieva il suo contraddittore, l avversario della sua politica, appurito per esserne l'esecutore? Uno dei due si era evidentemente ricreduto? Ma quale? Dobbiamo ritenere che il Presidente del Consiglio fosse stato convinto dall'eloquente deputato di essere nell'errore volendo restringere i confini dell'Eritrea, e che, appunto per ciò, non si parbsse piu di lasciare l'altipiano? Ma· in questo caso, che cosa diveniva il voto della Camera? Dobbiamo credere, invece, che il Governatore non avesse piu le idee del deputato? Ma perchè le avrebbe mutate) Era forse mutata la situazione? No. D'altronde, dccumento irrefragabile del'a sua coerenza al momento di assumere il Governo dell'Eritrea, è il discorso d'addio che egli fece ai suoi elettori politici, discorso che - per quanto risulta - non sollevò nessuna contestazione che si potesse credere ispirata dal Govtrno. Insomma di veramente assicurato per ciò che rig:rnrda l'Eritrea non abbiamo che l'eccedcm:.daelle spese in cor.- f ronlo dtlle previsioni. Su questo argomento lasciamo la parola al presidente della Giunta generale del bilancio che chiudeva la pirte 1 elativa all'Africa,• nella sua così pregevole e coscienziosa reladone sull'assestamento del bilancio per l'esercizio 1897-98, nel modo seguente: « Con dò !"Eritrea assorbirà anche in quest'anno una somm:1 di contributo di 16 milioni all'incirca, inferiore di soli 2 milioni a quella di 17,900,000, che dovev:i raprrl!sentare il fabbisogno delle colonie in atteggiamento quasi guerresco, giusta lo staio di previsione per il 1897-98 presentato l'anno scorso al Parlameoto. Di fronte a questo fatto si rimane incerti sulle possibilità di ridurre a soli milioni il contributo per il 1898-99, cosi com'è proposto in bilancio e confamato dalle risposte ottenute; tornerà certamente a grande onore del Governo se egli potrà riuscirvi ». Superfluo ripetervi, onorevoli colleghi, che il bilancio dell'Eritrea urn ci è staiopresentatoconmamfeslostrappo detle disposizionidi t"gge. Esso avrebbe potuto, per lo menu, recare un po' di luce, come appunto osservava il ministro degli esteri nelle sue note 14 e 1 5 marzo in risposta ai quesiti espressi dal presidente della Giunta Generale. Egli scriveva: « Il progetto di bilancio 1898-99, che Rarà compilato dal R. Commissario, conterrà col linguaggio delle cifre, la dimostrazione del nuovo assetto delle colonie, e deve corrispondere a un dipresso allo stanziamento già fatto dal Governo ». Ma· anche questo linguaggio delle cifre, ancorchè ridotto, pur troppo, a una specie di astra1Jo11seimbolica, ci è mancato; e cosi, pure per gli efletti finanziari, siam costretti a dire che,

8 'RJVISTA POPOLARE DI POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIALI per le cose d'Africa, non vi è di accertato che l'incertezza ! Si compiaccia, ora la Camera di mettersi nella posizione in cui si trova la Giunta generale del bilancio cui affidò il mandato di riferire: con illuminata coscienza sull'erogazione del pubblico denaro, e che deve pronunciare un suo verdetto fra nebbie fitte. impenetrabili. Tutti i quesiti che ci potreste rivolgere li abbiamo rivolti al Governo, non promovendo che rispostevaghe e dilatorie. Il credito che ci si chiede, evidentemente inferiore al fabbisogno se si continua a occupare il vasto territorio Eritreo, non è in alcun modo giustificato, e ha tutto l'aspetto di UOil cifra ipotetica.E frattanto siamo sempre sull'altipiano, sempre in attesa degli interminabili negoziati per la delimitazionedella nostra sovranità territoriale, senza strade e senza fortificazioni, esposti a qualche fulminea e tragica catastrofe,come se non avessimo fatta a nostra spesa una cosi dolorosaesperimza. E se domani, un insolente Ras, per vaihezza di battaglia o di bottiuo,escedal turbolentoTigré per fare una scorreriasulle nostre·terre e metterlea ruba, il Governoci chiederà,comeper recent.i · e luttuosi fatti, provvedimenti speciali e nuovi sacrifici, onde riparare a eia che non avrà saputoprevedere·! Ma è tempo di concludere. · Davanti a tanta oscurità, e tanta incertezza, la vostra Giunta mancherebbe al proprio dovere se vi consigliasse di concedere un credito che, ai suoi occhi, rappresenta un salto nel buio. Personalmente, quelli di noi che sono animati da una fiducia piena e assoluta in chi attualmente governa, seguano l'impulso della propria coscienza; ma alla vostra Giunta spetta il compito, forse ingrato, ma inesorabile, di proporvi soltanto quelle deliberazioni di cui puo mimrare con sicurezza la ragionee la pbl'lata. Per le considerazioni suesposte noi adunque vi proponiamo di ridufre a due milioni il credito richiesto per l'Africa, ossia a ciò che riteniamo indispensabileperJronteggiare le impellenti necessitàdel momento, e soltanto perchè le condizioni attuali ci impongono di pronedere sollecitamente senza che sia possibile una discussione sulla politica del Governo nelle cose <l'Africa. Noi non possiam.o che segnalare all'ammirazione dei suoi colleghi la condotta dell'on. Sola. Se tutti i deputati agi~sero con altrettarita franchezza molte sventure verrebbero risparmiate alla patria nostra.; ma non tutti hanno il coraggio e la coscienza della propria responsabilità, che p.ossiede il moderato lombardo! Alle sue parole non abbiamo bisogno di aggiungere)unghi commenti : sarebbero davvero superflui. Ci \lmitereme a. domandare: L'on. Di Rudinl era deciso avversario della politica coloniale; lo era del pari !'on. Visconti Venosta. Quale forza misteriosa li paralizzò? Altrettanto avverso era !'on. Pelloux; ed egli tacque sull'Africa, nell'esporre il suo conciso programma di governo alla Camera. Quale altra forza misteriosa lo indusse a questo silenzio pauroso, che venne notato dall'on. Galimberti ? E in Africa si spendono, fraudolentemente, diciottomilioni all'anno quando in Italia manca il lavoro e col lavoro il pane; quando in Sardegna si mettono all'asta i beni d' interi paesi per inadempiuto pagamento delle imposte ! E dire che ci vorrebbero meno di diciotto milioni all'anno per realizzare l'utopia dell'on. Luzzatti: lo sgravio dei piccoli contribuenti .... Nel prossimo numero pubblicheremo un articolo speciale sui PROVVEDlM,ENTI ECCE- ' ~IQNALI, LA DEMOCRAZIACRISTIANA NELLA STORIA DI TORINO Fedeli all'impegno preso di dare ai nostri lettori quasi integralmente qualche articolo pubblicato da altre riviste, oggi presentiamo loro alcuni brani della seconda parte dello studio del sig. L. Caissotti di Chiusano, che ha visto la luce nella Rivista interna~ionaledi scienze sociali e discipline ausiliarie. (Giugno) tanto bene diretta, dal suo punto di vista, da Monsignor Talamo. li carattere della Rivista internazionale lascia intendere quale sia la tendenza ddla vera monografia del sig. Caissotti ; ma noi riproduciamo tali brani perchè per molti titoli l'articolo ci sembra importante. Il Caissotti è cattolico, monarchico e piemontese ; ci piace perciò che i nostri lettori sentano ceni giudizi da un uomo che ha 'le tre accennate qualità. . Molte riserve dovremmo fare su certe affermazioni e conclusioni dello scrittore c.attolico; ma noi ci limiteremo a queste sole: 1° Non è esatto che repubblicani e socialisti siàno contrari al referendum. Lo è il Labriola ed è seguito da pochissimi; il Caisotti dovrebbe ricordare, roi, che il referendum in Europa è stato reso popolare dai democra,- tici francesi e belgi. 2° Non è del pari esatto che la propaganda socialista zoppichi perchè accorda soverchia importanza alle riforme politiche. È proprio il contrario che le è st:ito rimproverato, Ed ora diamo questi brani che ci sembrano meritevoli di attenzione. Il Caissotti di Chiusano dopo avere stabi~ito che Emmanude Filiberto fu il fondatore della monarchia assoluta o che la dinastia sabauda per molto tempo seppe utilizzare a proprio vantaggio la posizione di patrona della Chiesa. continua : « L'Jntani da cortigiane adulazioni, come da giacobine invettive, non c'indugeremo più oltre a giudicare un ordine di cose che forse avrà pure avuto il suo lato buono, perchè opera del Piemonte ·e dei suoi principi fu l'abolizione delle barriere che dividono la patria italiana, il che, tra i tanti mali da cui fu inquinato il movimento unitario, fu pur sempre una fortuna, e vera fortuna diverrà sol quando, fatta piena ragione ai diritti della Chiesa, oltre all'unita materiale, si riesca a conseguire l'unita morale della patria nostra. Si è voluto qui soltanto notare che i secoli di regime monarchico assoluto ed accentratore di Casa· Savoia conclusero con la distruzione dell'antica democrazia comunale e con l'instaurazione d'un assolutismo nulla affatto cristiano. Queste cose debbono esser dette e ripetute, allo scopo di dileguare l'opinione di taluni che ritengono il regime assoluto come l'ideale del regime cristiano e quello democratico come un prodotto della rivoluzione ». « Con la mente fissa ai ricordi dell'ottantanove, molti pensano che l'idea democratica debba andare naturalmente congiunta a quella rivoluzionaria ». « Quelli che così discorrono o ignorano la storia o quanto meno la filosofia della storia. Non s'insisterà mai abbastanza su questo concetto: prima di sventolare all'aria il berretto frigio, la rivoluzi.one si è lungamente annidata sotto la corona dei re. E i~giusto accusare 'i rivoluzionari francesi e italiani di tutti i mali del secolo, poichè in Francia come in Italia la democrazia rivoluzionaria non fece che continuare l'opera stessa delle monarchie as;,olute. ~ nello stesso modo çbe j Borboni pre-

'lUVISTA POPOLARE DI POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCULI 9 pararono la rivoluzione francese, così i principi italiani, dal secolo XVI in poi, sono in certo modo i padri della rivoluzione italiana ». « Lo Statuto, ottimo nella sua idea nega'tiva in quanto significa l'abolizione dell'assolutismomo11.a1·chicèo,invece, nella sua parte positiva, peggiore dell'antico regime, poichè sotto apparenze democratiche,è il regime chemeglio si presta al dominio iuconlrastato della plutocrazia. Nessun monarca assoluto avrebbe mai potuto spingere lo sfrut· tamento delle masse popolari al punto raiigiunto dal vigente regime burocratico parlamentare. Ma ciò che è avvenuto doveva necessariamente accadere. L'assolutismo essendo un regime innaturale e violrnto, provoca reazioni, e, dinanzi all'onda popolare, i re assoluti dovettero cedere il loro potere; ma quand'essi si ritirarono, non fu possibile impedire che altri non subentrasse nel potere da essi ceduto, poichè sul fondamento di un regime assoluto, che ha polverizzato la società, un regime democratico 1100 può essere creato di punto in bianco. I dccrtti reali - si chiamino anche Statuto fo11ilamentale del regno - possono creare dei meccanismi burocratici, non mai degli organismi politki "· « li popolo non si rivolta contro lo Statuto perchè intuisce che per sollevarsi dall'avvilimento in cui fu prostrato dal lungo ed infausto governo dei principi assoluti, gli era necessario passare per le dure prove dell'oggi, e quantunque si renda ben conto che il regime inaugurato dallo Statuto altro non sia in realtà che uno sprofondamento maggiore nell'assolutismo, pure festeggia ancora lo Statuto, perchè capisce che, per poter arrivare al più spirabil aere di veri ordini democratici, bisognava toccare questo punto inferiore della parabola, bisognava pass:ue per questa morta gora dell'assolutismo parlamentare. >) « La storia dd Piemonte molto si assomiglia a quella di Francia. Nei due paesi prendono piede egualmente due monarchie accrntratrici, le quali spengono Of!ni vestigio,di vita locale, tutto accentuandonelle loro corti. » « Il figlio dell'ultimo re di Sardegna, ceduto il nome, che diversamente dovrebbe suonare nella cronologia di sua Casa, da Roma firma oggi i decreti, che altri gli porge, pe_r regolare nei più minuti particolari l'amministrazione dell'antica capitale del Piemonte. Erede dell'assolutismo monarchico, lo Stato liberale ne proseguì l'opera e riuscì a stabilire un accentramento statale così assoluto, quale nessuno tra i più dispotici principi aveva mai osato sognare. Emanuele Filiberto e Vittorio Amedeo II. per quanto autoritari e dispotici, non s'attentarono di far completamente man bassa su quei resti di libertà cittadine che i comuni avevano conservato come prezioso ricordo di liberi tempi, e l'oria11i::._zaz.ioncoerporativa del lavoro, che, come s' e visto, formò il primo nocciolo del comune, perdurò in Torino fino all'epoca napoleonica. Certo che negli ultimi secoli queste non erano più quelle libere corporazioni del medio evo che si costituivano naturalmente tra i vari mestieri ed erano aperte a tutti quanti gli eser.:enti di una stessa arte, ma sotto la monarchia assoluta esse avevano già assunto un carattere capitalistico, costituendo molto spesso un monopolio elargito dal principe, essenzialmente a favore suo e degl'intraprenditori favonti. Pure, anche sotto qnesta forma degenerata, le corporazioni ancora provvedevano che nell'esercizio delle arti non si applicassero se non coloro che avevano acquistate le cognizioni necessarie, che non se ne accrescessero soverchi3 mente il numero, acciocchè la produzione non aumentasse in m,1do sproporzio11ato al consumo a danno del paese e della stessa industria .... Queste corporazioni chiuse, sebbene fossero già ,10a forma rudimentale di capitalismo, non erano però ancora tutto il capitalismo moderno, e pure in esse gli operai trovavano ancora u11aqualche tutela; tanto è vero, che, come osserva il Duboin, « ben di rado trovassi il governo nella circostanza di venir sopra una larga scala. in soccorso delle masse operaie mancanti di lavoro, o di veder cessata la produzione per eccesso od imperfezione delle medesime. » · ccNello stesso modo ebbe vigore fino a quell'epoca in Piemonte il regolamento del 6 giugno 1775 per le amrninistraz,ionidei pubblici uffici nelle città, terre e luoahi in terra ferma di qua dai monti, il quale chiamava a deliberare la congrega del consi.~lioge11eraledei capi di casa per alcuno di quegli atti, che specialmentepercuotevano l'i11teressedi tutti e singoli gli abitanti registrati del territorio. Era questo quel referendo che la democrazia cristiana ha oggi rimesso sul suo programma, ma che non potc:va essere accetto ai rivoluzionari francesi, come non lo è attualmente ai veri rivoluzionari collettivisti. »~e} ccDi fatto, parallelamente all'opera suesposta dei sovrani assoluti, che ispiravano il loro governo al concetto politico di Roma imperiale, un altro grande processo di accentrniooe s. opera nel campo economico che trasforma le limitate industrie locali nel cosmopolitico capitalismo mode::1no. La macchina crea la grande fabbrica sulla rovina delle minuscole industrie domestiche, e stabilisce l'impero del mercato mondiale sopra le barriere delle patrie e delle nazioni. La macchina vuole la liberta. La macchina vuole l'u• guaglianza. Tutte le abilità si equivalgono dinnanzi alla macchina. In nome dell'uguaglianza essa mette in concorrenza il hambino e la donna contro il lavoro dell'uomo adulto, ed in nome della libertà essa chiede di essere liberata dalle leggi che vietano l'usura e che proteggono l'operaio, poiché la macchina ha bisogno di abbondanti capitali di danaro e di braccia. lJi fatto, per potere esplicare la sua massima efficacia, la macchina .deve produrre la maggior quantità di merci e diminuire quanto possibile il costo di produzione. Essa ha quindi bisogno di lavorare pcl più ampio mercato e di ridurre al minimo del necessario· alla vita il salario degli operai. Pa questo le occorre stabilire un'alleanza cosmopolitica del capitale e dispone di una grande riserva di operai disoccupati, i qnali, per la necessità del pane quotidiano, stando in continua concorrenza con gli operai impiegati, impediscono a questi di aspirare a più alte mercedi. Sotto il regime di sfrenata libertà la macchina contribuisce potentemente a creare il capitalismo ed il proletariato universale, e tutta quella ingiusta condizione di cose che mantiene diviso in due parti il mondo del lavoro. Dall'una il lavoro umano avvilito e defraudato, dall'altra il capitale che, in queste condizioni, esercita una funzione uecessariamenteurnraria. Tutta questa è stata un:1 diretta conseguenza dell'introduzione delle macchine .... Ma dall'essere questa una conseguenza diretta non consegue, come vorrebbero i socialisti, che fosse una conseguenza necessaria. Queste barbare conseguenze si sarebbero potute evitare quando l'introduzione delle maccl:iine fosse stata accompagnata dalle necessarie cautele per frenare le ingordigie del capitale e proteggere i diritti del lavoro umano. " « Sotto un regime di sconfinata libertà d'azione livellatrice della macchina non tardò a farsi sentire con lo scioglimento delle antiche classi, di cui componevasi come un tutto armonico l'antico corpo sociale, e, svanita ogni maggiore idealità, non si seppe concepire la società civile che come un grande O!Jificio destinato alla produzione dei beni. Gli uomini non si distinsero più allora che in consumatori e produttori, colla tendenza sempre più marcata ad escludere dalla divisione dei beni quelli stessi che questi beni avevano creato col loro lavoro. ,, « L'aumento di popolazione e la perdurante crisi economica basterebbero già a spiegare la reazione degli (1) Vedi qual saggio: ARTURO LABRIOLA, Controil Refcrmdu,11. Biblioteca della Critica sociale - Milano, 1897, Portici della Galleria, 2 3.

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