354 RIVISTAPOPOLAREDI POLITICALETTEREE SCIENZESOCIALI trebbe difendere il Leopardi. Nessun entusiasmo nelle rivoluzioni popolari di quei tempi mostrarono e il Coco e il Colletta, contemporanei dd nostro àutore. Diffidenza dd popolo e de' suoi agitatoi:i ·ebbero anche più tardi, per non dire d'altri, e 11 D,Azeglio e il Giusti. ~a non è qui il l_uogo di difendere o di accusare 11 Leopard1. A ciò provvederà chi saprà darci un ampio lavoro storico sui Paralipomeni. Noi domandiamo invece: av<::val'Autore una idea politica, concrrt 0 , sua? O meglio: poteva egli averla? Non l'aveva.' Per tutti i Paralipomeni egli sferza, deride, canzona; non afferma, non propone, non vagheggia nulla· di reale Pell'ordine politico. Ancora: qual'· è la conclusione del poema? La nessuna risposta, che il pratico generale Assaggiatore. dà all'idealista Conte Leccafondi, mandato a lui, con maligna burla, per consiglio, dal consesso dei Topi estinti, fino a1 quali era disceso. Ora l'Assaggiatore (Canto VIII) che u vivendo a più potere occulto n lasciava u trattar le ciancie come cosa soda a gi:nte di cervel non bene adulto n: l'Assaggiatore che, all'us.cire dei Topi contro i Granchi, s'era dato ammalato; l'Assaggiatore, che onorò Il Con~e, m~ non gli volle ~ir ~ai il ~ensiero s_uo nè sm ~foJ?t nè sui Granchi · l Ai saggiatore è 11 Leopardi ; 11 quale, allorchè,' esauriti gli scherni e_!a bile, vuole finalmente giudicare del mondo politico del •·suo suo tempo, non sa esprimere su di esso un'opinione alcuna. Né egli, per essere .conseguente al_suo pro~rio sistema filosofico, avrebbe potuto mai vagheggiare un ideale politico. In una lettera del 28 al G1ordani e in un'altra del 3 I alla Signora Fanny Targioni Tozzetti, il Leopardi afferma nella maniera più esplici_ta di non c~eder~ all'u~ilità d~lla ~oli tica: di u abommarla n anzi: p01chè 1 popoli, dice, saranno infelici sempre, sotto qualunque form.1 di governo: essendo necessariamente infelici gli individui, per colpa della Natura, contro i malefici della quale torna vano ogni ordinamento civile. La filosofia leopardiana, adunque, la filosofia che ha per fondamento la necessità del dolore umano, non poteva ammettere la politicJ, e derise più volte (V. Dialogo di Tristano e un amico) chi ~perava in essa. C' è di più. La filosofia_ avev_a d_1strutto nel Leopardi anche il concetto d1 patna: 11quale solo può dar forma concreta e vigore ali' ideale politico. Il Leopardi amò, e ferventemente, l'Italia; ma più presto per la sua educazione classica, che per pr~- potenza d'istinto: e a•un a1;1ore, a cosi espn1;1erm1, contemplativo: operoso,_ a~1tatore1 non m~1. "\li~ prime due canzoni patno1t1che, seguono gli_ Idi~li: cioè l'immergersi, quasi da asceta, ~ell' m~o1ta pace e nell'oblio della natura. Se la d1spe·az1one patria suona ancora vigorosa nella Canzone al Mai, o nelle Nozz-e della Sorella, o nel Vincitoredelpal- ' lane; ivi la patria non è più sentita, nè lod~ra, ~è rimpianta per se stessa, ma come una 1:ob1le .11lmione fatalmente distrutta dal vero: è difesa c10è in nome di un principio capitale della filosofi1 leopardiana: e le canzoni di quel periodo mettono capo al 'Bruto minore, dove non è. ta~to lamentata la caduta della libertà romana ed Italica, quanto la morte di quegli inganni morali che, soli, rendevano bella e dignitosa la vita degli antichi. E si no!i che tali canzoni furono scritte, quando anche 11 rassegnato autore degli Inni sacri si destava a cantare il '' Soffermati sull'arida sponda ,,. E mentre l'Antologia fiorentina ferveva all'opera di istruire i popoli italiani, di esortarli alla speranza in nome della filosofia e della storia, il Leopardi scriveva il suo gelido libro sulla vanità appunto di ogni umana speranza, le sur Operettemorali. E quando si rinnovavano le scienze del diritto e si ponevano le basi di quelle sociali : quando il sapere si diffondeva a suscitare la coscienza nazionale : quando anche il popolo commentava la sua Divina Com~ media, i Promessi Sposi; il Leopardi scriveva là trista Palinodia: e moriva: lasciando, ultimo grido del suo disperare più che mai inacerbito dalle contrarie correnti del pensiero, la Ginestra. M.! un personaggio dei Paralipomeni suscita nel poeta gli entusiasmi d'un tempo : Rubatocchi. Egli, il valoroso generale dei topi, avrebbe potuto essere re: e non volle. (Canto III. Str. 22 e segg.). Nel quale magnanimo rifiuto, tre soli gli possono esserè paragonati: Tin:oleone, Andrea Doria e il Washington. Fuggono i Topi dinanzi ai Granchi: egli solo resta sul campo, a combattere e a morire. (C. V. S. 43 e segg.). E qui l'elemento burlesco finisce nella serietà eroica, e il poeta prorompe in una dolorosa apostrofe alla virtù, in versi , scritti col pianto: Ahi, ma dove sei tu? sognata e finta Sempre? Vera, nessun giammai ti vide? Ora, chi è RubJtocchi? É il cittadino vagheggiato dal Leopardi : il cittadino di Atene e Rowa: la sintesi di quelle gloriose il!usioni umane, che erano cadute con Bruto minore. É il cittadino e l'uomo cla~sico: che non ha più ragione di essere nel nostro piccolo mondo moderno : e perciò muore. Ma perchè appunto è l'eroe dalla tempra antica, si merita l'ammirazione del poeta; come l'eroe alfieriano Lorenzino de' Medici (C. III. Str. 27). Poichè il Leopardi era un classico, non solo nella forma, ma, che è molto più, nel pensiero e nell'anima. E non solo per conseguenza de' suoi principi filosofi ci, ma per amore altresì della sua aristocratica e tranquilla cultura classica, egli si tenne sdegnosamente lontano dal tutto popolare e tutto operoso pensiero nuovo : e non lo potè perciò, o non lo YOlle, intendere. Per amore di tale cultura classica al Leopardi pare piu grande che l'era di Dante quella del Rinascimento (V. Canzone al Mai); e per amore di essa, nei Paralipomeni, egli adora le memorie d' Italia e le rinfaccia agli stranieri calunniatori : la filosofia e la scienza tedesca gli sono oscurità e pedantesche astruserie : tronfi romi barbarici, la statistica, l'economia, la politica. A lui, vicino ai suoi gravi e sudati tomi silenziosi, smuovono i nervi e lo stomaco le facili e mobili e loquaci gazzette. Sul paragone col mondo classico il Leopardi giudica del mondo presente: e però l'agitarsi e l'operosità dei moderni non conducono a nulla; anzi, (Canto III. Str. 3 r) Oh costanza, oh valor dei prischi tempi! Far gran cose di nulla era vostr' arte : Nulla far di gran cose età di scempi Apprese.
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==