Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno III - n. 23 - 15 giugno 1898

\ RIVISTPAOPOLARE DI POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIALI Direttore: Dr. NAPOLEONE COLAJANNI DEPUTATO AL PARLAMENTO • Esce in Roma il r 5 e il 3 o d'ogni mese ITALIA: anno lire 6; semestre lire 3 - ESTERO: :mno lire 1; semestre lire 4. Un numero separato : Oent. 20. Anno lii. - N. 23 Abbonamentopo&taltt Roma 15Giugno f 898 SOMMARIO: Dr. NAPOLl!ONECoLAJANNI:Perchè in Inghilterra non ci sono repubblicani. (La libertà di stampa). In Italia e in Inghilterra. LA RIVISTA: Per la libertà di associazione. (Al Don C/Jisciolte). Trieste Italiana. GIUSEPPEPARATORE:L'on. Colajanni monarchico e la riduzione delle spese militari. Governanti e Governati. (Il giudizio degli altri). Al Corriere della Sera. SICULO: Per la produzione e l'approvvigionamento dei cereali. Prof. ANGELOCELLI: I cc conservatori » e l'igiene sociale. Prof. F. S. NITTI: Per un libro recente sulla questione bancaria, Prof. EUGENIODONADONI:Sui cc Paralipomeni » e le idee politiche di Giacomo Leopardi (nel primo centenario dalla sua nascita). P.: La Qui11dici11a, Varietà. 'R..ivistaMlle 'R._iviste, 'R..ecensiotli. PercibnèInghiltnerorncaisonroepubblicani LA LIBERTÀ DI STAMPA « And shall tho mortal sous of God « Be se,rnel~ys as the troddon clod « And darker than tho tomb ! « No, by the mind of man, ~ By thc swart artisan, <t By God om· Sire! • Our sotùs Nn.,·c boly light within, « And ovot·y form of grief nnd sin « Shall seo and feel its lìre. <l, ••••••• ' ••• « The Press, nll lnnd ehall sing e The Press, tho Prcss we bring « AlJe lauda to blese e Oh, pallid wnnt, oh labour stark • Behold, wo bring the:socond ark I e Tho Presa, tho Presa, the Prese ! EBENEZERELLIOT(I). In una lettera di Maffc::oPantaleoni pubblicatasi in Roma si legge: avergli assicurato il Brice che (1) E dovrà il mortale figlio di Dio essere insensibile come la zolla che si calpesta, oscuro come il sepolcro? No, per la mente dell'uomo, per l'artigiano abbronzato, per Iddio Nostro Signore ! L'animo nostro porta dentro di sè luce divina, ed ogni forma di dolore e di peccato bisogna che vcd~ e senta il suo fuoco... La stampa! Tutte le terre cantino la stampa; la stampa che noi portiamo a benedirle tutte. Oh pallida miseria, oh, dura fatica, esultate I noi vi portiamo un'arca novella : La stampa, la stampa, la stampa I in Inghilterra repubblicani erano numerosissimi nei principi del regno di Vittoria; ma adesso non se ne trova più uno a cercarlo colla lanterna di Diogene. Non contesterò l'esattezza dell'asserzione del celebre scrittore inglese, benchè gli si possa obiettare che sotto il regno della regina Vittoria furono eletti deputati repubblicani - Cowen, Bradlaugh ecc. - ; che tuttora si pubblicano e si vendono a decine di migliaia di copie, dei giornali, oltre quelli socialisti, che pel loro contenuto si devono con• siderare come ri'pubblicani - ModernSociety,Reynolds's Newspaper ec. ec. - E non sento il bisogno di mettere in dubbio la parola del Brice, io, che in piena Camera dichiarai che in Inghilterra farei a meno di professarmi repubblicano. Assumendo, dunque, per vera la dichiarazione fatta al Pantaleoni, interessa nel momento triste e grave, che attraversiamo, esaminare rapidamente i motivi che determinarono l'asserita scomparsa dei repubblicani. 'L'esame servirà di giustificazione a chi, come me, amando più le cose che i nomi, ha scandalizzato gli amici politici alquanto bigotti, colle simpatie manifestate verso la monarchica Inghilterra. La scomparsa dei repubblicani al di là della Manica, se vep; sarebbe stata determinata in questi sessant'anni di regno di Vittoria da questi fatti semplicissimi: dal massimo benessere economico raggiunto, dalla massima libertà assicurata e goduta. Questo benessere e qtiesta libertà vengono completati e resi più preziosi da uno di quelli elementi morali di ordine superiore, la cui mancanza basta sempre per annientare tutti i benefizi, che si potrebbero attendere dagli altri fattori: dall'uguaglianza, cioè, dei cittadini innanzi alla legge. Fermiamoci un istante - ne vale la pena - su questa uguaglianza reale innanzi alla legge per sottolinearla con due aneddoti, che valgono a convincere piu di un volume dotto, eloquente e ricco di fatti. C' è una lei;?ge antica, non abolita ma caduta in disuso, secondo la quale i deputati possono fare uscire dalla Camera dei Comuni le persone estranee alla medesima. L'irlandese:: Biggar la rie - .vocò per fare mandare via dalla tribuna un curioso estraneo: il Principe di Galles! La legge venne rispettata.

RMSTA POPOLARE DI POLITICA LETTERE E SCIBNZE SOCIALI Si svolsero non molti anni or sono due celebri processi scandalosi - uno per adulterio e l'altro contro un alto ufficiale dell'esercito, che barava nel giuoco. Il magistrato nell'interesse della giustizia credette necessario far comparire tra i testimoni lo stesso Principe di Galles: e l'erede del trono, come qualunque altro misero mortale, comparve in tribunale non solo, ma vi ebbe un severo ammonimento del]' Allorney generai, quale in Iralia un Presidente di Corte di Assise o un Procur ,nor e · del Re potrebbe rivolgerlo ad un pregiudicato dei J;iù volgari. Di più : sempre lo stesso Principe di · Galles per molt9 tempo, dopo quei due processi, nei quali fece magra figura, non potè presentarsi in teatro senza essere accolto da fischi sonori. Niente arresti, niente processi, niente cariche di cavalleria, come si avrebbero in Italia in casi simili. In Inghiìterra l'erede del trono non ha alcun privilegio per imporre silenzio ai cittadini e può esservi trac - tato alla stessa stregua di qualunque tenore sfiatato ... Figuriamoci ciò che si può dire, scrivere e fare contro i ministri ! In Italia l'inviolabilità oramai si estende dal Re, ai ministri, ai delegati e alle semplici guardie di pubblica sicurezza. Il processo Frezzi informi. Conosciamo, dunque, il metodo semplice e spicciativo adoperato in Inghilterra per farvi scom2arire i repubblicani e che si riassume in questi tre punti : benessere economico, libertà fOlitica, uguaglianza innanzi alla legge. Se in Italia vi fossero conservatori veri - onesti ed intelligenti - r.ei risultati ottenuti nella monarchia costituzion.i.le classica si troverebbe l'indicazione urgente ed efficace per la dolorosa situazione attuale, e si rinunzierebbe alla cura della galera, che completa la cura del piombo, adope• rata verso gli anemici affamati di pane, verso gli assetati di giustizia. Non dirò per quale processo storico in Inghilterra si sia arrivati a consolidare un regime monarchico, che non fa sentire il desiderio della repubblica; lo tentai altra volta, in tempi meno borgiani, e procurai un sequestro alla Rivista. In Italia, quando il Procuratore è di cattivo umore, non è lecito nemmeno discorrere della storia degli altri paesi... Non mi proverò a dare notizie sul progresso economico dell'Inghilterra e sul sistema tributario vigente colà, completamente antagonistico a quello che prevale in Italia. Sarà per un altra volta. Oggi, per ragione di· palpitante attualità, che non occorre indicare, insisterò sulla libertà inglese - anzi sulla libertà di stampa esclusivamente. Altra volta, qui stesso, chiamai questa la liberta fondamentale (N. del r 5 Febbraio 98) e deplorai che tra noi si fosse ridotta ai minimi termini: spesso lasciata all'arbitrio illimitato dei rappresentanti del potere esecutivo, che arrivarono ad inferoc;re contro gli stessi giornali monarchici, rei di avere scritto delle moderne Maintenon e Pampadour ... Affinchè i lettori della Rivista non credano che l'interesse professionale mi abbia indotto ad esagerare la importanza di questa forma di libertà mi consentano essi di giustificare l'uso dell'agg.:ttivo fondamentale col parere di pochi storici e politici illustri d'Inglilterra. Il Macaulay nel suo discorso del 5 Luglio r83r nella Camera dei Comuni sul bìll di riforma avvertiva: « il vero segreto della potenza degli agi- « tatori è l'ostinazione dei governi; i governi libe- « rali fanno ì popoli moderati... Il compito dei « governi saggi è facile: soddisfareil giudizio illu- « minato di 1111/ala societa, libtramenle espressoe « prontamenteinterpetrato. Prevenire il giudizio e non « farsi rimorchiare è la prima funzione di un « uomo di Stato che vuole riuscire. » È chiaro che l'uomo di Stato non potrà conoscere quello che pensa la Società, ed agire opportunamente, se non c'è la più ampia libertà di manifestare h propria opinione « la più grande di tutte le libertà, » dice Erskine May. E questa liberrà di opinione non si può esplicare se non colla illimitata libertà di stampa. Fu l'avviso dei politici inglesi della forza di Fox, di lord Brougham ecc. anche nel periodo funesto della reazionr in Inghilterra, sul finire del secolo scorso e nei principi di quello che sta per morire, e fu anche quello dei grandi giureconsulti della ~tessa Inghilterra: Erski11e non esitò a difendere valorosamente Tommaso Paine nd 1792, ed affermò il diritto di discutere le istituzioni invocando il giudizio di Locke, di Milton, di Burke ecc. Alla libertà di stampa si accordò tanta importanza, che Sheridan, potè farne l'apologia in quea sti termini, che da noi sarebbero giudicati la quintessenza della retorica mitingaia: « Datemi soltanto la liberta di stampa, diceva il cèlebre òratore, e darò al ministro una Camera dei pari venale; gli darò una Camera dei comuni servile e corrotta; gli darò la libera disposizionedegli impieghi; gli darò tutta l'influenza ministeriale; gli darò tutti i mezzi di cui può disporre un uomo per comprarela sottomissione e intimidire la resistenza.Armato della li berta di stampa, mi avanzerò senza paura a scontrarlo; attaccherò il potente edifizio; sconfiggerò la corruzione sulle alture che occupa; ne la farò cadere e la seppellirò sotto le mine degli abusi che essa era destinata a proteggere! » In un paese 111 cui i suoi uomini più, eminenti cos\ pensano, scrivono e/parlano si capisce, che la libertà di stampa completa, illimitata, oggi debba essere un fatto compiuto. E lo è. Alla libertà presente, però, non si arrivò senza contrasti; vi furono lotte titani che, che dovrebbero servire di esempio a quanti vogliono essere uomini liberi - lotte contro pregiudizi inveterati, contro leggi ferocissime, che arrivavano sino al taglio della mano dello scrittore colpevole del reato di lesa maestà. La libertà della stampa ha avuto i suoi martiri e i suoi eroi. Altra volta, qui stesso, Paolo Valera narrò di John Wilkes, di lunius, del North Briton. del Public Advlrtiser, del Morning Chronicle ecc. (Rivista popolare r 5 e 30 Giugno r897). Alla lista si possono aggiungere i nomi di Paine, di Horne Tooke, di William Cobbett e del suo Politica/ Register, di Lovett, di Cobden, di Brighe ecc. ecc. Lottarono tutti strenuamente, e incessantemente lottarono, per assicurare all'Inghilterra in modo incrollabile la libertà fondamentale, quella della stampa. La lotta fu prima per ottenere b libertà diretta; dopo per fare abolire le imposte che gravavano sui giornali e che ne impedivano il buon mercato, impo~

RIVISTAPOPOLAREDI POLITICALETTERE E SCIENZESOCIALI ste e freni economici che oggi si vorrebbero introdurre in Italia, mentre in Inghilterra si abolirono pei danni incontestabili, che producono! I risultati di questa libertà furono tali, che anche in Italia gli uomini, che non hanno chiusa la mente alle lezioni dell'esperienza - siano liberali come (oppino, siano conservatori come Bonfadini - si ribellano all'idea di quei furiosi e criminosi reazio- , nari, che vorrebbero iwporre altri vincoli alla tanto stremata nostra libertà di ·stampa Ma per fare meglio apprezzare certe differenze, è bene ricordare che in Inghilterra, anche nel periodo peggiore della reaz:one, non si smarrì mai completamente il senso dell'uguaglianza innanzi alla legge. Perciò se si perseguitarono i Paine ecc. perchè sediziosi repubblicani, si processò del pari, nel 1789, un Reves perchè aurore di un libello propugnante l'assolutismo. In Italia invece, oggi - alla vigilia del secolo XX -- la liberd di preparare e illuminare la pubblica opinione viene concessa soltanto ai giornali che a Napoli ed a Roma, a Milano ed a Palermo consigliano il colpo di Stato più o meno larvato. Un altro ricordo istruttivo. L'Inghilterra ebbe anch'essa i suoi odiosi trasformisti e i reazionari, che dal trionfo della libertà traevano argomento a profetizzare sciagure. Un lord Thurlow od 1792, appena adottata il bill di Fox, predisse la confusione e la distruzione della legge. Un secolo di storia gloriosa lo dimostrò falso prefata; e la libertà di stampa che a sua difesa ebbe la prima mozione dal capitano Phipps ( 27 Novembre 1770) usci definitivamente trionfante dalla lotta co1l'ultimo processo vanamente intentato dall' Atlorney 1;eneral c0ntro \,Villiam Cobbett nel 183 r. Da quel giorno, dice Erskine May, la più ampia e illimitata libertà di critica e. d'invettiva è suta lasciata alla stampa odia discussione degli uomini pubblici e ddle loro misure. Vedremo come gl'Inglesi usano ed abusano di siffatta libert:l.. lnt~nto, umiliati ed addolorati, wnstatiamo che l'ìralia nostra in fatto di libertà è indietro di un secolo all'Inghilterra, Per mostrare gli arbitd e le illegalità del governo e dei magi strati riguardo alla stampa, dovrei riprodurre intero il sereno ed eloquente discorso pronunziato da Roberto l\lirabelli nella Camera dei Deputati il 30 Giugno 1897. - E quanti illustri scrittori di ogni plrte politica, da Thiers a Mancini, da Brofferio a Guizot, egli citò a sostegno della sua tesi giusta ed onesta! - E dovrei r fare tutta la 'storia dei processi intentati ali' Unita italiana, al Dovere e a cento altri giornali minori: processi tutti nei quali la legge - e la legge non è nè chiara, nè liberale - venne aperrameute violata o gesuiticamen:e contorta e interpretata. Dovrei consacrarvi un intero e ponderoso volume. Ma qui basta r:immentare la relazione De Nicolò - un monarchico convinto, ma colto ed indipendente - presentata alla Camera dei Deputati il 14 Marzo 1898, e nella quale negavasi l'autorizzazione a procedere contro di me perchè riconoscevansi illegali e capricciosi i sequestri della Rivista popolare. La stampa (oggi) non è più in balla dei magistrati italiani, che sonoquello chesono; ma è alla dipendenza dei militari_ L'Italia in fatto di libertà è discesa al livello della RussiJ. Un generale, Malacri1 a Napoli non contento di sopprimere i giornali mon:irchici, clericali - republicani non ce n'erano - trattiene alla posta i giornali delle alrri parti d Italia, che i magistrati e i birri locali no'n hanno sequestrato. Altrettanto fa a Milano il generale Bava-Beccaris, Il tribunale militare a Napoli condanna l'avvocato Menzione a due anni di reclusione per reati di opinione commessi molto tempo prima dei tumulti e sui quali era intervenuta l'amnistia - Il tribunale militare di Napoli misconosce la parola del Re! - Il tribunale militare in Milano, non potendo trovare elementi per imbastire un processo per cospirazione si apparecchia a mandare in galera Romussi e Turati, Costa, Chiesi, De Andreis e tutti gli altri pubblicisti di Milano pel reato di opinioni manifestate sei mesi, un'anno fa! Tutto questo si può spiegare coll'esistenza dellJ. mostruosità maggiore, che assorbe le minori: collo stato di assedio, che vige a Napoli ed a Milano? Niente affatto. Se non i soldati, imperano i criteri' soldateschi dappertutto. Perciò con un semplice ukase della polizia si soppresse l'Unione a Catania, il Mattino a Roma, la Giustizia a Reggio Emilia, il Gridodelpopolo a Torino ... Tutte le regioni d'Italia sono uguali dinanzi all'arbitrio sfacciato, enorme, insuperabile. Dissi che l'Italia, in fat·o di libertà era discesa a livello della Russia e confesso che ho calunniato il regime degli Czars. State a sentire. Mentre il Corrieredella Sera (N. 143) fa seguire al resoconto dei processi svoltisi innanzi ai tribunali militari que5ta nota doquenti,sima: « I resoconti del Tri- « bunale di Guerra prima d1 essere pubblicati ven- « gono riveduti da un Ispettore di P. S. il quale « naturalmente ha l'autorita di cancellare ciò che « ritiene urile non venga pubblicato ... »; mentre il Generale Malacria avverte il Corrieredi Napoli di moderare la sua opposizione al ministero - non si tratta del Re o delle istituzioni! - se non vuole essere sottoposto alla censura preventiva; mentre tutto ciò avviene in Italia nell'anno di grazia 1898, un uka'e dello 1.zar di tutte le Russie.... abolisce la censurapreventiva! Copriamoci la faccia per vergogna, e ritorniamo in Inghilterra. I politicastri e i poliziotti, che talora in Italia funzionano da giornalisti, quando vogliono giustificare tutto ciò che di bestiale si fa tra noi in opposizione stridente a ciò che si fa in Inghilterra, con un'aria di superuomini odiosamente grottesca esclamano : in Inghilterra si usa della libertà e in Italia se ne abusa. E giù una filza di sciocchezze per stabilire che le differenze nell'indole dei due paesi rendevano indispensabili le differenze nei criteri e metodi di governo (1). Ho prote5tato ripetutamente contro quèsta pretesa e bugiarda differenza, contro la distinzione comoda ed ipocrira tra l'uso e l'abuso, - e dov'è, infatti, il Salomone che può decidere quando finisce l'uno e comincia l'altro? - e rinnovo ora alta e solenne la protesta valendomi della indiscutibile autorità di un monarchico, e, meglio ancora, dei fatti, che sor.o superiori agli uomini. Pasquale Vi Ilari, ex ministro della monarchia senarore del regno e appartenente al partito conser- (r) E. Torelli Violler che, amareguiato e triste, si è dovuto ritirare dalla direzione del Corriere d;/la Sera di Milano da intelligente conservatore com'è, nella sua lettera all'on. R~ux, riprodotta dall'Avanti, dimostra di non esser d'accordo con costoro e di valutare tutta la reale importanza della libertà della stampa in Inghilterra. (N. d. R.)

RIVISTA POPOLAREDI POLITICAL·ETTEI\EE SCIBNZBSOCIALI vatore, prima che avvenissero i tumulti che determinarono la presente bufera reazionaria, ncordando la storia di Roma, ammoniva gl' italiani colle seguenti parole: t< o noi dobbiamo lasciare il po• « polo nella sua ignoranza : o per istruirlo davvero, « dobbiamo anche educarlo e migliorare le sue « condizi9ni economiche e sociali .... La stampapiù « moderata nsa in Inghilte,ra - spalancate le orec- « chie asini e bricconi d'Italia! - un linguaggio « che a noi parrebbe sovversivo, ma che colà è « giudicato prova di un vero spirito conservatore. « Da noi si direbbe che questo è un eccitare l tu- « multi, colà si crede che questo sia un conoscere « i propri tempi». Ne volete di più, asini e bricconi matricolati che parlate e scrivete wl buon uso che si fa della li• benà di stampa in Inghilterra? Aprite e leggete il libro che il baronetco Dilke - un ex ministro I - ha consacrato alla lista civile inglese, e che ha versato tanto ridicolo sulla regina Vittoria. Leggete it' Truth, la "'ModernSociety, il Reynolds s' Newspaper ecc. e vi troverete messi in piazza tutti i pettegolezzi della Corte, vi vtdrete fatti i conti, sentirete chiamare i membri della famiglia reale pezzenti rea'.i - Royal paupers... E mai un sequestro, _ mai un processo! li linguaggio di questi giornali è tale, che Paolo Valera - che in Italia passa per anarchico e ptr tale più volte è stato processato - lo chiama sbracato. Di questo linguaggio voglio dare un ultimo esempio. Nel Reynolds 5' Newspaper del 17 Aprii<:: 1898 si legge una Il ttera diretta all'editore a firma: Gracchus. È intitolata: Gl'illustri parenti della Regina : Comincia così : « Più di « un secolo è passato da che Tom1~aso Paine ri- « volgeva al mondo una domanda: E la monarchia « qualchecosa di necessarioper una nazione? Oggi « piuttostO sarebbe da chiedersi : se essa non sia « qualche cosa di demoraliz_zdnpter 1111 paese. D'altra « parte il rispetto che il popolo dovrebbe mostrare « per le cosidette famiglie reali, dai monarchici non < è ora considerato sufficiente. E così è. Ma per « quale r3gione dovrebbe manifestarsi cotesto ri- « ~petto? Hanno le persone reali inglesi spiegato « notevole abilità in qualche ramo dell'attività in- « tellettuale? Se facciamo una lista dei parenti, « figli e figlie, nipoti e cugini, non ne troveremo « uno che siasi distinto in letteratura, filosofia, « scienza. Hanno fatto qu.1lche scoperta? Hanno « scritto un opera nautica? un romanzo? Hanno « fatto ricerche archeologiche, geologiche? Se tutto e questo non c'è, bisogna conchiudere che i privi- « legi, il rispetto, chiesti, da nessun merito perso· « nale traggono origine. » Gracchus cc,nstata che il partito monarchico si è giovato della bandiera di moralità che per 60 anni è sventolata s-ul castello di Windsor; ma la constatazione la fà in questi termini oltraggiosi per "tutta la famiglia reale : « Vittoria ha schivato l' adul- « terio. E ~ta bene: l'ammiriamo. E l'ammiriamo « in quanto, convinti del dogma dell'ereditarietà, « chiunque avrebbe giurato, ch'essa avrebbe seguito " la grossolana immoralità, che caratterizza i suoi « zii particolarmente .... » Ogni ulteriore dis-:ussione sulle pretese differenze tra l'uso e l'abuso della libertà sarebbe semplicemente ridicola. Non mi resta che un dovere: con• chiudere. In Inghilterra la regina non conserva più alcun potere reale: Bagehot dice che vi rappresenta soltanto una parte teatrale ; Be,1consfie]d considera la monarchia come un dogatoereditario. Alla regina si contesta sin,111co il diritto di scegliersi le dame di corte. La rispettan0, perchè è altamente rispettabile; ma in politica la considerano come una bambola costituzionale. In Inghilterra c'è: tutta la liberta, il massimo benessere economico, la vera uguaglianza innanzi alla legge. Ci sono tmte le cose essenziali, che si domandano alla repubblica. Date al popolo italiano queste cose e il po· polo rinunzierà al nome, che dovrebbe designarle. Ricordatevelo, o signori governanti d'Italia : in Inghilterra non ci sonopiu repubblicani,perchec' e gid la repubblica t Dr. JllAPOLEONE COLAJANNI. In Inghilterra e in Italia Dicono i dispacci Stefani del giorno 8 Giugno da Belfast (Irlanda): 'Durante i disordini che avvennero jer l'altro per la commemorazionedella rivolu1,_io1i1rl,a- ndese, 103 agenti di polizia e 100 borfihesi rimaseroferiti; alcuni di eJsi gravemente. Furono eseguiti 70 arresti. Se io Italia in una città fossero rimasti feriti 103 agenti di polizia quella citta sarebbe stata rasa e distrutta dalle fondamenta da un qualsiasi Bava Beccaris che per tre giorni cannoneggiò Milano dove mori un solo soldato, e fece la breccia nel Con\'ento dei Cappuccini dove... pregavano ventotto monaci. Informeremo i nostri lettori delle onoreficenze che la regina Vittoria, motu proprio, accorderà al capo della dc:Ila polizia di Btlfast. Se non le accordasse sarebbe davvero una screanzata. PERLALIBERTÀ □ I ASSOCIAZION (Al Don Chisciotte) Tra le tante, tra le infinite e grandi amarezze che provano gl' italiani di liberi sensi, in quest'ora triste e putrida, non è delle minori quella di vedere abbandonata la causa santa della libertà da coloro che in altri tempi, e non rtmoti, per essa combatterono battaglie vigorose e meritorie. Ed ha disertato dalla bandiera della libertà il Don Chisciotte, che l'aveva S<!guita e dife5a sino a poco tempo fa con coraggio, con quella intelligenza e con quell'intuito politico che sapeva mettere nei suoi articoli Luigi Lodi (il Saraceno), anche quando imperversava minaccios.i la buftra reazi0naria. Da parecchi giorni con vivo dolore andavamo constatando che il 1JonChisciotte non era più quello di una volta. Ci spiegavamo alcune frasi di colore oscuro colla necessità della scherm,t politica, col bisogno di difendere qualche atto del ministero, che non poteva essere difeso con buone ragioni, con criteri legali e costituzionali ; ma non avremmo mai creduto,· che sarebbe arrivato ad enunciare principi, che sono la negazione esplicita di ogni

r RIVISTAPOPOLAREDI POLITICALETTEREE SCI.ENZESOCIALI 345 regime, non democratico, ma appena appena liberale. Eppure il caso si è dato ; e non più tardi del giorno r 2 corr., abbiamo letto in un articolo dd Saraceno, questi periodi, che fanno a pugni colla confessione che vi premette di sinceroliberale: " Nulla può vietare che ci siano socialisti, repubblicani, anarchici ; ma nulla anche può consentire che in Italia la gente si raccolga sotto altra bandiera di quella italiana. Così non credo che si possono tenere pubbliche adunanze e congressi per la organizzazione di un partito che s'intitola repubblicano, finchè le istituzioni sono monarchiche. L'organizzazione non è propaganda ideale, ma la J,reparazionenecessariaalle vie di fatto; il che è chiaramenteprevisto dalla legge ,,. Non diremo che qui ci sia una denunzia brutta delle associazioni r<::pubblicanee socialiste - ora come ora sarebbe superfluo perchè tutte furono scio1te - è indubitabile, però, è!Jevi viene espresso e sostenuto un principio che in qualunque paese libero non verrebbe caldeggiato nemmeno dai conservatori. Molte considerazioni suggeriscono le affermazioni del Don Chisciotte; ma non possiamo nemmeno commentarle, perchè non abbiamo alcul1avoglia di procurarci la visita sgrad,ta del Fisco. Constatiamo soltanto, che sotto la cosidetta monarchia popolare - la cui origine vantasi plebiscitaria - la libert::1. di associarsi e di riunirsi verrà accordata solamente a coloro che preventivamente si affermeranno ... monarchici. Ma una libertà tanto stitica l'avrebbero accordata anche gli austriaci, il papa ed i borboni ! Che cosa insegna la storia e la scienza politica i11fatto di diritto di associazione e di riunione lo vedremo altravolta se verranno innanzi al Parlamento gli annunziati progetti restrittivi. Ora vogliamo esaminare le affermazioni at:dacemente reazionarie del Don Chisciotte, dal punto di vista dei fatti, e dal punto di vista strettame!1te giuridico. Non e e dubbio: la ventata reazionaria che ha soffiato da un punto all'altro della penisola per abbattervi le associazioni di ogni genere, e farne intaccare il diritto su cui si fondano, ha il suo punto di partenza negli ultimi tumulti. Questi hanno serYito di pretesto per infierire contro le associazioni e contro tutte le pubbliche libertà. Perchè il pretesto assumesse parvenze decenti sarebbè stato necessario, assolutamente indispensabile, che fosse stato dimostrata un qu:ilsiasi nesso, un legame anche non stretto, tra le a5socinioni e i tumulti. Ebbene: ci sono le confessioni del Corriere della Sera, di tutti i giornali conservatori d'Italia che escludono in modo incontestabile tale ipotesi. Le confessioni de! 'Don Cbisciot:e in tale senso sono le piu esplicite : non ammettono dubbi e contestazioni. Innanzi ai tribunali militari oramai si sono svolti parecchie decine di processi. È venuto fuori un solo elemento di prova - un elemento minimo, diremo anche microscopico - per fare sospettare che nei tumulti abbiano avuto parte le associazioni odiate ? Nessuno! Vi sono vaste regioni nelle quali le associazioni repubblicane e socialiste erano numerose e bene organizzate - le March~, l'Umbria, le Romagne, l'Emilia. Ebbene : queste sono le regioni per lo appunto rimaste immuni dai tumulti - almeno nell'ultimo periodo e nella forma che fece smarrire la ragione all'on. Di Rudini. È evidente, a<lunque, che gli ultimi avvenimenti non sono stati che un ignominioso pretesto rer colpire associazioni, che, entro l'orbita della legge, svolgevano la loro azione che era infesta a gruppi, ad aggregati • indegni di essere considerati come partiti politici - che dovevano difendere loschi e inconfessabili interessi. Che si sia trattato di un semplice pretesto aspet-. tato, de,iderato, forse provocato, - come afferma la pubblicazione di un esule in Ginevra; come lo farebbe sospettare l'antica e sempre rispettabile massima: is fecit cui prodest - si desume chiaramente dalla furia cieca colla quale si procedette, e si procede, nello scioglimento di sodalizi non re• pubblicani, non socialisti, non anarchici Non erano forse sotto la bandiera d' Italia le centinaia di associazioni di mutuo soccorso, le cooperative di lavoro e di consumo, che miravano, sempre entro l'orbita della legge, a migliorare le condizioni dei soci, a lenire le sofferenze, ad attenuare la miseria dei lavoratori? Oh! perchè mai si sciolse la Socittà operaia universale di Sampierdarena, costituita sindal 1851; rispettata dai governi più reazionari del Regno , d' Italia; soccorritrice nel momento dello scioglimento di 70 ammalati, di 33 vecchi inabili al lavoro, di 2 5 fra vedove ed orfani; aliena dalla po• litica; madre delle due più prospere cooperative di consumo e di produzione meccanica, che ebbero il plauso e l'ammirazione del ministro Luzzatti ? Perchè mai si sciolsero le cooperative di consumo e la lega dei ferrovieri, non ree di altro delitto se non quello di avere migliorato la condizione economica dei soci e di avere richiamato all'osserv~nza della legge i banchieri, che hanno io mano le ferrovie dello Staro? Non la ragion politica, adunque; non la minaccia del sovvertimento delle istituzioni ha potuto, e potra m,1i giu~tificare, questa guerra spietata, e feroce, contro società ncn politiche, e che non avevano che fini strettamente legali ed esclusivamente economie,. E se ne vuole una prova lampante, più luminosa della luce del sole ? La somministrano gli alti funzionari dello Stato:' la somministrano le itpposizioni fatte dai Generali Commissari a Prefetti'· di sciogliere associazioni che questi ultimi ritenevano legali ed innocue. Chi conosce i nostri Prefetti comprende l'odiosissima enormità, che si annida in tutto ciò. Sono chiari e noti i moventi di questa insana, furibonda persecuzione contro le associazioni di ogni genere; ma non li enumereremo perchè contro di noi - e non contro i veri deliquenti ! - s'invocherebbero i rigori dell'art. 247 del Codice penale che si occupa dell'eccitamento all'odio di classe. * • Sul terreno dei fatti non si può rinvenire alcuna ragione per inveire contro le associazioni repubblicane e soci;iliste. Il Don Chisciotte, che in questo quarto d'ora tiene bordone ai reazionari più

346 RIVISTAPOPOLAREDI POLITICALETTEREE SCIENZESOCIALI sfacciati, non è più fortunato in quello del diritto: la legge non l'assiste quando la invoca per farle punire. Nel fatto che l'esistenza di tali associazioni venne rispettata per anni ed anni - salvo periodi intermitteuti e poco duraturi di mania persecutrice - dai ministri di destra e di sinistra, c'è già una forte presunzione in favore del loro diritto. Ma il loro diritto venne valorosamente difeso ed èsplicitamente riconosciuto da giuristi eminenti di ogni parte politica, in Parlamento e fuori. Ricordiamo Gii.:seppe Zanardelli. Lo difese e lo riconobbe in Maggio 1878 contro Giovanni Nicotera all'epoca del Congresso repubblicano dell'Argentina; lo difese e lo riconobbe ancora più brillantemente nel memorabile discorso dell' I r Dicembre 1878 in occasione dell'attentato di Passanante. -In altri ttmpi - un mese fa - la parola di Giuseppe Zanardelli pel Don Chisciotte sarebbe ~tata quella di un oracolo, o per lo meno del monarchico più illuminato. Oggi può essere sospetta quanto quella di un rivoluzionario. Ma potrà non ascoltare quella di un uomo che fu una delle più grandi illustrazioni e del più forte carattere che abbia militato nel partito dello stesso on. Di Rudini? Di quest'uomo !'on. Mirabelli, da Napoli, ci manda n~olti brani di un discorso, nel quale in base al diritto ed al Codice penale di allora vertgono lucidamente segnati i confini tra i preparativi, il tentativo e la consumazione di un reato. Li riprodurremmo tutti, sa la tirannia dello spazio non ce lo vieusse. Pel ca50 nostro, però, basta riferirne !et• teralmente la conclusione, che riguarda per l'appunto l'applicazione delle accennate distinzioni alle associazioni repubblicane. L'oratore dopo avere ricordato che l'on. ministro Depretis, nel discorso ·pronunciato nella Camera dei deputati ìl 3 aprile 1879 (Atti parlamentari, XI I I legislatura, vol. 6 p. 5 52 5) parlando delle Associazi011i repubblicane diceva : « I criteri adottati dal governo furono i seguenti: Nessun provvedimento finchè queste associazioni rimangono nel campo speculativo: immediata repressi6ne all'ap· parire di qualsiasi fatto, che, a teemini delle leggi vigenti, costituisca reato o l'evidente preparazione per commettere reat0 », conchiude: " La proposizione dell'on. Mfoistro che indica siccome criterio assoluto e generale del governo la immediata repressione uon solo di ogni fatto che ai termini delle leggi vigenti costituisca reato, ma ancora la evidente preparazione a commetterenu reato, non è corretta, non é legale: è l'arbitrio sostituito alla legge.,, " li ministro dell'mterno ha ripetuto la sua teorica nella seduta della Camera del 20 marzo ultimo, ma quasi non bastasse, vi ha aggiunto l'art. 9 della legge di pubblica sicurezza la quale fa obbligo agli ufficiali ed agli agenti di polizia di vegliare specialmente a prevenire i reati, uniformandosi alle leggi; ma di quest'ultima condizione imprescindibile che il ministro ha taciuto, pare che egli credesse si possa fare a meno quando si tratti di atti preparatorii di associazioni politiche, pericolose alla sicurezza dello Stato. Altrimenti l'art. citato non gli servirebbe a nulla come mezzo di prevenzione; perchè non vi è legge che qualifichi gli atti preparatorii dei reati commessi dalle associazioni politiche ., '' Non mai l'uso clell'arbitrio fu elevato a tale dignità giuridica nel nostro sistema di polizia preventiva, come è stato fatto dall'on. ministro dell'interno colla formola della repressione degli atti preparatori non qualificati reati dalla legge. ,, " L'arbitrio permessonellapoliziapreventivadi un paese -nor. è che il riverberodegli arbitri permessi in tulle le alIre sfere della suaamminislra-zione cosi avvicue disuraziatamentea11chein Italia. ,, b Ed ora i giuristi del Don Chisciotte, - pt:i quali non hanno più valore i principi democratici, le tradizioni e l'esperienza politica - rispondano, se lo credano, a Silvio Spaventa, che in siffatta guisa, nel suo discorso di Bergamo, difendeva il diritto ali' esistenza delle associazioni repubblicane contro i sofismi e contro le violenze della reazione. ' LA RIVISTA. Entro la prima metd di luglio, immancabilmente, tutti gli abbonati che ne hanno diritto, rice1:eranno il volume sul Socialismo dell'on. Dr. Napoleone Colajanni. ~~~~-~~~-~ TRIESTE ITALIANA Dalla bianca città assisa fra i giardini, olezzanti nel maggio fiorito, a signoreggiare l'azzurro Adriatico, da Trieste la bella, una gentil voce di poesia italica è giunta alla madre inobliata e diletta, nella celebrazione del cinquantesimo anniversario del grande evento che segnava il primo albore della libem\. Ancor vivi negli animi l'entusiasmo e la fede che facevano intravedere il rifiorire di tutte le antiche grandezze d'Italia nella libertà, gl' italiani, cui le Alpi non seno ancora il baluardo sacro della Patria, hanno invocata la madre, immemori del triste scempio che di quella agognata libertà si faceva ntl momento istesso nel quale ad essa rivolgevano il pensiero desioso. N'on sapevano essi che la invocazione nobile e commovente si sarebbe confusa col fermento sinistro della paura, della minaccia, della violenza, poco diverso, ahimè, da quello che vieta loro d'invocare la giustizia che li sottragga alla tirannide stra- . niera? Non sapevano essi che quello Statuto, sotto l;,: c.ui protezione agognano di ricongiungersi ai fratelli italiani per vedere libera~ente manifestarsi la 'loro coscienza di liberi cittadini, era, nel giorno preciso della sua glorificazione, manomesso, violato calpestJto, a brandelli irriconoscibili ? Pur troppo non era loro iguot,1 nessuno dei mali profondi che travagliano, per inettitudine e per malvagità di governanti, la Patria; ma ciò non ha scosso la loro fede nè intiepidito il loro amore; chè, anzi, sentendo raddoppiarsi nella pietà l'affetto, hanno ora piu che mai provato il bisogno di stringere il dolce vincolo filiale. Il loro slancio è, perciò, tanto più grande, tanto più nobile è la loro fede in giorni migliori.

RIVISTAPOPOLAREDI POLITICALETTEREE SCIENZESOCIALI 347 Possa questo soffio sublime di poesia, di speranza, d'italianità gentile e fiera che ci ricongiunge ai grandi vaticinatori, ai martiri sacri, agli eroi leggendari del nostro risorgimento: a Dante, a Maz- -zini, a Garibaldi, far rivivere, nelle coscienze ac- ,casciate, l'amore, l'entusiasmo, la fede nei nostri de- =stini. Possa l'esempio degl'irre'Ìenti, sprezzatori del benessere scompagnato dalla libertà e dalla patria, sfidanti lo slavismo minaccioso e formidabile nella forza che gli viene dall'Impero e dalla Chiesa, per tener viva, attraverso lotte e do!ori indicibili, la sa- _cra fiamma patriottica, ispirarci il coraggio per combattere senza tregua la immoralità scettica, la corruzione sfacciata, l'ignoranza audace, che sono] le piaghe immonde della nostra vita pubblica, 6 uardando fiduciosi alla meta fulgente. - -L'epigrafe che illustra la gentile allegoria trac- -ciaia sulla medaglia coniata a Trieste per tramandare il fatto patriottico, è l'ispirazione suprema dei fratelli irredenti ed e anche un ammonimento per noi: , COMMEMORANDO IL PATTO A GUARENTIGIA DELLA LIBERT A' D'ITALIA VOLUTO DAL POPOLO E DAL RE TRIESTE ATTENDE Non Trieste soltanto, tutta l'Italia attende il fausto giorno del trionfo della libertà nell'Italia nuova, e quel giorno sarà il primo della sua vera grandezza. ~~~~~~X~'j(~XiY~~~~ _ L 'on. COLAJANNI Monarchico e la riduzionedelle spesemilitari (Il parere dei co:1servatori onesti ed intelligenti). Telegrafata da Napoli, al Corrieredella Sera di Milano, la seguente notizia, fu d'un tratto riprodotta in tutti i giornali della penisola : « Altro soggetto di conversazione,non col deputato suddetto ma con, altri, è stata la semi-evoluzionedel Colajanni, il quale ha dichiarato che se si riduce la rendita al 3 °/o e se si rinviano a cas~ rno,ooo uomini egli diverrà monarchico. Amici e nemici in politica commentanoin vario senso non favorevoledi sicuro queste novelle teorie >>. Io la lessi sul Messaggero, il quale accortamente fece seguire al titolo, Colajanni monarchico, un grosso punt0 interrogativo, messaggero di un'altra ammirativo, che veniva dopo. Quanto grottesca, a dir poco, sia codesta fantastica notizia è inutile ir.ostrare. Basti dir~ che contemporaneamente ad essa la Zeit di Vienna pubblicava, a firma del Colajaoni, un articolo, che ha semplicemente sdegnato i bigotti della monarchia. La sciocchezza con tanta diligenza telegrafata alla Sera non meritava, a dir vero, l'onore d'unadiscusoione; ma !'on. amico e direttore volle mandare la sua brava smentita, per toglierne occasione a ripetere quale sia il suo esplicito pensiero sulla situazione presente. A parecchi amici personali, monarchici e conservatori, egli più d'una volta ha osservato, che un rimedio per consolidare la monarchia e neutralizzare la propaganda dei cosiddettiparti:i sovversivi e' è, e semolicissimo: diminuire le spesemilitari e ridurre la rendita in guisa da ottenere 150 milioni d'economia: consacrarequesta,per 120 milioni, in allievamentod'imposte - stti consumi necessari, rnlle quoteminime della imposta fondiaria - e per gli altri 30, in lavori pubblici d'incontestatautiiita. Sono le due proposte sovversive? nascond_ono una qualche insidia.... repubblicana? La via da l:,attere, in quanto alla riduzione della rendita - e non nei modi legittimi della conversione praticata in Francia- venne add tata da Sidney Sonnino. Il Parlamento, allora, lo segui, lo approvò, e fu un bene, chè senza la economia di oltre quaranta_milioni ottenutasi con la legge, la quale portò al 20 •r• l'imposta di ricchezza mobile, non si sa a quali· spaventevoli estremi si troverebbe ridotto il nostro misero bilancio. Altro che pareggio, e proposte di sgravio! Dunque, si tratterebbe solo di applicare il rimedio, altra volta adoperato dal Sonnino con coraggio, con la determinazione ferma di trarne il massimo profitto. La proposta - non vale negarlo - si presta a gravi critiche dal lato morale. Ecchè? Salùs reipublicae suprema lex est, in primo luogo. Agli stessi creditori poi, si potrebbe dimostrare, come il loro stesso interesse esiga il sacrifizio, come il sacrifizio sia neces,ario, essendo la facoltà contributiva del paese, completamente esaurita. Cose tutte che hanno mostrato il Flora, il Conigli,1ni, le cui conclusioni i lettori della Rivista (N. 2 r e 22) conoscono. Si dice: se non imposte nuove, devono esser possibili almeno riduzioni di spese. Va bene. Ma in quali capitoli del bilancio si possono praticare economie?. Le raschiature dei cosi detti servizicivili sono state fatte: continuarle equivarrebbe ridurre !-'Italiaad un paese, ad uno stato incivile, senza contare che alcuni bilanci (istruzione, agricoltura), hanno bisogno di una nutrizione più abbondante, tanto sono ..... esauriti. Il decentramento! Eccolo, il sistema che dovrebbe salvarci! Coloro che in tal maniera si esprimono - e non son pochi - non sanno quel che dicono. Decentrare i servizi non significa abolirli. E non abolendoli, bisogna pagarli. Oh non vi :1 bbraccia certamente il contribuente, al quale venite, novelli Gabrieli, ad annunziare che d'ora in avanti egli non pagherà più allo Stato .•. ma al Comune! Anzi, vi potrebbe rispondere come l'asino di papa Esopo: ...... Quid refert mea Cui serviam, clitellas dum portem meas? Ed allora? Le serie economie non si possono fare che nelle spese militari - resta provato· La proposta, solo perchè viene da un repubblicano ha da esser messa in qnarantena, ha da essere sdegnos:unente rigettata? Chi conosce la storia, sa bene che una rivoluzione non è stata mai il frutto di appelli incendiari, di rnene sovversive, in altri termini, dell'opera dei rivoluzionari: una rivoluzione è il lobico risultato delle condizioni economiche e morali, che la preparano, che la rendono inevitabile. La cosa è cosi .:hiara e nota, che i conservatori italiani, intelligenti, hanno espresso il medesimo avviso dell'on. Colajanni.

348 RIVISTAPOPOLAREDI POLITICALETTEREE SCIENZESOCIALI La Rivista ha lodato, più d'una volta, !'on. Co• lombo che si dimise da ministro nel 1892 e nel 1896, per non rinunziare a ciò che c~stit~isce uno dei caposaldi del suo programma: nd11zwm delle spese militari. E, sia detto e torni a suo onore, questo medesimo programma egli annunziò e conservò il dom:111idell'insurrezione milanese. Da lui non dissentono due altri conservatori: gli on. Prinetti e Carmine, i quali vedono ed inten• dono che il pericolo delle sommosse può venir allontanato, solo eliminandone le cause generatrici. Insieme con questi conservatori mi piace far menzione di due liberali - differenti per età, temperamento, tradizioni, origine - che la pensano perfettamente come !'on. Colajanni. L'on. Coppino, uno degli amici più fedeli di Crispi, non ha esitato nella intervista con la Gaz;zett~ del Popolo, a dichiarare che la salvezza può aversi riducendo le spese militari. Chi sia il Coppino - ultimo avanzo del vecchio liberalismo piemontese -non ho bisogno di ricordare. Alla sua volta l'on. Giustino Fortunato, in una lettera, che ha fatto il giro dei giornali, ha i?• sistito sulla necessita di ridurre le spese. - Ma m quali capitoli? - gli si domandò con malizia poco fortunata, a dir il vero, dal Don Chisciotte. Diavolo, ci voleva molto poco a capirlo! Non l'ha cantat~ in tutti i toni, alla Camera l'on. rappresentante, d1 Melfi? Le spese militari, le spese militari! . . E giacchè siamo a questo, vale la pena d1 nco_rdare il discorso tenuto alla Camera 11 4 Maggio 1897 sull'Ordinamento del/'esercito, dal suddetto onorevole. Come precedentemente avevano fatto il Colajanni ed il Carmine, egli dimostrò la sproporzione tra la potenzialità economica de! ·paese e le spese militari, ricordando che queste ultime stanno al reddito come 1 a 154, in Italia, mentre poi stanno come 1 a 186 in Prussia, 1 a 205 in Austria, 1 a 244 in Francia, 1 a 32; in Inghilterra .... E chiamò più che stolta, colpevole la :~nd?tta dei ministri che aumentano le spese m1lnan e continuano nella folle megaiomania, ch'è il tormento dei paesi poveri e decaduti. Sostenne la causa dei poveri, e rico_nobbe ~he se__era po~si?ile una più elevata tassazione dei redd1t1 magg10n, era doveroso un alleviamento in corrispondenza dei redditi minimi. Conchiudeva, infine: « Io sono stato lungamento l'.iutunno scorso, in un angolo remoto del nostro Appennino, ove ho molto guardato intorno, molto osservato, molto ascoltato in tutte le classi sociali; ci son tornato durante il periodo el~ttorale e a me corre l'obbligo di dirvi, che noi dormiccbiam~sopra un vulcano! I lavoratori d_ellaterr~ nell'I-: talia meridionale, che nulla sanno nè d1 re:,ubbhca nè d1 socialismo non hanno bisogno di essere agitati dalla propaganda dei partiti estremi perchè essi sono già abbastanza agitati e sospinti alla disperazione per conto loro: i lavoratori della terra tacciono laggiù, pcrchè credono di essere ancora deboli, ancora impotenti contro un ordine politico, la cui funzione principale è quella dell'esattore, la cui organizzniooe tnbutaria rastnta il regime della confisca. Ma c'enell'aria qualcosadi quell'afa che annunzia e precedegli uragani, qualcosan, onso,comeima tempestasordadi odi e di rancori, che non puo a quanti aborrono comeio l' abo1To,dalla violenza e dalla lottadi classe, 11~11 farci paventaree P;evenireil pericolo. ~l d_isagio economico: questoe la vera ·debolezzadDalia; questa la solaforza dei suoi nemici. E la sc!enza politica non è così miseramente superba, che debba, 10credo, non solo rifiutare gli avvertimenti, ma sdegnarejinanco gli avvisi! » « Pensiamoci, onorevoli colleghi, e noi delle vecchie Legislature cui rimorde il passato, e voi di queste ultime elezioni, che siete liberi, fortunatamente liberi, d'ogni responsabilitit, facendo nostre le parole, che un tempo prof• feriva quì il Presidente del Consiglio: « gli uomini di Stato tendano essi l'orecchio per udire il mormorio dei malcontententi, e non trascurino essi i sintomi del male, da cui è travagliato e che prestopotrebberoessere senza rimedio. » Non c'è da togliere un sillaba a questi ammonimenti che vengono da un milionario, liberale; e per giunta immune di politiche ambizioni. Come mai i governanti non hanno ascoltato nemmeno questa voce? Nessun attenuante potrà concedersi loro: la loro imprevidenza ed il loro disastroso governo resteranno fenomenali. Nella medesima discussione sull'Ordinamento dell'esercito, il Colajanni, dopo aver dimostrato che, nello stesso interesse dello esercito, erano indispensabili riduzioni nelle spese militari, conchirn,e, colla sua solita ruvidezza, molto più reale e sana di tutta l'utopia sentimentale ,dei nostri vecchi politici: rjcvrdalevi che in un momento di pericoloper la patria potrete trovarvi alle spalle: nel Settentrione,le Pas</..ue veronesi, nel Mezzogiorno le ordedel Cardinale RuJjo! Orbene, avvertimenti cosi nt-tti, cosi imparziali, sono stati sino ad oggi perfettamente inutili. Non esito a dare un consiglio al Colajanni: accetti pure la dichiarazione che il telegramma del « Corriere della Sera >> gli fa fare, anzi dichiari proprio espii: citamente che, realizzandosi le sue proposte, egh sarà un monarchico. Quale uomo in Italia avrà il coraggio di tradurre in fatti le sue proposte? Oh, saranno gli stessi monarchici che costringeranno !'on. Colajanni a restar repubblicano! GIUSEPPE PARATORE GOVERNANTI E GOVERNATI (Il giudizio degli altri) Abbiamo sempre sostenuto che in Italia i veri colpevoli e responsabili dell'anarchia morale e dell~ depressione economica devono cercarsi nelle classi dirigenti, che hanno fornito e forniscono lo sto_ck degli uomini di governo. Con vivissima compiacenza vediamo che il nostro giudizio viene adesso accettato da quei conservatori, che non hanno mai perduto il ben dell' inteltello. Nè fa prova l'articolo: Nuovi pericoli dell'autorevole Economista di Firenze (26 magaìo),articolo che in gran parte riproduciamo. L'illustr~ Prof.Vidarin, ell'fdta liberale di Milano, ha manifestato idee identiche - e non per la prima volta nè io questa occasione dolorosa -. Queste assennate .considerazioni acquisterebbero maggior valore se si esaminassero i rapporti tra i governanti e aovernati in Inghilterra, dove il progresso politic~ in grandissima prevalenza si riscontra tra i primi. Ecco ora l'articolo della rivista fiorentina : Per quanto - come sovente abbiamo ripetu~o ..,.... l'Ecouomista intenda di mantenersi estraneo ad ogm questione e discussione politica, nel momento presente tropp~ stretti e molteplici sono i legami che passano tra la s1-

RIVISTA POPOLARE DI POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIALI 349 tuazione economica e quella politica, perchè non sia doveroso anche per noi di manifestare una opinione sulle tendenze che da ogni parte si manifestano perchè il Governo muti indirizzo, restringendo la libertà pclitica. Coloro che in ogni opportuna occasione ripetono che l'Italia non è ancora matura per essere governata a libertà, trovano ora buon terreno per insistere sul concetto che sia necessario imporre restrizioni ed applicare freni affinchè la liberti non degeneri in licenza. Ora, esaminando lo svolgersi dei fatti di questo non lungo periodo dacchè l'Italia è costituita a nazione, non si può negare che abbondanti assai sono gli argomenti da cui si ricava la immaturità del paese ad un regime liberale. Però, giova subito osservare cht: le prove della immaturità sono bensl abbondanti, ma non perché le moltitudini sieno indisciplinate o reazionarie o mancanti di quei sentimenti che valgono a cementare la unità della patria. Ovunque, anzi, si presenti l'occasione, le moltitudini si mostrarono devote al concetto di nazionalità strette affettuosamente intorno alla monarchia, piene di slancio se occorreva mostrare patriottismo, pronte ai piu penosi sacrifizi per salvare l'edifizio cosi avventurosamente costituito. Fu per queste lunghe e notevoli prove di attaccamento alla patria ed alla sua unità, cosi meravigliose in moltitudini tanto poco istruite, che il popolo italiano fu designato come pro'\lveduto di una grande dose di buon senso, che gli aveva fatto evitare grossi errori anche nei momenti, nei quali era piu facile commetterli. Ma se la maturità dei governati si manifestò quasi sufficiente, non fu altrettanto della maturità dei governanti. Diciamo la verità: - in questi trentasette anni di vita che conta l'Italia, chi ha dato prove di incapacità ? - il popolo ad essere governato, o gli uomini di governo a governare? Troppo lunga sarebbe la enumerazione dei fatti che dimostrerebbero la lunga serie di errori che furon commessi da chi ebbe il potere, sia se consideriamo i soli uomini che furono al governo, sia se consideriamo la condotta dei partiti che si disputarono il governo della cosa pubblica. Ed ora, perchè si sono ad un tratto accumulate le conseguenze dei più grossi errori commessi, ora che tanto malcontento si è manifestato nelle moltitudini, dando alimento e forza a due partiti estremi, ora si vorrebbe trovare il rimedio in una restrizione di liberti ai governati? Ma il problema che ci sta dinanzi è ben diverso; e il modo di iovernare cbe deve esseremutato, non già il modo con cui si comportanoi governati. Quando si fossero ristrette le libertà di stampa, di riunione, di associazione; quando i giudici togati, anzichè quelli popolari, avessero la cognizione di alcuni reati; quando l'alto clero fosse minacciato della sospensione delle temporalità, si sarebbe forse provveduto a lenire le conseguenze prodotte dal crescente m~l governo di tanti anni, e ad impedire che il mal governo continui ? Ci siamo messi in una via, che auguriamo non sia senza uscita, ma che ha pur troppo ormai una uscita difficilissima. Ci siamo dati mani e piedi legati al fiscalismo ; mentre eravamo liberi di creare nella patria nostra una amministrazione semplice, sobria, pronta; una ripartizione di tributi moderna, razionale, ponderata; abbiamo creata la macchina dello Stato più complicata e piu pesante di quella delle piu vecchie nazioni ; abbiamo piantato un sistema tributario della peggiore specie, sia per l'alto onere, sia per la iniqua distribuzione. Che colpa hanno di tutto questo le moltitudini? - Quando ed in che occasione si sono mostrate immeritevoli della libertà che hanno conseguita, non soltanto con tanto sangue, ma con tanto e così grande sacrifizio economico? _ E che resterà loro per amare e benedire la patria, se non troveranno in essa almeno quella libertà, per l'amore della quale hanno cooperato a costituirla? Certo, i fatti recenti sono gravissimi e meritano studio; certo, potranno anche aver fornito la prova di un' inattesa efficacia della propaganda dei partiti e~tremi favoriti dal malcontento. Ma può essere questo un motivo giustificante la restrizione delle libertà? La storia tutta del risorgimento italiano non è la prova più patente della impotenza dei mezzi restrittivi adopern ti largamente dai governi cessati per impedire il risveglio nazionale ? · L'Italia è immatura alla libertà. - E sia pure; ma con qual logica si pretenderebbedi abituarla all'esercizio più utile deUa libertà se si mirasse a toglierla? Si credeva forse che un paese giovane, nuovo, poco istruito, potesse ad un tratto vivere liberamente, senza incontrare urti e vicissitudini? La libera convivenza non si apprende se non colla esperienza, ed è esperienza lunga e difficile; l'opera delle classi illuminate e dirigmti sta non già nel tmnacciarefreni e restrizioni ad ogni avvenimento straordinario, ma nel dirimere le cause da cui nascouo questi avvenimenti. Il pretendere che un paese il quale sopporta ogni anno la spesa di 800 milioni circa per il solo pagamento degli interessi del suo debito, abbia sempre la virtù di ~attendere dai governi riforme che da tanti anni si prometton0 e non si mantengono, e resista alle lusinghe dei partiti estremi che del disagio accusano i Governi, è pretendere troppo. Se si invocano restrizioni o freni perchè il paeseè immaturo, si studi da qual parte sia la immaturità, e là si porti110le riforme necessarie. AL "CORRIERE DELLA SERA,, Non era difficile prevedere che il Corriere della Sera avrebbe protestato vivamente contro i commenti inevitabili della enormità commessa, designando, lo stessogiorno della proclamazione dello stato d'assedioa Milano,i giornali radicali come eccitatori dei gravi disordini che funestavano la capitale lombarda in quei giorni dolorosi. In momenti nei quali la ferrea legge militare e la giustizia sommaria dei generali doveva ad ogni costo trovare dei capi e dei sobillatori e comincfare a colpire feroce per ottenere prontamente la calma col terrore, non era certo atto di quella fratellanza giornalistica, che dovrebbe sempre esser superiore ad ogni divergenza di opinioni, l'additare dei giornali come responsabili del1' eccitamento popolare, e riportare qualche brano per commentarlo m maniera da concludere che solo ad essi si doveva se « i moti pel rincaro del pane, cominciaticon uno scoppiospontaneofra masse poco agitate -dalla politica, erano eccitati dai par/titi sovversivi, che col linguaggio dei lorogiornali gettavano olio rnl fuoco, colla speranza di sfruttarli ». Questa non è piu polemica di opinioni, ma è qualche cosa che non era possibile prevedere avesse effetto diverso da quello che ebbe : la immediata soppressione dell'Italia del Popolo, nominata dall'organo della reazione, e l'arresto di tutti i redattori di quel giornale! Indicata la via all'accanimento reazionario della sciabola, il resto sarebbe venuto - come venne - da sè. Al Corriere della Sera non poteva sbggire tutta la gravità dell'atto commesso ; ed era naturale, era umano, che, contro gl' imprudenti che lo avevano rilevato e logicamente chiamato col suo nome, si scagliasse con tutta b violenza di chi deve ad ogni costo respingere un'accusa di quelle che più pesano. Non ci ha, perciò, meravigliato la protesta - concisa e sdegnosa sì, ma altrettanto comoda e inconcludente - contro la Rivista, ma ci ha fatto addirittura pena il prudente silenzio serbato verso l'Avanti che il giorno seguente, il ro mag-

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