RIVISTAPOPOLAREDI POLITICALETTEREE SCIENZESOCIALI 3,13 sentimento vivo il quale possa trasformarsi in fantasma d'arte; nè il popolo può profondamente sentire quel che dovrà avvenire chi sa quando, nel tempo de' tempi. Quindi il popolo e il poeta si staccano da qualunque concetto evoluzionista onde il socialismo si manifesti: è oggetto di poesia quanto palpita in noi, non quanto perde di forza per la infinita lontananza dell'avvento. Sic~ome la poesia non è minimamente la scienza, ma qualcosa di intimamente umano che commuove e riscalda, la lirica sociale di Mario Rapisardi raggiunge il massimo suo splendore per avere messa a nudo la coscienza dell'umanità e per averla ritratta con la più fosca terribilità di colori che mai. Chi ben guarda alle liriche rapisardiane, non può fare a meno di provare un senso di acutissimo dolore per la realtà triste che ci sta dmanzi : il pessimismo non ebbe mai raggiunto cosi fosca e terribile obiettività. Ed è forse per questa subiettiva obiettività (dico così, perchè qualunque concetto esterno osservato seriamente, per essere comune a tutta l'umanità, diviene parte integrale del mondo interiore) che la poesia del poeta acquista una originale vigoria che non fu raggiunta forse mai nella letteratura contemporanea. · Nell' « Ode al Re» il grandioso concetto rapisardiano si esplica nella maggiore sua nudità e sferza a sangue tutto il passato; e cadono, al lume del vero,. tutte le religioni, tutti i dominii, tutte le ingiustizie. E la vendetta della storia, se cosi posso dire ; è il grido implacato di tutti gli animi oppressi ; è la forza vindice di Prometeo; è l'anima umana che vuole e può una buona volta trionfare. E sia : la storia non farà trionfare il diritto sul torto; l'umanità sarà sempre dilaniata dall'egoismo; e sia: ma l'uomo sente che un avvenimento nuovo si affaccia alle porte dell'avvenire, sente che una nuova vita balzerà dal suo trono la vecchia. Comunque sia, l'uomo vuole rinnovarsi; ed il poeta esprime questo santo e indomabile bisogno di rinnovazione, di liberazione, di pace. Il Rapisardi non è come il popolo che solo sente dentro di sè il nuovo mondo balzare ; egli è un filosofo che osserva il movimento umano e lo mette in relazione con tutta la storia passata. Che ne sa il popolo se la rivoluzione deve avvenire per necessità storica? Che ne sapevano gli ebrei che la parola di Cristo nella maturità dei tempi doveva trionfare? Ma il popolo sente e sa : sente che la sua vita miserabile deve rinnovarsi; sa che ciò deve avvenire, perché confida nelle sue forze. Il Rapisardi nell'Ode al Re, superba di bellezza e grecamente perfetta, dice: Tu forse allor mutati in un deserto Vedi a un tratto la reggia e il Campidoglio, E la rigida e bieca ombra d'Alberto Volger le terga al soglio; Mentre col guardo all'avvenire intento Splende nell'armi la Virtù latina, Ed agitando le grandi ali al vento Grida al popol : Cammina I Anche se il popolo, per manco d'intelligenza, non avesse partecipato alla rivoluzione di idee dell'età moderna, il Rapisardi avrebbe ugualmente ritratto que-• sto bisogno dell'umanità. Il rinnovamento sociale rampolla spontaneamente dal rinnovato pensiero critico, dalla maturità dell'ingegno nostro a contatto con la scienza dal meccanismo e dal dinamismo dell'Universo concepito meglio per mezzo del progresso scientifico. Tutte le rivoluzioni fatte in addietro han dato al pensiero umano nuova vigoria ; ed il pensiero umano, per mezzo della critica, ha abbattuto ogni sorta di dominio. E poi ancora : la società va a poco poco liberandosi da t:.Jtti i rigidi sistemi di una volta ; volere o no, il popolo adesso partecipa alla vita pubblica mentre non sempre la storia ci dà esempii di tanta libertà nel passato. È sempre la critica che tutto distrugge; ed anche il popolo adesso comincia a discutere la sua vita, le sue idealità; e la discussione, invece di rendere l'uomo sereno, gli fa vedere l'abisso che intercede tra la realtà e l' idealità. Questo dissidio è meglio avvertito oggi che tutto il mondo si accinge a passare da una civiltà a un'altra ; ed il poeta non potrebbe meglio di oggi esprimere nelle poderose carte la trepidanza angosciosa di chi soffre, di chi non ha un pane e tende le braccia maledicenti alla natura. E voi vedete da ogni parte sbucare questo popolo famelico che ha bisogno di vivere ; e voi vedete ingaggiarsi ora più che mai la tremenda lotta per l'esistenza. È l'istinto più invincibile dell'uomo che consiglia la lotta; è l'istinto medesimo che rende ferma la parola del poeta quando canta di quelli Che desiosi d'un'ora di vita Corron, come la nova alba li alletta, Corrono a celebrar la presagita Pasqua della vendetta. Qui non cercate il serrato ragionamento del socialismo scientifico che vuol provarvi dover la società vivere di vita collettiva; qui non si tratta di teorie, ma di bisogni grandi, a cui non si resiste: è la voce del popolo, della storia, del poeta. li Rapisardi è sempre un poeta la cui anima sente la profonda melodia della metamorfosi cui l'umanità deve ubbidire ; è un poeta che con animo commosso vibra le sue strofe cantanti la vittoria dei cenciosi sopra i signori, dei pezzenti sopra i gaudenti; e oell' imaginare questo avvenire, in cui si affileranno tutte le falci dei contadini, egli trova parole di una maravigliosa bellezza Ed affilate a' lunghi odi le falci, Calan cantando dall'erme pendici A dispiccar, qua' grappoli da' tralci, Le teste de' felici. La visione stessa, nella serenità dell'ora in cui scrivo, mi produce un senso estremo di paura; e parmi che il regno dell'avvenire troppo voglia strappare e troppo voglia abbattere prima di sorridere alla luce del sole. Ma se la storia è li a volerlo, a comandarlo questo fatale sollevamento ,contro la folla dei felici, chi vuole opporsi? Il linguaggio della storia è acerbo ; ma è fatale. Ed il poeta, che è condotto a intravedere il regno dell'avvenire come una necessità storica e quindi come inevitabile, sente come uomo l'orrore di tanto fatto, e canta: Ch' io noi vegga quel di I Di festenuove Echeggeranno de' patrizi i tetti ; Sussulteranno le dorate alcove Di contubernj abietti E poi, sconsolato e tutto trepidante di entusiasmo poetico, nuovo nella lirica moderna, esclama : Ascolta, ascolta. Ogni gemito è vano: Ogni furia d'accolte armi si cassa: È l'oceano che infuria, è l'uragano, È la Storia che passa. E invano si arresterebbe il cammino della storia. Ben lo sanno quei popoli protervi che eressero roghi a mille per arrestare l' iocivilitore pensiero a travaso a' secoli. La scienza da forza ali' idea sociale; e questa non appare più come un incomposto grido di genti nate alla colpa, ma come un gemito immenso da un polo all'altro, da una schiatta all'altra. Si rompono tutte le barriere; l'egoismo umano non vorrebbe, ma deve forse assoggettarsi: si innalzano le basi del nuovo edifizio a cui con mille voci canta l'anima dell'ardito poeta catanese.
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==