284 RIVISTAPOPOLAREDI POLITICALETTEREE SCIENZESOCIALI bisogno di chiosa, furono accolte con uno scroscio fragoroso di applausi..... . Ed ora discutiamo sul valore della elezione del 17 aprile e su ciò che intesero fare i promotori e gli elettori: i precedenti assodati dicono che non si frughera nelle intenzioni e non si cspor:·anno argomentazioni campate sulle nuvole. Fu l'elezione un'esprèssione della Mafia di Palermo sic cl simpliciter? Ciò è poco serio, e niente onesto. Basta dire che tra i promotori della candidatura Crispi c'erano un prof. Gemmellaro, un principe di Niscemi, un Biagio La Manna, un Oliveri ecc, dai quali si può dissentire politicamente, ma se ne deve riconoscere l'onestà per- . sonate e la mitezza del!' animo - alieno assolutamente dallo spirito criminoso e violento, che caratterizza la Mafia. Il supporre poi che in un solo collegio di Palermo vi siano 1200 mafiosi circa, e nella classe che possiede una certa coltura ed un certo benessere - la classe, che in Sicilia dà meno proseliti alla Mafia - equivale a stabilire che quella non è una città civile, ma è tutta una galera popolata da pericolosi de'linquenti. Non si obbietti, che si esagerano le conclusioni di certi filosofi politici, per poterle meglio e piu facilmente oppugnare con una wmoda reductio ad absurdum. lo non ci ho che vedere. L'esagerazione, l'uniteralità della spiegazione del fenomeno è tutta dei socialisti e degli altri che hanno esplicitamente posto il problema in questi termini: da un lato i.mafiosi per Crispi, dall'altro gli onesti per Barbato! Avverto ancora che non è per la prima volta che i socialisti attribuiscono a loro esclusivamente la logica non solo, ma anche la rettitudine e tutte le altre virtu politiche e civili. Se la Mafia non blsta a spiegare l'elezione Crispi, si dirà che davvero ci siano in Sicilia e in tutto il mezzogiorno dei criterì morali diversi da quelli prevalenti e regolanti la vita nel settentrione? All'Italia del popolo sarà sfuggito un sozzo articolo di Scarfoglio in cui si parlava della morale gretta dei Longobardi e di quella larga e grandiosa dei greco-latini, altrimenti lo avrebbe nlevato per esclamare trionfalmente: Vedetese avevamo ragioue? Io son sicuro che il carissimo Chiesi non sarebbe contento di trovarsi in compagnia, anche in una semplice constatazione, collo Scarfoglio. Non sarà male però, ricordare che il cinismo dello Scarfoglio non è di data r,;- cente. Lo manifestò con altrettanta brutalità nel 1893 in difesa di Giolitti, che se non sbaglio è settentrionale, come oggi !o espone in difesa di Crispi ch'è meridionale. Di piu: il cinismo di Scafogl:o nel 189, trovò un caloroso espositore, per non dire un fonografico riproduttore, in Parlamento, nell'on. Mario Panizza, il quale, se non sbaglio, è sellentriouale. Ricordiamoli certi precedenti: giova per interpretare rettamente i fatti. La q11estio1m1eorale non è sorta ora; e prima che colla le/tera agli onesti Felice Cavalloni la pose dinanzi alla Camera con quel suo splendido discorso del 25 Giugno 1893, che commciava colla frase famosa: Un losco signore, il sospetto, è entralo nella Camera e vi restai Ebbene a nome della morale che dovrebbe essere del Sud a Cavallotti rispose Mario Panizza con un discorso che fu una esplosione irrefrenata di scetticismo e di cinismo, in cui si deplorava la. .nomina del Comitato dei Sette, si propugnava la insindaè"'i.bilità dei deputati, si riconosceva la vanità del tentativo di moralizzare l'ambiente; un discorso, infine, ch'era un vero inno ... alla immoralità. Scarfoglio, son sicuro, che dopo averlo letto gli avrà fatto pervenire le migliori e piu sincere congratufaziooi ! Su questa distinzione tra la morale del Sud e quella del Nord, notata cento volte dai settrionali ed anche dalla Critica sociale che rappresenta il Social.smo Scientifico, avrò agio di ritornare piuin là; ora mi pare tempo di riassumere il mio pensiero sui fattori dell'elezione di Crispi. Parlo di f allori e non di un unica causa. L'unicità, la semplicità di spiegazione dei feoomen i politico-sociali esce dalla realta, dal positivismo ed anche dal materialismo storico ben inteso, per divenire metafisica vera nella filosofia della storia, espediente settario nella politica. Ciò premesso, ecco quali elementi, a mio avviso, agirono per Jare il risultato della votazione di Palermo. Mnjiosi ci saranno 5tati in moto il giorno 17; ma non potevano essere che un'infima minoranza. Se non fosse nota l'avversione dell'on. Di Rudinì verso l'on Crispi ci sarebbe da sospettare che egli ebbe l'intenzione di proteggere questi mafiosi mdtendo, o mantenendo, la Prefettura, il Banco di Sicilia, il Manicomio ecc. nelle mani dei piu noti ed intraprendenti amici di Crispi. Non potevano mancare coloro che serbano gratitudine ali 'ex Presidente del Consiglio pei benefizì ricevuti; mentre pochissimi dovettero essere quelli che sperarono in premi futuri, perchè nessuno s'illude piu sulla possibilità di un ritorno al potere dell'on. Crispi. In molti prevalse la pietà verso un vecchio di ottant'anni i cui ultimi giorni non si vollero terribilmente amareggiare. In tutti s'impose sicuramente l'ammirazione sconfinata verso il grande uomo di staio. In grazia delle sue benemerenze politiche, moltissimi gli perdonarono la im - moralità e sinanco i reati della vita privata. Si fa mostra di una fenomenale ignoranza trascurando quest'ultimo fattore, ch'è di gran lunga preponderante su tutti gl~ altri, e tutti li riassorbe e mette nella penombra. E di fronte a questo fattore, sorge il grande dissidio sui criteri che devo:io fare giudicare la condotta nella vita pubblica e nella privata e che possono applicarsi in vario senso e in una maniera piu o meno volgare. Coloro che ammettono la distinzione tra vita pubblica e privata perdonano, iipeto, le turpitudini della seconda quando trovano utile e luminosa la prima. La distinzione è biasimt:vole, è deleteria ed avvelena le sorgenti che dovrebbero essere sempre purissime, e della vita pubblica e della privata. Questa distinzione, che non esito a condannare come un'aberrazione politica, intellettuale e morale, è propria ed esclusiva degli elettori di Palermo? Se così fosse, rimarrebbe non solo spi, gato, ma pienamente giustificato il lolle d'indignaziont: dei settentr,onali per la rielezione dell'on. Crispi. E se co i fnsse, aggiungo, che ne rimarremmo assai soddisfatti, perchè si avrebbe un segno certo che il guasto s.1rebbe circoscritto e limitato, e perciò facilmente riparabile. Pur troppo il male ha invaso tutto l'organismo italiano, o meglio, questo non ne è stato mai immune da secoli. Erroneamente, quindi, s'invocherebbe l'accennata distinzione come una caratteristica della inferiorità morale del sud. Ricordo che si fece una larghissima applicazione, ma in senso inverso, di cotesta distinzione, nel periodo giolittiano. A Crispi si vogliono perdonate le colpe della vita privata in grazia .della benemerenza politica, mentre a Giolitti si volevano perdonati i gravi errori politici in grazia della correttissima vita privata - correttezza di cui gli detti atto esplicito in Ban• che e Parlamento. Si capisce che debba riuscire meno antipatico il se• condo caso agli uomini onesti ; ma non si ;mò ne~are che in sostanza si tratti di una variante nell applicazione di un medesimo principio falso e dannoso. L'amico Ferrero, sogghignando, potrà osservare che questo dissidio morale è proprio della decadenza latina. Ma la Francia, che si designa - ed a torto - come la piu corrotta delle nazioni latine - per un sospetto e per un atto il cui fine era altissimo, sebbene il mez:to fosse disonesto - escluse dalla vita pubblica due individualità celebri: Clemenceau e Floquet. E la dimissione cui fu forzato il Grevy può dirsi, fatti i debiti confronti, che sia avvenuta per una marachella di pochissimo conto, per un inezia. Ciò, almeno in quei due casi, attesta in favore di un alto senso morale che vuole applicati gli stessi criteri nella vita pubblica e nella privata nella vicina repubblica, ed esclude vittoriosamente il pregiudizio di razza attorno al
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