Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno III - n. 19 - 15 aprile 1898

RIVISTAPOPOLAREDI POLITICALETTEREE SCIENZESOCIALI 267 gione ai disordini commessi al grido di pane e 1a, voro ! Il disagio economico delle popolazioni rurali siciliane, conosciuto da tutti, e ufficialn ,ente documentato da molti anni, ai nostri tempi si è diffuso ed acuito, in modo da costituire una minaccia permanente per l'ordine: ecco tutto. Quali le cause ? Bisogna in primo luogo aver presente che la Sicilia non ha quasi industrie, è povera di capitali, e vive dei prodotti del suolo; per la qual cosa la sua vita economica è al massimo grado dipendente dalle vicende del mercato e dalle influenze naturali. Da ciò le crisi che la desolano. Dal 1888 fin verso al :893 fu la crisi vinifera, in parte rimediata con nuovi sbocchi ; ma sopravvenne la filossera a distruggere due terzi dei vigneti, la cui ricostituzione è difficilissima appunto per la mancanza di capitali. Dal 1892 al 1896 furono le crisi zolfifera e granaria, la prima delle quali fu risoluta per il benefico intervento della casa Florio, la sola fortuna capitalistica sulla quale la Sicilia e Palermo in particolare possono wntare, e per l'accordo col Governo; la seconda fu in parte rimediata, ma a caro prezzo per i consumatori, cioè con l'aumento del dazio di entrata. Oggi è la crisi agrumaria, non meno funesta delle- precedenti. E non è senza importanza il ricordare ad ammonimento dei gravi doveri dello Stato verso la Sicilia come la deficienza di capitali fra noi fu io buona parte determinata dall'appropriazione dello Stato dei beni ecclesiastici, che erano proprietà siciliana e a beneficio della Sicilia dovevano quindi essere destinati; per cui emigrò da noi un capitale di circa 400 milioni. E ciò con la complicità della più gran parte della Deputazione siciliana, sempre parteggiante ora per questo, ora per que !l'altro Ministro o pretendente, ed ai nostri tempi o crispina, o rudiniana, o giolittiana, o sonniniana, quando dovrebbe essere sop:·atutto una Deputazione siciliana, cosi come le Deputazioni piemontesi, lombarde, toscane appartengono io primo luogo al partito degli interessi piemontesi, lombardi, toscani. Questo depauperamento di capitali è venuto accrescendosi, e a dar luogo a una causa permanente di disagio progrediente, per la scomparsa di quelle industr,e tessili e di altra natura, modeste, ma sparse per tutto il territorio dell' isola, e che servi vano agli usi di gran parte della popolazione, specialmente proletaria e piccolo-borghese, per ciò che il nostro mercato fu occupato dai prodotti industriali, migliori e a più buon prezzo, di altri paesi e di altre regioni italiane piu progredite della nostra ; per modo che quel denaro che valeva ad alimentare le numerose e generalizzate industrie indigene e a dar lavoro a un numero considerevole di persone è andato via, e va a profitto del lavoro e del commercio di altri luoghi. Ma v'è una causa permanente e più profonda ancora di disagio, rimediabile a preferenza di quella or ora ac-- cennata, e interessante in ispecial modo la grande massa della nostra popolazione rurale, e che sinora non è stata considerata dai governi, appunto perchè danneggia quelle classi di persone, che hanno poca influenza nell'indirizzo politico della nazione; accenno alla pur troppo nota e sempre più grave quistione del latifondo. O meglio, qualche volta il governo l'ha sollevata. facendola funzionare come lo specchio per le allodole. Così il Presidente dt'l Consiglio on. Crispi, nel 189 5, fece della spartizione dei latifondi la sua piattaforma per le elezioni generali ; e quando si assicurò la maggioranza, abbandonò il progetto: il quale era buono o cattivo, attuabile o no, ma conteneva un principio di riforma necessaria per l'economia e la civiltà siciliana, e doveva pertanto essere studiato, corretto, e completato, perchè da Palmeri e Balsamo ai più sapienti e umanitarii economisti, politici e sociologi dei nostri giorni, il latifondo è la causa principale della povertà relativa della produzione, come della miseria, dello asservimento e abbrutimento delle nostre masse rurali..... Quell'abbrutimento, è bene ripeterlo per chi noi sa e per chi non lo vuol sapere, che è non ultima ragione del modo incoerente e selvaggio con cui le plebi rurali fra noi sogliono agitarsi e insorgono. E questa condizione di cose è aggravata dall'assentismo dei gr:mdi proprietarii, per cui i loro carnpi sono abbandonati alla ingordigia dei comodi e immediati guadagni dei gabellotti, intermediari usurai e parassiti molteplici del lavoro. E frattanto, nella maggior parte dei comuni rurali, che sono aperti, i meno abbienti e i contadini, ivi agglomerati a causa del latifondo e della malaria che incombe su gran parte del territorio, sono quelli che pagano quasi esclusivamente il dazio di consumo sullo smercio al minuto delle materie alimentari, di loro uso quotidiano, perchè gli abbienti si provvedono del proprio coi prodotti dei loro terreni o acquistano le derrate in quantità superiore a quella soggetta a dazio. Ed ecco gli effetti disastrosi di questo complesso di condizioni, annunziati dalle cifre delle statistiche ufficiali. La piccola proprietà va celermente scomparendo per rendere più esigua la già abbastanza ristretta aristocrazia borghese, ingrossandosi le falangi del proletariato degli elementi più fieramente saturi di malcontento. Dal 1892 al 1895 si sono compiute in Sicilia 14218 vendite giudiziarie d' immobili (1); quando in tutto il Regno d'Italia se ne ebbero 71039, vale a dire che, mentre la superficie della Sicilia è circa il decimo del Regno, le espropriazioni furono da noi tra il quarto e il quinto di tutte quelle compiute nel Regno. E fra le dette 14218 espropriazioni non meno che 11618 furono consumate dagli Esattori per debiti d'imposta, quando tutte quelle del Regno furono 48,757, da noi, cioè, le espropriazioni esattoriali furono il quarto di quelle compiute in Italia. E non v' ha regione d'Italia in cui trovi ci6 riscontro, ad eccezione del!' isola di Sardegna ancora più infelice della nostra. Facendo tesoro di uno studio fatto da un mio amico, noterò ancora che nell'anno 1894 si ebbe in Sicilia un:i media di esecuzioni esattoriali del 21,45 per ogni rn,ooo abitanti, mentre nel!' Italia settentrionale appena il 2,03, e nella centrale soltanto· r 1,98 (2). Ciò che poi prova quanto iniquo sia il sistema tributario che ci governa, il quale con Il stessa misura colpisce il prne ddl'agricoltore e la mensa del signore. Si può aggiungere che nel 1894 si ebbero in Sicilia 18,777 pignoramenti, in ragione del 64.02 per ogni 10,000 abitanti, mentre nel Napoletano furono in ragione inferiore alla metà, 30,73; n.ell'ltalia centrale di 2 3. 16, nel!' Italia settentrionale di 13,99, cioe in proporzione di poco più di un quinto. Si dica ora che Je condizioni condizioni economiche della Sicilia sono simili a quelle della rimanente Italia I E mentre tali sono le condizioni delle classi inferiori, la popolazione de\!' isola cresce in modo da essersi aumentata di più che un sesto nel giro di quindici anni, in guisa da essere più densa che nelle altre regioni, meno che in Lombardia, Liguria e Campania; non compensata dall'emigrazione che è pochissima fra noi, in confronto a quella che muove da Salerno, Campobasso, Basilicata, Cosenza, dal ,·eneto, e persino dalla Liguria, dalla Lombardia e dal Piemonte che sono le regioni italiane più industriali. Tutto ciò dira ai meno veggenti come e perchè il disagio economico è più acuto in Sicilia che altrove, e (r) Attuali di Slitlislictt pubblicati dalla Direzione Generale ddla Sratistic,1.Roma 1897. Atti della Commissioue per la statistica giudiziaria, civile e penale, Parte Il, pag.. p. (2) Le condiziotti delhi Sicilia alla luce dei 1111111:cri A. Guarnieri v~mimiglia, nella Riuisfo Popolc1re diretta ùall'on. Colajanni, Anno II, n. 24.

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