Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno III - n. 19 - 15 aprile 1898

!64 RIVISTAPOPOLAREDI POLITICALETTEREE SCIENZESOCIALI Ed eccomi alla fine di questa lunga disamina, che non può terminarsi meglio se non mettendo in luce la superiorità delle istituzioni americane: la bontà eccetiona le di queste istituzioni, che rendono tanto difficile la guerra, il grande flagello dei popoli. Ecco qua. Si scrive con una imperdonabile leggerezza da giornali italiani, che i banchieri e i commercianti spingono la guerra per Cuba per avidità di guadagno, per un losco affare. La verità è un po' diversa. Sono le classi popolari, che spingono all'azione in nome delle più alte idealità umane. Le tendenze bellicose dei polilicians del Senato e della Camera dei Deputati si devono per lo appunto al desiderio di mantenere la popolar;tà. Le manifestazioni per la guerra non vengono dai capitalisti, ma dai lavoratori. Ai meelrngs d'indignazione di New York, di Chicago, di Boston per protestare contro la mancanzadi energia di Mac Kinley fanno riscontro le manifestazioni di piccoli centri agricoli e minerari dove si è bruciato in effigie il Presidente della Repubblica. Se altro non fosse a caratterizzare l'abisso che c'è tra l'Europa Monarchica e l'America del Nord repubblicana, basterebbe il fatto della libertà che si gode nella seconda di poter fare le più violente manifestazioni contro il capo dello Stato senza che si abbiano i processi e le repressioni sanguinose che non mancherebbero nel vecchio continente. L'Italia ne sa qualche cosa. È il caso in America non è nuovo e si è manifestato in momenti di pericolo e di eccitamento anormali : durante la guerra di seces • sione il sindaco di New York potè manifestare le sue simpatie pel Sud schiavista e secessionista senza che venisse processato o fucilato come reo di alto tradimento. Quanta sia ben fondata l'accusa dei monarchici nostrani ce lo disse il marchese di Hoyos ambasciatore di Spagna a Vienna. · Egli riconobbe che le classi dominanti degli Stati Uniti non sono per la guerra perchè conoscono i danni enormi che il solo blocco di New-York arrecherebbe al commercio ed al capitalismo americano, che non potrebbero essere compensati in verun modo dall'acquisto di Cuba desolata e devastata dalla lunga guerra civile. E ancora più eloquente è la manifestazione coraggiosa ed onesta con cui Pi y Margall ha giudicato il presente conflitto fra il suo paese e gli Stati Uniti. Essa ci rivela un lembo di quella coscienza popolare che, in Ispagna, traviata, deviata oggi sotto l'impulso di una sovraeccitazione morbosa, non mancherà di riprendere presto o tardi il suo predominio nei futuri destini della nazione spagnuola quando altro regime ed altri ideali arrideranno alla sua vita e alle sue lotte ( 1). ( 1) Reputiamo non inutile - togliendolo dal Don Chisciolte del 12 Aprile 1898 - di riprodurre integralmente il giudizio di Pi y Marga!!. L'autorità dell'uomo da cui il giudizio proviene e l'importanza dell'ora nel quale è pronunciato, gli conferiscono un significato altissimo che non può sfuggire ad alcuno. « Non crediamo che sia da temere una guerra con gli Stati Uniti. Ciò che crediamo è che gli Stati Uniti non tarderanno a intervenire nella questione di Cuba. Noi comprendiamo che ora più di prima conviene la previdenza e la prudenza che, disgraziatamente, non si sono avute quando si poteva risolvere il problema senza scapito del decoro della patria. « C'è da aspettarsi l'esaurimento del tesoro coli' impegnarsi di più in compere di nuove navi. Quelle che abbiamo, finora non ci hanno servito affatto. Ora abbiamo inteso che il ministro delle finanze ha ottenuto dal Banco di Spagna un nuovo anticipo di 200 milioni in cambio di nuovi buoni del tesoro. Con questa somma, come pare, il ministro non si ripromette se non di coprire fino alla riunione delle Cortes le spese di guerra, facili a coprirsi non pagando, come non si pagano i nostri infelici soldati. Aprendosi il Parlamento già si sa come incomincerà i suoi lavori: autorizzando nuove emissioni per provvedere alle spese future. Vedremo quale introito dello Stato si potrà allora impegnare per garantirle, quando già teniamo totalmente assorbito quello delle dogane per gli Ma se fosse vero, che banchieri e capitalisti vogliono la guerra, come si spiega che essi ancora non sono riusciti a provocarla pur avendo dalla loro parte le classi popolari eccitate dal jingoismo, che cantano l'inno bellicoso della Iulia \V ard Hove e si entusiasmano al passaggio dei lunghi treni carichi di cannoni e di obici ? Strana e curiosa situazione qi:esta di uno Stato, che ha la coscienza della propria forza, che sa di poter facilmente vincere la rivale designata, che è spinto dal popolo apertamente, e dalle classi dirigenti segretamente, che ha avuto l'occasione o il pretesto del Maine che venne a rinfrescare la memoria di quello più tragico del Virginius (1874) e che pur non si decide alla guerra; e temporeggia e aspetta e lascia che si tratti il Mac Kinley da Fabio da burla I Una metà, una decima parte di queste circostanze sarebbero bastate a provocare una guerra strepitosissima colle monarchie. I loschi affari di Iaeger determinarono la spedizione francese contro il Messico ; più tardi gli stessi interessi borsaiuoli fecero inventare i krumiri ; s'inventò un telegramma per indurre il Re di Prussia ad insultare Benedetti e si travestirono i poliziotti da operai per organizzare le dimostrazioni parigine al grido di : à 'BerlinI Fu ed è facile in Europa, anche sulla base della menzogna, di spingere alla guerra perchè vi sono istituzioni, che vivono dalla guerra e per la guerra. Un capo ereditario di uno stato europe,, in un bagno di san?.ue spera ringagliardire le forze della dinastia ; e dove 1 interesse dinastico manca, come oggi in Francia, se c'è il militarismo, questo basta per creare le occasioni per la guerra e per trascinarvi il popolo e il governo. In America manca nel Presidente della repubblica l'interesse personale per la ricerca della gloria ; e manca l'organo, che rende fatale la guerra. Ecco la ragione dei benefici temporeggiamenti, che forse varranno ad assicurare la pace. E non sarà merito della Spagna se la guerra verrà scongiurata, perchè essa alimenta e riscalda nel suo seno interessi e l'ammortamento degli ultimi prestiti. Ogni giorno saranno maggiori le strettezze, se non si pone pronta fine all'attuak stato di cose, e poi giungerà il giorno in cui, rompe,1dosi la corda tra il Tt!soro e il Banco, verranno le grandi catastrofi, quando mancherà la fiducia alla moneta cartacea e non si potrà pagare il cupone del debito. " Eppure v' è chi ci spinge a una guerra internazionale per la quale non sappiamo come avere i soldati e le risorse. « La guerra, se non ci inganniamo, non è oggi per oggi probabile. Non può la Spagna, nè crediamo che la vorranno gli Stati l,niti. Quali vantaggi ne trarrebbero ? Quali guadagni pel vincitore ? " Ciò che dobbiamo temere, col prolungarsi di questa condizione di cose, è l'intervento armato degli Stati.Uniti nella questione di Cuba. Non resistono a lungo i pregiudizi generati dalla lotta per l' indipendenza. Maggiori sono i pregiudizi sostenuti da noi quando ci impegnammo a mantenere sotto il nostro dominio una colonia che conta mezzo secolo di cospirazioni e di battaglie per iscuoterlo. « Noi combattiamo per ostinazione ed è giusto che che paghiamo la pena di questa ostinazione. Gli Stati Unitinoncombattononè hannovolutomai combattereper toglierci I' isola. Avranno più o meno simpatia per l' insorti, desidereranno probabilmente di aiutare Cuba col fine di realizzare l'ideale del1' America agli amiricani, però non possiamo dire che essi come crovemo, facciano qualcosa perchi i 11ostri nemici vinca110. "~I loro interessi commerciali sono veramente importanti, e in grado maggiore o minore interessi simili hanno anche altre nazioni che è possibile gli Stati Uniti guadagnino alla loro causa il giorno in cui si decideranno ali' intervento armato. Che quelle nazioni non saranno con noi è indubitabile. Per tentare di porle dalla nostra parte alcuni desiderano che la Spagna aderisca all'alleanza franco-russa.Non si poteva immaginare mezzo più efficace per mandarci completamente io rovina. Ci porterebbe all'aumento delle forze di terra e di mare, all'aumento esagerato di spese inutili, alla preponderanza del militarismo, alle grandi e disastrose guerre. E, ci si badi bene, non ci salverebbe dall'intervento a Cuba. Per noi, per una mera questione coloniale, non potranno mai, nè Russia nè Francia arrischiare contro gli Stati Uniti la sorte delle loro armi>,.

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