Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno III - n. 19 - 15 aprile 1898

RIVISTAPOPOLAREDI POLITICALETTEREE SCIENZESOCIALI !75 e di modi, con l'uso povero, ma franco, di più lingue con una arte da bagatelliere di fare apparire e sparire le idee senza intenderle, di toccar mille cose ~enza affararne nessuna, può illudere gl'inesperti, ma an:ioia o muove a compassione gli accorti. Questa non solamente non è cultura, ma è il contrario della cultura e flagello di essa. Che cosa dunque diremo che la cultura sia? Non occorre avvertire che noi dobbiamo aver l'occhio a quella cultura che, qualora potesse essere posseduta da tutti gli individui componenti una nazione, farebbe giudicare essa nazione colta in supremo grado, e che, non potendo essere posseduta da tutti, è da desiderare sia posseduta dal maggior numero possibile: a quella più perfetta forma di essa a cui, come a ideale, gli uomini debbono tendere, sebbene la pratica non la possa attuare se non in parte, e, nel tempo presente, in assai piccola parte. Direi la cultura essere un frutto che nasce dal vicendevole e fecondo innesto dell'educazione e dell'istruzione; un'idoneità prosperosa ed armonica dello spirito, la quale rende l'uomo atto a conversare nel più largo e miglior modo possibile co' proprì simili, a fruire quanto più e meglio è p ·ssibile di sè e di loro, e della comun civiltà, questa tutelando e promovendo nella misura delle proprie forze. La cultura è cosa individuale ed è cosa sociale. Non consiste in ciò solo che l'uomo sa, ma ancora, e più in ciò che l'uomo è; non in ciò solo che l':iomo è in se stesso, ma ancora in ciò ch'egli è rispetto agli altri. C'è chi crede che la cultura null'altro abbia a spartire con la morale, se pure questa non nuoce a quella. Volgarissimo errore di raftinati I Un:i cultura senza morale è, non solo una cultura imperfetta, ma ancora una cultura contradditoria, perchè, se in apparenza promuove la civiltà, nel fatto la insidia, e porta dentro di sè il'principio della propria distruzione. Che cosa s'è fatto da trenta e più anni iu Italia per promuovere quella cultura che sola avrebbe potuto infondere una vita nuova nell'organismo della nazione, e rendere proficua davvero l'unità politica? A taluni sembra che siasi fatto moltissimo ; ad altri può sembrare che siasi fatto p:ico e male, e che quasi il tutto rimanga da fare. Vediamo d'intendere il vero, procedendo per ordine. L'instaurazione di una nuova cultura in ltalia era impresa difficilissima, a causa soprattutto di tanta disparità d'indoli, di costumi, di tradizioni quanta ne passava tra le varie genti chiamate ad unità di nazione; ma appunto perchè molto difficile, chiedeva propositi e cure che disgraziatamente non ebbe. Non intendo fare uno sfogo contro le rappresentanze nazionali e contro i gover:1i che si sono succeduti <lacchè esiste il Regno d'Italia; ma pur sapendo che le colpe dei legislatori e governanti non ·sono imputa bili ad essi soltanto, e che legislatori e governanti non possono fJr miracoli, e che bisogna sperare modestamente dell'opera loro, m'è forza pe:1sare che essi nor. fecero quello che avrebbero potuto e dovuto, se non per altro, per inculcai e il rispetto della cultura, e che troppe volte fecero appunto il contrario. Troppe volte coloro che per istretto debito <l'ufficio avrebbero dovuto provvedere alla cultura, mostrarono d'essere incolti essi stessi e di non avere la cultura in nessunissimo conto; e a poco a poco tra' giovani ammaestrati da troppi esempii, s' è vt::nuta diffondendo questa opinione, che a salire, a far fortuna, ad imporsi e a go\·ernare gli altri, la cultura non è punto necessaria, se pure non è d'impaccio, e che la sfrontatezza e la versatilit:I sono le virtù che guidano più dirittamente e più sicuramente allo scopo. Molti della mancanza di cultura accusano la scuola. Non bisogna attribuire a questa più efficacia di quanta ne possa aver \'eramente, ma uon bisogna neanche attribuirgliene meno. Ci seno alcuni i quali credono che l'educazione possa nulla o quasi. E gli uni e gli altri hanno torto. li vero si è che la b11011a. educazione può assai. La scuola n,:>npuò crear gli uomini, ma può modificarli, e come, e quanto il possa, ci è mostrato dall'esempio rincrescevole, ma categorico, dei gesuiti, che riuscirono a formare con la lor disciplina una varietà psicologica, a quel modo che gli allevatori formano le varietà zoologiche. La scuola in Italia è poco educativa e poco proficua. Essa fu sempre (Onsiderata, a fatti se non a parole, come la Cenerentola dt:lle patrie istituzioni. Non solo fu sacrificata sistematicamente a tutto ciò cui era possibile di sacrificarla; ma ancora di quel poco assegnamento che le si diede, si fece, parlando in generale, un uso pessimo. Diremo che la colpa sia stata tuttta dei governanti? I governanti fecero quasi il peggio che poterono; ma la colpa non fu tutta loro. La scuola non può fiorire, non può dare i migliori suoi frutti in mezzo a una società che poco l'ami e poco la rispetti. Chi vanta, e con ragione, la scuola tedesca, non dovrebbe dimenticare, che se a renderla cosi prosperosa ed efficace giovano le buone leggi e i buoni ordinamenti, giovano anche più l'amore e l'impegno di tutto un popolo. Tutt'altrimenti in Italia. In Italia la scuola è considerata da troppi, diciamo pure dal maggior numero, come un male necessario, a cui bisogna rassegnarsi col proposito fermo di liberarsene quanto più sbrigativamente e quanto più a buon mercato è possibile. Ora, la scuola non può prosperare dove la famiglia per la prima, e poi la società tutta quanta, non cospirino a farla prosperosa, riconoscendo in essa uno dei presidii loro più validi. Hanno i ministri e il parlamento qualche responsabilità in queste condizioni della scuola? Di tutto il male che si fa, di tutto il bene che non si fa, tutta la colpa si getta in Italia sopra i ministri; ma che ad altri infiniti toccherebbe impedire quel male e promuover quel bene, non viene in mente se non a pochissimi. Perciò i Ministeri cadono, risorgono, si rimpastano, e in sostanza rimangono sempre gli stessi e le c0se non mutano. Ciò premesso, bisogna pur riconoscere che l'opera dei ministri dell'i,truzione in Italia tanto più sembra inadeguata e scar~a quanto maggiori appaiono e sono i bisogni della scuola italiana. I ministri pensano ad emanare circolari innocue, a presentare leggi corpulente e poderose, che non verranno discusse; a concedere indulti, agevolezze e favori immeritati, e intanto la trascuratezza amministrativa cresce di giorno in giorno, e snerva, mortifica, rende inutile qualsiasi proposito iniziatore che possa Yenire d'altrove. I provvedimenti più urgenti tardano mesi ed anni a venire. Proposte ragionevolissime non sono nemmeno esaminate. Promesse non sono osservate. Alle sollecitazioni più giuste non si risponde. Tutto ciò si può e si deve dire; ma all'amministrazione non va data più colpa che non le spetti. In sostanza quella povera amministrazione è quale può essere in questo scorcio presente della vita pubblica italiana. Bisogna pensare all'ambiente politico e morale in cui essa si regge; bisogna pensare agl'influssi perniciosi a cui va tuttogiorno soggetta, per giungere, non a scusar lei, ma ha far partecipi del biasimo insieme con lei tutti i colpevoli, i quali sono senza numero. Certo, un ministro, che a cultura soda e sincera associasse molta forza di volontà, e molta rettitudine di propositi, potrebbe co• minciare molte cose buone in Italia; ma non so quante ne potrebbe fioire, perchè in poco d'ora i nemici gli si affollert:bbero intorno più numerosi degli arcieri di Serse. La conclusione del discorso si è che la scuola deve necessariamente esser deboli:: in un paese dove tante altre cose sono deboli, dove tutta la vita è debole. I difetti della scuola nostra sono molti e gravi, e rispttto alla cultura alcuni son capitali. E prima di tutto l'insegnamento che vi s'impartisce comunemente non è, nè quanto a materia, ne quanto a metodo, ordinato e regolato a contemplazione di un alunno reale, chiamato a vivere in mezzo a tal popolo e tal condizioP.e di civiltà; ma sembra ordinato e regolare a contemplazione di un alunno ipotetico che non si sa come, dove, in qual

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